L’INCIDENZA DELLA PRESCRIZIONE SULLA PIENA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA VITTIMA DEL REATO
7. Gli orientamenti della Corte europea dei diritti umani in materia di condotte che non abbiano natura dolosa
Anche nel caso Calvelli e Ciglio, la Corte europea era stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità del modello italiano della prescrizione con gli standard di tutela dei diritti fondamentali, ma questa decisione presenta profili del tutto peculiari rispetto a quelle fino ad ora esaminate.
Il dato che emerge è l’assenza di automatismo: non tutte le volte in cui vi sia stata violazione di un diritto fondamentale sussiste l’obbligo di sanzionare penalmente il responsabile. Occorre, di volta in volta, valutare tutta una serie di circostanze, tra le quali la qualifica del soggetto che pone in essere la condotta lesiva, l’intensità della violazione e il particolare disvalore soggettivo di azione66.
62 In questo caso la prescrizione intervenne per 32 dei 33 imputati. La Cassazione si è pronunciata sui
fatti di Bolzaneto nel giugno 2013. Cfr. Cass., Sez. V, 14 giugno 2013, n. 3708813, in Dir. pen. cont, 29 ottobre 2013, con nota di A.COLELLA, La sentenza della Cassazione su Bolzaneto chiude il sipario sulle
vicende del G8 (in attesa del giudizio della Corte di Strasburgo).
63 Cass. Sez. V, 5 luglio 2012, n. 38085, in DeJure/ Juris Data, così in motivazione, punto 1 del
Considerato in diritto.
64 Cfr. E.D’IPPOLITO, La sentenza “Diaz” tra pulsioni in malam partem e tipi d’autore “simpatici” e
“antipatici”: qualche riflessione sulla percezione mediatica del reato, in Cass. Pen., fasc. 6, Giuffrè, 2013,
p. 2245 ss.; V.ZANETTI, La tortura dalle parti di Bolzaneto e della Diaz, in Studium Iuris, fasc. 4, Cedam, 2012, 432 ss.
65 Cass. Sez. V, 5 luglio 2012, n. 38085, cit., in motivazione, punto 1 del Considerato in diritto, in cui
si richiama C. Cost., 1° agosto 2008, n. 324, in Giur. Cost., 2008, p. 3459 ss. punto 5 del Considerato in diritto. Va anche osservato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la prescrizione attiene al «trattamento complessivo del reo » configurando un istituto di natura sostanziale ( Corte Cost., ord. n. 34 del 2009). In dottrina è stato auspicato, per il futuro, un ripensamento della Corte Costituzionale sulle proprie posizioni in tema di sindacato in malam partem sui termini prescrizionali. In questo senso, cfr. F. VIGANÒ, L’arbitrio del non punire, in Studi in onore di Mario Romano, vol. IV, Giuffrè, 2011, 2681 ss.
66 In argomento, cfr. S.MANACORDA, “Dovere di Punire”? Gli obblighi di tutela penale nell’era
dell’internazionalizzazione del diritto, in Riv. it. dir. proc. pen., fasc. 4, Giuffrè, 2012, p. 1385 ss; G. DE
VERO, G. PANEBIANCO, Delitti e pene nella giurisprudenza delle Corti europee, Giappichelli, Torino, 2007, p. 31 ss.
La sentenza Calvelli e Ciglio c. Italia è stata pronunciata nel 200267 e il ricorso aveva ad oggetto un’ipotesi di responsabilità penale di un medico, relativa al decesso di un neonato sottoposto alle sue cure. Il medico, in primo grado, era stato riconosciuto penalmente responsabile. Durante il giudizio d’appello, tuttavia, maturano i termini di prescrizione e viene pronunciata sentenza di non luogo a procedere. I genitori del bimbo avevano ritenuto che l’intervenuta prescrizione avesse violato il diritto alla vita del nascituro. La Corte, pur rilevando che carenze procedurali avessero effettivamente ritardato le indagini, favorendo così il maturare dei termini prescrizionali, escluse le responsabilità dello Stato Italiano e ritenne ammissibile l’operatività della prescrizione.
I giudici di Strasburgo evidenziarono come, nel caso di specie, il sistema italiano offrisse alle vittime un rimedio alternativo alla sanzione penale, ovvero la possibilità di ottenere il risarcimento del danno in sede civile; possibilità alla quale i genitori del bambino rinunciarono, accettando una transazione stragiudiziale.
Una delle circostanze a cui la Corte europea attribuisce valore significativo ai fini della decisione è il carattere non intenzionale della condotta lesiva del diritto alla vita: il decesso era stato causato da una negligenza del medico e, una volta intervenuta la prescrizione, la via dell’azione civile risultava essere la più naturale per soddisfare le esigenze di tutela imposte dall’art 2.
Rispetto ad alcuni atti di natura colposa, secondo la giurisprudenza di Strasburgo, i meccanismi attraverso cui vengono ricostruiti i fatti da cui ha origine la morte di un individuo « possono essere limitati alla sola predisposizione di rimedi giurisdizionali di carattere civile, purché ovviamente efficaci e accessibili in concreto»68.
La Corte ha affrontato la questione delle condotte colpose lesive del diritto alla vita anche valutando il modo con cui operano gli obblighi di protezione dello stesso nella materia ambientale. A tal riguardo, occorre accennare al caso Öneryildiz c. Turchia69 relativo alla morte di numerose persone avvenuta in seguito ad un’esplosione di gas metano, prodotto da cumuli di rifiuti in decomposizione, abbandonati in una discarica.
In questa ipotesi, la condotta omicida colposa si era verificata in circostanze che avevano coinvolto le autorità statali. Nonostante la gravità della situazione e i rischi di una possibile esplosione fossero stati puntualmente denunciati da un report stilato da tecnici, le autorità amministrative rimasero inermi, senza provvedere ad informare gli abitanti del quartiere e senza adottare misure finalizzate ad evitare i rischi connessi al cattivo funzionamento della discarica.
La Corte ritenne che il diritto alla vita fosse stato violato sotto il profilo materiale e sotto quello procedurale.
Il procedimento penale instauratosi aveva accertato in generale le responsabilità di tipo omissivo delle autorità locali, ma non venne portata avanti alcuna indagine allo scopo di individuare il preciso nesso di causalità sussistente tra queste omissioni e l’evento lesivo, e non furono individuati personalmente i soggetti responsabili delle violazioni. I giudici si soffermano con attenzione su questo aspetto evidenziando come lo Stato abbia, invece, l’obbligo di proteggere il diritto alla vita degli individui attraverso un’applicazione rigorosa dei meccanismi repressivi previsti dal diritto interno. Ciò implica innanzi tutto che debba essere portata avanti una procedura finalizzata a
67 Corte EDU, 17 gennaio 2002, Calvelli e Ciglio c. Italia.
68 F.BESTAGNO, Diritti umani e impunità. Obblighi positivi degli Stati in materia penale, ASERI, 2003,
p. 207.
sanzionare effettivamente i responsabili anche allo scopo di dissuadere gli altri dal porre in essere simili condotte lesive dei diritti fondamentali. ( § 109)
Quest’ultimo caso permette di evidenziare come, secondo la Corte europea, anche rispetto a violazioni dei diritti fondamentali integrate da condotte colpose, la sanzione penale possa svolgere una funzione preventiva molto rilevante e pertanto sussiste in capo allo Stato l’obbligo di garantire il diritto alla vita con un’adeguata risposta penale70.
Rimane comunque ferma l’idea secondo cui il diritto penale si configuri come uno strumento dal carattere sussidiario, a cui accedere nei casi di extrema ratio.
Dalla giurisprudenza della Corte emergono, tuttavia, una serie di indicatori in presenza dei quali è possibile ritenere che l’obbligo di reprimere penalmente una violazione del diritto fondamentale sia, invece, implicito agli stessi articoli 2 e 3 CEDU. In particolare, ponendo l’accento sul disvalore soggettivo di azione, nei casi di condotte colpose, lo strumento penale si presenta necessario nel caso in cui la violazione è “grave”. La gravità della violazione si desume sia facendo riferimento al tipo di pregiudizio arrecato al bene della vita umana o dell’integrità fisica sia facendo riferimento ai rischi causati dalla condotta lesiva71. Quindi nel caso di condotte colpose, anche eventualmente
poste in essere da autorità statali, è la gravità della violazione del diritto fondamentale che va a segnare la linea di confine tra la compatibilità o meno della prescrizione con gli standard internazionali di tutela del diritto.