• Non ci sono risultati.

Capitolo III. Suddivisione del territorio e peculiarità funzionali delle opere difensive.

WERK COLLE DELLE BENNE / WERK COLLE DELLE BENNE (23)

1.7. OPERE FORTIFICATE COMPLEMENTAR

Includo tra le opere fortificate complementari il forte della Rocchetta, non tanto perché esso apparteneva alla cerchia esterna o indefinita della piazzaforte

204 Centro di Catalogazione Architettonica dell'Ufficio Beni Monumentali e Architettonici, soprintendenza per i

Beni Architettonici della P.A.T.

205 Aldo Gorfer, op. cit. p. 616.

206 Centro di Catalogazione Architettonica dell'Ufficio Beni Monumentali e Architettonici, soprintendenza per i

di Trento, ma perché in base alla classificazione che von Schisser fece poco prima della Guerra Mondiale, la Rocchetta ne rimase esclusa. La sua collocazione e il modesto livello di sicurezza contribuirono a spostare ai margini di ogni riguardo tale apprestamento.

Forte Rocchetta (26)

Il forte della Rocchetta fu costruito a metà del secolo XIX al posto dell’omonimo castello medioevale risalente al 1333, i cui ruderi furono spianati nel 1804. A seguito della costruzione del castello, voluto da Volcramo da

Burgstall, il passo fu definito nella prima metà del Trecento "La Rocchetta".

Tale nome fu poi trasferito alla rocca, quindi al ponte e successivamente a tutta la chiusa resistendo sino ad oggi. Sin dal medioevo il passo della Rocchetta fu considerato uno dei punti strategici più rilevanti per il controllo della Val di Non. A dimostrazione dell’importanza dell’area, già nell’anno 1145 fu realizzato il castel di Tono, le cui citazioni appaiono in alcune antiche documentazioni che ne danno testimonianza. Per sorvegliare un sentiero alpestre che valicando il dosso delle Visioni, permetteva l'ingresso nella Val di Non, fu eretto un nuovo castello nel 1199 chiamato castello delle Visioni. I ruderi di questo castello, in una notte tempestosa del 1888 crollarono facendo scomparire per sempre ogni traccia di questa antica testimonianza.

Il complesso fortificale della Rocchetta realizzato dal Genio delle fortificazioni austro-ungarico per mano del progettista capitano Maximilian von Baumgarten207, risultava situato ad una quota di 292 metri sul livello del mare

(gorfer 696) in prossimità di un’area impervia e montuosa. La scelta di operare la costruzione dell’apprestamento va ricondotta con gli sviluppi dei fatti salienti della Seconda guerra d’indipendenza italiana. La perdita della Lombardia durante quegli eventi, obbligò l'impero austro-ungarico a prevedere la necessità di un forte controllo nei pressi della "stretta" della Rocchetta. Tale iniziativa doveva impedire agli italiani di penetrare nella valle dell'Adige passando dalla Lombardia, attraverso il Tonale. Durante la costruzione fu presa in considerazione anche l'ipotesi di una possibilità di attacco da Mezzolombardo; per questo motivo, in sede di costruzione, anche il lato ovest dell'opera venne dotata di difese. La strada proveniente da Mezzolombardo poco prima di

207 Archivio provinciale di Bolzano, Ufficiali del Genio progettisti e d.II. dei forti in Trentino, faldone n. 1, Raccolta

incontrare il forte superava il torrente Noce con un ponte e subito dopo si divideva in due direzioni. Una saliva in direzione del forte proseguendo per Cles, mentre l'altra strada più in basso percorreva per circa mezzo chilometro la sponda sinistra del Noce per poi attraversarlo. A sua volta, dopo aver attraversato ancora il Noce per mezzo di un ponte si divideva ancora in due direzioni: una conduceva alla località di Sporminore e l'altra in località Spormaggiore.

Il valore sia strategico che tattico dell’area fu assai noto al generale Franz Kuhn von Kuhnenfeld che volle fosse realizzato l’apprestamento difensivo e affidò l’incarico al Capitano Maximilian von Baumgarten.

Venne realizzata un’opera di sbarramento a chiusura totale della Val di Non, posta poco a nord di Mezzolmbardo, là dove la valle - giunta al termine - si restringe a formare una gola208. Si trattava pertanto di una tagliata posta nella

massima strettoia della gola, sbarrando, per mezzo di un portone metallico, l'accesso in corrispondenza della Val d'Adige e impedendo così al nemico l'aggiramento della Fortezza di Trento.

Come tutte le altre opere realizzate nel medesimo periodo, anche forte Rocchetta risulta essere un'opera casamattata, realizzata in conci di pietra e calcestruzzo e dotato di otto cannoniere con angolo di tiro minimo.

Il complesso difensivo della Rocchetta era di notevoli dimensioni, costituito da un forte superiore che era messo in comunicazione con la tagliata stradale sottostante per mezzo di un scalinata protetta da un muro dotato di feritoie. Il forte aveva una vaga forma ad "ELLE", con un lato parallelo alla montagna e l'altro rivolto a sbarrare la valle.

Complessivamente le due porzioni, sia quella superiore che quella inferiore avevano il compito di controllare i transiti delle rispettiva strade che transitavano attraverso i portoni metallici. La porzione della fortificazione superiore assolveva il compito di fornire uno sbarramento alla strada rivolta al fondo e sulla sinistra del fiume Noce. La porzione inferiore invece bloccava la strada che conduceva alla destra del fiume Noce.

Essendo un’opera della prima metà dell’Ottocento il grado di resistenza del forte fu considerato minimo all’indomani dei primi significativi progressi compiuti dall’industria bellica. L’intera struttura, dotata di difese perimetrali

208 Nell'anno 397 d. C. il Vescovo di Trento definì la località nei pressi della quale il genio delle fortificazioni a

realizzate in blocchi di pietra, nonostante gli interventi di ristrutturazione per adeguare l’intero impianto alle nuove esigenze, all’inizio del secolo XX, fu ritenuta una delle opere più obsolete e meno resistenti.

Anche gli interventi di manutenzione e di restauro apportati nel corso dei primi anni del Novecento non sortirono gli effetti sperati e per tal motivo nei primi anni del secolo XX il forte Rocchetta fu disarmato e convertito a deposito munizioni.

Al termine della guerra l'esercito italiano dopo essersene impossessato, mantenne inalterato la destinazione d'uso del forte, ossia di deposito munizioni ed esplosivi. Fu quindi direttamente sorvegliata da reparti italiani del presidio militare di Trento e ingente fu il quantitativo di ordigni bellici di provenienza austriaca che nel forte furono immagazzinati.

Nel 1922 allo scopo di recuperare l'esplosivo (Dynammon), contenuto nelle bombe a mano austriache, fu affidato alla ditta Mangeretti di Bassano, con l'incarico di disattivare circa mezzo milione di ordigni. Il recupero di questo composto chimico fu accertato essere un ottimo fertilizzante azotato da impiegarsi in agricoltura. Pertanto ogni giorno venivano consegnate al personale della ditta Mangeretti cento casse contenenti ognuna 20 bombe a mano da disattivare e tale procedimento si svolgeva nella porzione bassa della fortificazione.

Il forte poco prima dello scoppio della Grande Guerra fu disarmato e trasformato in deposito munizioni. Nella notte del 8 Dicembre 1925 esplose riducendo il forte in macerie e causando la morte di 6 operai e di un soldato del XVIII reggimento fanteria Brigata Acqui.

Il giorno 22 dicembre del 1922 una serie di esplosioni provocò la distruzione del forte e con esso la vita di 6 giovani operai e un soldato del XVIII Reggimento Fanteria della Brigata Aqui.

Il quotidiano "Il Nuovo Trentino" del 28 Dicembre 1922 in merito alle cause riportava così l'accaduto: «Precisare le cause che hanno determinato la grave sciagura non è cosa possibile, perché tutti coloro che potrebbero fornire spiegazioni sono passati a miglior vita e le loro labbra rimarranno chiuse per sempre. L'ipotesi più verosimile e accettata anche dai tecnici è quella che un operaio addetto ai lavori nella fretta di scaricare una bomba, poiché si lavorava a cottimo, abbia percossa con troppa forza la scatola di latta che la avvolge, producendo lo scoppio di essa. La materia esplosiva che veniva estratta dalle

bombe e messa in una cassa avrebbe preso fuoco, questo poi si sarebbe esteso alle altre bombe che ancora giacevano nelle casse, determinando lo scoppio. Tale versioni sarebbe avvalorata anche dalle deposizioni di un soldato che stava di guardia nel forte superiore, che udì tre scoppi distinti: uno molto debole, un secondo più forte e poi il terzo violentissimo, terribile...»209

Le vittime furono tutti giovani: Rech Girolamo di anni 18 Rech Alfonso di anni 15 Dal Zotto Eugenio di anni 22 Dal Zotto Germano di anni 28 Dal Zotto Italico di anni 16 Rech Felice di anni 19

Gli operai scomparsi erano parenti tra loro e provenivano da un paese a poca distanza dalla sciagura; con loro perse la vita anche il soldato Asterio Ferretti della provincia di Reggio Emilia.

All’indomani della sciagura i resti del forte furono demoliti per rendere più agevole la viabilità della valle. Tale decisione fu assunta dopo la decisione di radiare dal demanio militare italiano - con decreto regio risalente al 22/09/ 1927 n° 2300 - ciò che ne rimaneva.

All’interno del forte prendevano servizio 5 artiglieri comandati da un sottotenente e da un sergente ed era presidiato da 18 soldati della guarnigione di Trento210.

Le comunicazioni erano garantite con il paese di Mezzolombardo sia da una linea telefonica che da una linea telegrafica211.