A questo punto dell’indagine, anche se non pare necessario dover dar ulteriormente conto dell’importanza che oggi rivestono le Carte dei diritti, non sembra inopportuno soffermarci ancora sul rilievo che, in un mondo caratterizzato da un diritto globale che, a sua volta, mira ad una tutela appunto globale dei diritti umani415, riveste il “processo di internazionalizzazione”416 in atto, quale
412 S. BARTOLE, Costituzione e costituzionalismo, cit., 579. In argomento, si veda anche O. CHESSA, La tutela
dei diritti oltre lo Stato. Fra diritto internazionale dei diritti umani e integrazione costituzionale europea, in AA.VV., I diritti costituzionali, I, a cura di R. Nania e P. Ridola, Torino, 2006, 229 ss.
413 S.S. BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, cit., 3 del
paper.
414 … il cui ruolo – peraltro – appare ulteriormente rinvigorito, come tra gli altri rileva G. SILVESTRI, Verso uno ius commune, cit., 16.
415 In argomento, si veda, tra i molti altri, O. CHESSA, La tutela dei diritti oltre lo Stato, cit., 229 ss.
416 L. MONTANARI, I diritti dell’uomo nell’area europea tra fonti internazionali e fonti interne, cit., 1, ma
elemento fondamentale della tutela stessa; tali Carte, infatti, contribuiscono (insieme all’opera della giurisprudenza) ad ampliare il catalogo dei diritti, recependo interessi sempre nuovi (emersi nel tessuto sociale, spesso, grazie anche al progresso tecnologico e, in genere, al mutamento dei tempi)417.
Sia consentito, ancora, osservare come l’evoluzione del costituzionalismo418 sia profondamente connotata dall’apertura degli ordinamenti statali verso quello della Comunità internazionale419 e, pertanto, da profondi mutamenti nei concetti di ordinamento e di sovranità statale, quest’ultima certamente “non … più illimitata”420. Come si è già avuto modo di constatare, gli effetti prodotti dalla globalizzazione mettono il giurista dinanzi ad una realtà assai diversa rispetto al passato; è infatti anacronistico continuare a ragionare e ad operare limitando lo sguardo ai confini statali, essendo sotto gli occhi di tutti come le barriere tendano ad abbassarsi sempre di più e come sia necessario confrontarsi con esperienze giuridiche diverse dalla propria, siano esse di portata “particolare” (come quelle di altri Stati), “regionale” (come quella rappresentata dalla CEDU) o finanche globale (si pensi alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo421) e non potendosi inoltre considerare “il catalogo dei diritti umani e delle libertà fondamentali come manifestazione sovrana ed esclusiva di una nazione in senso tradizionale”422. È in questo contesto,
417 Sul punto, v. M. CARTABIA, L’universalità dei diritti umani nell’età dei «nuovi diritti», cit., 559 s.
418 Non a caso R. DICKMANN, Il rilievo del diritto internazionale dei diritti umani, in www.federalismi.it, 23/2008, 4 del paper, discorre di “evoluzione del costituzionalismo alla luce della globalizzazione, come formula sintetica per individuare l’internazionalizzazione delle prospettive e delle occasioni di conoscenza e di esperienza”. In argomento, ed in particolare in riferimento al “costituzionalismo multilivello”, nonché sulle prospettive del costituzionalismo, si veda, tra i tanti, pure M. LUCIANI, Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it, 8 ss. del paper.
419 … per riprendere l’efficace lezione di S. CASSESE, L’apertura degli ordinamenti statali all’ordinamento
della comunità internazionale, Napoli, 2009. Sul punto, si veda anche A. RUGGERI, Dimensione europea della tutela, cit., 3 del paper (per l’A., anzi, “ciascun ordinamento ha tra i suoi principi fondamentali l’apertura all’altro”: 7).
Si consenta, incidentalmente, di constatare che negare la naturale vocazione del nostro ordinamento ad “aprirsi” verso gli altri significherebbe, in definitiva, contraddire le stesse intenzioni del Costituente; al contrario, invece, se si conviene nel riconoscere la “qualità” del nostro sistema ad interagire con l’“esterno”, non si fa altro che dare implicitamente credito agli intenti che furono dei nostri Padri, immettendosi nella strada da loro segnata.
420 … come osserva, ancora da ultimo, S. BARTOLE, Costituzione e costituzionalismo, cit., 581.
421 … documento che “ha rafforzato la convinzione che il rispetto dei diritti umani è radicato principalmente nella giustizia che non cambia, sulla quale si basa anche la forza vincolante delle proclamazioni internazionali”, come ha osservato S.S. BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, cit., 3 del paper.
allora, che – come si è detto – muta anche la funzione del giurista in genere e del giudice in particolare (e della stessa Corte costituzionale), il primo – come si diceva – dovendo interpretare il suo ruolo “guardando oltre” i confini statali, il secondo dovendo “fare giustizia” tenendo conto delle implicazioni dal diritto extra-nazionale423 e potendosi avvalere del ricco strumentario che il diritto internazionale pattizio, oggi più di ieri, con particolare riferimento alla tutela dei diritti umani, gli offre; non è ammessa, pertanto, alcuna forma di nazionalismo giuridico da parte dei legislatori e dei giudici, richiedendosi, piuttosto, un nucleo minimo di tutela inderogabile dei diritti umani condiviso dagli Stati, entro il quale questi ultimi – come dire – non sono liberi ed oltre il quale, invece, si espande il c.d. “margine di apprezzamento” che consente ai varî ordinamenti un qualche spazio di manovra.
Espressioni dell’esigenza “universale” di salvaguardia dei diritti umani, la Carta di San Francisco del 1945 e la Dichiarazione universale del 1948424 possono dirsi le prime “Carte” dell’epoca moderna in grado di porre le basi, attraverso principi e regole, di una garanzia della pace e della sicurezza “come condizioni di convivenza” e della tutela della dignità dell’uomo425. Peraltro, la stessa idea di multilevel costitutionalism426 prende le mosse – se non si erra – da un impostazione “universale” delle garanzie che, in fin dei conti, è quanto può offrire il diritto internazionale427 ed è dato dall’“intrecciarsi [de]i cataloghi e dei diritti contenuti nelle Costituzioni nazionali, la Convenzione europea, la Carta dei diritti dell’Unione europea, oltre a tutti gli strumenti elaborati in sede internazionale, in particolare nell’ambito dell’Onu”428.
423 … ed anch’egli guardando “fuori dai propri confini”, come osserva M. CARTABIA, L’universalità dei diritti
umani nell’età dei «nuovi diritti», cit., 547 s.
424 … che G. SORRENTI, Le Carte internazionali sui diritti umani, cit., 385, definisce “vera pietra miliare di tutte le successive convenzioni”.
425 R. DICKMANN, Il rilievo del diritto internazionale dei diritti umani, cit., 3 del paper.
F. SALERNO, Bobbio, i diritti umani e la dottrina internazionalista italiana, in Dir. um. e dir. internaz., 3/2009, 485, osserva che “la tutela internazionale sui diritti umani” ha inizio “solo con la Convenzione di Ginevra sul divieto di schiavitù del 1926”.
426 Com’è noto, la fortunata espressione si deve a I. PERNICE, Multilevel Constitutionalism and the Treaty of
Amsterdam: European Constitution-Making Revisited?, in Comm. Mark. Law Rev., 1999, 703 ss. e ID., Multilevel
Constitutionalism in the European Union, in Eur. Law Rev., 2002, 511 ss. Essendo la letteratura in argomento assai
vasta, v., per tutti, AA.VV., La tutela multilivello dei diritti. Punti di crisi, problemi aperti, momenti di stabilizzazione, cit.; F. SORRENTINO, La tutela multilivello dei diritti, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1/2005, 79 ss.; S. GAMBINO, Multilevel constitutionalism e diritti fondamentali, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., IV/08, 1144 ss. G. DEMURO, Costituzionalismo
europeo e tutela multilivello dei diritti. Lezioni, Torino, 2009.
427 R. DICKMANN, Il rilievo del diritto internazionale dei diritti umani, cit., 4 del paper. 428 M. CARTABIA, Gli strumenti di tutela dei diritti fondamentali, in Iustitia, 4/2008, 401.
D’altra parte, come può negarsi che i diritti umani per essere tali non debbano essere di questo o quell’altro popolo, ma piuttosto patrimonio dell’intera umanità? La stessa Dichiarazione Universale dei diritti umani, all’art. 28, parla di un “ordine sociale e internazionale”, all’interno del quale questi diritti devono essere garantiti; e ciò è tanto più vero se si parte dall’assunto che la persona umana429, per sua natura, entra in contatto non solo con un ordinamento (il proprio), ma con altri ordinamenti. Ragionando così, pertanto, non vi è chi non veda che i diritti fondamentali dell’uomo sono di quest’ultimo in quanto tale e pertanto aspirano ad avere, perlomeno nel loro contenuto essenziale, un riconoscimento comune (universale… appunto) da parte di ogni ordinamento. È come dire che i diritti umani sono inscindibilmente connessi alla persona430 e, pertanto, ogni soggetto li porta con sé ed ha diritto ad averne idonea protezione in qualunque luogo si trovi e nei confronti di qualunque ordinamento questi entri in rapporto. Volendo procedere con ordine e non potendo qui ed ora tracciare la storia dei diritti umani431 e della protezione che, nei tempi, è stata loro accordata, è sufficiente rilevare che con la Carta dell’ONU (del 1945) si sono messe le basi per dar vita ad una “rete di protezione dei diritti umani a livello universale”432; tuttavia, con la stesura della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (1948) e con i due Patti del 1966 (quello sui diritti civili e politici e quello sui diritti economici, sociali e culturali), seguiti dalla Dichiarazione di Vienna (volta a “riaffermare l’attualità della Dichiarazione universale”433) si
429 … ritenuta da N. Bobbio, come osserva F. SALERNO, Bobbio, i diritti umani e la dottrina internazionalista
italiana, cit., 496, “fine ultimo della regolamentazione internazionale”.
430 La stessa Commissione interamericana dei diritti dell’uomo, nel rapporto del 29 settembre del 1999, ha fatto notare che “i diritti umani sono innati semplicemente in virtù della dignità della singola persona” (come riportato da A. CASSESE, I diritti umani oggi, cit., 46). Non a caso, la Dichiarazione di Vienna del 1993 (di cui a breve si accennerà) afferma nel Preambolo “che tutti i diritti dell’uomo derivano dalla dignità e dal valore inerente alla persona umana”. Sulla “dignità come fondamento dei diritti”, v. anche M. ZANICHELLI, Il significato dei diritti fondamentali, cit., 529 ss., che rileva – peraltro – che “la dignità è uno degli elementi che meglio connotano la specificità delle carte dei diritti contemporanee, distinguendole dai classici cataloghi di diritti naturali e inalienabili prodotti dalle rivoluzioni moderne, che invece la ignoravano”. Già, G. SORRENTI, Le Carte internazionali sui diritti umani, cit., 382, rilevava che è proprio grazie alla dignità umana che “le Carte compiono un passo avanti, cessando di rimanere celate dietro lo schermo dei diritti fondamentali”. Sul valore della dignità, tra i molti altri, v., di recente, G. SILVESTRI, Dal potere ai princìpi, cit., 85 ss. e F. FERNÁNDEZ SEGADO, La dignità della persona come valore supremo dell’ordinamento giuridico spagnolo e
come fonte di tutti i diritti, in www.forumcostituzionale.it.
431 ... per la quale si rinvia all’analisi lucida e completa di A. CASSESE, I diritti umani oggi, Roma-Bari, 2009. 432 A. CASSESE, I diritti umani oggi, cit., 28.
433 … considerata da C. PINELLI, Il momento della scrittura, cit., 161, “una svolta di grande importanza, riflettendo l’attuale stadio di maturazione, nella comunità internazionale, della concezione dei diritti dell’uomo e dei
può dire essersi davvero avviata la grande stagione dei diritti umani, i Patti in parola costituendo una “specificazione” della Dichiarazione e con essa ponendosi “in una linea di continuità”434. Diverse sono state – a seguire – le Convenzioni internazionali che si sono preoccupate di offrire tutela ad una particolare categoria di soggetti e di nuove – si ha l’impressione – vedranno la luce, in forza della tendenza (ormai diffusa e condivisa) ad espandere la protezione dei diritti fondamentali dell’uomo; per quanto uno Stato si impegni a garantire la salvaguardia dei diritti dell’uomo all’interno del proprio territorio (e quindi della propria giurisdizione), gli obblighi assunti – come hanno avuto modo di rilevare gli organi internazionali volti a vigilare sul rispetto dei diritti umani – sono da intendere come “disposizioni aventi anche un ambito di applicazione extraterritoriale”435 (c.vo testuale). Se poi si considera che ogni contesto sociale ed ogni territorio è espressivo di esigenze e bisogni diversi ed ha connotati differenti, ben si intuisce come una compiuta ed effettiva protezione dei diritti umani passi da interventi aventi natura “regionale”, in grado di meglio garantire uno standard di tutela adeguato a quell’ambito spaziale di riferimento; è per questa ragione che nascono gli accordi e le convenzioni che, espressione di un diritto pattizio sovranazionale ma non internazionale, contribuiscono alla realizzazione della tutela universale dei diritti umani attraverso una protezione di questi ultimi entro un territorio geograficamente e politicamente limitato. Com’è chiaro, infatti, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (del 1950), la Convenzione americana sui diritti umani (del 1969), la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (1981) e la Carta araba dei diritti umani (del 1994) non sono altro che strumenti (tra i quali la CEDU ha costituito un modello a cui si sono informate le altre Carte), volti a garantire la protezione dei diritti fondamentali della persona e messi a disposizione di (e allo stesso tempo promanati da) una Comunità ristretta per dare “applicazione” a quei diritti la cui “definizione” è data a livello universale436.
Ecco perché, allora, occorre necessariamente entrare nell’ordine di idee che “la portata universale della salvaguardia dei diritti umani ottiene completa soddisfazione esclusivamente
relativi strumenti di promozione e protezione” (l’A., tra i molti altri, non manca di trattare profili storici relativi ai documenti internazionali richiamati: 159 ss.).
434 A. CASSESE, I diritti umani oggi, cit., 44.
435 A. CASSESE, I diritti umani oggi, cit., 44 (ma v. anche 46). I suddetti obblighi sono infatti da considerare assunti da ogni singolo Stato nei confronti dell’intera Comunità internazionale (49).
affiancando alle Costituzioni nazionali i ben noti strumenti internazionali di tutela”437, pur continuando a riconoscere alle Carte costituzionali un ruolo che è molto più che meramente “sussidiario”438.
Sembra allora che gli ordinamenti statali, lungi dal potere essere considerati chiusi in se stessi, siano inseriti all’interno di un’“entità integrata, le cui componenti hanno un’identità che non si riconosce nella sovranità tradizionale, anche perché si reggono in un rapporto di mutuo sostegno, di reciproca interdipendenza, se è vero che l’una non può fare a meno delle altre e viceversa”439 e si è certi, pertanto, che sia con questa complessa realtà che ci si deve confrontare.