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2' pËtteritta tampiye˜um pØrv„¬aic ca∫kara˜år

Nel documento Il bel matal (pagine 118-121)

pË teri-tt-a tampi e˜-um pØr v„¬-ai

fiore scegliere-PST-PRT fratello minore dire-PRT.F battaglia V„¬-ACC

ca∫kara˜-år

Ca∫kara˜-EP.ON

2" pårtteritta paˆ†aip paÒivå∫ka, - „ttariya

pår-tt-u eri-tt-a paˆ†ai paÒivå∫k-a

guardare-PST.G bruciare-PST-PRT tempo antico vendicare-INF

„ tar-i-y-a

freccia dare-PST-PRT

2. per vendicare V„¬, causa di schermaglie, suo fratello minore che ha scelto i fiori per le cinque frecce, e che Ca∫kara˜ in un tempo precedente ha incenerito con lo sguardo,

Il distico fa riferimento al mito in cui Ca∫kara˜ (Íiva), disturbato durante la meditazione da V„¬ (Kåma), che voleva insinuare in lui la passione amorosa per Pårvat¥, incenerisce il dio con le fiamme scaturite dal terzo occhio (Kramrisch 1999: 366-67). Nel genere del

ma al, soprattutto in epoca medievale, questo mito è senza dubbio significativo (lo

ritroviamo molte volte menzionato nel corso del poema, v. ad esempio distici 13, 47, 56, 93, 103, 115, 166 e 169), in quanto allude alla vittoria dell’ascetismo e del controllo delle passioni, rappresentati dal grande yogin Íiva, sull’amore, rappresentato da Kåma (per ulteriori osservazioni, v.§3.2).

E’ interessante osservare un’innovazione rispetto alla tradizione del mito: secondo Kå¬am„ka Pulavar, infatti, è Brahmå a voler vendicare Kåma per il torto subito da Íiva, mentre secondo il Brahmåˆ∂a puråˆa “Il puråˆa dell’uovo di Brahmå” 43, fu Brahmå

stesso a maledire il dio quando insinuò in lui desideri amorosi nei confronti di Sarasvat¥ o ÍatarËpå, preannunciandogli che sarebbe stato bruciato dalle fiamme di Íiva (Vettam Mani 19935: 378). Questa versione è ripetuta nel Matsya puråˆa “Il puråˆa di Matsya”

IV, 12 in cui è riportato il testo della maledizione di Brahmå: “Lo scopo per cui facesti di me il bersaglio delle tue frecce ti porterà presto a essere ridotto in cenere da Íiva, quando ti comporterai con lui allo stesso modo” (traduzione in Kramrisch 1999: 231).

tampi: “fratello minore”, come spiega il commento (ma˜mata˜ tirumålukku maka˜. pirama˜ tirumåli˜ tiruvuntik kamalattil tؘÂiyava˜. åtali˜, ma˜mata˜ pirama˜ukku tampiyåvå˜ “Ma˜mata˜ (Kåma) è figlio di Tirumål (Vi∑ˆu). Pirama˜ (Brahmå) è

apparso sul loto del sacro ombelico di Tirumål. Per questo, Ma˜mata˜ è il fratello minore di Pirama˜”, p.2), Kåma è fratello di Brahmå in quanto entrambi sono figli di Vi∑ˆu. Infatti Kåma, dopo essere stato ridotto in cenere da Íiva, rinacque come figlio di K¤∑ˆa, avatåra di Vi∑ˆu, e di sua moglie Rukmiˆ¥ (Vettam Mani 19935: 379).

e˜-um: lett. “che (loro) dicono”, participio futuro del verbo e˜ “dire” (TL 548), formato dal primo tema del verbo + il suffisso di futuro zero + il suffisso di participio –um; la forma è tipica di uno stadio tardo della lingua in cui il suffisso temporale zero si unisce al primo tema dei verbi deboli (ma al secondo tema dei verbi forti, come ad esempio in

taˆikkum “che appaga” (distico 9 e 27), parima¬ikkum “che profuma” (distico 16), pa ikkum “che legge” (distico 122)), mentre nella fase classica esso si unisce

generalmente al secondo tema (con suffisso in –k(k)-) di tutti i verbi.

pØr-v„¬: lett. “l’eroe delle battaglie”, composto formato dalla base del sostantivo pØr

“battaglia, schermaglia” (TL 2966) + il sostantivo v„¬ “uomo eccellente o illustre, eroe” (TL 3842, DEDR 5545), il composto è usato come appellativo di Kåma, in quanto costui è il dio che provoca schermaglie d’amore. E’ interessante notare che v„¬ significa anche “desiderio amoroso” e “matrimonio”, significati intimamente connessi al dio dell’amore, e può essere impiegato come appellativo (“Desiderio” o “Desiderato”) e nome proprio del dio Kåma (TL 3842, DEDR 5528).

cakara˜-år: “Il dispensatore di felicità”, appellativo di Íiva, rideterminato dal suffisso

di plurale epiceno con valore onorifico -år; il regolare suffisso di plurale epiceno per i

nomi terminanti in -a˜ è –r (cakarar), mentre il suffisso -år è in genere unito ad un

ristretto numero di nomi maschili e femminili, soprattutto indicanti rapporti di parentela (ad esempio tåy “madre”); i nomi con il suffisso -år sono frequentemente usati come

forme singolari onorifiche (Andronov 1989: 59).

tar-i-y-a: “a cui sono state date le frecce” quindi “dotato di frecce”, appellativo, da

legare a antav„¬ del distico successivo, formato dal sostantivo „ “freccia” (TL 550;

DEDR 805) + il participio passato del verbo tå “dare” (TL 1821).

3' antav„¬ ta˜˜u a˜„ ampuviyil vi† ate˜a

anta- v„¬ ta˜-˜- u a˜-„ ampuvi-y-il vi†- -atu e˜-a

bello V„¬ PRON insieme-PRTC terra-LOC lasciare-PST-3NSG dire-INF

3"muntav„ vantutitta mØka˜appeˆ; - intiraÂkum

munt-a-v-„ va-nt-u uti-tt-a mØka˜a-p-peˆ

precedere-INF-PRTC venire-PST.G nascere-PST-PRT affascinante donna

intiraÂ-ku-um

3. ha creato una donna affascinante e l’ha lasciata sulla terra insieme al bel V„¬ dotato di frecce, lei

In questo distico compare per la prima volta la protagonista del poema a cui si fa riferimento con l’espressione mØka˜a-p-peˆ “donna affascinante”. La bellezza divina (v. distico 66) della donna inizia quindi ad essere decantata, motivo che si stenderà lungo tutto il componimento. Di lei si dice che Brahmå l’ha creata per il fratello Kåma, affinchè egli possa servirsi del suo fascino per infondere l’amore negli uomini (per il rapporto tra la donna e il dio dell’amore, v. distico 75).

anta-v„¬: lett. “V„¬ dalla bellezza”, quindi “il bel V„¬”, composto formato dalla base del sostantivo antam “bellezza” (TL 80) + V„¬ (per il significato di v„¬, v. distico 2).

ta˜: base del pronome riflessivo singolare (tå˜); secondo un tipico uso del tamil classico, il pronome riflessivo è qui impiegato come marca casuale del sostantivo che lo procede (v„¬ ta˜ u a˜ “insieme a V„¬”, caso comitativo) (Andronov 1989: 112; v. anche distici 30, 50, 52, 82 e 94).

vi - -atu: nome participiale di 3° persona neutra singolare dal verbo vi u “lasciare” (TL

3659); per regolare esito di sandhi † + t (suffisso di passato) = ††.

munt-a: lett. “precedendo”, infinito del verbo muntu (TL 3268); è traducibile con

“davanti”, “prima”.

mØka˜a-p-peˆ: lett. “donna dal fascino”, quindi “donna affascinante”; composto formato dal sostantivo mØka˜am 1.“confusione di mente”; 2.“arte magica di affascinare

una persona”; 3.“una delle cinque frecce di Kåma che rende una persona infatuata”; 4.“infatuazione” (TL 3381) + il sostantivo peˆ “donna” (TL 2856); il composto descrive la protagonista come una donna dotata di magico fascino, capace di infatuare gli uomini al pari delle frecce del dio dell’amore, nuovo strumento nelle mani di Kåma.

intiraÂ-ku: dativo di Intira˜ (per regolare esito di sandhi ˜ + k = Âk), forma tamil del

nome del dio Indra, da legare al distico successivo.

Nel documento Il bel matal (pagine 118-121)