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Riflessioni conclusive alla luce dell’original intent del Costituente

Quella appena tentata è stata una lettura, attraverso “l’occhio” del Costituente, delle disposizioni costituzionali che interessano, in modo particolare, questo studio; essa ci ha permesso di ottenere taluni primi risultati che si intende ora sintetizzare. In primo luogo, non sembra privo di rilievo prendere consapevolezza degli spunti offerti dal metodo originalista e incominciare a riflettere su di essi, potendo poi – se si vuole – confrontare le conclusioni finali con quelle, ora, in prima approssimazione, raggiunte. Come ci si proponeva di dimostrare, l’utilizzo dell’original intent quale criterio ermeneutico ha consentito di tracciare talune linee- guida nella lettura delle disposizioni in discorso, mettendo in chiaro la ratio ad esse sottesa.

Volendo adesso provare a rispondere al quesito che ha guidato questa prima parte di indagine, si può affermare che l’analisi dei lavori preparatori consente di rintracciare un qualche fondamento costituzionale alle Carte dei diritti, secondo una ricostruzione che si potrebbe dire “ad esclusione”.

Se come si è già detto, il metodo dell’original intent non ci ha fornito particolari risultati – come, peraltro, poteva immaginarsi – in merito agli artt. 80 e 87 della Costituzione, in riferimento agli artt. 2, 10 e 11 della Carta, il criterio ermeneutico in parola offre qualche spunto interessante185. Come si è avuto modo di accennare e giova ora meglio precisare, il mancato esplicito richiamo alle Carte dei diritti in Costituzione non deve trarre in inganno e farci giungere a conclusioni affrettate; esso – come si è sopra detto – è semplicemente dovuto al fatto che il Costituente non conosceva tali documenti, venuti alla luce in epoca successiva; e però – è questo il punto di maggior rilievo – è certo l’intento manifestato dai framers di riservare ai diritti una speciale protezione, facendone il perno attorno al quale ruota l’intera costruzione ordinamentale.

Una considerazione, questa, che non merita di essere trascurata nel momento in cui si riguardano i documenti internazionali relativi ai diritti e si ragiona attorno alla loro condizione in ambito interno, specie in rapporto alle leggi comuni ed alle stesse leggi costituzionali186.

In altri termini, si tratta di far luogo oggi ad una riflessione, allo stesso tempo, aggiornata e fedele all’original intent: aggiornata, in quanto rivolta a documenti normativi sui quali il Costituente non ha avuto modo di fermare la propria attenzione; fedele, dovendo la nostra attenzione ricostruire il “posto” delle Carte in applicazione di un criterio teleologico, orientato verso la massima tutela dei diritti, così come fermamente e chiaramente voluto dal Costituente. La qual cosa pertanto ci consente di non compiere alcuna forzatura nel voler cercare uno spazio a tali documenti internazionali nell’ambito degli articoli presi in considerazione, permettendoci quindi di poter procedere in un’operazione ermeneutica alla quale, invece, dovremmo rinunciare qualora si trovassimo davanti ad un istituto del quale i Padri fondatori avevano contezza e che sarebbe stato volontariamente escluso dal testo costituzionale.

Se si conviene con quanto appena detto, si può – come si diceva prima – tentare di operare una ricostruzione idonea a consentire alle Carte dei diritti di trovare ospitalità, in base al “tipo” (o alla natura) di esse, tra le trame della Carta. Volendo tirare le somme dell’indagine finora svolta, basterebbe ad un qualunque operatore giuridico che si confronti con una Carta dei diritti procedere per gradi. Per prima cosa, occorrerà appurare se il documento in parola possa rispondere ad una finalità di pace e giustizia fra le nazioni e sia anche espressione di un’organizzazione internazionale che davvero possa definirsi tale187 (quest’ultimo requisito – come si può intuire – non è di poco conto se si ricorda che neanche il “sistema CEDU” è stato dalla Corte costituzionale identificato come una “organizzazione internazionale”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11188); nell’ipotesi in cui tali prime verifiche abbiano esito positivo, il

186 Piuttosto, qualora si considerino le Carte (o, meglio, alcune loro norme) come direttamente,

immediatamente e necessariamente serventi i valori fondamentali, al punto da resistere alle stesse leggi

costituzionali, è da chiedersi se esse possano trovare ingresso in ambito interno a mezzo di leggi ordinarie ovvero non richiedano a tal fine l’utilizzo dello stesso mezzo della legge costituzionale. La questione è di particolare rilievo teorico, non pure tuttavia – com’è noto – pratico. In questa sede, comunque, non è possibile riservare ad essa la dovuta attenzione.

187 Particolare rilievo è, a tal proposito, da assegnare alla prevista adesione dell’Unione Europea alla CEDU, secondo il trattato di Lisbona (su quali possano esserne le implicazioni, peraltro, si discute accesamente, senza che sia affatto agevole pervenire a risultati sicuri).

188 Il riferimento è – com’è chiaro – alla giurisprudenza inaugurata dalle sentenze “gemelle” del 2007, part. dalla sent. n. 348.

problema sarebbe facilmente risolto, venendo in soccorso l’art. 11 Cost. e potendosi pertanto ricondurre quella Carta alla copertura da quest’ultima norma offerta.

Qualora questa prima operazione dovesse invece fallire, bisognerà allora che l’interprete verifichi se la Carta dei diritti in toto o anche solo in riferimento a talune sue disposizioni, riproduca o meno norme aventi natura materialmente consuetudinaria; in questo caso – com’è intuibile – le sarà possibile godere della protezione dell’art. 10 Cost.

Se anche questo tentativo non dovesse andare a buon fine, rimarrebbe allora da verificare se i diritti enunciati in tale Carta possano assurgere al rango di “diritti inviolabili della persona umana”; se fosse così, sarebbe allora possibile ricondurre tale documento nell’alveo dell’art. 2 Cost., nella sua qualità di “clausola aperta”189.

A questo punto, però, occorre prendere in considerazione la evenienza che, alla fine delle operazioni suggerite, si abbia un “cumulo” delle condizioni appena prospettate, verificandosi tutte contemporaneamente; ciò che si intende dire è che una determinata Carta dei diritti potrebbe sia rispondere ad un’esigenza di pace e giustizia fra le nazioni (ed essere finanche stata promanata da una qualche organizzazione internazionale), sia essere costituita da disposizioni a finalità di “razionalizzazione” di norme internazionali aventi natura consuetudinaria, che, infine, contenere norme poste a salvaguardia di diritti inviolabili. In questo caso – peraltro, non del tutto fantasioso – si avrebbe una copertura costituzionale “plurima”, la concreta tutela da offrire ai diritti enunciati nella suddetta Carta essendo quella che si ricava dalle previsioni interessate190.

Prima però di chiudere sul punto, si consenta di provare ad offrire un ulteriore spunto di riflessione. Nell’analisi dei lavori preparatori – come si può facilmente notare – si è scelto di non prendere in considerazione i dibattiti relativi all’art. 3 della Carta191; tuttavia, a tal proposito, non è possibile non mettere in luce un aspetto che potrebbe rivelarsi interessante ai fini della nostra indagine. Sembra che tra i principi fondamentali che le Carte dei diritti (in particolare quelle a

189 Non è inopportuno rilevare che non ogni diritto può fregiarsi del titolo di “inviolabile”, ai sensi dell’art. 2, dovendosi ogni volta stabilire se esso possa farsi rientrare sotto la protezione del principio fondamentale in parola. Qualora la risposta dovesse essere positiva, esso parteciperà su basi di parità ad operazioni di bilanciamento coi diritti costituzionalmente enumerati; in caso contrario, evidentemente, no.

190 Di una tutela dei diritti delle Carte “a più facce” discorre G. SORRENTI, Le Carte internazionali sui diritti

umani: un’ipotesi di «copertura» costituzionale «a più facce», in Pol. dir., 1997, 349 ss. Variamente sul punto, v.,

poi, AA.VV., All’incrocio tra Costituzione e CEDU. Il rango delle norme della Convenzione e l’efficacia interna

delle sentenze di Strasburgo, a cura di R. Bin-G. Brunelli-A. Pugiotto-P. Veronesi, Torino 2007.

191 … così come non si è fatto riferimento, in questa sede, ai lavori preparatori relativi all’art. 117, I comma, del quale tuttavia si dirà più avanti, avendo al momento voluto fare esclusivamente luogo alla ricostruzione della volontà del Costituente.

noi temporalmente più vicine) intendono tutelare, vi sia anche quello di uguaglianza, specie se si considera che, con la salvaguardia dei soggetti più deboli a causa del proprio status, si ha di mira l’obiettivo di eliminare diseguaglianze e discriminazioni, cercando di porre tutti su uno stesso “punto di partenza”. Se si è d’accordo con quanto appena detto, non si può pertanto fare a meno di richiamare anche l’art. 3 Cost., sia nel I che nel II comma, quale possibile ulteriore disposizione idonea ad offrire copertura alle Carte dei diritti, almeno ad alcune; in questo caso, quindi, anche la norma da ultimo richiamata potrebbe rientrare a pieno titolo nella ricostruzione “ad esclusione” (o “a gradi”, se si preferisce) poc’anzi proposta192.

A questo punto, occorre fare due precisazioni: come si può constatare da quanto appena detto, non è possibile a priori dire se le Carte dei diritti, in quanto tali, si possano ricondurre ad una o ad un’altra disposizione costituzionale; occorre infatti svolgere un’operazione interpretativa, caso per caso, che può portare a ricondurre Carte diverse a disposizioni costituzionali diverse. Inoltre, non è affatto detto che una Carta dei diritti trovi in toto copertura in questo o quell’enunciato costituzionale, ben potendo essere anche solo una o più disposizioni di essa a godere di protezione costituzionale, e non anche altre. Quanto detto, allora, porta a fare due semplici e ulteriori riflessioni: intanto, emerge chiaramente come nell’ambito di tutte le verifiche ed operazioni ermeneutiche che sono state appena indicate, un ruolo fondamentale – e, a conti fatti, determinante – lo ha l’interprete e, quindi, il soggetto giudicante, ciò confermando quanto già detto in merito al rinnovato ruolo che oggi, in epoca di globalizzazione, assumono i giudici. Inoltre, non vi è chi non veda come, con la ricostruzione adesso suggerita, non pochi siano i rischi – peraltro, già messi in luce – che possono derivare al valore della certezza del diritto dalla discrezionalità assai ampia di cui, in operazioni del genere, gode l’operatore.

192 Non si trascuri, poi, che – secondo una tesi di recente proposta da un’autorevole dottrina (G. SILVESTRI,

Dal potere ai princìpi. Libertà ed eguaglianza nel costituzionalismo contemporaneo, Roma-Bari 2009) – gli artt. 2 e

3 si implicano a tal punto da risolversi l’uno nell’altro, immedesimandosi nelle più salienti esperienze relative ai diritti.

Cap. III

I rapporti tra diritto internazionale e diritto interno

nella dottrina e nella giurisprudenza

1. Notazioni introduttive

Dopo la breve analisi appena svolta dei lavori preparatori relativi alle disposizioni costituzionali riguardanti l’oggetto del nostro studio, occorre adesso soffermarsi in modo particolare sulla ricostruzione che la dottrina (e, in parte, la giurisprudenza) ha offerto dell’art. 10, I comma, Cost., disposizione fondamentale sulla quale si regge il rapporto tra diritto internazionale e diritto interno193, “norma-cardine del sistema di adattamento predisposto dal nostro ordinamento”194 e, in definitiva, massima espressione degli “ideali internazionalistici” che, anche (o soprattutto) a causa del periodo storico da cui si usciva, animarono il nostro Costituente195.

193 A tal proposito, si veda per tutti G. BARILE, Diritto internazionale e diritto interno. Rapporti fra

sistemi omogenei ed eterogenei di norme giuridiche, Milano, 1964 e ID., Costituzione e diritto internazionale.

Alcune considerazioni generali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1986, 951 ss. Particolare è la lettura proposta da L.

CONDORELLI, Il ‹‹riconoscimento generale›› delle consuetudini internazionali nella Costituzione italiana, in Riv.

trim. dir. pubbl., 1979, 21, del principio contenuto nella disposizione costituzionale in parola come “destinato in

ultima analisi ad assicurare un riparto equilibrato ed armonioso, tra potere politico e potere giudiziario, delle competenze relative alla partecipazione dello Stato italiano alla comunità internazionale”; sul punto, v. anche, di recente, L. CAPPUCCIO, Le consuetudini internazionali tra Corte costituzionale e Corte di giustizia, in Quad.

cost., 1/2004, 30.

194 L. SICO, (voce) Adattamento del diritto interno al diritto internazionale generale, in Enc. dir., Agg. II, Milano, 1998, 34. Sull’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, si veda, tra i tanti, M. MIELE,

La Costituzione italiana e il diritto internazionale, Milano, 1951, 9 ss.; R. QUADRI, Diritto internazionale

pubblico, Napoli, 1968, 59 ss.; inoltre, tra gli altri, A. D’ATENA,(voce)Adattamento del diritto interno al diritto

internazionale, in Enc. giur., I, 1988, 1 ss. e E. CANNIZZARO, (voce) Trattato internazionale (adattamento al), in

Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 1394 ss.; G. CATALDI, (voce) Rapporti tra norme internazionali e norme interne, in Dig./Disc. pubbl., XII, Torino, 1997, 391 ss.; G. SORRENTI, La conformità dell’ordinamento italiano alle

‹‹norme di diritto internazionale generalmente riconosciute›› e il giudizio di costituzionalità delle leggi, in

AA.VV., Il parametro nel sindacato di legittimità costituzionalità delle leggi, cit., 601 ss.; E. CANNIZZARO, Sub

art. 10, in Comm. Cost., a cura di R. Bifulco-A. Celotto-M. Olivetti, I, Torino, 2006, 242 ss.; A. BONOMI, Il

‘limite’ degli obblighi internazionali nel sistema delle fonti, Torino, 2008, 19 ss. e A. COSSIRI, Sub art. 10, in

Comm. Cost., a cura di S. Bartole-R. Bin, Padova, 2008, 80 ss.

195 Si veda quanto afferma A. CASSESE, Lo Stato e la Comunità internazionale. (Gli ideali

internazionalistici del costituente), in Comm. Cost., a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1975, 461 ss. Non

La scelta di dedicare una maggiore attenzione alla norma appena richiamata appare funzionale al prosieguo della nostra ricerca, essendo l’articolo in discorso quello che maggiormente si presta – per ragioni che sono state già espresse e per altre che si diranno – ad essere punto di riferimento in un’indagine volta a verificare il valore da riconoscere alle Carte dei diritti, queste ultime potendo – anche se a certe condizioni ed entro certi limiti – trovare in esso (e, come detto, anche in altre disposizioni costituzionali) una qualche copertura.

L’opportunità di esaminare più da vicino l’art. 10 trova ulteriori motivazioni se si considera tale norma come la principale “interlocutrice” del nuovo art. 117, I comma, Cost. Negli ultimi anni, la dottrina si è molte volte chiesta in che rapporto stiano le due disposizioni in discorso e quale sia il legame sussistente tra esse. Per tale ragione, prima di analizzare l’art. 117, I comma, Cost., non si può, preliminarmente, non volgere lo sguardo a quanto è stato detto in merito all’art. 10 Cost.

Inoltre, sempre sul piano metodologico, si ritiene di dover circoscrivere anche temporalmente l’analisi, riflettendo, pertanto, sulle impostazioni dottrinali e giurisprudenziali degli anni antecedenti al 2001, in modo da verificare meglio la portata innovativa della riforma del Titolo V, in riferimento all’oggetto del nostro tema.