• Non ci sono risultati.

Nel novembre del 1444 le truppe crociate del re ungherese Ladislao vennero ad uno scontro disastroso con l’esercito ottomano presso la città di Varna, sul mar Nero. Oltre al valoroso sovrano rimase ucciso anche il legato pontificio per i territori di Ungheria, Polonia, Boemia e Austria, il cardinale Giuliano Cesarini di Roma. Le tappe della sua ascesa curiale lo avevano visto, soprattutto dopo il cardinalato, direttamente coinvolto nei problemi politici ed ecclesiastici del suo tempo. Ciò aveva profondamente temprato il suo animo in senso più combattivo che conciliatore. Ne è testimonianza la sua avversione, in un primo momento, alla nomina pontificia a presidente del Concilio di Basilea (1431-1445); egli stimava infatti migliore l’impegno sul campo in un vero e proprio lavoro di reclutamento nella lotta contro gli ussiti.

Apparvero emblematici, sotto questo punto di vista, gli eventi del 1431, quando il Cesarini – prima della presidenza conciliare – si trovò a dover ricoprire la legazione germanica; in quello stesso anno partecipò alla spedizione militare contro gli ussiti, allestita dal marchese del Brandeburgo; a Taus si giunse ad uno scontro rovinoso e lo stesso cardinale rischiò a più riprese la vita; riuscì tuttavia a raggiungere Norimberga grazie ad un travestimento da soldato, e cercò ancora, subito dopo, di riaccendere la lotta e procacciarsi ulteriori aiuti finanziari.

In seguito, accettando finalmente la nomina a presidente del Concilio basilense, il Cesarini si trovò a cambiare radicalmente posizione e, da inviato pontificio qual era, finì per trasformarsi nel rappresentante di un’assemblea che rivendicava la propria sovranità sulla potestà papale. Dopo i drammatici sviluppi del Concilio e la fuga del papa a Firenze, il Cesarini, riappacificatosi con il potere papale, venne nuovamente inviato nei territori boemi e ungheresi, dove potè riprendere il proprio zelo combattivo - questa volta contro la minaccia turca - che lo condusse, infine, al tragico epilogo di Varna.15

Questa vicenda esistenziale così avventurosa e turbolenta - che a grandi linee s’è voluta qui tracciare - non sembrerebbe davvero connaturarsi alla medesima personalità, che formatasi in utroque iure presso le università di Perugia, Bologna e Padova, aveva ricoperto a metà degli anni Venti del Quattrocento la carica di Auditor Camerae, primo fra tali prelati a giungere, successivamente, alla porpora cardinalizia.

Ai tempi del Cesarini, il conferimento di tale ufficio sembrava avvenire già attraverso una nomina diretta da parte del pontefice; l’articolazione della Reverenda Camera Apostolica (d’ora innanzi R.C.A.) ne denotava ancora un diretto rapporto e una subordinazione alla figura del cardinale camerlengo. Sarebbe quindi impossibile tentare una qualche ricostruzione genetica dell’Uditore di Camera, svincolandola rigidamente dall’evoluzione dello stesso corpo camerale.

Il Moroni, nel 1841, definiva la R.C.A. l’organo preposto “all’amministrazione pubblica dello Stato Pontificio, e del suo tesoro, o erario, e chiamasi anche Camera Pontificia. ”16. In realtà quando il compilatore dava alle stampe il settimo volume della sua opera, le competenze principali della R.C.A. si erano ormai da tempo cristallizzate in funzioni meramente giudiziarie relative al Fisco, e la terminologia “amministrazione pubblica” comprendeva un’articolazione di uffici talmente ampia che sin dalla fine del XVI secolo non era più riconducibile alla semplice competenza camerale.

Lo sviluppo di tale collegio – tuttora strutturato nei principali organi camerali, ma ormai spogliato di una giurisdizione e competenza specifica17– affonda le sue radici sino agli albori

15 Cfr. A.A. Strnad, K. Walsh, Giuliano Cesarini, in DBI, vol. 24 (1980), pp. 188-195. 16 G. Moroni, Dizionario, cit., vol. 7, p. 5.

17 Il riferimento è all’ultima riforma della Curia romana promulgata il 28 giugno 1988 da Giovanni Paolo II con

la costituzione Pastor Bonus: “Articolo 171. § 1. La Camera apostolica, alla quale è preposto il Cardinale camerlengo di santa romana Chiesa, con la collaborazione del vicecamerlengo e degli altri prelati di Camera, svolge soprattutto le funzioni che sono ad essa assegnate dalla speciale legge relativa alla Sede apostolica vacante. § 2. Quando è vacante la Sede apostolica, è diritto e dovere del Cardinale camerlengo di santa romana Chiesa di richiedere, anche per mezzo di un suo delegato, da tutte le Amministrazioni dipendenti dalla Santa

della Chiesa di Roma, ancor prima di legarsi inscindibilmente alla figura cardinalizia del Camerlengo. Secondo una breve relazione anonima, databile attorno al 1562, tale Camerarius

Sanctae Romanae Ecclesiae (d’ora in poi S.R.E.) trarrebbe origine, intorno al 1100, da un

precedente funzionario, l’Arcidiacono; questi avrebbe acquisito, nel corso del tempo, un’autorità sempre maggiore fino ad adombrare, in alcune circostanze, addirittura quella del pontefice.18

Senza voler riproporre le varie ipotesi sull’origine di tale figura o dello stesso collegio camerale,19 si può comunque sottolineare come già a partire dalla fine del XII secolo – grazie alle notizie fornite dal Liber Censuum del 1192 – la Camera apparisse un organo ben strutturato e in grado di amministrare una molteplicità di beni temporali.20 Se in tale circostanza si riscontra la presenza di un cardinal Camerlengo, Cencio Savelli, – che attesta l’origine della carica, avvenuta probabilmente nel secolo precedente – ben più difficile diventa quantificare il numero di chierici che in quel periodo potevano giungere a comporre il collegio. Nel 1310, nella Costituzione Pia Matris Ecclesiae di Clemente V, troviamo un preciso riferimento al camerlengo Bertrando e a tre chierici di Camera. Tuttavia - come già sottolineato da Guglielmo Felici - appare poco verosimile una composizione così ristretta della Camera; il numero di tre era forse riconducibile alla semplice delega pontificia, connessa ad un contesto temporale ben preciso, piuttosto che alla composizione complessiva

Sede le relazioni circa il loro stato patrimoniale ed economico, come pure le informazioni intorno agli affari straordinari, che siano eventualmente in corso, e di richiedere, altresì, dalla Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede il bilancio generale consuntivo dell'anno precedente, nonché il bilancio preventivo per l’anno seguente. Egli è tenuto a sottoporre tali relazioni e computi al Collegio cardinalizio” (Pastor Bonus, Libreria editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1988, p. 30).

18 ASV, Fondo Pio, 29, cc. 79r-120v: “[…] Capo de Diaconi che havevano cura dell’entrate, era l’ArchiDiacono,

che era Cardinale, la dignità del quale fù amplissima et durò fino all’anno del 1100 et all’hora per la sua troppa grandezza che molti facevano sopramano à Papi et con l’amministratione che havevano molti ne pervenivano al Pontificato. Abrogata quella dignità ne fu instituita una in suo luogo, chiamata Camerlengo, Camerarius uno Cardinale et li furono dati coadiutori, che si chiamavano Clerici Camerae” (Ibid, cc. 104r-v). La medesima ipotesi viene espressa anche dal Moroni, che ne focalizza in maniera precisa la congiuntura temporale della nascita nel pontificato di Gregorio VII (1074-1085). Cfr G. Moroni, Dizionario, cit., vol. 7, p. 60.

19 Cfr. a riguardo, G. Felici, La Reverenda Camera apostolica. Studio storico-giuridico, Tipografia Vaticana,

Città del Vaticano, 1940; M.G. Pastura Ruggero, La Reverenda Camera Apostolica; N. Del Re, La Curia

romana, cit., pp. 3-15.

20 Incipit liber censuum Rom. eccl. a Centio Camerario compositus secundum antiquorum patrum Regesta et rnemoralia diversa. Anno Incarnation. Domini MCXCII, Pont. Celestini pp. III, anno II. In questo codice il

camerlengo Cencio Savelli, poi papa con il nome di Onorio III (1216-1227), registrò tutte le rendite e i censi di cui godeva allora la Chiesa romana. Accanto ad una minuziosa lista di tutte le chiese romane e benefici connessi, si conserva anche il rituale della Chiesa contenente l’ordine delle cerimonie e riti adoperati nelle occasioni delle solenne processioni del possesso papale - ricordate in apertura nel riferimento all’opera del Cancellieri – e di altre principali feste ecclesiastiche.

della Camera21. Del resto il numero dei chierici dovette rimanere molto arbitrario, poiché circa un secolo dopo Eugenio IV ne avrebbe fissato il numero a sette, per ovviare alle nomine troppo numerose.22

E proprio dal pontificato eugeniano – nell’anno della morte del citato cardinal Cesarini – emerge il primo provvedimento, a noi pervenuto, avente per oggetto diretto l’organizzazione della Camera apostolica: con la bolla In Eminenti del 6 luglio 1444 Eugenio IV cercò infatti di darne una sistemazione quanto più razionale.

Prima del XV secolo le competenze e prerogative della Camera e del suo presidente erano estremamente generiche e confuse; inoltre verso la metà del Quattrocento, la normativa denotava come accanto ad un interesse sempre più diffuso per una regolamentazione generale dell’organo collegiale, si trovasse già avviato quel processo, secondo il quale alcuni chierici, come il Tesoriere, il Vice-Camerlengo e appunto l’Uditore della Camera, tendessero a ritagliarsi isole di autonomia sempre più ampie all’interno del collegio stesso. Questa doppia evoluzione si caratterizzerà dunque, da un lato, in una ricerca di razionalità e maggiore definizione della R.C.A. e, dall’altro, in una inevitabile erosione delle ampie competenze fino ad allora godute dal cardinale Camerlengo. 23

Nonostante i suoi sforzi, Eugenio IV non riuscì, però, ad eliminare quella sorta di “caos primigenio” in cui s’erano venuti a trovare e ad operare i chierici di Camera e il loro presidente e tanto meno giunse a precisarne in maniera definitiva e specifica le ancora troppo generiche competenze.24 Tuttavia, non solo egli tracciò una linea importante per le successive evoluzioni amministrative, istituendo un numero ben definito di chierici e regolandone la posizione nella gerarchia interna del collegio,25 ma pose anche le basi per un’evoluzione

21

Cfr. Pia Matris Ecclesiae in Bullarum Taurinensi, cit., vol. 4, p. 205. Per il commento cfr. G. Felici, La

Reverenda Camera Apostolica, cit., pp. 1-11.

22 Cfr. Inter coetera gravia, in Bullarum Taurinensi, cit., vol. 5, pp. 32-33.

23 Sull’argomento cfr. G. Felici, La Reverenda Camera Apostolica, cit., pp.12-24 e il più recente contributo di

M.G. Pastura Ruggero, La Reverenda Camera Apostolica, cit., pp. 63-75.

24 “Ecclesiarum et Monasterium omnium necnon etiam Urbium, Civitatum, Terrarum, Castrorum, Oppidorum, Villarum et locorum Romanae Ecclesiae immediate subiectorum, spiritualia et temporalia negocia peragenda”

(In Eminenti in Bullarum Taurinensi, cit., vol. 5, p. 77); “[…] la Camera può conoscere di qualsiasi questione spirituale e temporale sottopostale da sudditi laici o ecclesiastici dello Stato: con una fusione (o confusione) di competenze che testimonia della fase ancora arcaica dell’amministrazione dello Stato della Chiesa in questo periodo” (M.G. Pastura Ruggero, La Reverenda Camera Apostolica, cit., p. 55).

25 Come già accennato, con la bolla Inter coetera gravia del 9 luglio 1438, Eugenio IV ne aveva fissato il

numero di sette, a cui dovevano essere aggiunti, in linea gerarchica, il cardinal Camerlengo, presidente del collegio, i suoi assistenti, cioè chierici elevati a maggior dignità, il tesoriere, e al di sotto del collegio clericale alcuni funzionari minori, come l’avvocato dei poveri e quello del Fisco. Cfr In Eminenti, in Bullarum Taurinensi, cit., vol. 5, pp. 76-80.

pratica che permetterà ai singoli chierici di svincolarsi progressivamente dal cardinal Camerlengo, pur restando questo formalmente superiore ad essi.

Con i pontificati di Giulio II e Leone X giunsero a definirsi due aspetti destinati a diventare centrali lungo il corso del XVI secolo nell’attività del collegio camerale: la gestione degli appalti delle tesorerie provinciali, della raccolta delle tasse doganali e delle gabelle pontificie; il controllo sull’operato dei funzionari laici ed ecclesiastici con la competenza sulle cause pendenti tra l’autorità centrale e quelle periferiche. Per la Camera si venne così a stabilire una funzione sempre più giudiziaria, fondata sul controllo fiscale ed estesa a tutto il territorio della Chiesa.

Con Pio IV giunse infine a compimento un’altra tappa fondamentale all’interno dello sviluppo camerale. È stata ampiamente sottolineata l’importanza della Cum inter coeteras del 1 novembre 1564: questa poneva il principio della rotazione annuale dei chierici preposti ai singoli settori dell’amministrazione statale, definendo in embrione la futura articolazione camerale in singole presidenze e prefetture. Eppure di non minore importanza appare essere la bolla del 27 maggio 1562 – la Romanus pontifex Christi vicarius – con la quale Pio IV introdusse il principio distintivo tra le cause riguardanti questioni “fiscali”, cioè statali, e quelle intercorrenti tra privati.26 Fino ad allora, infatti, sulla base della normativa emanata da Giulio II e confermata da Leone X con la Licet felicis (12 giugno 1517), i chierici di Camera s’erano vista riconosciuta la facoltà di amministrare la giustizia tra privati oltre a quella fiscale; con la costituzione del 1562 tale potere veniva a cadere, poiché essa definiva la Camera Apostolica un organismo giudiziario di natura “fiscale” (statale). Questo provocava quindi una maggiore delimitazione delle sue funzioni in rapporto ad altre cariche giudiziarie, interne alla Curia romana, e la cui sfera di competenza giungeva invece ad estendersi sino alla giustizia privata.

Il periodo successivo al pontificato di Pio IV vedrà progressivamente spogliata la Piena Camera delle sue prerogative di controllo amministrativo. La specializzazione dei chierici la connoterà sempre più come Tribunale supremo in materia fiscale. In riferimento a questo periodo occorre precisare come – pur non ancora presenti nelle loro linee istituzionali – le varie presidenze fossero già contenute in principio nella stessa Cum inter coeteras e denotassero quindi l’esigenza di dotare l’apparato amministrativo di nuovi e più articolati organi di governo.

Maria Grazia Pastura ha saputo mettere in luce l’esistenza di un fondamentale parallelo fra tale trasformazione della Camera e quella contemporanea del collegio cardinalizio articolatosi in congregazioni permanenti: la Cum inter coeteras di Pio IV e la Immensa aeterni Dei di Sisto V rappresentano, dal punto di vista legislativo, l’approdo di una lunga evoluzione dell’apparato statale ecclesiastico verso una maggiore articolazione amministrativa degli antichi organi curiali.27

Il Tribunale dell’A.C. si trovò necessariamente al centro di tale processo e dalle origini incerte, nella caotica e non ben definita articolazione camerale, finì per emergere, già dalla fine del XV secolo, quale organo indipendente e dalle competenze e giurisdizioni sempre più vaste.