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2. Orientamenti dottrinali intorno all’art 10 Cost., tra monismo e dualismo

2.1. L’oggetto della norma

Tra le numerose questioni interpretative che riguardano l’art. 10, I comma, della Carta costituzionale, condizionandone – com’è ovvio – anche l’ambito di applicabilità, vi è sempre stata quella di definire con esattezza l’oggetto della disposizione in parola. Ben si comprende come questa sia operazione preliminare, primo vero nodo da sciogliere, se si vuole davvero intendere la portata e le effettive potenzialità della norma in discorso, da cui necessariamente discendono una serie di conseguenze sul piano degli effetti giuridici che l’articolo produce in ambito interno212.

Sul punto, tuttavia, sembra essersi coagulato un certo consenso di opinioni dottrinali, non registrandosi sostanziali differenze tra le impostazioni manifestate prima e quelle espresse dopo la riforma del titolo V della Costituzione.

D’altra parte, già l’analisi dei lavori preparatori consente di chiarire quale categoria di norme rientri tra quelle “di diritto internazionale generalmente riconosciute” (espressione, questa, che rispecchia quella utilizzata all’art. 4 della Costituzione di Weimar, come gran parte della dottrina ha avuto modo di constatare213); la perfetta corrispondenza tra i risultati della breve indagine appena svolta alla luce dell’original intent e l’opinione manifestata a tal proposito da larga parte della dottrina non fanno che costituire ulteriori riprove dell’utilità del metodo originalista, nonché della bontà ed attualità dei risultati cui esso conduce, almeno con particolare riferimento alla comprensione dell’enunciato normativo di cui ci stiamo adesso occupando.

212 Tra i tanti, v., sul punto, G. BISCOTTINI, L’adeguamento del diritto italiano alle norme

internazionali, in Jus, 1951, 217; A. LA PERGOLA, Costituzione e adattamento, cit., 234 ma passim; L. CONDORELLI, Il ‹‹riconoscimento generale››, cit., 5 ss.; G. BARILE, Costituzione e diritto internazionale, cit., 955 ss.

213 Tra gli altri, fa questa osservazione L. CONDORELLI, Il ‹‹riconoscimento generale››, cit., 7 ss.; si badi, però, come rilevato, ad esempio, da A. D’ATENA, (voce) Adattamento, cit., 1, che, a differenza della disposizione della Costituzione di Weimar, l’art. 10 della nostra Carta non considera le norme generalmente riconosciute come “‘parte integrante’ del diritto nazionale”.

Non si può negare, infatti, che dottrina e giurisprudenza214 siano rimaste fedeli alle intenzioni originarie del Costituente, confermando che l’art. 10 Cost. faccia richiamo a norme di diritto internazionale di natura consuetudinaria215 ed escludendo pertanto dall’alveo della norma il diritto pattizio216. Se su quest’ultimo punto si avrà modo di tornare a breve, occorre adesso rapidamente soffermarsi su quali davvero debbano intendersi le consuetudini internazionali cui si riferisce l’articolo e su quale sia, in ambito interno, l’operatore giuridico deputato ad accertarne l’esistenza217.

214 V. Corte cost. decc. nn. 32/60, 68/61, 135/63, 48/67, 104/69, 69/76, 48/79, 188/80, 153/87, 323 e 364/89, 496/91, 75 e 438/93, 168/94, 15 e 146/96, 288 e 421/97, 348 e 349/07.

215 L. CONDORELLI, Il ‹‹riconoscimento generale››, cit., 14, non manca di rilevare come, nell’ambito della comunità internazionale di oggi, i concetti di “diritto consuetudinario” e di “diritto internazionale generalmente riconosciuto” non siano identificabili. Dalla giurisprudenza costituzionale (si vedano, ad esempio, le sentt. nn. 48/67, 69/76, 168/94 e 349/07) si evince che l’adattamento riguardi anche i “principi generali del diritto”, come rileva, tra gli altri, G. CATALDI, (voce) Rapporti tra norme internazionali e norme interne, cit., 395.

216 Come rileva, tra gli altri, anche E. CANNIZZARO, Sub art. 10, cit., 246 ss. Con particolare riferimento poi alle norme di diritto internazionale di jus cogens, v., tra i molti altri, R. MONACO, Fonti e pseudo fonti del

diritto internazionale, in Riv. dir. int., 1978, 744 s. (il quale, in generale, opera una panoramica delle fonti di

diritto internazionale: 740 ss.); G. BARILE, Costituzione e diritto internazionale, cit., 959; N. RONZITTI,

L’adattamento dell’ordinamento italiano alle norme imperative del diritto internazionale, in Rass. parl., 2/2002,

503 ss.

217 A tal proposito, si veda G. GAJA, Sull’accertamento delle norme internazionali generali da parte

della Corte costituzionale, in Riv. dir. int., 1968, 315 ss. Sul “ruolo dei giudici costituzionali nella rilevazione

delle consuetudini”, v. anche L. CAPPUCCIO, Le consuetudini internazionali, cit., 15 ss. A. BONOMI, Il ‘limite’

degli obblighi internazionali, cit., 32, ha di recente osservato che spetta al giudice e non al legislatore il compito

di interpretare il diritto internazionale generalmente riconosciuto, sulla base di una serie di “elementi ‘storico- materiali’”; in questi casi, il giudice comune, l’unico cui è affidata questa operazione, non è tenuto – né potrebbe farlo qualora lo volesse – a sospendere il processo in corso ed investire la Corte costituzionale della questione, la competenza della Consulta arrestandosi – com’è noto – alle leggi e agli atti aventi forza di legge di diritto interno (33). Invero, potrebbe però configurarsi un’ipotesi in cui la Corte potrebbe essere chiamata a pronunciarsi in merito all’esistenza di una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta; tale evenienza si verificherebbe nel caso in cui un giudice volesse sollevare una q.l.c. dinanzi la Corte, interrogando quest’ultima sulla legittimità costituzionale o meno di un atto avente natura legislativa ed asserendo l’eventuale violazione dell’art. 10 Cost. In tale ipotesi, tra le diverse possibilità prospettabili, la Corte potrebbe pronunciare la manifesta infondatezza della questione e quindi l’assenza di contrasto con l’art. 10, se ed in quanto quell’atto legislativo di diritto interno non sia da considerare in conflitto con una norma qualificabile come generalmente riconosciuta (34). Da quanto detto, come osservato da Bonomi, ne deriva, pertanto, una sorta di “‘diffusione’ del potere di individuare, di interpretare e di applicare le norme internazionali generalmente riconosciute”, tale potere

Per G. Biscottini, l’art. 10 fa riferimento soltanto a quelle “norme di diritto internazionale generale che impongono allo Stato degli obblighi”218; A. La Pergola ha ritenuto di dover “escludere che l’art. 10 rispecchi o presupponga una concezione volontaristica del diritto internazionale”219. Così ragionando, pertanto, si è potuto altresì scartare l’idea che l’adattamento alle norme di diritto internazionale fosse subordinato alla previa accettazione di queste ultime da parte dell’ordinamento di riferimento (il che, peraltro, ha contribuito a rigettare l’idea che, per il diritto internazionale avente natura convenzionale, potesse attivarsi il meccanismo della disposizione costituzionale in discorso), l’art. 10 predisponendo un meccanismo (caratterizzato da “continuità” e “completezza”) in grado di garantire una piena conformità del nostro Stato soltanto a norme di diritto internazionale generale220.

A. Chiappetti221 si è dichiarato dell’idea che l’espressione “generalmente riconosciute” faccia riferimento alla sfera dei destinatari delle stesse norme; pertanto, nella distinzione tra norme di diritto internazionale generale e particolare, l’A. da ultimo richiamato ha fatto notare come l’art. 10 riguardi solo le prime222. Tra le seconde, infatti, rientrerebbero tutte quelle norme – come dice la parola stessa – che hanno un’applicazione “particolare”, ossia limitata ad un numero ristretto di soggetti (e tra queste vi sarebbero di certo sia le norme di diritto pattizio223 che le consuetudini particolari, locali) e che richiedono una normativa ad hoc per

spettando “ai giudici comuni”, pure “con il rischio … che si formino valutazioni divergenti quando non addirittura contrastanti fra giudice e giudice” (35). In argomento, v. da ultimo anche S. CASSESE, I tribunali di

Babele, cit., 8.

218 G. BISCOTTINI, L’adeguamento del diritto italiano, cit., 217 s. 219 A. LA PERGOLA, Costituzione e adattamento, cit., 237. 220 Ibidem, 239, ma anche 346 s.

221 A. CHIAPPETTI, Alcuni problemi di interpretazione dell’art. 10, 1° comma, della Costituzione, in Riv.

trim. dir. pubbl., 1968, 1406 ss.

222 … come la dottrina prevalente – ad avviso dell’A. – ritiene; a dire il vero, l’A. (1433) ha rilevato come, a prima vista, possa sembrare che con l’espressione “generalmente riconosciute” si faccia riferimento anche a trattati caratterizzati da un “gran numero di Stati partecipanti”, per questo “vincolanti per la ‘quasi generalità’ degli Stati esistenti”. Anche A. CASSESE, Sub art 10, in Comm. Cost., a cura di G. Branca, Bologna- Roma, 1975, 487, 497, ha rilevato come il riferimento operato dall’art. 10, I comma, in accoglimento della proposta dell’on. Cevolotto di cui si è già discorso, fosse al diritto internazionale generale e non anche ai trattati.

223 Si badi che, come nota A. CHIAPPETTI, Alcuni problemi, cit., 1432, anche se vi fosse un trattato ratificato da tutti gli Stati esistenti, non potrebbero – per questo – le sue norme considerarsi “generali”, in quanto non sarebbero in grado di “vincolare automaticamente Stati che sorgessero in seguito”.

trovare efficacia interna224; invece, nell’ambito delle norme generali, si potrebbero annoverare tutte quelle regole dotate di un’applicazione generale, ossia aventi per destinatari una “sfera indeterminata di Stati che tende a corrispondere alla totalità dei soggetti internazionali” in questo senso pertanto le consuetudini generali essendo “le uniche fonti di norme di diritto internazionale comune, in quanto … le sole che vincolano tutti i soggetti esistenti o futuri, che si trovano o si troveranno in determinate situazioni”225. Peraltro, l’A. ha fatto notare come con l’avverbio “generalmente” si volesse far riferimento a norme già esistenti, che devono semplicemente essere “rilevate”226 e che riguardano tutti gli Stati, anche quelli che, in ipotesi, volessero disconoscerle227.

A prescindere da quali siano le diverse sfumature di significato che si vogliano attribuire all’espressione contenuta nell’art. 10, è possibile constatare con sufficiente sicurezza che vi è un ampio consenso di dottrina e giurisprudenza intorno alla convinzione che le norme nei cui confronti sia possibile applicare la disposizione costituzionale in parola debbano avere natura consuetudinaria; non mancano, però, coloro che ritengono che l’art. 10 Cost. faccia riferimento ai “principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili”, ex art. 38 dello Statuto della Corte internazionale di Giustizia228.

Volendo adesso concludere questo breve excursus, si può affermare con certezza che dall’ambito di applicazione dell’art. 10 Cost. debbano escludersi sia le norme aventi natura

224 Sul punto, tra gli altri, v. A. CASSESE, L’art. 10 della Costituzione italiana e l’incostituzionalità di

atti normativi contrari a norme di adattamento al diritto internazionale generale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1964,

370 s.

225 L’espressione è di A. CHIAPPETTI, Alcuni problemi di interpretazione, cit., 1431. Anche A. BERNARDINI, Diritto internazionale generale e ordinamento interno, in Giur. cost., 1961, 1466, ha incidentalmente rilevato come la disposizione in discorso facesse riferimento alle “norme consuetudinarie generali”; si veda anche A. LA PERGOLA, Adattamento automatico e norme internazionali in conflitto con la

Costituzione, in Giur. cost., 1963, 1504; A. CASSESE, L’art. 10 della Costituzione, cit., 370 e A. D’ATENA, (voce)Adattamento, cit., 5.

226 A. CHIAPPETTI, Alcuni problemi, cit., 1433, che richiama G. BARILE, La rilevazione e l’integrazione

del diritto internazionale non scritto e la libertà di apprezzamento del giudice, in Com. e st., V, 1953, 150 ss. Per

il primo A., infatti, non sarebbe possibile ricondurre nell’alveo dell’espressione anche i trattati “a tendenza universale”, in quanto le loro norme non sarebbero riconosciute, ma solo “poste in essere” o sarebbero comunque regole a cui “si può aderire” attraverso “un atto formale”. Per tutte queste ragioni, l’elasticità della formula utilizzata è apparsa, all’A., la più idonea ad individuare le norme in grado di usufruire del meccanismo dell’adattamento automatico previsto dall’art. 10 Cost. (1433 s.).

227 A. BONOMI, Il ‘limite’ degli obblighi internazionali, cit., 20.

convenzionale (ad es., i trattati) che le norme consuetudinarie particolari o locali ed una serie di altre “fonti internazionali scritte”229; e, tuttavia, non si può fare a meno di constatare come la Corte, che pure avrebbe potuto fornire un valido contributo al fine di individuare il reale oggetto della disposizione in discorso230, non abbia fornito un supporto davvero valido ed efficace, pur avendo mostrato negli anni di volersi “appiattire” sulle impostazioni dottrinali dominanti che si sono in questa sede brevemente accennate231.