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e il paesaggio fluviale

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1978 (pagine 37-46)

Con attenzione al tema di cui ci stiamo occupando analizziamo ora uno stru-mento legislativo di settore quale il « piano dei parchi », e la sua portata e incidenza all'interno dell'ipotesi per una struttura del verde che ai livelli regio-nale e comprensoriale dovrebbe svilup-parsi su basi ecologico-paesistiche. L'istituzione dei parchi e delle riserve naturali è stata, in Piemonte, prevista dalla legge regionale n. 43 del 4-6-75, emessa alla chiusura della prima legisla-tura regionale, che detta « norme per l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali ».

È all'articolo 1 sulle finalità di tale leg-ge, che l'individuazione dell'obiettivo di « conservare e difendere il paesaggio e l'ambiente, di assicurare alla collettività ed ai singoli il corretto uso del territo-rio per scopi ricreativi culturali, sociali, didattici e scientifici e per la valorizza-zione delle economie locali » rimanda immediatamente alle osservazioni prima sviluppate, in quanto sembra voler in-tendere uno strumento specifico, quale un piano di settore, in un contesto più articolato.

Le connessioni interessanti la problema-tica della conservazione e dell'uso delle risorse naturali e paesistiche, e il

rappor-to di mediazione da sviluppare tra que-ste due ottiche, non sono certo né auto-matiche né di facile improvvisazione, ed è per questo che possono essere indica-te come un oggetto di studio importan-te per l'avanzamento del progetto dei parchi regionali. Del resto, in questo senso si esprime già la relazione dell'as-sessorato ai Parchi nel presentare la leg-ge, che indica correttamente i rapporti da costituire tra questo provvedimento settoriale e il disegno e gli obiettivi di pianificazione territoriale del PTC.

Alla situazione attuale, la giunta regio-nale, ottemperando all'art. 2 della leg-ge, ha predisposto e approvato nel gen-naio del 1977 il « p i a n o regionale dei parchi e delle riserve naturali ». Questo piano elenca 29 zone da sotto-porre a tutela, per ciascuna delle quali deve essere prevista una legge istitutiva e predisposto, generalmente, un proprio

piano territoriale di coordinamento. La scelta di queste aree, nella prima fase d'attuazione del piano dei parchi, è sta-ta operasta-ta a partire da una propossta-ta iniziale di 32 aree, selezionate su una precedente lista di 130 aree che configu-rano il primo abbozzo del disegno d'in-sieme dei parchi e delle riserve naturali regionali.

Ora queste aree sono state individuate attraverso la segnalazione richiesta agli enti locali e a organismi scientifici e as-sociativi operanti della Regione: il fatto che la percentuale di risposta dei comu-ni sia stata solo del 2 5 % , di cui 44% affermative, e 56% negative (cioè nel senso non sono date per esistenti nel-l'ambito del territorio comunale aree meritevoli di tutela ambientale), può già indicare una ben scarsa conoscenza e/o volontà di tutela del territorio a livello locale.

In aderenza all'art. 4 della legge, in « relazione ai diversi scopi cui sono destinati, i 29 territori sottoposti a tu-tela sono classificati secondo le seguen-ti seguen-tipologie: parco naturale, riserva na-turale, area attrezzata, zona di preparco. Le riserve naturali si suddividono a loro volta in: integrale, orientate, speciali; nella sua prima fase approvata il piano regionale dei parchi interessa esclusiva-mente aree definite come:

— parco naturale

j speciale — riserva naturale ]

( integrale — area attrezzata

È evidente che, con questa scelta, si configurano destinazioni e aree assoluta-mente differenziate tra loro; ad esempio le aree di riserva sono, evidentemente, aree circoscritte e selettive e quindi non possono rientrare, se non come soluzio-ni puntuali, in un orgasoluzio-nico disegno ter-ritoriale, che quindi dovrebbe trovare una sua coerenza avvicinando, e

strut-turando in un sistema del verde, soprat-tutto le altre aree, definite a parco na-turale e attrezzato.

Tuttavia questo disegno non ha alcuna evidenza nella attuale distribuzione del-le aree a parco regionadel-le, e di conse-guenza non appare ancora sufficiente-mente esplicita la relazione tra sistema fluviale e sistema delle aree a parco. Quindi per tale relazione si tratta essen-zialmente di una individuazione prospet-tica, in quanto nella prima fase di ap-provazione del piano dei parchi si può osservare che tra le aree selezionate quelle che hanno riferimento diretto al-l'ecosistema acquatico, si identificano so-prattutto come aree di riserva e con am-bienti lacustri. Sono invece i parchi na-turali del Ticino e del Sesia che rappre-sentano le sole iniziative più direttamen-te legadirettamen-te ad ambienti fluviali; e, senza dubbio, questa prima individuazione af-fida loro una funzione di prototipo nella definizione operativa di una tipologia di « parco fluviale ».

È per questo interessante fare il punto sulla ricerca condotta dell'area del par-co del Ticino, ma vorremmo prima svi-luppare alcune osservazioni riguardo al-le necessarie relazioni territoriali da pre-cisare tra risorse fluviali regionali e lo-calizzazioni a « parco fluviale ». Abbiamo infatti rilevato, come in linea teorica e programmatica, al piano dei parchi sia riconosciuto l'interesse e la congruenza a configurarsi come iniziati-va e progettuale legislatiiniziati-va per dare real-tà d'uso al disegno della conservazione delle risorse naturali del territorio. In-fatti il piano dei parchi esprime attra-verso un rapporto diretto tale problema-tica, precisandola a livello d'impostazio-ne e a livello progettuale.

D'altra parte, abbiamo rilevato che il piano dei parchi, in questa fase inizia-le, è stato impostato e proposto piutto-sto come un assemblaggio di aree vin-colate, senza coerenza tra loro, né con una valutazione di riferimento alla con-dizione degli ecosistemi territoriali. Pertanto, nella sua forma attuale, il pia-no dei parchi risulta estraneo ad una logica ed una chiara ipotesi di « siste-ma » degli spazi naturali, intrecciato al sistema degli spazi ricreazionali e cultu-rali. Evidentemente questa situazione

deve essere commisurata con le difficoltà reali d'innesco di una politica territoria-le del sistema del verde che non ha mai avuto precedentemente alcuna fase atti-va di intervento, (infatti come abbiamo

visto le ipotesi sono sempre rimaste sul-la carta) ma anche per questo è ora necessario l'impegno di una verifica sul-le linee in atto e su quelsul-le proponibili ad indirizzare il lavoro in questo settore. E tale verifica è urgente e determinante, sia per l'impostazione, sia per dare coe-renza e utilità ai singoli interventi all'in-terno di una linea unitaria di piano. Infatti è solo attraverso una corretta lo-gica e un adeguato metodo, che un piano dei parchi e delle riserve naturali per la regione e per i comprensori, può ricon-durre gli interventi puntuali previsti per la la fase, e soprattutto sviluppare gli interventi e le proposte successive, entro un disegno d'insieme, precisato secondo i parametri ormai noti della pianificazio-ne ecologica.

Una occasione specifica come questa de-ve trovare il modo di ridide-ventare, per le sue più dirette implicazioni, un punto obbligato nella traduzione delle linee programmatiche del tema conservazio-ne/utilizzazione territoriale in una ope-razione metodologica e rispondente; che possa quindi proporre quei rapporti da sviluppare, all'incontro con altri provve-dimenti di settore, per concretizzare il dichiarato impegno di conservazione delle potenzialità territoriali.

Nei limiti della sua prima stesura, il piano dei parchi non poteva forse risol-vere questo tema; ma rimane evidente, già a livello d'impostazione, la necessità di strutturare il coordinamento tra gli interventi prevedibili dal piano dei parchi.

Questo vale in modo particolare in rela-zione al paesaggio fluviale.

Può in questo senso, essere interessante la verifica prospettica che si può leggere seguendo in tabella n. 2 i dati per i comprensori di Alessandria, Asti, Cu-neo, Novara, Vercelli, Torino, che ri-guardano le destinazioni attuali, e le pre-visioni indicative di massima, per loca-lizzare a parco alcuni ambiti fluviali. Con questo quadro, si enucleano le po-tenzialità già individuate con le segna-lazioni del piano parchi per ancorare al

Tabella 2. Le proposte a parco regionale per i sistemi fluviali delle province piemontesi.

Prov./Com. Fiume Tipologia Comune

< 1 0 0 Superficie ha 100-M 000 > 1 0 0 0 Denominazione AL / A l Po 1 RNI Valenza 58 Parco fluviale interr. Garzaia di Valenza RNI Valenza 58 Parco fluviale interr.

a Confluenza dei fiumi Bormida ed Erro

b Fascia compresa tra i fiumi

Piota, Lemme e Gorzente

c Sponde dello Scrivia

d Sponde del Po

AT / A t

a Lame del Tanaro

CN / C n

NO / N o Ticino 1 PN diversi 6605 Fascia fluviale del Ticino

2 PN 522 Lagoni di Mercurago

a Fascia tra il Lago Maggiore e il

b Lago d'Orta (Parco dei 2 Laghi)

c Foce del fiume Toce

d Lago d'Orta e isola di S. Giulio

e Lago Maggiore

f Lago e Canale di Mergozzo

VC / V e 1 RNI Oldenico 68 Isolone di Oldenico

lago 2

Viverone RN RNI 1087 Lago di Viverone

a Confluenza della Dora Baltea nel Po a

Morena di Mazzè

b Fiume Sesia

TO / T o 1 RNS 25

Orrido e stazione di Leccio di Chianocco lago 2

Avigliana PN RNI

A A

423 Laghi di Avigliana e palude dei Mareschi

a Fascia fluviale del Sangone

b Lago di Candia e zone limitrofe

.

c Lago e bosco di Spina

__

d Lungo Dora

e Lungo Stura

f Torrente Malone

g Torrente Orco

(N.B.: | dati sono stati ricavati dalle schede del Piano regionale dei parchi, op. cit.).

paesaggio fluviale regionale alcune de-stinazioni a parco.

Come si vede, infatti, tratti sul Po e principali affluenti e sul Tanaro sono proposti come parchi fluviali, ed è in-teressante il fatto che la proposta inclu-da alcune aree di confluenza ove si ca-ratterizza particolarmente il paesaggio fluviale.

Una tipologia di aree di conservazione e di ricreazione appoggiate alla presen-za di una caratteristica morfologica ter-ritoriale unificante quale il sistema idro-grafico può, nelle suddivisioni compren-soriali, valorizzare e rendere presenti, paesaggi, ora marginali rispetto ad una utilizzazione ricreativa.

Infatti, nella regione, come abbiamo no-tato, la riorganizzazione del paesaggio fluviale potrebbe « rendere » alle aree di pianura, dove sono scomparsi i bo-schi, una componente paesistica ed eco-logica essenziale; mentre nelle aree di montagna e di collina, con torrenti e rii e laghi, il sistema idrografico presenta altre caratterizzazioni e altri problemi di conservazione e di utilizzazione. D'altronde come si legge in tab. 2 la percentuale degli interventi a parco flu-viale previsti è più alta nei comprensori a prevalenza di pianura, come quelli di Novara, Vercelli e Torino; ma, a livello d'impostazione come a livello attuativo, la caratterizzazione a parco del paesag-gio fluviale è ancora tutta da studiare.

LE IPOTESI DEL PIANO DEI PARCHI NEL COMPRENSORIO DI TORINO

Per sviluppare la nostra tesi della ne-cessità e dell'interesse a stabilire rela-zioni progettuali tra l'insieme delle aree della proposta e / o proponibile zonizza-zione della conservazonizza-zione e della ricrea-zione e l'insieme degli elementi struttu-rali eco-paesistici del territorio, è certa-mente significativo l'esame della situa-zione nel comprensorio di Torino. Per questo territorio infatti, che coinci-de con l'ampliamento coinci-dei limiti coinci-della no-stra ricerca, si può riportare e rendere confrontabile una proposta di pianifi-cazione settoriale — quale il piano dei parchi — entro un contesto più globale

di pianificazione, quale il piano com-prensoriale dell'area torinese.

Ci troviamo, non è forse inutile ripeter-lo anche per ribadire il senso introdut-tivo di questa analisi, in presenza solo di schemi di piano (PTC) e di ipotesi che prefigurano una eventuale possibili-tà d'ampliamento per il piano dei par-chi; e ciò porta indeterminatezza nel confronto che si vuole delineare.

Pur con queste limitazioni, il tema è im-portante perché consente una possibili-tà nuova, che può far corrispondere una ipotesi istitutiva e può far seguire un intervento progettuale a quella serie di schemi sulla struttura territoriale del verde impostati, abbiamo visto e confer-mati, nelle successive proposte del Pia-no Intercomunale e del PTC. Infatti il piano dei parchi, soprattutto nella sua logica di piano settoriale correttamente impostato, può riproporre, con nuovo taglio attuativo, il tema del paesaggio fluviale d'insieme nel territorio com-prensoriale.

Come si è visto, nella misura in cui si intende il disegno delle aree a verde co-me una struttura territoriale, il sistema del paesaggio fluviale diventa una delle parti più chiaramente definite di tale struttura.

È quindi ovvio che il piano dei parchi debba riprendere queste indicazioni dei piani urbanistici, avendo verificato che la destinazione a parco può interessare tratti di tutti gli affluenti del Po, dal Pellice all'Orco, come una soluzione di paesaggio riproposto all'uso per gli abi-tanti della più grande concentrazione regionale.

Come abbiamo letto nella precedente tabella, il parco della Valle della Dora, della Stura, sino all'inizio della Valle di Lanzo, della fascia fluviale del San-gone, sono prossime probabili indica-zioni del piano dei parchi, che si sovrap-pongono alle proposte del piano ter-ritoriale e che, a partire dai comuni della prima cintura di Torino — Monca-lieri, Nichelino, Beinasco, Collegno, Ve-naria, Borgaro, Caselle — recuperano le indicazioni di piano regolatore e le inse-rirebbero in una proposta più unitaria e continua per il paesaggio dei fiumi del-l'area torinese. Mentre l'indicazione a parco per i tratti terminali dei torrenti Malone e Orco, in relazione col disegno

del PTC, interessa un'area molto estesa e prefigura un intervento altrettanto rile-vante lungo le sponde del Po attorno a Chivasso.

Per arrivare a sviluppare una coerente e valida proposta di piano per il parco fluviale del comprensorio, anche limita-tamente ai tratti considerati, che oggetti-vi le indicazioni del PTC e si valga co-come strumento attuativo della portata legislativa del piano dei parchi, occorre aver stabilito un programma preciso di pianificazione ecologica; già la costata-zione necessaria, che anche la prima fa-se, relativa all'inventario conoscitivo delle componenti eco/paesistiche, non è ancora avviata, indica quali dovrebbero essere le prime, obbliganti, linee d'inter-vento.

NOTE SUL PROGETTO PER IL PARCO DEL TICINO

La fascia fluviale del Ticino nel com-prensorio di Novara ha un ambito terri-toriale interessante per porre e risolvere una destinazione a parco secondo una me-todologia integrata di pianificazione eco-logica; infatti si estende all'intero tratto piemontese del corso fluviale interessando 10 comuni seguendo la sponda destra del Ticino che fronteggia il parco lombardo istituito con legge regionale 9-1-1974, n. 2 e modificato con legge regionale 15 luglio

1974, n. 42 13.

La superficie dell'area è di circa 6000 et-tari e la larghezza della fascia interessata varia attorno ai 1500 metri; il bosco co-pre il 60% dell'area mentre i terreni agri-coli si estendono sul restante 40%: «la vegetazione è costituita da diverse specie tra cui querce, olmi e pioppi quali ele-menti caratterizzanti: la restante parte del territorio è interessata da aree a con-duzione agricola. La fauna della valle è rappresentata principalmente da anatidi e migratori tra cui si possono ricordare: germani, nitticore, alzavole, folaghe; è pu-re ppu-resente selvaggina stanziale.

A questi dati va avvicinata una recente proposta di studio 14 che ha elaborato « le configurazioni di assetto corredato, com-pletate dalle comunicazioni di accesso e di penetrazione della valle ». Nel progetto vengono indicate, nell'ambito operativo della valle del Ticino, la strada paesistica del Ticino, le comunicazioni di accesso

e/o penetrazione della valle, le aree di conservazione dell'ecologia parafluviale (ritagliate nelle aree a bosco perché non sono continue), le aree per attrezzature ricreative, in particolare sportive, e i tratti di spiagge.

Secondo questi elementi di organizzazio-ne vieorganizzazio-ne definito uno schema d'uso e di funzioni per il parco del Ticino, svilup-pando una proposta che preseleziona pa-rametri di piano, pur facendo astrazione da un quadro conoscitivo del paesaggio fluviale; e confermando, indirettamente, il fiume come elemento di separazione dalla sponda lombarda, nella misura in cui non individua le relazioni e le possibilità di scambio tra le due rive.

Le analisi condotte per la sponda lom-barda hanno sviluppato invece un ap-proccio più aderente alla identificazione delle valenze paesistiche del territorio con-siderato 15.

Un piano per un parco fluviale esteso a tutto il corso di un fiume, che venga de-terminato secondo l'analisi ecologico/pae-sistica deve trovare riferimenti con preci-sate categorie d'analisi per risultare rispon-dente anche come proposta più completa di conservazione territoriale e di ricreazio-ne: nel caso in questione del parco flu-viale del Ticino lo sviluppo della propo-sta di piano dovrebbe quindi integrare le elaborazioni già avviate, con tutte le va-riabili necessarie ad un progetto di conser-vazione territoriale 16.

N O T E

13 Notizie segnalate nella scheda n. 13 del Piano

regionale dei parchi e delle riserve naturali.

1 4 B E R T U C L I A C. S., Linee per l'organizzazione

del parco sociale del Ticino, Pisa, 1975.

15 II piano territoriale di coordinamento del

par-co del Ticino viene presentato alla approvazione della giunta regionale lombarda il 26-7-78. Tra le analisi per la sponda lombarda del Ticino vedi, oltre alla mostra Ticino ultimo fiume, Pa-via. 1972:

C F R A S I M . , M A R A B E L L I P., Analisi e progettazione

dell'ambiente, Marsilio, Padova, 1970.

B A L L E S T R E R O B . , BARTOLOZZI C . P . , M A C C I L . , N O V A R O M . , P A O L I P., Da immagine a piano:

ipotesi di coordinazione per il territorio del Tici-no. Teorema, Firenze, 1973.

Cfr. Dibattito ed elaborati presentati in occa-sione della Mostra sul Parco del Ticino, Torino, 1978, a cura della Regione Piemonte e della Pro-vincia di Novara.

NOTA SULLA C O N D I Z I O N E DELLA VEGETAZIONE L U N G O LE SPONDE DEI F I U M I

Come abbiamo visto, le ipotesi per la conservazione del paesaggio fluviale, che recuperano precedenti indicazioni urbani-stiche, sono chiaramente accettate e inse-rite nei programmi attuali di pianificazio-ne territoriale. Finalmente, dovrebbe quin-di essere possibile e prossima la esplicita-zione di tali ipotesi in coerenti strumenti di piano.

Questo comporta intanto la preliminare messa a punto della fase conoscitiva at-traverso una metodologia di analisi più appropriata e più pertinente alle variabili relative della pianificazione del paesaggio fluviale.

Insieme con le variabili accennate sin qui, risulta altrettanto evidente che l'iden-tificazione della componente vegetaziona-le è determinante per una valutazione del paesaggio fluviale dal punto di vista ecologico e paesistico.

Una valutazione in tal senso corrisponde tuttavia a un tema ancora da sviluppare: manca infatti una organica indagine bo-tanica che raccolga tutte le osservazioni e i dati delle esplorazioni floristiche già di-sponibili, e soprattutto delinei i problemi specifici ai diversi ecosistemi fluviali del territorio torinese nella loro attualità e in una prospettiva conservativa.

Una ricerca specifica risulta quindi neces-saria per disporre di un quadro conosci-tivo finalizzato in modo da valutare la si-tuazione in atto, descritta nei suoi aspetti di degradazione, di potenzialità e di con-dizionamento, e disporre le linee d'inter-vento del progetto di conservazione del paesaggio fluviale.

Per introdurre l'argomento vediamo qui di seguito le note disponibili per un primo riferimento all'analisi del paesaggio vege-tale delle sponde dei fiumi.

È recente la pubblicazione di una carta della vegetazione 17 che si estende a gran parte del territorio torinese, come amplia-mento contestuale a una ricerca sulla ve-getazione elaborata per l'area particolare dell'anfiteatro morenico di Rivoli, adottan-do la metoadottan-dologia sviluppata da ricercatori francesi. Da questa carta stralciamo le aree attorno al Sangone, alla Stura, e Do-ra come prime indicazioni per l'inventario vegetazionale del paesaggio fluviale nel-l'area considerata di Torino e prima cin-tura (vedi fig. 5).

Come dice la rappresentazione cartografi-ca, nell'area studiata, la superficie boschita è ridotta a lembi per lo più isolati, essi stessi altamente degradati.

« ... Senza dubbio i boschi planiziali a farnia-ontano neo-olmo-robinia dovevano essere ben più estesi in un passato anche abbastanza recente, almeno nelle zone più periferiche della pianura e lungo i corsi d'acqua anche minori, in gran parte oggi interriti o tanto inquinati da aver com-promesso l'esistenza di reperti floristici di notevole interesse, quali Isoetes malinver-niana non più reperita nella maggior parte delle stazioni classiche.

Dei boschi planiziali a farnia si possono distinguere una variante tipica a Quercus pedunculata, ormai molto ridotta; una va-riante ad Alnus glutinosa, Ulmus minor, Crataegus monogyna, ecc. frequente lungo le ripe; una variante a Robinia pseuda-cacia in cui come si è accennato entrano spesso Populus nigra, Salix alba, S. pur-purea, Sambucus nigra, lungo gli alvei: si tratta in questi casi, di vegetazione gene-ralmente al massimo della degradazio-ne... » 17.

A queste due ultime varianti, che

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1978 (pagine 37-46)