I bisfosfonati rappresentano una classe di farmaci usati in prima linea nel trattamento di alcune condizioni neoplasia-correlate (ipercalcemia maligna, metastasi ossee da tumori solidi, lesioni liti-che da mieloma multiplo), con un importante effetto sulla qualità di vita del paziente; alcuni rap-presentanti di questa categoria sono anche stati approvati per la terapia dell’osteoporosi. Tutti i bisfosfonati, inclusi quelli a somministrazione orale, possono determinare come effetto col-laterale l’osteonecrosi mandibolare, con un’associazione ormai ben nota da anni, con un rischio che va dall’0,8 al 12% per la somministrazione endovenosa e inferiore allo 0,06% per la sommi-nistrazione orale.
Vi sono fattori di rischio legati al tipo di farmaco (per esempio, lo zolendronato è un bisfosfona-to endovenoso assai più potente del pamidronabisfosfona-to), fatbisfosfona-tori di rischio locali (quali chirurgia denta-ria, la costituzione anatomica e concomitanti malattie orali) e anche fattori di rischio demografi-ci e genetidemografi-ci.
E’ pertanto opportuno che, prima di intraprendere la terapia con bisfosfonati, principalmente endo-venosi, il paziente sia sottoposto a un’attenta indagine del cavo orale, con la rimozione delle strut-ture a rischio e il completamento di ogni procedura odontoiatrica in atto; per la somministrazio-ne orale è invece ritenuto che il rischio di osteosomministrazio-necrosi della mandibola sia incrementato dopo il terzo anno di terapia; è sempre necessario mantenere un’ottima igiene orale.
Clinicamente, può manifestarsi con un’odontalgia non spiegabile con cause dentarie, con un dolo-re a livello del corpo mandiboladolo-re che si irradia all’articolazione temporo-mandiboladolo-re; oppudolo-re con un dolore a livello dei seni, associato o meno a infiammazione e ispessimento della parete del seno mascellare, oppure con alterazione della funzione neurosensoriale.
Reperti clinici possono essere perdita dentaria senza cause parodontali croniche e la formazione di fistole periapicali o peridontali non associate a necrosi pulpari dovute a carie.
Radiologicamente, può essere evidenziata perdita o riassorbimento dell’osso alveolare, alterazio-ne del pattern trabecolare osseo, ispessimento od oscuramento del legamento periodontale, restrin-gimento del canale alveolare inferiore.
Il trattamento dell’osteonecrosi mandibolare ha lo scopo principale di alleviare il dolore, controllare l’infezione di tessuti molli e solidi e di minimizzare la progressione o l’evenienza della necrosi ossea e viene adattato allo stadio del paziente:
Paziente a rischio senza apparente necrosi ossea: nessun trattamento.
•Stadio 0, pazienti senza evidenza clinica di osteonecrosi, ma con sintomi o reperti radiologici non specifici: trattamenti sintomatici e gestione conservativa degli altri fattori locali.
•Stadio 1, osso necrotico esposto in pazienti asintomatici e senza dimostrazione radiologica: sciacqui con antimicrobici orali, quali la clorexidina.
•Stadio 2, osso necrotico esposto in pazienti doloranti e con evidenza clinica: sciacqui con anti-microbici in combinazione con terapia antibiotica (principalmente penicilline, oppure macrolidi, metronidazolo, clindamicina in pazienti allergici alle penicilline).
•Stadio 3, paziente con osso necrotico esposto, dolore, infezione e uno o più tra estensione del-l’osso necrotico oltre la regione alveolare, fratture patologiche, fistola extra-orale, comunicazione oro-nasale, osteolisi che si estende oltre il bordo inferiore della mandibola o il pavimento dei seni:
debridement chirurgico, inclusa la resezione, in combinazione con terapia antibiotica e palliazione
fino alla risoluzione dell’infezione acuta e del dolore.
L’interruzione della terapia con bisfosfonati endovenosi non offre beneficio a breve termine; quel-la a lungo termine, se le condizioni cliniche generali lo consentono, può essere permessa in accor-do con lo specialista oncologo, riducenaccor-do i sintomi ed il rischio di nuovi focolai. Per i bisfosfo-nati orali, l’interruzione della terapia per 6-12 mesi è stata associata ad un graduale miglioramento clinico spontaneo o ad una più rapida ripresa post-chirurgica.
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