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È possibile discorrere di adattamento automatico ai trattati ex art 117,

Una questione strettamente collegata a quella, su cui ci si è adesso soffermati, relativa all’oggetto della disposizione costituzionale che si sta esaminando riguarda la funzione dell’art. 117, I comma330, e quindi gli effetti giuridici che (con particolare riferimento agli obblighi internazionali) tale disposto costituzionale è in grado di produrre all’interno dell’ordinamento.

Due le questioni su cui occorre principalmente fermare l’attenzione.

La prima può invero dirsi ormai risolta. Ci si riferisce, in particolare, ad una lettura restrittiva dell’enunciato costituzionale proposta da una sensibile dottrina secondo cui esso esaurirebbe il suo rilievo esclusivamente sul terreno dei rapporti tra leggi di Stato e Regioni, “bilanciando” il riparto delle competenze di cui le leggi stesse sono espressione331. Secondo questa impostazione, infatti, l’art. 117 non disciplinerebbe i “rapporti fra fonti interne ed obblighi internazionali”, ma contribuirebbe ad affermare “il primato [de]gli obblighi internazionali nei confronti di attività intrusive ad opera di altri enti dotati di competenze normative” 332 e inciderebbe “sul riparto di competenze fra Stato e Regioni”, gli “obblighi internazionali assunti da ciascun ente costitu[endo] un limite di legittimità per le attività degli altri enti dotati di poteri normativi sul piano interno”333. La giurisprudenza costituzionale ha tuttavia superato (già con la prima delle sentenze

330 … per B. CARAVITA, La Costituzione dopo la riforma del Titolo V , cit., 116, “diventato la disposizione centrale, in luogo dell’art. 70, per la ricostruzione della funzione legislativa nell’Italia del XXI secolo”.

331 E. CANNIZZARO, La riforma ‹‹federalista››, cit., 928 (si veda anche quanto l’A. afferma a p. 931). 332 Ibidem, 933.

333 Ibidem. Ricordano questa impostazione pure G.F. FERRARI, Il primo comma dell’art. 117, cit., 1849 s. (tuttavia, come constata l’A., tale tesi incontra taluni limiti), P. CARETTI, Il limite degli obblighi internazionali e

comunitari, cit., 60, F. GHERA, I vincoli, cit., 64 s. e G.M. CAPORALE, Gli obblighi internazionali, cit., 391. A sostegno di questa lettura della norma, si può ricordare quanto la Corte costituzionale ha significativamente osservato, nell’ord. n. 434/05, quando ha affermato che “la ratio della nuova norma costituzionale va ricollegata all’introduzione della possibilità per le Regioni di concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato nelle materie di loro competenza (art. 117, comma IX, Cost.), sicché il vincolo alla potestà legislativa andrebbe riferito alla ripartizione di competenze fra Stato e Regioni ed opererebbe nel senso che l’assunzione di obblighi internazionali da parte di ciascuno di questi enti costituisce un limite di legittimità per l’esercizio di competenze normative interne dell’altro”. Ad avviso di B. RANDAZZO, Rapporti con gli altri ordinamenti. A) Rapporti con l’ordinamento

internazionale, in AA.VV., Viva vox Constitutionis. Temi e tendenze nella giurisprudenza costituzionale dell’anno 2007, a cura di V. Onida e B. Randazzo, Milano, 2008, 727, “il c. 1 non definisce un nuovo riparto di competenze”,

questo sembrando avvalorato anche dalla sent. n. 348/07 che, come osserva anche A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., 273, sembra escludere che l’art. 117, I comma, sia “operante nei rapporti fra Stato e Regioni”.

“gemelle” della CEDU del 2007) questa impostazione, mostrando di voler assegnare una più ampia valenza al riferimento contenuto nell’art. 117 agli “obblighi internazionali”.

La seconda questione, su cui la dottrina si è maggiormente interrogata, attiene alla possibilità che l’art. 117 metta in moto un meccanismo di adattamento automatico a favore del diritto internazionale pattizio. Tuttavia, sia consentita la franchezza, tale problema non sembra arduo da risolvere. Senza la pretesa di voler fornire soluzioni sicure, si ritiene che le risposte vengano da una interpretazione fedele alla lettera della disposizione costituzionale e, soprattutto, all’intenzione originaria che ha portato alla sua redazione. In breve, non si vede perché si debba far dire al I comma dell’art. 117 Cost. qualcosa che palesemente esso non dice. In linea generale, non vi è chi non veda come i tentativi volti ad interpretare in modo fin troppo estensivo gli enunciati costituzionali non facciano altro che mettere in uno stato di sofferenza (secondo una tendenza alquanto diffusa) il valore della certezza del diritto che, com’è a tutti noto, è a fondamento delle moderne democrazie e che, proprio per questo e a fronte di un’esigenza abbastanza avvertita, richiede una particolare tutela; in questo senso, pertanto, il rispetto (il più possibile rigoroso) del testo costituzionale, da parte dell’operatore giuridico di turno, non può che giocare un ruolo determinante, essendo il primo, elementare, strumento con il quale salvaguardare il valore in discorso.

Così ragionando, pertanto, ci si chiede in base a quale dato testuale e in virtù di quale ragionamento sia possibile dedurre dall’enunciato linguistico dell’art. 117 che i trattati internazionali possano avere immediata applicazione interna e concludere, quindi, che l’articolo in parola “autorizzi” l’adattamento automatico del diritto internazionale pattizio334, alla stregua di

334 Sostiene la tesi dell’adattamento automatico A.D’ATENA, La nuova disciplina costituzionale, cit., 924 s. (con la conseguenza, ad avviso dell’A., che un contrasto tra leggi e diritto internazionale pattizio si tradurrebbe in una violazione della Carta e, come tale, richiederebbe l’intervento della Corte costituzionale); contra, ex multis, E. CANNIZZARO, La riforma ‹‹federalista››, cit., 922; F. SORRENTINO, Nuovi profili costituzionali, cit., 1356 (anche se, ad avviso dell’A., incomberebbe, per il legislatore, “un obbligo di adeguamento” al diritto internazionale pattizio: 1357); P. CARETTI, Il limite degli obblighi internazionali e comunitari, cit., 60; P. DE STEFANI, L’incorporazione dei diritti

umani. L’adattamento al diritto internazionale e il nuovo articolo 117 della Costituzione, cit., 31 s. e 40; F. GHERA, I

vincoli, cit., spec. 70; la possibilità di estendere il meccanismo di adattamento automatico al diritto pattizio, ad avviso di

C. PINELLI, I limiti generali, cit., 2004, 58, “comporterebbe dubbi di tenuta dell’art. 80 Cost.”; A. RUGGERI, Il “posto”

delle norme internazionali e comunitarie in ambito interno: una questione di punti di vista, in

www.associazionedeicostituzionalisti.it, 5 del paper; C.PANARA, Il diritto internazionale, cit., 7 del paper; G. SERGES, Sub art. 117, cit., 2216 s. e ID., I vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario ai sensi dell’art. 117, comma 1, della

Costituzione, in AA.VV., Profili attuali e prospettive di diritto costituzionale europeo, cit., 422, rileva (seppur facendo

quanto accade, nei confronti delle norme aventi natura consuetudinaria, con l’art. 10 Cost. A tal proposito, infatti, alcune ragioni sembrano spingere per la ricostruzione qui preferita335.

In via preliminare, si può osservare che nell’unico caso in cui il Costituente ha voluto consentire l’ingresso automatico nel nostro ordinamento di fonti a quest’ultimo esterne lo ha detto espressamente (il riferimento, com’è ovvio, è all’art. 10336); ragionando a contrario, la mancata menzione di suddetto meccanismo tra le righe dell’art. 117 dovrebbe essere intesa come una precisa scelta del legislatore di revisione da non ignorare337. Se a ciò si aggiunge che l’intento del legislatore di revisione in merito, come si è detto, appare chiaro, a maggior ragione pare opportuno scartare quella lettura (che invero parrebbe un po’ forzosa) che attribuisce una particolare forza attiva ai trattati internazionali (e alle relative leggi di esecuzione). Peraltro, a sostegno di quanto si sta dicendo, non si può tacere che la stessa Corte costituzionale ha escluso che i trattati (e la CEDU in particolare) siano in grado di immettere automaticamente nel nostro ordinamento norme vincolanti (ad es., si veda Corte cost. n. 348/07)338; tuttavia, c’è chi339 fa notare come la tesi per la quale l’art. 117, I comma, conterrebbe un meccanismo di adattamento automatico potrebbe (apparentemente) essere “rafforzata” da un passaggio della sent. n. 349/2007, laddove la Corte afferma che “con l'art. 117, primo comma, si è realizzato, in definitiva, un rinvio mobile alla norma convenzionale di volta in volta conferente, la quale dà vita e contenuto a quegli obblighi

permanente” al pari dell’art. 10; anche A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., spec. 254 ss., sostiene la tesi secondo la quale sarebbe necessario un atto ad hoc per dare esecuzione, in ambito interno, al diritto pattizio internazionale (e che la disposizione in discorso “debba essere riferita alla leggi di esecuzione dei trattati e non ai trattati stessi, con l’eccezione naturalmente di quelli che regolano la condizione giuridica dello straniero”).

335 Per le critiche e gli “inconvenienti” che si possono muovere a questa impostazione, v. A. BONOMI, Il

‘limite’, cit., 200 ss.; peraltro, non pochi sarebbero i problemi che sorgerebbero anche in merito alla sindacabilità dei

trattati innanzi la Corte (231 ss.), accogliendo la tesi favorevole ad un eventuale adattamento automatico ex art. 117, I comma, Cost.

336 A tal proposito, peraltro, si può osservare (con P. CARETTI, Il limite degli obblighi internazionali e

comunitari, cit., 61 e A. MANGIA, Ancora sugli obblighi internazionali, cit., 806 s.) che in sede di Assemblea Costituente non passarono gli emendamenti volti a cancellare l’inciso “generalmente riconosciute”, al precipuo fine di circoscrivere l’adattamento automatico soltanto a tali norme di diritto internazionale.

337 D’altra parte, come rileva C.PANARA, Il diritto internazionale nell’ordinamento interno, cit., 7 del paper, non solo, di un eventuale adattamento automatico dei trattati, “manca del tutto traccia” nel testo costituzionale, ma anche nei lavori preparatori alla riforma non vi è alcun segnale che il legislatore del 2001 intendesse riprodurre nell’art. 117, I comma, quello che, a tal proposito, già il Costituente del ’48 aveva espressamente sancito nell’art. 10 Cost.

338 A.COSSIRI, Sub art. 117, cit., 1050.

339 A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., 202 (si ricordi, comunque, che neanche questo A. predilige la tesi dell’adattamento automatico).

internazionali genericamente evocati e, con essi, al parametro, tanto da essere comunemente qualificata ‘norma interposta’; e che è soggetta a sua volta, come si dirà in seguito, ad una verifica di compatibilità con le norme della Costituzione”; tuttavia, sia consentito esprimere qualche perplessità in merito, sembrando questa un’interpretazione un po’ forzosa (… di un’espressione comunque un po’ sibillina), specie se letta sistematicamente con quanto espresso dalla Consulta nella stessa decisione citata (qualche riga sopra, infatti, la Corte esclude “che con l'art. 117, primo comma, Cost.” si possa riconoscere “rango costituzionale alle norme contenute in accordi internazionali, oggetto di una legge ordinaria di adattamento”, il che porta a credere, conseguentemente, che la Consulta non riconduca un meccanismo di adattamento automatico all’art. 117, I comma) e in quella precedente (in part. p. 3.3 del cons. dir. della sent. n. 348/2007)340. Tuttavia, non si possono neanche tacere le perplessità interpretative che sollevano due passaggi della sent. n. 434/05, quando la Consulta afferma che “le disposizioni della Carta sociale europea non costituiscono «obblighi internazionali» idonei a vincolare la potestà legislativa dello Stato, ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost., in quanto esse individuano degli obiettivi da perseguire nell’ambito delle relazioni internazionali, e non sono direttamente applicabili ai singoli rapporti”, e ancora “le disposizioni della Carta sociale europea non integrano «obblighi internazionali» previsti dall’art. 117, primo comma, Cost., ma costituiscono «impegni di carattere generalissimo, obiettivi da perseguire nell’ambito delle relazioni internazionali, come tali non direttamente applicabili ai singoli rapporti” (c.vo aggiunto); dagli stralci appena riportati sembrerebbe che la dirimente in base alla quale la Corte rintraccia la natura di “obbligo internazionale” ad un normativa sovranazionale sia quella dell’essere, quest’ultima, applicabile direttamente (il che pertanto sarebbe come dire che la nozione di “obblighi internazionali” dovrebbe comprendere solo quelle normative che, come dice la Corte, siano “direttamente applicabili ai singoli rapporti”). Non si può, però, non rilevare che nella stessa decisione la Corte, a proposito dell’art. 117, I comma, precisa che “la nuova norma si limita a stabilire una garanzia costituzionale dell’osservanza degli obblighi internazionali e comunitari, senza, però, modificare i meccanismi utilizzati per attuare tali obblighi nell’ordinamento interno (artt. 10 e 11 Cost.)”, il che viceversa fa ritenere che la Consulta abbia comunque ben chiaro che la disposizione in discorso non incide sui modi attraverso cui normative esterne hanno ingresso nel nostro ordinamento341.

340 Sul punto, si vedano le perplessità manifestate dallo stesso A. BONOMI, Il ‘limite’, cit., 243.

341 Sul piano della giurisprudenza ordinaria, anche la Corte di Cassazione, con sent. del 10 dicembre 2002, n. 17564, ha escluso (seppure riferendosi al vincolo comunitario) che l’art. 117, I comma, attivi un meccanismo di adattamento automatico.