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Oltre Libet e Damasio, posizioni consolidate e prospettive future: Kiehl, Haggard, Haynes

L IBERO ARBITRIO TRA SCIENZA E DIRITTO IERI E OGG

2. Il dibattito attuale

2.3 Oltre Libet e Damasio, posizioni consolidate e prospettive future: Kiehl, Haggard, Haynes

Le ricerche di Libet e Damasio sono senz‟altro le più citate e dibattute ma non sono rimaste isolate. In linea di continuità con gli esperimenti sul fattore temporale della decisione cosciente si collocano gli studi condotti tra Germania e Belgio da un gruppo di neuroscienziati sotto la guida di Chun Siong Soon e John-Dylan Haynes507. Tale équipe mediante le tecniche di brain imaging non

solo ha confermato l‟intuizione di Libet, secondo cui il momento in cui il soggetto è consapevole di voler effettuare un movimento è successivo a quello in cui avviene la scelta inconsciamente, ma è riuscita addirittura ad andare ben oltre: già alcuni secondi prima di prendere una decisione consapevolmente essa può essere prevista osservando l‟attività inconscia del cervello. In particolare, è stato chiesto ai partecipanti di scegliere di premere un pulsante con la mano destra o con la mano sinistra. Circa 7 secondi prima che i partecipanti avessero la consapevolezza di voler premere l‟uno o l‟altro pulsante, era possibile prevedere tale scelta mediante il brain scanner che monitorava la loro attività cerebrale, tant‟è che Haynes così sintetizza, non senza enfasi, i risultati di tale ricerca: “posso prevedere quel che farai”508. Secondo tale studio, dunque, il

cervello avrebbe già deciso prima di averne consapevolezza, quale mano muovere. Il libero arbitrio non sarebbe altro, dunque, che

507 C.S. Soon, M. Brass, H.-J. Heinze, J.-D. Haynes, Unconscious determinants of free decisions in the human brain, in «Nature Neuroscience», May 2008, Vol. 11, n. 5, pp. 543-545.

508 J.-D. Haynes, Posso prevedere quello che farai, in in M. De Caro, A. Lavazza, G. Sartori (a cura di), Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., pp. 5-19.

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una credenza profondamente radicata nei nostri pensieri e nel nostro comportamento509. Ma anche laddove non si riesca a

sostenere apertamente l‟inesistenza del libero arbitrio, a detta dei ricercatori che hanno effettuato tale studio, ciò sarebbe la conferma dell‟esistenza di processi che si verificano automaticamente e senza il coinvolgimento della coscienza, il che risulta a dir poco rilevante, in ambito giuridico nella valutazione della responsabilità penale dei reati c.d. d‟impeto o a corto circuito in cui il comportamento antisociale e violento è repentino e imprevisto. Nella stessa direzione sembra orientata anche la ricerca svolta dal neuroscienziato britannico Patrick Haggard, il quale non usa mezzi termini quando afferma che non ci sono dubbi che gli uomini siano privi di libero arbitrio, almeno nel senso comunemente inteso510.

Secondo Haggard le nostre azioni sono chiaramente il risultato di una catena causale dell‟attività neurale delle aree premotorie e motorie del cervello ed in linea con quanto affermato da Haynes e colleghi, sostiene che l‟attività motoria nel cervello precede la nostra consapevolezza di voler effettuare il movimento. In particolare, Haggard ha cercato di comprendere le basi neurali della percezione umana del controllo sulle nostre azioni e ciò l‟ha portato ad affermare che non tutte ciò che facciamo può essere controllato interamente dalla nostra volontà. Mediante l‟utilizzo della Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), un metodo non invasivo per causare una depolarizzazione dei neuroni nel cervello mediante l‟induzione elettromagnetica per indurre deboli correnti elettriche mediante un campo magnetico, Haggard è riuscito non

509 Ivi, p. 6.

510 Cfr. T. Chivers, Neuroscience, free will and determinism: 'I'm just a machine', in «The Telegraph», 12 October 2010, cit.

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solo a misurare i tempi di reazione tra l‟impulso ad agire e la consapevolezza di tale impulso ma a “controllare” il corpo del soggetto agente, come se fosse una marionetta, costringendolo ad esempio a piegare o oscillare un dito “a comando”511. Se i risultati

di tale ricerca sembrano riecheggiare inevitabilmente il settecentesco uomo macchina di Le Mettrie, altri studi invece, sembrano dipingere gli uomini più come i fantascientifici cyborg o replicanti creati dalla mente di Philip Dick. Come i replicanti del film Blade Runner, perfettamente identici agli umani si distinguono da questi ultimi per la loro freddezza e incapacità di provare empatia512, allo stesso modo i criminali psicopatici studiati

dal neuroscienziato statunitense Kent Kiehl sembrano differenziarsi dagli altri esseri umani, poiché nel loro cervello, come in quello dei serial killer, mancherebbe la connessione fra il sistema limbico (sede delle emozioni) e la corteccia prefrontale (che controlla le pulsioni incluse quelle aggressive) 513 o in altri casi, il

sistema paralimbinco (il gruppo di strutture cerebrali coinvolte nell‟elaborazione delle emozioni) risulterebbe alla risonanza magnetica funzionale, eccessivamente sottosviluppato514. Da ciò

deriverebbe la loro caratteristica principale: la «carenza di

511 T. Kimura, P. Haggard, H. Gomi, Transcranial Magnetic Stimulation over Sensorimotor Cortex Disrupts Anticipatory Reflex Gain Modulation for Skilled Action, in «The Journal of Neuroscience», 6 September 2006 Vol. 26, n. 36, pp. 9272–9281

512 A tal riguardo si rinvia a S. Baron-Cohen, The Science Of Evil. On Empathy And The Origins Of Cruelty, Basic Books, New York 2011 nonché, per un approccio filosofico, L. Boella, Neuroetica. La morale prima della morale, Raffaello Cortina, Milano 2008, pp. 87-104.

513 Cfr. G. Miller, Investigating the Psychopathic Mind, in «Science», vol. 321, n. 325, 05.09.2008, pp. 1284-1286.

514 K. A. Kiehl, J. W. Buckholtz, Nella mente di uno psicopatico, in «Mente & Cervello», marzo 2011, n. 75, p.73. (Id., A Cognitive Neuroscience Perspective on Psycopathy: Evidence for Paralimbic System Dysfunction, in «Psychiatry Research», 2006, vol. 142).

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empatia»515. Gli psicopatici – alla stregua degli androidi – hanno

solo le sembianze esterne di normalità, in quanto posseggono una sorta di “maschera di sanità mentale” dietro cui si nasconde l‟impossibilità di provare emozioni né di immedesimarsi in quelle degli altri. Il controverso neuroscienziato dell'Università del New Messico, conduce la sua ricerca, che va avanti da quasi venti anni, in maniera così frenetica e maniacale da indurlo ad utilizzare uno scanner mobile posto all‟interno di un camper parcheggiato nel cortile di un carcere di massima sicurezza del New Messico. Di recente la sua notorietà si è accresciuta per il fatto di essere stato perito di parte nel celebre caso giudiziario di Brian Dugan, accusato di aver violentato e barbaramente ucciso fra il 1983 e il 1985 una ragazza ventisettenne e due bambine di dieci e sette anni. La difesa di Dugan - attualmente detenuto nel braccio della morte - nel tentativo di evitare la pena capitale, ha chiesto di poter utilizzare i dati derivanti dalla fMRI effettuata sul suo cervello come “circostanza attenuante”, dimostrando come essendo psicopatico il suo cervello differisce da quello delle persone 'normali‟516.

Le ricerche di Kiehl non sono comunque isolate. Da decenni anche il neuroscienziato statunitense Adrian Raine teorizza la diversità tra i cervelli dei soggetti incensurati e quelli dei criminali violenti e psicopatici, sostenendo che questi ultimi a causa di malformazioni cerebrali sono incapaci di provare emozioni ed empatia517,

515 Ivi, p.69.

516 Cfr. J. Seabrook, Suffering souls. The search for the roots of psychopathy, in «The New Yorker», 10.11.2008, pp. 64-73.

517 A. Raine, Antisocial behavior and psycophysiology: a bisocial perspective and a prefrontal dysfuction hypotesis, in D. Stroff, J. Brieling, J. Masser (eds.), Handbook of Antisocial Behavior, Wiley, New York 1998, pp. 289-304.

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concludendo che tali soggetti, pur non essendo deliranti o poco intelligenti nascano già come uomini “senza morale”518. A queste

ricerche sulla struttura cerebrale dei delinquenti si affiancano quelle sempre più fiorenti sul nesso tra comportamento aggressivo e corredo genetico, che hanno tra l‟altro ispirato, come abbiamo visto, il caso di Trieste.

3. Se siamo privi di libero arbitrio possiamo essere