• Non ci sono risultati.

Ringraziamenti

Sono gratissimo a Christoph Lumer e a Giacomo Romano sia per aver organizzato un convegno in occasione del mio pensionamento ed avervi attivamente partecipato sia per aver reso possibile, tramite l’a- iuto di Pietro Perconti (che ringrazio sentitamente anche per questo), la pubblicazione degli atti di tale convegno. Un analogo sentito rin- graziamento va a tutte le colleghe e a tutti i colleghi che vi hanno anch’esse ed anch’essi attivamente partecipato o con loro relazioni (e conseguente pubblicazione qui del loro contributo) o con loro in- terventi nella tavola rotonda finale: Sara Dellantonio, Rosaria Egidi, Roberta Lanfredini, Paolo Parrini, Pietro Perconti, Claudio Pizzi, Stefano Poggi, Emanuela Scribano, Gabriele Usberti e Giuseppe Varnier. E ringrazio altrettanto tutti/e gli/le altri/e colleghi/e ed amici/ he che mi hanno onorato della loro presenza o mi hanno inviato mes- saggi di augurio. A tutte e a tutti un grazie sincero: mi avete fatto il più bel regalo della mia vita!

Nel ringraziare coloro che hanno festeggiato con me l’atto conclu- sivo (almeno da un punto di vista ufficiale) della mia carriera accade- mica, desidero rivolgere un ringraziamento caloroso anche a colui che di tale carriera è stato il promotore: il mio maestro Sergio Landucci, sotto la cui guida mi sono formato all’Università di Firenze. È stato lui che mi ha insegnato, allorché si legge un testo filosofico, ad andare oltre la sua superficiale comprensione per poterne scavare e ricostruire la soggiacente struttura teorica. È stato lui, più in generale, che mi ha offerto un modello per me ineguagliabile di rigore nei ragionamenti filosofici.

Ho apprezzato molto inoltre che tutti i partecipanti al convegno non si siano limitati a fare un riferimento generico a qualche argo- mento filosofico presente nei miei scritti per poi parlare d’altro, ma mi hanno fatto l’onore ed il prezioso dono di discutere davvero il contenuto dei miei lavori. Facendomi naturalmente anche un sacco

Sandro Nannini

di critiche, come è giusto e utile che sia in una discussione filosofica seria. Mi accingo qui a rispondere a ciascuno di loro, come ho già cominciato a fare a caldo nel corso del convegno. La lunghezza delle mie risposte dipenderà dal numero e dalla complessità delle domande o obiezioni che ciascuno dei miei interlocutori mi ha posto, ma sono a tutti ugualmente grato per gli stimoli critici che mi hanno dato.

Ringraziamenti e risposte

195

Risposte

Abstract italiano

Ringrazio sentitamente gli organizzatori e i partecipanti al convegno tenutosi in occasione del mio pensionamento. Alcuni di loro hanno contribuito con un loro saggio alla pubblicazione degli atti di tale convegno. Per questo li rin- grazio una seconda volta: dai loro contributi ho imparato molto. Mi concentro qui solo sulle critiche che mi hanno rivolte e sui punti di dissenso che ho con loro, mentre trascuro i molteplici punti di convergenza che vedo tra la mia e le loro rispettive posizioni.

Nel rispondere a Rosaria Egidi, Paolo Parrini e Sara Dellantonio difendo una epistemologia basata sul realismo scientifico e una concezione naturalisti- co-materialistica del mentale. Più in dettaglio preciso che la continuità tra scienza e filosofia non implica la scomparsa di quest’ultima e che occorre distinguere il riduzionismo ontologico dal riduzionismo epistemologico. Difendo inoltre, nelle mie risposte a Christoph Lumer e Mario De Caro ri- guardo all’esistenza o meno del libero arbitrio, il mio approccio eliminativi- stico al problema e critico il loro compatibilismo.

Le risposte a Claudio Pizzi e Emanuela Scribano non sono invece riconduci- bili ad un tema comune ad altre risposte. Nel rispondere a Claudio Pizzi, che sottopone la “Legge di Hume” ad un’analisi logica rigorosa, chiarisco quali fossero i miei obiettivi più profondi quando, molti anni fa, difendevo, attra- verso questa legge, un approccio relativistico alla meta-etica. Nella risposta a Emanuela Scribano sostengo che la sua interessante e originale ricostruzione del meccanicismo biologico cartesiano non mi pare sufficiente per fare di Cartesio un precursore di Darwin.

Le altre mie rispose riguardano più strettamente il problema mente-corpo: di- fendo un approccio naturalistico e riduzionistico al mentale dalle obiezioni di origine fenomenologica rivoltemi da Roberta Lanfredini, obietto a Giuseppe Varnier che la sua sfiducia sulla possibilità di giungere prima o poi ad una spiegazione scientifica della comparsa della coscienza negli esseri umani e in molti altri animali mi pare eccessiva, riconosco a Pietro Perconti che il suo “dualismo attributivo” coglie nel segno quando rileva negli esseri umani una tendenza spontanea, biologicamente determinata, a credere nel dualismo tra mente e corpo, ma non condivido il suo tentativo di rendere compatibile tale tendenza con una concezione scientifica del mondo.

Abstract english

I sincerely thank the organizers and participants in the conference held on the occasion of my retirement. Some of them have contributed with their papers

Sandro Nannini

to the present publication of the proceedings of that conference. That is why I thank them a second time: from their contributions I learned a lot. I focus here only on the criticisms that they address to me and on the points of disagree- ment that I have with them. I neglect instead the many points of convergence that I see between my positions and their respective positions.

In my replies to Rosaria Egidi, Paolo Parrini and Sara Dellantonio I defend an epistemology based on scientific realism and a naturalistic-materialistic conception of the mind. More in detail, I maintain that the continuity between science and philosophy does not imply the disappearance of the latter and that it is necessary to distinguish ontological reductionism from epistemological reductionism. Moreover, in my replies to Christoph Lumer and Mario De Caro regarding the existence of free will I defend my eliminativistic approach to the problem and criticize their compatibilism.

My replies to Claudio Pizzi and Emanuela Scribano are not related to a theme common to other replies. In answering to Claudio Pizzi, who puts Hume’s Law into a rigorous logical analysis, I clarify what my deeper goals were when, many years ago, I defended a relativistic approach to meta-ethics through this law. In my reply to Emanuela Scribano I argue that her intere- sting and original reconstruction of Cartesian biological mechanicism does not seem to me sufficient to consider Descartes as a precursor to Darwin. My other replies relate more closely to the mind-body problem: I defend a naturalistic and reductionistic approach to mentality against the criticism of Roberta Lanfredini who is a phenomenologist, I object to Giuseppe Varnier that his lack of confidence in the possibility of reaching a scientific expla- nation of the appearance of consciousness in human beings and many other animals seems to me excessive, I recognize to Pietro Perconti that his “at- tributive dualism” catches on the mark when he detects in human beings a spontaneous, biologically determined tendency to believe in the mind-body dualism but I do not share his attempt to make this tendency compatible with a scientific conception of the world.

Rosaria Egidi

Rosaria dedica gran parte del suo contributo ad una attenta ed acu- tissima ricostruzione del filo rosso che lega i miei scritti degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta, dedicati alla teoria dell’azione, a quelli successivi dedicati invece alla filosofia della mente e delle scienze cognitive. In questa sua ricostruzione del mio pensiero Rosaria è sin troppo benevola nei miei confronti e finisce per ritrovare conti- nuità e coerenza, da Cause e ragioni del 1992 a Naturalismo cognitivo del 2007, in una ricerca che per me invece è spesso andata avanti a

Ringraziamenti e risposte

197

tentoni da autodidatta quale ero e sono in action theory e filosofia della mente. Ma, ammesso questo, mi riconosco pienamente nella ri- costruzione che Rosaria ha dato del mio modo di intendere la teoria dell’azione e il naturalismo cognitivo. Preferisco perciò non aggiun- gere nulla al riguardo e passare a discutere le tre obiezioni che ella mi fa nella parte finale del suo contributo:

a) Sebbene nei miei scritti più recenti io ammetta una differenza epi- stemica tra fisico e mentale, il mio voler vedere la mente come parte della natura mi porterebbe − secondo Rosaria − a restare prigioniero del “mito del dato” (mito denunciato, com’è noto, da W. Sellars). Ora secondo me questo non è vero. Il mio naturalismo cognitivo non concede nulla al mito del dato e, al contrario, è una forma di realismo scientifico de- bitrice sia di Quine sia, sebbene in modo più implicito e parziale, anche di Sellars. Detto in breve (ma per maggiori dettagli si può vedere il mio contributo a questo volume e anche Nannini 2013b) il mio naturalismo cognitivo è semplicemente un adattamento del realismo scientifico qui- niano alle scienze cognitive. Considero infatti gli stati mentali, la loro ri- duzione funzionale e la loro implementazione cerebrale come i rispettivi impegni ontologici di tre ordini di discorso: la folk psychology, la psico- logia cognitiva e le neuroscienze. Dopo di che, per evitare sia il dualismo mente-corpo sia il relativismo cognitivo, mi distacco parzialmente da Quine e riconosco sia agli stati mentali sia alla loro riduzione funzionale una esistenza relativa (possibilità che Quine invece rifiutava in quanto contraria alla unicità di significato del quantificatore esistenziale), ossia una esistenza indicizzata al rispettivo ordine di discorso, mentre attribu- isco esistenza assoluta unicamente alla loro implementazione cerebrale (o comunque fisica). E di conseguenza propongo un rigido riduzionismo ontologico (ma non epistemologico) degli stati mentali a processi cere- brali, considerando come un fictum privo di poteri causali tutto ciò che nel mentale non è fisicamente riducibile. Ma in alcun modo ciò implica una qualche concessione al mito del dato. Infatti io riconosco sì che gli stati mentali e in particolare gli stati di coscienza sono quell’evidence (in parte introspettiva ed in parte comportamentale) che costituisce il punto di partenza obbligato per qualunque studio della mente umana, ma non li considero affatto neutrali e fondativi rispetto alla mia conce- zione naturalistica del mentale. Essi, in quanto impegni ontologici della folk psychology, sono theory laden al pari degli impegni ontologici della psicologia cognitiva e delle neuroscienze.

Sandro Nannini

b) Il mio doppio approccio, ontologico e epistemologico, all’analisi naturalistica del mentale mi porta − nota criticamente Rosaria − a con- tinuare a credere nella validità della distinzione tra contesto della sco- perta e contesto della giustificazione. Ebbene riconosco che ho fatto largo uso, soprattutto in Cause e ragioni, della distinzione tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione; e ancor oggi credo nella validità di quella distinzione. Ma non vedo perché dovrei rinunciarci. Quella distinzione risulta infatti errata solo se si attribuisce al filosofo il compito di fissare a priori, nel contesto della giustificazione, i criteri di validità formale delle teorie scientifiche e allo scienziato il com- pito di riempire di contenuti, con le sue ricerche empiriche nel con- testo della scoperta, gli schemi formali fornitigli dal filosofo stesso. La storia del pensiero scientifico smentisce infatti una tale divisione del lavoro: la scienza stessa produce la sua cornice filosofica e si dà i criteri di validità delle sue teorie, senza che sia possibile distinguere, almeno in molti casi cruciali, tra validità formale e verità empirica. Ma questa continuità tra scienza e filosofia, punto centrale di ogni forma di naturalismo, non coincide con la morte né dell’epistemologia né tanto meno della filosofia in generale. Infatti, se la filosofia deve avvicinarsi sempre più alla scienza, quest’ultima non dovrebbe mai trascurare la dimensione filosofica delle sue cornici teoriche. E quindi lo scienziato stesso dovrebbe, insieme al filosofo, accompagnare sempre la sua ricerca empirica (che si svolge nel contesto della scoperta) con una riflessione teorica (nel contesto della giustificazione) sulla cornice epi- stemologica, sempre rivedibile, richiesta dalle sue ipotesi scientifiche. c) La mia accettazione del principio di chiusura del mondo fisico sa- rebbe in contrasto − secondo Rosaria − con l’idea, altrettanto interna al naturalismo cognitivo, del reciproco intervento del mondo sulla mente e della mente sul mondo. Non vedo sinceramente questo contrasto. Esso emerge solo per chi pensi, avendo almeno implicitamente fatto proprio il dualismo mente-corpo, che, se il mentale non fosse qualcosa di esterno al mondo fisico, allora non potrebbe esserci una vera interazione tra il mondo stesso e le menti. Rispunta qui la tesi di K. Popper secondo la quale il materialismo sarebbe identico all’epifenomenismo. Ma, come ho sostenuto in tutti i miei scritti, non c’è nessuna buona ragione per accet- tare questa identità tra materialismo e epifenomenismo. Quest’ultimo è una dottrina che rinuncia sì alla retroazione causale della mente sul cer- vello, evitando così di violare il principio di chiusura del mondo fisico, ma

Ringraziamenti e risposte

199

rimane pur sempre una ontologia dualistica. Il naturalismo materialistico, almeno come io lo concepisco, ammette invece la interazione causale tra mente e corpo (e quindi, indirettamente, tra la mente e il mondo fisico in generale) senza con ciò venir meno al rispetto della chiusura del mondo fisico, perché gli stati mentali, in quanto higher order properties della di- namica cerebrale, fanno essi stessi parte del mondo fisico!

Non so se queste mie repliche saranno sufficienti a rassicurare Rosaria che anche io, come lei, vorrei essere un «umanista coerente». Solo che, secondo me, si può essere naturalisti e materialisti senza togliere nulla ai valori morali, estetici e culturali in genere che ricono- sciamo agli esseri umani. Come ha scritto Patricia Churchland, «[...] if we thought of ourselves as glorious creatures before we knew that the brain is responsible, why not continue to feel so after the discovery?» (Churchland 2002, 29).

Christoph Lumer

Sono anni che discuto con Christoph di filosofia. Raramente ci siamo trovati d’accordo, ma questo non solo non ha incrinato la nostra amicizia, ma anzi ha accresciuto la nostra stima reciproca e, almeno per me, queste discussioni sono sempre state molto proficue. Christoph attacca frontalmente, in modo molto argomentato e dettagliato, la mia concezione eliminativistica del libero arbitrio e mi contrappone la sua concezione compatibilistica. Bene, con la stessa franchezza che egli usa nei miei confronti gli rispondo che non sono d’accordo con nes- suna delle critiche che egli mi rivolge.

Christoph anzitutto, trasferendo su di me la concezione che lui ha del ruolo fondativo, almeno sul piano logico-formale, della filosofia rispetto alla scienza (mentre io credo invece, seguendo Quine, nella continuità tra filosofia e scienza), mi attribuisce l’intenzione di dare una definizione a priori della libertà del volere. Dopo di che io, avendo così definito filosoficamente e a priori il libero arbitrio, non mi ren- derei conto che questa mia definizione è logicamente auto-contraddi- toria e, volendo usarla per criticare sia il libertarismo sia il compatibi- lismo, mi infilerei in un mare di affermazioni empiricamente sbagliate e metodologicamente fuorvianti.

Non entro nei dettagli delle sue sofisticate argomentazioni. Esse sono infatti, dal mio punto di vista, in larga parte fuori bersaglio. Per