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Fiat vuole che"know how"
diventi una parola italiana.
L'automobile come atto di
fantasia: la matita corre sulla carta,
ferma una sensazione, un'idea.
Il processo d'intuizione si articola,
si sviluppa percorrendo vie nuove
e originali, fino a dar luogo a un
fenomeno importante come
l'"italian design". Ma tutto non si
esaurisce nell'intuizione della
forma: oggi, infatti, pensare a
un'auto come oggetto fine a se
stesso non ha più senso, perchè
insieme all'auto nuova deve
nascere un nuovo sistema di
progettare, di costruire.
L'italian design si integra
dunque in un più vasto sistema
di conoscenze tecnologiche:
è un "know how" italiano
che prende spunto
dalla costruzione
automobilistica,
ma che va
Così, ogni progresso tecnico
nella conoscenza del prodotto
automobile segna una tappa
all'interno di un più generale
progredire del know how italiano,
e L'automobile tecnologica"
si presenta come serbatoio di
esperienze, come testimonianza di
una capacità più matura ed evoluta
di pensare e fare le cose.
La tecnologia italiana^
può così divenirg,
merce
in grado di risolvere alla radice
il conflitto permanente tra la
flessibilità della domanda di
mercato e la rigidità della
forza-lavoro.
Ad esempio, il sistema di
analisi strutturale che è stato
impiegato nella progettazione delle
scocche. E sono, questi, soltanto
due episodi all'interno di un più
vasto progetto evolutivo, che vuole
raggiungere obiettivi
di importanza
fondamentale,
come la
oltre
l'automobile.
L'impiego sempre più ampio
dell'elettronica e degli automatismi
per la progettazione e la produzione
costituisce la premessa per altre,
più vaste, applicazioni.
L'auto stimola programmi
di ricerca di grande respiro:
l'analisi dei tecnici che
ricercano innovazioni
in campo automobilistico dà
origine a conoscenze ed a
prodotti che potranno essere
impiegati anche in campi
differenti.
_ di scambio
Intemazionale, e un paese che,
come il nostro, si fonda
su un sistema industriale
di trasformazione, può esportare
non solo prodotti che pure
incorporano conoscenze teoriche e
pratiche di prim'ordine,
ma anche know how.
La ricerca assume dunque una
precisa funzione economica, si
presenta come risorsa primaria, nel
momento in cui, non avendo la
possibilità di esportare ferro o
carbone o petrolio, si possono
esportare idee e conoscenze. Ad
esempio, l'impianto robogate, che è
riqualificazione
dell'ambiente di
lavoro e il
consegui-mento di sicurezza e affidabilità
sempre maggiori per il prodotto.
L'automobile è dunque, oggi,
banco di prova per nuove
tecnologie, incentivo per la ricerca,
stimolo a promuovere sinergie
tra settori diversi.
Non a caso gli undici settori
che costituiscono la Fiat
si articolano come un enorme
insieme di vasi comunicanti di
tecnologia: le conoscenze passano
dall'uno all'altro, confrontandosi,
completandosi, i prodotti si
affinano, il processo complicato
e affascinante dell'evoluzione,
sempre più ampio, continua.
CENTRO ESTERO
CAMERE C O M M E R C I O PIEMONTESI
IL CENTRO ESTERO
CAMERE COMMERCIO
PIEMONTESI
è stato costituito per aiutare gli operatori a risolvere TUTTI i problemi connessi all'esportazione: commerciali, doganali, valutari, assicurativi, giuridici, finanziari, ecc.
L'assistenza è fornita sia con iniziative generali di INFORMAZIONE E FORMAZIONE, sia con iniziative specifiche di CONSULENZA e PROMOTION.
A) Informazione
Il Centro intende sopperire alla sempre maggiore necessità di informazioni da parte delle aziende su normativa italiana, normativa estera, notizie commerciali tramite:
• Pubblicazioni periodiche.
• Comunicazioni scritte agli utenti secondo necessità ed esigenze espresse e registrate in apposito schedario.
• Riunioni su temi generali o specifici (incontri su normativa italiana,
giornate di incontri con esperti di Paesi esteri, presentazione di studi di mercato, ecc.).
B) Formazione
Per consentire il costante aggiornamento professionale dei funzionari, il Centro organizza: • Corsi di prima formazione per un approccio
ai problemi dell'esportazione.
• Corsi di formazione per funzionari di azienda addetti all'export.
• Giornate di studio su temi specifici (finanziamento ed assicurazione del credito all'esportazione, disposizioni valutarie, sistemi di distribuzione diretta o tramite agenti e concessionari, ecc.).
C) Consulenza
Per risolvere i problemi specifici delle aziende nel corso delle singole operazioni con l'estero, il Centro offre:
• Consulenza Marketing
(ricerche di nominativi, studi di mercato, dati economici e statistici, norme valutarie, problemi finanziari ed assicurativi).
• Consulenza doganale
(legislazione doganale, regime delle importazioni ed esportazioni, procedure semplificate,
documenti amministrativi, normativa CEE ecc.). • Consulenza contrattuale e giuridica
(contratti con agenti e concessionari stranieri, licenze di brevetto e know-how, arbitrato internazionale, modelli di contratti in più lingue).
D) Promotion
Per fornire una valida guida per la penetrazione nel mercato estero ritenuto più conveniente per un dato prodotto, il Centro mette a disposizione la sua organizzazione per: • Missioni di operatori italiani all'estero. • Partecipazioni a mostre e fiere specializzate. • Attività di pubblicità all'estero sui vari canali di informazione, anche tramite inviti in Italia a giornalisti stranieri.
• Curare visite di operatori esteri in Italia e dare loro assistenza per contatti d'affari con imprese piemontesi.
R I V I S T A D E L L A C A M E R A DI C O M M E R C I O I N D U S T R I A A R T I G I A N A T O E A G R I C O L T U R A DI T O R I N O
S O M M A R I O
3 Città Piazza Monumento Vera Comoii Mandracci
19 Po, Dora, Sangone, Stura nel territorio torinese.
Parte seconda. Le indicazioni di piano per il paesaggio fluviale nel comprensorio e nel comune di Torino. Marisa M a f f i o l i
52 Cresce la produttività nell'agricoltura italiana
Giulio Fabbri 59 Il doppio lavoro in Piemonte
Bruno Cerrato
65 I mari italiani: Il problema dell'inquinamento
Riccardo Fox
68 In tema di trasporti attraverso il valico di Modane
Adelmo Crotti
n Esempi di promotion economico-territoriale all'estero
Carlo Beltrame
81 Il Salone dell'Automobile '78
Alberto Vigna
85 Leone Tolstoj viaggiatore in Piemonte
Piero Cazzola 94 Tra i libri
106 Dalle riviste
In copertina:
Carlo Bossoli, Piazza Castello (Galleria Civica d'Arte Moderna, Torino).
Corrispondenza, manoscritti, pubblicazioni debbono essere indirizzati alla Direzione della rivista L accettazione degli articoli dipende dal giudizio insindacabile della Direzione Gli scritti firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell'Autore e non impegnano la Direzione della rivista ne I Amministrazione camerale. Per le recensioni le pubblicazioni debbono essere inviate in duplice copia. È vietata la riproduzione degli articoli e delle note senza I autorizzazione della Direzione. I manoscritti, anche se non pubblicati, non si resti-tuiscono.
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Gabinetto Chimico Merceologico (presso la Borsa Merci) 10123 Torino
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CITTA PIAZZA
MONUMENTO
Vera Comoii Mandracci
Fig. 1. Gio. Tommaso Borgonio,
Platea Carolina ubi Fons Marmoreus.
Torino, Piazza Carlina con progetto. non attuato, di fontana centrale e statua equestre (da Theatrum Sabaudiae, /, pi. 16a,
stralcio).
La storia urbana guarda spesso al rap-porto tra città e piazza, tra sistema ur-bano e spazio di relazione, con scarsa attenzione a quell'insieme di elementi costituiti dai « monumenti » (collocati nelle piazze oppure in punti focali, ot-tici o d'uso, lungo vie o viali), che se non si possono definire tout court « ar-redi urbani » anche alla luce della ac-cezione assunta ormai dal termine, en-trano tuttavia di fatto nella città con un peso non indifferente, sia sotto il pro-filo morfologico e fenomenologico, sia in relazione ad un significato emblema-tico spesso decisivo.
In questo senso non sembra disutile un lineamento, peraltro al massimo aperto, sul ruolo del monumento nella città, e nella citta dell'Ottocento in par-ticolare, in quanto prodotto di u n mo-mento storico in cui per i monumenti
f u inventato e proposto un inedito ruo-lo di « oggetti dentro la città ».
Si sono estese le indicazioni anche ad un passato meno recente nel tentativo di comprendere le ragioni, le connessio-ni, i caratteri relativi al ruolo simbolico dei monumenti e al rapporto — pro-gettato, attuato, trasformato — con piazza e città, nella convinzione, anche, che il concetto di città come cantiere continuo possa trovare-una verifica an-che in questo rapporto e nelle sue mo-dificazioni.
Il carattere animistico che le statue, ave-vano avuto — fortissimo e peculiare — nell'antichità classica era perdurato a lungo nel medioevo in concomitanza con un lento superamento dell'avver-sione durissima che il m o n d o cristiano primitivo aveva indirizzato alle
ture edilizie e statuarie tramandate dal paganesimo. L'atteggiamento diffidente verso i manufatti dell'antichità perma-se comunque sostenuto dalla concezio-ne esecratoria che f u tipica dei primi apologisti cristiani, teorizzata con du-rezza da Tertulliano1. Lungo l'intero medioevo la credenza popolare, suffra-gata del resto dalla dottrina religiosa, indicava infatti nelle statue tramandate dall'antichità il luogo di abitazione dei demoni. A ciò, soprattutto in Occiden-te, si intrecciava il mondo della leggen-da riguardo alla loro origine favolosa, come ricordano le edizioni più antiche dei Mirabilia Urbis Romae. Il ricordo derivato dall'antichità spesso assumeva aperte suggestioni di magia; ma se l'in-fluenza stigmatizzante era perdurata per molti filoni, non era mai mancata com-pletamente, per altri, una oggettiva for-ma di interesse suscitato anche da un fattore contingente quale l'enorme quan-tità di statue ereditate dal mondo anti-co, nonostante le distruzioni successive. Contava comunque fino al medioevo una diffidente resistenza verso la
statua-Fig. 2. Torino. Piazza S. Giovanni vista dal teatro romano
prima delle distruzioni e riedificazioni dell'impianto edilizio e urbano
(foto Alinari, n. 30432, stralcio). Fig. 3. Gaetano Lombardi,
Abbozzo di fontana che si propone formarsi in mezzo al lato verso mezzo giorno della nuova Piazza d'Armi,
Torino, 23 agosto 1817
(Archivio Storico della Città di Torino, 21-3-45).
Fig. 4. Gaetano Lombardi,
Piano regolatore e Parziale delle Opere e Costruzioni proposte per l'Ingrandimento, Regolarizzazione ed Abbellimento della parte Settentrionale della Città, e del sobborgo della Dora ...,
Torino, 16 novembre 1819. Si notino le previste « Gran Piazza e gran Fontana
ria classica, resistenza compenetrata ta-lora, ma di rado, con una sorta di am-mirazione e di rispetto rivolta alla loro dignità di « oggetto notevole ». Appare quasi eccezionale, e per alcuni aspetti sintomatico, il recupero della concezio-ne del monumento come fatto onorario che f u tipico di Teodorico, il quale — come racconta il diacono Agnello — aveva fatto erigere per se stesso al-l'esterno del palazzo di Pavia una gran-diosa statua equestre di bronzo dorato, con un dichiarato riallaccio al concetto di monumento onorario classico, nel-l'ottica particolare del richiamo sottin-teso, anche se non dichiarato, all'ideo-logia imperiale. Non vanno dimenticate inoltre le norme di tutela dei templi pa-gani di alto valore artistico contenute nelle leggi emanate dagli imperatori tra IV e V secolo; sebbene i templi fossero
dismessi al culto e fossero proibite ceri-monie e sacrifici, la loro importanza di « oggetto notevole » appare tuttavia sal-vaguardata, contro le distruzioni e le manomissioni indiscriminate dei cristia-ni, in alcune precise norme del Codice Teodosiano 2.
La concezione estetico-axiologica verso i monumenti in senso lato si era fatta strada faticosamente nella coscienza cri-stiana vincendo la forte resistenza ini-ziale. Con atteggiamento ambivalente, da un lato si rifiutavano a priori i mo-numenti antichi perché cosa in sé ese-crabile; d'altro canto si tendeva ad un superamento di posizioni negative col considerare le opere rimaste, soprattut-to le strutture edilizie, come elementi da porsi al servizio del presente. E ciò si attuò prima col recupero dei materiali da costruzione, poi estendendo il riuso
agli spazi fisici medesimi: questo feno-meno perdurò a lungo, senza tuttavia che un chiaro significato di cosciente testimonianza storica venisse rivolto a quei manufatti. Al rudere, edificio o monumento vero e proprio, il mondo medievale non guarderà mai tuttavia con dichiarata coscienza storica. In questo quadro i rapporti città-piazza piazza-statua, rapporti che erano stati determinanti per la cultura del mondo classico e per la sua storia urbana, ave-vano subito un ribaltamento profondo
frryttf tri prilliti muniti itila {.mirata ti t/v
ticolarmente di quella italiana tra Tre e Quattrocento, risultò infatti la tenden-za a concentrare in un solo settore ur-bano gli edifici più importanti e a cor-redare questo centro di vita collettiva con fontane e monumenti, intendendoli come arredo urbano. Di questo nuovo modo di rendere viva e stretta la rela-zione tra piazza ed attività pubblica ap-pare significativa la localizzazione delle fontane, che appaiono spesso tangenti alle maggiori vie di traffico, per comodo uso degli abitanti e per dissetare gli ani-mali da tiro frequentissimi in quei luo-ghi di scambio che erano i mercati cit-tadini.
L'ubicazione del monumento nella cit-tà medievale, e poi nella citcit-tà del Ri-nascimento, non si profila dunque come
un risultato dedotto con procedimento di tipo geometrico, per esempio su astratte regole di simmetria. L'apparente casualità della collocazione del monu-mento è sempre conseguenza di fattori di carattere strutturale e d'uso, messi in relazione da condizioni oggettive che, appunto nella città medievale, non sono riconducibili a principi simmetrici, ma a fatti urbani dissimmetrici, quali l'im-bocco delle vie nelle piazze, le diver-genti direzioni del traffico, la forma e l'altezza dissimile delle facciate, i di-slivelli frequentissimi del suolo urbano. Camillo Sitte nella sua analisi sui ca-ratteri fondamentali della città, antica e moderna, sottolinea questo aspetto di « abitabilità » che, al di là dei risultati tipologici, sia il mondo classico sia il
Fig. 5. Giuseppe Frizzi, il progetto di piazza Vittorio
mondo medievale, hanno assegnato alle rispettive piazze, stigmatizzando per contro i risultati provocati dall'applica-zione indiscriminata (e fondata sulla speculazione edilizia, particolarmente urgente nel tardo Ottocento) della ma-glia stradale ortogonale3.
11 criterio di « abitabilità » della piazza era stato infatti ben presente anche al mondo classico. Sintomatico appare il fatto che Vitruvio nel discutere del Foro non lo elenchi tra i luoghi di cui norma i principi di salubrità e convenienza come spazi urbani legati alla viabilità, ma lo inserisca invece nel capitolo in cui parla delle basiliche (De foro
basili-cisque, V, I) cioè tra i luoghi di riunione
« progettati ». E dà anche una giustifi-cazione razionale relativa alla ubicazio-ne delle statue, di numero sempre in-gentissimo e disposte di regola lungo il perimetro delle piazze e non al centro: « . . . I Greci dispongono in quadrato le loro piazze del mercato, e intorno ad esse doppi porticati a colonne, con mar-moree cornici al di sopra delle quali corrono gallerie praticabili. Ma nelle città italiane la piazza non può essere considerata allo stesso modo, perché da tempo immemorabile vien destinata ai combattimenti dei gladiatori. È neces-sario perciò che tutt'attorno il colonnato sia meno folto e che nei porticati pos-sano trovar posto banchieri e cambia-valute; e che ai piani superiori si possa-no disporre balconate intermedie, onde ricavarne, mediante una frequente uti-lizzazione, introiti sempre crescenti »4. Al di là della cultura architettonica e della pratica al riguardo di città e di monumento fino al medioevo, appare importante notare come soltanto il ri-gore storico e filologico dell'umanesimo sia riuscito a dilatare la considerazione verso i monumenti intendendoli come testimonianze culturali: e qui va ricor-data l'emozione con cui gli artisti del
Quattrocento riscoprivano gli avanzi dell'antichità, con la chiara connessione che è stata messa in evidenza da Bur-ckhardt: cioè l'identificazione del mo-numento col senso della gloria u m a n a5. Esplicito diventa allora il concetto di edificio monumentale come glorificazio-ne del Principe, e del tutto dichiarata, nelle teorie artistiche, la concezione del
Fig. 6-7. Torino,
Piazza Vittorio. Le matrici illuministe dello spazio urbano e la destinazione a residenza borghese nella specializzazione funzionale della città dell'Ottocento
monumentalismo architettonico ed ur-bano come legittimazione e consacra-zione del potere signorile. Nell'Italia del Quattrocento — come avverte Assun-t o6 — a questo si collega un decadi-mento di suggestione della investitura imperiale: lo stesso richiamo al divino tramite l'identità tra edifici destinati al culto e opere onorarie dinastiche (prima ancorato alle chiese ed alle grandi ope-re monastiche di protezione imperiale) appare ormai superato in un capovolgi-mento di codice in senso laico a favore del nuovo significato emblematico che stava assumendo l'architettura civile e militare, in clima indifferente ad ogni preoccupazione religiosa.
Di qui soprattutto si diramerà l'esten-sione del concetto di monumentale dal monumento vero e proprio alla città, con adesione aperta dei trattatisti — di fronte al fenomeno di città ormai troppo grandi ed articolate per controllarsi tra-mite il solo diritto civile — al principio delle oligarchie e delle tirannidi razio-nalizzataci riconosciute come soluzioni ottimali. La città ideale in questo senso si andava sempre più profilando come strumento politico ed economico (ed an-che militare e religioso) a cui dovesse
Fig. 8. Gio. Tommaso Borgonio,
Platea Regia, 1682.
Veduta della Piazza S. Carlo di Torino e il gemellaggio delle chiese di S. Cristina e di S. Carlo secondo H progetto, non attuato,
di Carlo di Castellamonte (da Theatrum Sabaudiae, /, pi. 18b).
corrispondere un'organizzazione fisica al massimo razionalizzata e dichiarata. Questo concetto di razionale diventerà in seguito impegno programmatico — e categoria pregiudiziale — consolidando l'equivalenza tra « città felice » e « cit-tà perfettamente e totalmente ordina-ta », formula che ebbe cosi larga eco nella teoria urbana rinascimentale e poi barocca7. Architettura monumentale e città come monumento si condizionano allora reciprocamente con un preciso riallaccio tematico all'antichità romana e ai temi vitruviani riguardo al reperto-rio tipologico: la piazza entra nella composizione urbana come parte pro-gettata della città e il monumento come parte progettata della piazza.
In questo quadro la statua assume il si-gnificato di glorificazione del personag-gio rappresentato, che in genere è
per-sonaggio politicamente eccezionale. È una testimonianza diretta, in un diretto rapporto tra persona rappresentata e il potere che essa esercita. Si prelude al senso più preciso che avrà il monumen-to nell'età dell'assolutismo, ma il rap-porto permane ancora diretto e tangi-bile, non mediato.
Monumentalismo onorario, architettura monumentale (civile e religiosa) e « cit-tà come monumento », denunceranno allora un legame dichiarato con la con-cezione politica dello stato. E se la trat-tatistica rinascimentale, sulla scorta del principio di identità tra città felice e città ordinata, aveva fatto crescere so-prattutto le teorizzazioni della città, piuttosto che non le città stesse, diven-tò comunque irreversibile il processo che portò ad intendere tra tardo Cin-quecento e Seicento lo spazio fisico co-me riflesso diretto, coco-me specchio, di una concezione economica e politica. In periodo di assolutismo la città si for-ma e si trasforfor-ma aderendo al princi-pio di rappresentare emblematicamente « per opere » — e questo soprattutto nelle capitali — il privilegio dell'asso-lutismo monarchico. Il monumento ve-ro e pve-roprio, nella nuova ideologia di corte, apparirà addirittura superato dal concetto di città come monumento. Si imposta cosi un nuovo modello di città: una struttura gerarchicamente organiz-zata nelle sue vie, nelle sue piazze e nel-le sue architetture come testimonianza tangibile del potere centrale, assoluto. La statua importante sarà riservata solo a personaggi di massima risonanza (la statua di Filippo II nel Broletto, la sta-tua di Luigi XIV alle Tuileries) come elementi eccezionali, indiscutibili. Non più però come momenti didascalici uni-ci, ma ormai affiancati ad una dimen-sione di monumentalità giocata nella città, nella sua stessa forma urbana pro-gettata, addirittura nella dimensione più vasta del territorio pianificato, inteso come spazio economico che si va defi-nendo in contorni sempre più precisi8. Il riferimento alla grande linea strate-gica di Vauban relativa alle fortificazio-ni del Reno e dei confifortificazio-ni, e alle villes neuves di Luigi XIV torna a taglio come emblematico segno del potere coevo sul-la scasul-la territoriale.
Fig. 9. Filippo Juvarra, prime idee per ia facciata
di S. Cristina e S. Carlo. L'ordine gigante, risolto poi coi doppio ordine più aderente alla preesistenza, e gli elementi di rottura della compagine casteiiamontiana
(Torino, Museo Civico). Fig. 10. Ferdinando Caronesi, progetto per la facciata di S. Cario,
Torino, 10 Aprile 1835 (Govone, Archivio dei Comune).
Per Torino, pur in una dimensione po-litica certamente non vasta nel giro del-le capitali europee tra Sei e Settecento, la pregnanza di intenti e di risultati, quanto al nuovo rapporto tra città e po-tere, era stata eccezionale. L'immagine, in parte ancora programmatica che ne dà il Theatrum Sabaudiae (1682) de-nuncia in modo inequivocabile questo decisivo inserimento nel clima culturale politico ed economico europeo, in ma-niera esemplare rispetto alle proposte urbane ed alle realizzazioni del mo-mento.
I progetti di ingrandimento prima, e lo stesso iter della loro realizzazione, de-notano una scelta precisa, quella della « integrazione » strutturale, che già nei primi anni del Seicento era stata decisa scartando teorie e progetti urbanistici di « addizione », per parti distinte ed au-tonome. In effetti la logica di sviluppo della città tra fine Cinquecento e primi decenni del Settecento si svolse tutta come attuazione di un unico modello strutturale e culturale, quello ad ovoide della città-fortezza, realizzato a spezzoni mediante i singoli ampliamenti program-mati, ma pianificato a priori, come mo-dello paradigmatico, già al momento del-la scelta decisiva di collocare del-la Citta-della lungo una direttrice diagonale della città9.
Se soprattutto la pianificazione degli ampliamenti era stata voluta e attuata come immagine tangibile della nuova ideologia del potere, anche per la ri-strutturazione della città vecchia (lun-go la seconda metà del Settecento) ave-va ancora contato l'intento di comple-tare un disegno di città-monumento: in-sieme, urgevano ormai nella città i nuo-vi stimoli economici che favorivano le moderne e redditizie case d'affitto, le « tipologie di bordo »1 0, secondo un processo legato ai fenomeni della ren-dita e ad un nuovo volto della commit-tenza come fattore condizionante. Nel progetto barocco la piazza era en-trata come entità del tutto congruente col disegno complessivo della città, deli-neando un volto urbano inedito, di ma-trici prima manieriste (la piazza chiusa: la Piazza del Castello), poi dichiarata-mente barocche (il legame con le fughe scenografiche: la Piazza Reale (San
Car-.iUrU <C ri*Hn«
Figg. 11-12. « Veduta dell'Anfiteatro del Torneo » e « Cavalieri del Torneo-Piemontesi » (da Descrizione delle feste torinesi del 1 8 4 2 ) .
Fig. 13. Cario Marocchetti, monumento equestre a Emanuele Filiberto in Piazza S. Carlo,
^Tirfptrp:
B i l l ! * !
lo), la piazza « dietro il Castello », la stessa piazza Savoia), volto che inciderà in profondità sul progetto della città per tutto il successivo Ottocento (e oltre). In questo quadro la piazza si era posta come un pezzo di architettura essa stes-sa: era luogo progettato, con dimensioni eccezionali nella città proprio per l'ec-cezionalità della committenza, il re, e per l'eccezionalità del titolo di proprie-tà del terreno, il demanio regio. Nella realizzazione degli ampliamenti le gran-di piazze risultano infatti situate gran-di re-gola nei punti di giunzione del vecchio col nuovo, in aree del vallo rese libere dalla demolizione delle mura, quindi di proprietà demaniale e perciò più dispo-nibili. E sempre contavano le mura co-me eleco-mento dicotomico determinante tra città e campagna.
In periodo francese i primissimi proget-ti urbanisproget-tici (1802) appaiono piena-mente inseriti in un clima neoclassico la cui matrice scopre il riferimento ad un ambito di razionalità e di
elabora-zione ideologica tipicamente illuminista. Le nuove piazze progettate fuori dalle antiche porte (o più riduttivamente, i nuovi monumenti disposti nelle piazze preesistenti) richiamano il criterio del monumentale ancorato al senso dello spazio intuito da Ledoux e Boullée ed al nuovo ventaglio di temi, profonda-mente rinnovati in senso laico, conce-pito dall'età della ragione e promosso dal nuovo regime politico.
Scaduti i principi di una città ad uso dell'assolutismo e come specchio della ideologia di corte, progetti e lavori ur-banistici evidenziano allora un quadro di committenze pubbliche autorevol-mente connotate, in un riscontro diretto tra concezioni politiche ed economiche encomiastiche del potere e programmi per la città; con risultati, nelle proposte rivolte all'architettura, che individuano un preciso riferimento tipologico: il neoclassico per gli edifici monumentali
e per le attrezzature di servizio, il neo-gotico per categorie particolari urbane
che si riallacciavano anche ad esperien-ze dell'arte dei giardini u. Pianificazio-ne urbanistica ed edilizia napoleonica assumeranno un ruolo di grande rilievo, misurandosi, prima coi regimi politici, poi con le effettive disponibilità di spe-sa centrali e locali. Anche i più modesti piani effettivamente resi operanti si riallacciano tuttavia a matrici dichiara-tamente illuministe, pur evidenziando un palese ribaltamento ideologico nella direzione dell'efficienza e della testimo-nianza celebrativa del potere. Le opere di utilità pubblica, sotto il segno dell'as-sunto di scienza e tecnica al servizio dell'autorità, entreranno ormai nella cit-tà con una dimensione inedita rispetto ai risultati del Settecento.
La restaurazione produsse, nei precocis-simi piani preordinati subito dopo il ri-torno del re, strumenti urbanistici at-tuativi ancora strettamente dipendenti dalle scelte operate in periodo francese, anche se alla luce di una committenza del tutto divergente nelle premesse
Fig. 14. Torino, Piazza S. Cario: ricostruzione della planimetria
prima degli interventi di via Roma Nuova.
logiche. Lo schema delle grandi piazze francesi pensate come spazi pubblici at-trezzati e disposte lungo le direttrici esterne risultò comunque elemento ac-quisito nei nuovi piani urbanistici ge-nerali e nelle realizzazioni settoriali, smuovendo definitivamente la fissità de-gli assi scenografici e delle prospettive prestabilite dal barocco.
Un nuovo importante elemento si anda-va tuttavia consolidando. Nel mutamen-to dell'assetmutamen-to politico si era dissolta l'utopia dei grandi impianti civici da sovvenzionarsi col denaro pubblico, a favore del rilancio, per una città in espansione demografica ed economica, di una nuova edilizia residenziale come riflesso del decollo borghese e della ne-cessità di avviare operazioni di piena occupazione di mano d'opera.
È in questo quadro che si sviluppò a Torino (ma non solo a Torino) la città « per parti »: attorno ai fulcri delle grandi piazze che erano state in origine programmate con una destinazione del tutto pubblica, come autentiche attrez-zature di servizio (e tali erano di fatto gli edifici che le contornavano nelle ipo-tesi urbane francesi, soprattutto in quel-le del periodo repubblicano), sorsero in realtà grandi isolati con destinazione re-sidenziale. I risultati urbani danno la misura di questo impatto tra la scala ancora illuminista della impostazione planimetrica e il carattere speculativo (la casa d'affitto) delle realizzazioni edi-lizie. Il progetto parzialmente realizzato di Gaetano Lombardi per Porta Nuova ne è esempio sintomatico1 2. Ma cosi pure per piazza Vittorio, dove,
trala-sciato il progetto Pertinchamps, la Com-missione degli Edili prima e Lrizzi poi delinearono per la zona un decisivo
de-stino di edilizia residenziale. Ma al di là dei caratteri costruttivi e tipologici delle palazzate, conta ancora, per la te-nuta culturale della piazza, la matrice apertamente illuminista B. Si consolida cosi nella città, in una dimensione che risulterà irreversibile, il destino dello spazio progettato secondo il modo nuo-vo di ingrandire la città lungo quei pre-cisi assi già individuati dalla scenografia barocca, ma reinterpretandoli come un « fatto urbano » del tutto inedito: ne deriverà la tipologia delle grandi piazze
WWMM
del primo Ottocento come fulcro morfo-logico e fisiomorfo-logico della città « per par-ti », e la circonvallazione dei grandi via-li come collegamento funzionale di set-tori urbani distinti (e solo più tardi co-me assi rettori dello sviluppo residen-ziale).
In queste nuove grandissime piazze del primo Ottocento (ponendo occhio anche al carattere ancora sostanzialmente pe-riferico, quanto ad attività commerciali e di servizio, che tali settori urbani han-no conservato a lungo) i monumenti ve-ri e propve-ri non sono entrati quasi per niente, perlomeno come fattori incidenti sui risultati. In effetto Gaetano Lombar-di nel primo progetto per la piazza Emanuele Liliberto (l'attuale piazza del-la Repubblica) (1819) disponeva al cen-tro una grande fontana che peralcen-tro non verrà realizzata 14. Ancora, il progetto di Carlo Mosca, sebbene non attuato se-condo l'intelligente impostazione primi-tiva, affermerà tuttavia l'idea del ponte come elemento di unione tra le due sponde della Dora nel tentativo poi fal-lito di tentare la lottizzazione edilizia per case a basso costo.
Quali autentici monumenti e fulcri ur-bani emergenti apparivano nella nuova città quelle strutture architettoniche con significato emblematico che il primo Ot-tocento andava precisando con massima aderenza ai propri ideali ed ai propri miti: la chiesa della Gran Madre di Dio rispetto alle fughe visuali della città, il ponte Mosca come nodo essenziale del-l'ingrandimento settentrionale; ancora — in una inedita concezione delle at-trezzature di servizio come segno irri-nunciabile di cultura urbana — anche i murazzi del Po.
Più tardi saranno le stazioni ferroviarie, quella di Porta Nuova rispetto al ri-sultato urbano Lombardi-Promis per piazza Carlo Lelice e quella di Porta Susa come fondale di via Cernaia nel-l'ambito della lottizzazione residenziale del terreno della Cittadella, ad entrare nel progetto della città come veri mo-menti emblematici di una nuova società che guardava al progresso come elemen-to portante.
Il nucleo della città barocca permaneva tuttavia luogo preminente di centralità politica, amministrativa e commerciale
Fig. 15. Torino, Piazza S. Carlo prima della ricostruzione
di Via Roma (foto Brogi, n. 8148).
Fig. 16. Torino, Piazza Castello e l'innesto di Via Roma prima dei taglio. La cancellata della Piazzetta Reale e i Dioscuri
su disegno di Pelagio Palagi (1834-1846): la cancellata fu rifusa nel 1932
(foto Brogi, n. 3718).
Figg. 17-18. Le stazioni ferroviarie come monumento.
Torino, la stazione di Porta Nuova come fondale dell'asse portante della Via Roma
e ia stazione di Porta Susa come fondale della Via Cernaia.
ed anche centro simbolico di indiscusso primato. È su questo ambito di città preesistente, ancora cosi attuale e dispo-nibile, che maturarono i progetti e si manifestarono con più incisività i risul-tati di quel momento ambivalente che in Piemonte fu rappresentato dalla com-presenza di neoclassico e di neogotico. Nella nuova situazione culturale ed eco-nomica lo spazio urbano preesistente, pur essendo cosi finito nelle sue fonda-mentali coordinate barocche, fu consi-derato « perfettibile » e riproposto co-me spazio « abitabile » intendendolo in modo inedito rispetto allo stesso Sette-cento. L'Ottocento, soprattutto l'Otto-cento preunitario, completò infatti vie e piazze della città barocca inserendovi nuovi monumenti con una misura atten-ta alla città e ai caratteri delle piazze, intendendo le sculture in funzione delle architetture e del fatto urbano, con ade-sione aperta a quella convincente me-todologia progettuale su cui si era ap-poggiato anche Palagi in palazzo Reale per modifiche e interventi apparente-mente arrischiati, ma controllati con in-telligente criticismo quanto alla capacità di fondere premesse barocche e cose nuove.
La recente mostra su Pelagio Palagi ed i dibattiti che le hanno fatto da soste-gno hanno centrato questa problemati-ca 1S. Come da molte parti è stato detto, le aspirazioni monarchiche trovavano del resto riscontro pieno nel programma iconografico del Palagi delineando l'ini-zio di un fenomeno che in Piemonte conterà molto anche in seguito16. La profondità ed estensione del neogotico e del neoclassico, « due facce di un me-desimo atteggiamento in apparenza am-bivalente, in realtà fortemente univoco in senso romantico »1 7, inquadrano l'eclettismo come fenomeno il cui spes-sore storico non si esaurisce col primo Ottocento, ma che diventerà materia fondante della produzione edilizia della fine del secolo, ad uso di una rinnovata committenza borghese.
In questo quadro, ed aderendo anche al-l'immagine simbolica del concetto di no-biltà, religiosità, italianità di casa Sa-voia che era sottesa nelle imprese edi-lizie e decorative di Carlo Alberto, si situa il consolidamento di una nuova
C M 1 P AU
Fig. 19. Torino, Piazza Statuto. Fabbricati già di proprietà della Italian Building Society (Giuseppe Bollati, 1864-1865) e monumento commemorativo
del traforo dei Frejus (Luigi Belli. 1879).
Fig. 20. Società Italiana di Lavori Pubblici, primitivo « Progetto di fabbricazione di Piazza d'Armi » con previsione di una zona a palazzine sia sui settore a sud corso Vittorio Emanuele II,
sia sui settore a nord, realizzato poi con edilizia
residenziale intensiva (Archivio Storico della Città di Torino,
s a s é = B
Fig. 22. Carlo Marocchetti. monumento a Carlo Alberto, Torino, Piazza Carlo Alberto.
Sul basamento le figure del « lanciere », dell'i/, artigliere », del « bersagliere », del « granatiere » e le ormai allegoriche figure di « Indipendenza », « Libertà », « Martirio », « Giustizia »
(foto Dall'Armi).
Fig. 21. Torino, Largo Vittorio Emanuele II e monumento a Vittorio Emanuele II (Pietro Cossa. 1899).
Fig. 23. Davide Calandra,
monumento ad Amedeo di Savoia (1902), Torino, Piazzale di Torino-Esposizioni (foto Dall'Armi).
immagine d'uso della città che con i caroselli rievocativi interpreta sotto il nuovo taglio romantico l'attaccamento all'idea dinastica in una sublimazione di barocco e correnti nuove insieme. In questo momento storico le statue (l'Emanuele Filiberto del Marocchetti come esempio essenziale, 1830) sono di-chiaratamente emblematiche, encomia-stiche ma anche provocatorie: intanto sono riservate a personaggi eccezionali, le cui gesta devono essere di stimolo per programmi politici in divenire e in questo senso apparivano molto attuali, superando la remora di uno sbiadito ri-ferimento storico.
Entrano « dentro la città » con tutta cre-dibilità personaggi eccezionali con riferi-mento anche mitologico: personaggi ar-rischiati e tuttavia accettati, come i
Dio-scuri della cancellata di Palazzo Reale, o dichiaratamente evocatori di situazio-ni storiche felici per la monarchia, come il Conte Verde del Palagi.
Più tardi, ma ormai con significato più commemorativo che non provocatorio di forti emozioni, entreranno nel reperto-rio tipologico dei monumenti le statue dei personaggi protagonisti della nuova storia risorgimentale. Dopo le vittorie, nel periodo postunitario, la scultura mo-numentale vedrà affiancati e riproposti come ideali essenziali il verismo e l'al-legoria; schemi per i monumenti in cui ricorrerà la statua veristica collocata in cima ad un basamento ed i gruppi alle-gorici, in tutto tondo o in medaglioni, disposti lungo il basamento. O vicever-sa. Si estenderà anche il campo dei sog-getti rappresentati e il nuovo mondo li-berale avrà un riscontro diretto anche nelle statue. Verranno gratificati di mo-numento, anche con intento didascalico, uomini politici, generali, uomini di scienza, non più soltanto i grandi mo-narchi fautori dei nuovi destini della patria 18. Si impone ormai come irre-versibile l'estensione della indagine e della rappresentazione a quel mondo economico e politico che in realtà stava decidendo le sorti del Paese.
N O T E
1 T E R T U L L I A N O , Apologeticus adversus Gentes prò Christianis, c a p . X I I , M i g n e , Patrologia Latina,
t. I ; ID., De Idolatria, i b i d . ; lo.,-De Spectaculis, c a p p . X I I X I I I , i b i d . È i n q u e s t i p a s s i i n p a r t i c o l a r e c h e T e r t u l l i a n o si s c a g l i a d u r a m e n t e sia c o n -t r o l e s -t a -t u e e l e i m m a g i n i d e l p a g a n e s i m o s i a c o n t r o i l o r o a r t e f i c i . P e r u n c o n f r o n t o a m p i o s u l
tema del monumento, dalle origini del concetto di monumento e sviluppo dell'arte onoraria e commemorativa dall'antichità al mondo moderno, cfr. R O S A R I O A S S U N T O , ad vocem Monumento, in « Enciclopedia Universale dell'Arte », voi. IX, 1963, coli. 623-51, a cui si rimanda anche per la bibliografia generale di riferimento.
2 Cfr. in particolare: C. T„ XVI, 1, 30; XVI, 1, 33; XVI, 10, 15; e, per la trasformazione dei templi ad uso pubblico: C.T., XVI, 10, 3. Per un confronto sul riuso delle architetture dell'an-tichità classica in periodo bizantino e alto
medie-vale rimando a: PAOLO V E R Z O N E , Le chiese di
Hierapolis in Asia Minore, in « Cahiers
Archéo-logiques », 8, 1956, pp. 37-61; e D A R I A D E BERNARDI F E R R E R Ò , La Panagia Acheiropoietos di Salonicco, in « Corsi di cultura sull'arte
raven-nate e bizantina», Ravenna, 1975, p p . 157-169; inoltre, come bibliografìa generale di rife-rimento e nell'ambito di temi di ricerca più am-pliamente trattati; cfr.: PAOLO V E R Z O N E , Da Bi-sanzio a Carlomagno, Milano, Mondadori, 1968
(ediz. ted., Holle, 1967).
3 C A M I L L O S I T T E , L'arte di costruire le città, Mi-lano, Vallardi, 1953, a cura di Luigi Dodi (tit. orig. Der Stddtebau nach seinen kunstlerischen
Grundsdtzen [ 1 8 8 9 ] ) . Sitte dice che ci sono tre sistemi di costruire le città: sistema ortogonale, radiale, triangolare: « Le varianti risultano gene-ralmente dalle combinazioni dei tre metodi. Tutti questi sistemi hanno un valore artistico nullo; il loro scopo esclusivo è quello della regolazione della rete stradale: è dunque uno scopo pura-mente tecnico ». Ed ancora, con un riferimento molto attuale al senso della storia, pur nell'am-bito di una analisi che è prevalentemente morfo-logica anche se attenta a questioni d'uso: « ... i risultati artistici possono essere conseguiti con qualsiasi sistema, purché questo non venga con-dotto con quella brutale ignoranza storica che corrisponde al genius loci della città del nuovo mondo e che disgraziatamente è diventata moda anche da noi » ( C A M I L L O S I T T E , op. cit., pp. 9 5 e sgg.).
4 V I T R U V I O , De Architectura, V , I , 1-4 (ed. Choisy, 1909); « Graeci: In quadrato; amplissimis et du-plicibus porticibus, fora copstituunt; Crebrisque columnis, et lapideis aut marmoreis epistyliis adornant; Et supra: Ambulationes in contignatio-nibus faciunt. Italiae vero urbibus, Non cadem est ratione faciendum: ideo quod a ntajoribus cOnsuetudo tradita est, gladiatoria munera in foro dari: Igitur, Circum spectacula, spatiosiora inter-columnia distribuantur; Circaque: in porticibus, argentariae tabernae; maenianaque superioribus coaxationibus conlocentur: quae, et ad usum, et ad vectigalia publica recte erunt disposita ». 5 JACOB B U R C K H A R D T , La civiltà del Rinascimento
in Italia, Firenze, 1952 (tit. orig. Die Kultur der Renaissance in Italien, Stuttgart, 18601). Per un
confronto ampio sull'argomento torna a taglio il riferimento critico a R U D O L F W I T T K O V E R , Princi-pi architettonici nell'età dell'Umanesimo, Torino,
Einaudi, 1964 (tit. orig. Architectural Principles
in the Age of Humanism, London, Tiranti, 1962).
6 R O S A R I O A S S U N T O , cit., coli. 638-9.
7 Tale principio troverà ad esempio una vera e
propria teorizzazione nella Sforzinda del Filarete. Cfr. A N T O N I O A V E R L I N O DETTO I L F I L A R E T E , Trat-tato di Architettura (testo a cura di Anna Maria
Finoli e Liliana Grassi. Introduzione e note di Liliana Grassi), Milano, Il Polifilo, 1972, 2 voli. Stimolante risulta al proposito l'interpretazione, come razionalismo architettonico anticipato di duecento anni rispetto al conclamato secolo dei lumi, che Battisti avanza per la lettura di alcuni teorici del Cinquecento (Delorme, Grapaldi, Lu-dovico Agostini, Francesco Patrizi); cfr. E U G E N I O B A T T I S T I , L'antirinascimento, Milano, Feltrinelli,
1962, in particolare il capitolo undicesimo, « Astrologia, utopia, ragione ».
8 Per una utile analisi della storia delle
teo-rie economiche relative allo spazio, cfr. P I E R R E
D O C K È S , LO spazio nel pensiero economico dal
XVI al XVIII secolo (a cura di Mario de
Stefa-nis), Milano, Feltrinelli, 1971, che mette in evi-denza la frattura esistente tra i testi economici che vanno fino al XVIII secolo, secondo cui l'ana-lisi economica è soprattutto spaziale, ed i testi posteriori. Per il riferimento alla pianificazione del territorio, cfr. in particolare il capitolo sesto « Vauban: l'assetto centralizzato dello spazio ». Ancora, al riguardo della storia e cultura del territorio come segno del potere, M A R I A G I U F
-FRÈ, L'architettura del territorio nella Francia di
Luigi XIV, Palermo, Aracne, 1974; inoltre
MI-CHEL P A R E N T e J A C Q U E S V E R R O U S T , Vauban,
Paris, Fréal, 1971.
9 Al di là del corpus documentario diretto da
Augusto Cavallari Murat, I S T I T U T O DI A R C H I T E T -T U R A -T E C N I C A D E L P O L I -T E C N I C O DI -T O R I N O ,
For-ma urbana e architettura nella Torino barocca (Dalle premesse classiche alle conclusioni neo-classiche), Torino, U T E T , 1968, 2 voli, in 3
to-mi, rimando specificatamente per le ipotesi di in-tegrazione strutturale nella pianificazione della città tra fine Cinquecento e inizio Settecento, a V E R A C O M O L I M A N D R A C C I , Analisi di un fatto
urbano: piazza S. Carlo in Torino nel quadro della formazione e delle trasformazioni della « Città Nuova », Torino, Levrotto & Bella, 1974;
ID., Note sulla urbanistica barocca di Torino, in
« Studi Piemontesi », Torino, 1974, v. I l i , fase. 2. li II termine « tipologia di bordo » fa parte in-tegrante, anche come terminologia inedita, di un lavoro di didattica e di ricerca che da più anni un gruppo interdisciplinare di docenti e studenti della facoltà di Architettura di Torino sta svol-gendo sul centro storico della città. Per un primo lineamento del lavoro svolto, polarizzato princi-palmente sull'analisi tipologica edilizia ed urba-na, confronta V E R A C O M O L I M A N D R A C C I e P I E R G I O R G I O T O S O N I , La città ineguale: tipologie
mi-crourbane e tipologie edilizie nel centro storico di Torino, relazione svolta a nome del gruppo in
« Centro Storico, Città, Regione — Atti del Conve-gno della Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici — 1977 », Milano, Angeli, 1978, pp. 106-124 e 192-5. Per l'analisi dei fenomeni urbani e di rendita sulla direttrice di via Milano (antica contrada di Porta Palazzo) cfr. in particolare C O S T A N Z A ROGGERO B A R D E L L I , Risanamento
urba-nistico nella Torino del '700, in « Cronache
Eco-nomiche », 1977, 9-10, pp. 3-16; inoltre per l'ana-lisi della trasformazione urbana ed edilizia di Torino lungo la direttrice di Francia, cfr. G I O V A N -NI F A N T I N O , La strada reale di Rivoli nell'am-pliamento occidentale di Torino, in « Cronache
Economiche », 1976, 9 4 0 , pp. 3-14.
11 Per un primo lineamento sul confronto tra
idee, programmi e realizzazioni del periodo fran-cese e della prima restaurazione rimando al mio lavoro, Cultura e produzione nella città del
primo Ottocento: Torino (1799-1825), in «Storia
della C i t t à » , 1976, 1, pp. 56-68.
'2 G A E T A N O L O M B A R D I , Ampliazione della Città
verso Mezzogiorno. Figura perimetrale pei due fabbricati proposti costruirsi in capo alla Con-trada Nuova, per la formazione di un maestoso Ingresso a detta Contrada..., « T o r i n o , li 20 9bre
1822 » (Torino, Archivio Storico della Città).
13 Per un riferimento al massimo ampio sulla
cultura e sui risultati dell'eclettismo rimando, anche per la bibliografia relativa, a A N D R E I N A G R I S E R I e R O B E R T O G A B E T T I , Architettura del-l'eclettismo. Un saggio su G. B. Schedino,
Tori-no, Einaudi, 1973. In particolare per i riferi-menti al neoclassico, cfr. di Griseri il capitolo
primo « Le radici illuministiche della cultura dell'Ottocento » e il capitolo secondo « L'architet-tura piemontese dei primi decenni del secolo ». 1 4 G A E T A N O L O M B A R D I , Piano regolare e Parziale
delle Opere e Costruzioni proposte pell'Ingrandi-mento, Regolarisazione ed Abbellimento della par-te Setpar-tentrionale della Città e del sobborgo della Dora, giusta li piani generali stati formati dal-l'Ingegnere sottoscritto, e dall'lll.ma Civica Am-ministrazione stati sottoposti all'Approv.ne di S. M. (Torino, Archivio Storico della Città).
15 Per Pelagio Palagi, con riferimento al giro più vasto di cultura artistica ed alle committenze nei decenni centrali del primo Ottocento a Tori-no rimando al catalogo della mostra « Pelagio Palagi artista e collezionista - Bologna, Museo Civico, aprile-giugno 1976 », edito a Bologna, Grafis, 1976, in cui la multiforme attività ed i vasti risvolti culturali del Palagi sono stati inda-gati criticamente da diversi autori. Per l'analisi critica della mostra (anche nella edizione torine-se) e del dibattito che le ha fatto da contorno, ma soprattutto per l'estensione dell'analisi alla cultura e ai risultati artistici nel clima torinese del pieno Ottocento cfr. A N D R E I N A G R I S E R I , Ot-tocento a Torino, in « Cronache Economiche »,
1977, 1-2, pp. 68-74.
16 Nel catalogo citato, cfr. al riguardo in particolare il saggio e le schede di A N N A M A R I A M A T -T E U C C I , Scenografia e architettura nell'opera di
Pelagio Palagi, pp. 105-175.
17 A N D R E I N A G R I S E R I e R O B E R T O G A B E T T I , op.
cit., pp. 56-57.
18 All'ampliamento del repertorio tipologico e
dei soggetti commemorati nei monumenti si acco-muna intanto una progressiva presa di forza dell'aspetto enfatico, come lato debole suscetti-bile di satire. Cosi Giovanni Antonio Maria Ba-ratta, avvocato e diplomatico messo troppo presto a riposo per incompatibilità coi superiori, certo persona stravagante ma arguto rappresentante del componimento satirico in Piemonte, amico-nemi-co di Brofferio, si permetteva attorno agli anni
1850 di guardare con occhi smagati al monumento del Palagi per il Conte Verde, volgendo in sonetto satirico il « sublime » che gli era implicito: « Chi percuota colui non è ben chiaro, / Ma prence essendo d'intelletto raro / Scommetter si può cento contro diece / Che bastonar intende chi lo fece », e come avverte il Manno, anch'egli ormai disincantato, « vedendo quell'arsenale di cannoni, affusti, palle, • scovoli, stendardi, tamburi, spade accumulate sulla base della statua al Pepe », il Baratta aggiungeva in un altro sonetto satirico: « Questa pietra dall'arte lavorata / Sembra di cento cose un'insalata. / Ma in essa, chi discerne il ben dal male / Se trova il pepe non trova il sale ».
Essendo la satira del tempo, e del Baratta in par-ticolare squisitamente politica, ritroviamo i per-sonaggi ormai consacrati dalla storia recente trat-tati controcorrente. Per l'occasione del progetto municipale relativo alla formazione di un nuovo Panteon sui Giardini dei Ripari Baratta scriveva: « Balbo, Gioberti e simili /Se han qui marmoreo encomio, / Ah! il nostro giardin pubblico / Diventa un manicomio ». Mentre, pur tralascian-do il senso del sublime, assegnava ancora signi-ficati emblematici ai Dioscuri della cancellata di Palazzo Reale: « De' tuoi bronzi, o Sangiorgio, è questo, io penso. / Il velato dall'arte intimo senso; / Casto re, mite padre, invitto duce, / Carlo è speme d'Italia e del Po luce». ( A . M . ,
Il Tesoretto di un bibliofilo piemontese. N. 4: Componimenti satireschi in Piemonte, in Curiosità e ricerche di Storia Subalpina pubblicate da una Società di Studiosi di patrie Memorie, voi. I,
PO, DORA, SANGONE
STURA
NEL TERRITORIO
TORINESE
Marisa MaffioliQuella che qui si pubblica è la seconda parte del contributo d'analisi fornito dall'autore ad un'ampia ricerca sui « corsi d'acqua a Torino » promossa e prodotta dall'istituto camerale torinese. Il precedente capitolo, dal titolo « Il paesaggio fluviale nell'ambito regionale e com-prensoriale », è comparso sul numero 5 / 6 della rivista. L'ultima parte dedicata a «Il paesaggio fluviale nell'ambito urbano », sarà esposta nel prossimo fascicolo.
IL PAESAGGIO FLUVIALE NELL'AMBITO REGIONALE E COMPRENSORIALE ALCUNI RIFERIMENTI AL SISTEMA FLUVIALE NELL'ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE Il sistema fluviale e le delimitazioni po-litico-amministrative degli enti locali territoriali.
Elementi di ricomprensione storica e si-tuazione attuale dell'organizzazione ter-ritoriale connessa alla presenza fluviale.
La distribuzione degli insediamenti. Le infrastrutture di collegamento. Note sulla navigabilità dei fiumi e delle vie d'acqua regionali.
Caratteri del paesaggio fluviale e pae-saggio rurale.
Paesaggio fluviale e paesaggio agrario nel comprensorio di Torino.
Reti irrigue e paesaggio agrario. Nota sul Canale Cavour.
Problemi di conservazione e di utiliz-zazione del paesaggio fluviale e delle ri-sorse idriche.
Condizioni e regolamentazioni dell'al-veo fluviale.
Nota sul regime di proprietà delle spon-de spon-dei fiumi.
Aree di esondazione come condiziona-mento territoriale.
Asportazione di materiali alluvionali da-gli alvei.
Regolamentazione e sistemazione idro-geologica dei bacini fluviali.
Modi di utilizzazione delle risorse idri-che.
Nota sulle risorse idriche come fonte energetica.
Note sull'inquinamento e il risanamento delle acque fluviali.
LE I N D I C A Z I O N I DI PIANO PER IL PAESAGGIO FLUVIALE NEL COMPRENSORIO
E NEL C O M U N E DI TORINO
Le ipotesi del Piano Territoriale del Comprensorio di Torino per il paesag-gio fluviale.
Le indicazioni del Piano Intercomunale per il paesaggio fluviale nell'area metro-politana di Torino.
Nota sulla legge regionale n. 56: uno strumento di vincolo nella utilizzazione delle sponde dei fiumi.
Il Piano Regionale dei parchi e il pae-saggio fluviale.
Le ipotesi del Piano dei parchi nel comprensorio di Torino.
Nota sul progetto per il parco del Ti-cino.
Note sulla condizione della vegetazione lungo le sponde dei fiumi.
La pianificazione urbanistica e il pae-saggio fluviale nell'area urbana.
Il paesaggio fluviale secondo l'organiz-zazione del Piano Regolatore-1908. Nòta sulla demanialità delle aree lungo le sponde.
Il paesaggio fluviale secondo l'organiz-zazione del Piano Regolatore-1959. La proposta per « La sistemazione ur-banistica delle sponde dei fiumi nel territorio del comune di Torino » -1967-68.
IL PAESAGGIO FLUVIALE NELL'AMBITO URBANO
La costruzione del paesaggio fluviale ur-bano.
I progetti francesi per un nuovo paesag-gio urbano.
La costruzione della città periferica lun-go le derivazioni d'acqua della Dora. I ponti come elementi di organizzazione nel paesaggio fluviale.
Gli interventi lungo i quattro corsi d'ac-qua torinesi:
II Po:
1970 - Progetto per la sistemazione delle rive del Po.
1974 - Proposta per l'inserimento di un nuovo asse autostradale lungo il tratto urbano del corso del Po.
Il nodo urbano attorno al Ponte del Re. I Murazzi del Po.
II nucleo verde del Valentino: parco pubblico ed area espositiva lungo il Po. L'intervento per « Italia '61 » e la siste-mazione della sponda.
Il collegamento a Moncalieri: l'area del-le Valdel-lere.
Il canale Michelotti.
Il collegamento a San Mauro: l'area della confluenza della Dora a Sassi.
La Dora:
Il Borgo Dora.
Il ponte Mosca e i Murazzi della Dora. La confluenza al Po in Vanchiglia. Il collegamento a Collegno: l'area della Pellerina.
Il Sangone:
La confluenza al Po.
Il collegamento a Beinasco, oltre la zona di Mirafiori e di Stupinigi.
La Stura:
LE INDICAZIONI
DI PIANO PER
IL PAESAGGIO
FLUVIALE
NEL COMPRENSORIO
E NEL COMUNE
DI TORINO
Le ipotesi del Piano Territoriale
dei Comprensorio di Torino
per il paesaggio fluviale
11 PTC 1 al momento della suaappro-vazione, si costituirà come progetto per la riorganizzazione territoriale della area del comprensorio di Torino. Gli obiettivi di tale progetto vanno ve-rificati e accordati alle linee program-matiche del piano di sviluppo regiona-le, e dovranno essere specificati a livel-lo delle articolazioni subcomprensoriali. Tali obiettivi si ancorano alle ipotesi di contenimento e di ristrutturazione delle condizioni e dei modi di sviluppo del-l'area torinese, in vista di un riequili-brio socio-economico comprensoriale e regionale.
In quanto modello di analisi, di valuta-zione e di previsione, il PTC si pone come « una prima opportunità per una verifica applicativa sull'area del com-prensorio di Torino della pianificazione comprensoriale adottata.
Con il piano territoriale si vuole orga-nizzare sul territorio in modo ottimale e secondo gli obiettivi determinanti l'im-magine futura del sistema urbano
tori-nese; occorre quindi che venga determi-nata la struttura spaziale del sistema so-cio-economico prescelto, struttura che sarà rappresentata dalle localizzazioni delle attività industriali, agricole, resi-denziali di servizio, connesse dalle reti dei flussi casa-lavoro, casa-servizio com-piuti dalla popolazione.
Tale struttura deve inoltre, insieme, es-sere in relazione con la struttura spa-ziale del sistema fisico che è determina-ta dalle localizzazioni delle attrezzature industriali agricole residenziali e di ser-vizio e dalle infrastrutture di collega-mento ».
Ora questa struttura spaziale del siste-ma fisico si compone, o meglio deve comporre tra loro, due sottosistemi, quello naturale e quello artificiale, cosi come schematizzato nella tabella 1. È all'inserzione di questi due sotto-sistemi che si collocano tutti i pro-blemi metodologici e operativi relativi alla pianificazione paesistica del terri-torio.
Come si è detto, la pianificazione del paesaggio fluviale è tema che va inqua-drato come problema di pianificazione delle risorse territoriali, per il quale so-no disponibili — in tal senso — riferi-menti concettuali, elaborazioni metodo-logiche e verifiche attuative 2.
Quindi è interessante condurre l'esame delle proposte di piano che sono state avanzate per l'area torinese, anche sta-bilendo una linea di confronto e di rife-rimento alla esperienza di settore esi-stente.
Tale confronto è significativo sia nella fase di analisi del paesaggio fluviale, che presuppone l'impostazione della ricerca di base — adeguata a comporre un qua-dro conoscitivo tuttora insufficiente — sia nella fase di valutazione e di dedu-zioni, orientata a una ipotesi di progetto. Da ciò deriva l'interesse a identificare se, e come, il tema della pianificazione del paesaggio sia stata presa in conside-razione a livello metodologico nella ela-borazione del PTC e, in particolare, se, e come, le indicazioni per il progetto territoriale del paesaggio fluviale nel-l'area torinese siano sufficientemente esplicite e coerenti con corretti riferi-menti metodologici.
È d'altronde evidente che esistono
di-versi livelli di approfondimento e di precisazione nell'analisi e nel proget-to terriproget-toriale; e occorre tener conproget-to che la pianificazione del paesaggio flu-viale, per quanto risulti, sotto diversi punti di vista, un argomento preminente all'interno della programmazione della struttura territoriale del verde, ha una sua specificità di progetto paesaggistico: quindi un primo livello programmatico per il piano territoriale del comprenso-rio non può contenere che le premesse per sviluppi necessariamente successivi di questo problema.
Con queste precisazioni, e tenendo pre-senti le figg. 1, 2 e 3, si può ora stu-diare come è stato impostato il proble-ma del paesaggio fluviale nella analisi, nelle valutazioni e nella configurazione della proposta del PTC.
Occorre dapprima seguire l'analisi delle risorse territoriali, come condotta dal PTC nell'esame del sottosistema natu-rale, e ritrovare, all'interno di questa analisi globale, i riferimenti a quelle ri-sorse territoriali costitutive dell'ecosiste-ma fluviale. Già si è visto che questo ar-gomento è comprensivo dei problemi connessi alla sistemazione idrogeologica e alla utilizzazione delle risorse idriche; abbiamo in tal senso accennato come i
piani di approvvigionamento, di sistema-zione e di risanamento pongano dei pre-cisi condizionamenti territoriali e quin-di intervengano a delineare una propo-sta territoriale organica per il sistema fluviale e per il paesaggio fluviale. Ne consegue che un progetto coerente per il paesaggio fluviale comprensoriale dovrebbe assumere e dare coordinamen-to a tali indicazioni. Il PTC — come già abbiamo visto nella nota sulle aree eson-dabili — analizzando i problemi posti dal sistema fluviale, indica le limitazio-ni d'uso che esso pone allo sviluppo ter-ritoriale e ne valuta le compatibilità, in-dividuando un rapporto preferenziale per l'utilizzazione agricola nei territori di sponda.
Insieme con questa valutazione orien-tativa, il PTC sviluppa inoltre, alcune linee di piano più direttamente ineren-ti al sistema fluviale — inteso come sup-porto paesistico del progetto del verde comprensoriale.
La salvaguardia e la ricostituzione del sottosistema naturale passa attraverso tre nodi obbligati che sono quelli — si legge nel PTC — relativi « alle condizio-ni di inquinamento, di dissesto idrogeo-logico e di difesa dei valori ambientali e
paesaggistici, anche al fine di una loro
Tabella t . Le interrelazioni del sistema naturale e l'urbanizzazione secondo l'analisi del PTC, op. cit.
più adeguata fruizione nel quadro delle politiche per il tempo libero ».
Abbiamo già indicato in quale rapporto coi problemi implicati dalle due prime variabili, l'inquinamento e il dissesto idrogeologico, vada posto il progetto per il paesaggio fluviale del comprenso-rio. Quindi si tratta di riprendere quelle indicazioni per la « difesa dei valori am-bientali e paesaggistici » come diretta-mente programmatiche — ove siano in-tegrati alle condizioni preliminari di rie-quilibrio ecologico — per quella sezio-ne fluviale del progetto d'insieme di sal-vaguardia e di ricostruzione del sottosi-stema naturale del comprensorio. L'analisi delle risorse territoriali, cosi come condotta e finalizzata dalla propo-sta d'insieme del PTC, risponde infatti all'obiettivo di base di indicare le con-dizioni per una politica di definizione del verde nelle aree extraurbane; com-prensiva quindi del sistema delle aree a « parco », e in relazione con i pro-grammi di conservazione e d'uso dei beni culturali e ambientali.
Tali risorse devono dapprima essere in-dividuate, nelle loro condizioni attuali di stato di fatto e / o di potenzialità, e successivamente, conservate, recuperate, utilizzate all'interno di una proposta coordinata. Anche a meno di una — pe-raltro necessaria — operazione di inven-tario, che precisi certi « valori » propri del paesaggio fluviale, viene ormai ac-cettata l'idea che il sistema fluviale rap-presenti un elemento prevalente in quel-lo che è stato definito il sottosistema na-turale del comprensorio.
Appunto, nella nostra analisi del pae-saggio fluviale del comprensorio abbia-mo tentato di introdurre e di riconosce-re tale priconosce-revalenza, sia nel suo significa-to ecologico, sia nel suo valore struttu-rante nel sistema naturale; e cioè nei due parametri secondo i quali deve es-sere risolto un progetto paesistico che risulti incisivo nella organizzazione ter-ritoriale dell'area in esame.
A partire da questa idea, è intuitivamen-te —> e assai facilmenintuitivamen-te, in prima ap-prossimazione — riconoscibile il peso territoriale del paesaggio fluviale nel comprensorio che nelle indicazioni del PTC trova una precisa linea organizza-tiva; anche se l'elaborazione di questo dato strutturale del territorio sarà da
svi-luppare con un organico progetto paesi-stico di settore.
Il progetto per il paesaggio fluviale del comprensorio è indicato, come schema cartografico, in figg. 2 e 3; la prima in-troduce una modificazione e una preci-sazione di scala rispetto al documento originale3. Il sistema di spazi verdi — inteso come « organica articolazione di spazi specificamente destinati al recupe-ro e alla riqualificazione ambientale e all'uso organizzato per il tempo libe-ro » — tlibe-rova i suoi punti di forza nella localizzazione di Stupinigi e della Man-dria e nelle aree morfologicamente rile-vanti delle colline di Torino e di Rivoli, ma il progetto indica pure nel sistema fluviale un elemento specifico e un con-nettivo estremamente importante per la struttura del verde comprensoriale. L'immagine proposta è quella del « par-co di pianura » appoggiato al sistema fluviale (Po; Dora Baltea; Orco, Malo-ne; Stura di Lanzo, Ceronda; Dora Ri-paria; Sangone), costituito da una fascia libera continua, ramificata lungo l'alveo dei corsi d'acqua citati, variamente defi-nita in relazione ai caratteri dell'am-biente urbano o agricolo toccato; si di-stinguono all'interno del sistema de-scritto
— parco sociale lungo il Po a monte di Torino;
— asse attrezzato per il gioco, il tempo libero e lo sport lungo il tratto del Po tra le Vallere e Sassi;
— parco sociale lungo l'Orco e il Ma-Ione;
— asse interno alla conurbazione del fiume Dora e Sangone al fine di intro-durre aree attrezzate verdi per le atti-vità collettive ad interruzione del con-tinuo edificato.
La struttura fluviale risulta quindi deter-minante, e prevalente, tra le scelte d'in-tervento sul paesaggio esistente, che de-vono concretizzare l'ipotesi di una nuo-va proposta d'uso delle risorse del ter-ritorio avanzata dal PTC.
Tale proposta dovrebbe rispondere, e in alternativa contrastare, quelle modifica-zioni — ben note — che lo sviluppo della grande città industriale ha indotto « sulla attività turistica e sulla fruizione del tempo libero ».
Come sappiamo, al cambiamento avve-nuto in tal senso nella struttura urba-na — che si riconosce di tipo strutturale — « non è corrisposto un adeguamento altrettanto profondo nelle politiche re-lative a tale settore ».
Si potrebbe, anzi, dimostrare, anche con-frontando la situazione reale di dispo-nibilità e d'uso del verde per la popo-lazione di Torino e dei Comuni della sua cintura, che questo adeguatamente a livello urbano e soprattutto a livello metropolitano è stato quasi inesistente4; e quindi si deve piuttosto parlare in ter-mini introduttivi di un problema che va ancora quasi interamente risolto e che in larga parte deve anche essere impo-stato, almeno nelle sue determinazio-ni progettuali.
Continua, del resto l'analisi del PTC: « per esprimere in termini sintetici l'ina-deguatezza di tali politiche, si può dire per questo settore quanto è stato detto, in generale, per l'intero sviluppo urba-no: si è lasciato, cioè che a bisogni di ordine sociale si desse risposta fidando in prevalenza su meccanismi di mercato in cui, come si è visto, operano compor-tamenti — sia da parte della domanda che da parte dell'offerta — volti ad in-ternalizzare il massimo di economie esterne; e poiché in questo settore le economie esterne sono rappresentate dai valori ambientali e paesaggistici, si sono prodotti, proprio là dove questi valori erano più intensamente presenti 0 dove erano maggiormente accessibili 1 guasti maggiori ».
L E G E N D A Confine di Comprensorio.
Fiumi, torrenti, laghi. Rete autostradale interna al Comprensorio. Consorzi idraulici di 11" e III» categoria.
Parchi naturali.
Aree montane interne al Comprensorio
"] Aree di piano e colle interne J al Comprensorio
Aree montane esterne al Comprensorio .
Aree di piano e colle esterne al Comprensorio.
IO
I N D I C A Z I O N I D I P.T.C.
Sistema di salvaguardia delle acque e del verde, per parchi, parchi fluviali e di collegamento lungo le
infrastrutture.
Parchi collinari proposti
« collina morenica, collina di Torino ». Zone vincolate ai sensi della
A
••éM&M&SM---Fig. 1. Il sistema fluviale
nelle parti piane dei Comprensorio di Torino (ved. nota 3 di pag. 29).
Fig. 2. Le aree vincolate e ie proposte di piano lungo il sistema fluviale (ved. nota 3 di pag. 29).