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Paolo Parrini Università di Firenze

1. Olismo e a prior

Sono particolarmente lieto di partecipare a questa iniziativa in onore di Sandro, sia per l’amicizia che ci lega, sia perché la nostra amicizia si è spesso nutrita di appassionate e vivaci discussioni filo- sofiche.

Queste discussioni hanno riguardato soprattutto due temi: realismo e naturalismo. Di esse esistono già alcune tracce scritte, e quindi non tornerò a trattarne. Sandro è a favore di un realismo che ai miei occhi si qualifica come metafisico, mentre io sono a favore di un realismo empi- rico1. Sandro difende un naturalismo di esplicita derivazione quiniana,

1 Vedi Nannini e Parrini in Lanfredini, Peruzzi (2013-2016), rispettivamente vol. 1, 113-127, vol. 2, 61-88, in particolare, 75-77. Devo aggiungere che le ragioni per cui Sandro non condivide la mia posizione sul realismo non hanno nulla a che vedere con alcune singolari valutazioni di cui recentemente essa è stata fatta oggetto. A

Paolo Parrini

mentre io nutro alcune diffidenze di tipo, per così dire, metodologico, prima ancora che sul naturalismo, sulla stessa piega presa negli ultimi decenni dal dibattito sul mind-body problem2. Quanto specificamente al

naturalismo, pur non avendo obiezioni di principio contro i programmi di naturalizzazione, resto dell’idea che l’epistemologia e la fenomeno- logia pongano problemi che, almeno allo stato attuale della ricerca, non paiono essere dissolti, o soddisfacentemente risolti, da concezioni natu- raliste che sconfinino nel fisicalismo (Nannini 2015, Parrini 2015).

Oggi invece vorrei parlare di un terzo tema rimasto finora sullo sfondo sebbene, probabilmente, sia all’origine della diversa posizione che io e Sandro abbiamo assunto tanto sul realismo quanto sul natu- ralismo. Mi riferisco al nostro atteggiamento nei confronti del modo in cui Quine ha sviluppato l’olismo rifiutando la distinzione analitico/ sintetico e la distinzione per lui, come già per gli empiristi logici, ad essa coestensiva, fra a priori e a posteriori. Devo aggiungere che la prima avvisaglia di questa divergenza si trova proprio in un libro di Sandro del 2008 pensato in forma di dialogo: La Nottola di Minerva. Storie e dialoghi fantastici sulla filosofia della mente.

Nella dedica con cui me ne ha fatto dono Sandro ha scritto che uno dei personaggi dialoganti, e più precisamente AF6, ossia L’Analitico Primo, che sembra rispecchiare soprattutto la concezione neoempi- rista standard, mi «deve molto». Ora a me pare che la mia posizione epistemologica complessiva, di cui sono parti essenziali la teoria inte- rattiva della conoscenza, il modello reticolare, un’idea della raziona- lità a tessitura aperta e la negazione di principi trascendentali della co- noscenza di tipo kantiano, sia una concezione di stampo neurathiano, post-neoempirista e post-quiniano, per certi versi assai più vicina alle prospettive difese da un altro personaggio del libro, Lo Straniero, che non a quelle del vecchio empirismo logico. E siccome molte delle tesi sostenute da Lo Straniero sono assai care a Sandro, ciò significa che, questioni del realismo e del naturalismo a parte, fra me e lui vi è un’amplissima area di convergenza.

mio parere certi apprezzamenti non tengono conto dei molteplici aspetti che sono in gioco nella Realismusfrage. Per ragioni non dissimili anche alcune critiche un po’ più elaborate che mi sono state rivolte si basano, mi sembra, su grossolani fraintendimenti o si riducono a forme abbastanza plateali di begging the question (v. sotto n. 3). 2 Su questo punto condivido molte osservazioni sviluppate in Westphal 2016.

Quine su analiticità e olismo.

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Non che, naturalmente, Sandro abbia visto male nel segnalare un legame tra me e L’Analitico Primo; si tratta però di un legame parziale che coglie il fatto che, sebbene in un modo e in un contesto profonda- mente modificati, io ho cercato di conservare un ruolo ad alcune idee neoempiriste cadute sotto la scure della critica di Quine. In particolare, pur non accettando più un principio neopositivistico fondamentale come il principio di verificazione, ho certamente difeso una versione modificata delle distinzioni a priori/a posteriori e analitico/sintetico che facevano parte del bagaglio neoempirista. E appunto di questo vorrei discutere oggi mostrando come tali distinzioni possano convi- vere con un’adesione parimenti convinta ad una concezione olistica del rapporto teoria/esperienza quale quella che Quine ha patrocinato sia pure con una singolare oscillazione di cui dirò tra breve. Cercherò così di esplicitare: primo, le ragioni per cui ritengo che l’olismo ri- chieda, più che un rifiuto, una relativizzazione delle distinzioni ana- litico/sintetico e a priori/a posteriori con annessa negazione debole, anziché forte, del sintetico a priori kantiano; secondo, le ragioni per cui credo che queste distinzioni siano filosoficamente rilevanti per dare una risposta alle problematiche dell’oggettività, della verità e del realismo3.

Tuttavia, per evitare equivoci, vorrei precisare fin da subito che quando, nel successivo paragrafo 5, chiarirò la mia posizione rispetto alle affermazioni che nella Nottola di Minerva vengono messe in bocca a Lo Straniero e a La Psicologa non intendo affatto contrap- pormi esplicitamente a Sandro, di cui non conosco le convinzioni circa

3 La complessità della questione del realismo cui faccio cenno nella precedente n. 1 dipende proprio da questo: le risposte ai problemi dell’oggettività, della realtà e della verità devono tener conto di una molteplicità di fattori contrastanti, tra i quali due rivestono un particolare valore: da un lato, il tipo di realismo incapsulato nella concezione comune della verità come corrispondenza alla base anche della nota definizione tarskiana, dall’altro il coerentismo, o il semicoerentismo, che caratterizza la giustificazione epistemica e quindi il criterio della verità. Solo trascurando tensioni concettuali come quelle appena citate si possono difendere risposte tanto lineari all’apparenza quanto manchevoli nella sostanza sotto uno o più rispetti. Io credo che risposte capaci di rimuovere tali tensioni possano essere date solo ascendendo al piano dell’esplicazione concettuale. Ne consegue che anche le critiche a risposte di tipo dichiaratamente e espressamente esplicativo quali appunto la mia dovrebbero tener conto di questa loro natura se, come già dicevo, non vogliono ridursi a casi più o meno grossolani di begging the question.

Paolo Parrini

il rapporto tra olismo e a priori. Mi servo del dialogo e dei personaggi da lui immaginati soltanto perché Sandro, pur non accettando comple- tamente quello che chiama «il realismo scientifico classico di origine quiniana» (Nannini 2013, 120), si mostra vicino a un tipo di epistemo- logia naturalizzata quel tanto che basta per credere «nel crollo della di- stinzione tra giudizi analitici e giudizi sintetici» (Nannini 2013, 123). È per questo che sono giunto a nutrire il sospetto che alcune espres- sioni dello Straniero e della Psicologa possano costituire l’indizio di una certa divergenza fra di noi anche sul tema che oggi ho scelto di affrontare oltre che su quelli del realismo e del naturalismo. Insomma, come non vorrei si pensasse che con gli interventi dell’Analitico Primo Sandro abbia voluto dare una rappresentazione fedele delle mie idee, allo stesso modo vorrei evitare che si credesse che per me le parole e gli atteggiamenti dello Straniero e della Psicologa coincidano perfetta- mente, almeno allo stato delle cose, con il pensiero di Sandro.