• Non ci sono risultati.

PRESENTATI DAGLI AUTORI

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1978 (pagine 98-102)

B. TREZZA - G. MOESCH - P. ROSTIROLLA, Economia pubblica: investimenti e tariffe -Voi. di 14 X 22 cm, pp. 385 - Franco Angeli, Milano, 1978 - L. 8000.

Questo libro nasce intorno ad una idea centrale sorta sia in connessione a riflessione teorica e sia a seguito di un certo numero di anni di appli-cazione pratica della teoria del benessere e del-l'analisi benefici-costi, specialmente in paesi in via di sviluppo per conto di Istituti internazionali. L'una e l'altra delle motivazioni a base di questo scritto sono ugualmente importanti in quanto non solo la teoria della economia pubblica ha un sen-so esclusivamente nella misura in cui da essa provengano linee normative applicabili ed efficaci, ma anche e soprattutto in quanto dalla osserva-zione della realtà sono nate le due considerazioni sulle quali si è andato sviluppando il discorso che qui si propone.

La prima considerazione riguarda il fatto che non è pensabile alcuna teoria dell'economia pubblica avente rilevanza pratica in uno stato democratico se non connessa a regole e strumenti di decen-tralizzazione delle decisioni e, di conseguenza, alla definizione di comportamenti basati su con-siderazioni e valutazioni limitate a parti e non alla totalità del sistema economico.

La seconda considerazione, non totalmente sle-gata dalla prima, riguarda la stretta interconnes-sione esistente tra fattori economici, tecnici ed istituzionali nel campo dell'economia pubblica; in-terconnessione che non si riferisce solo all'appli-cazione di regole e comportamenti attraverso l'ap-parato istituzionale, ma è connessa con il modo di essere stesso dell'oggetto del discorso svolto: i beni pubblici, le tariffe e cosi via.

Mentre la prima considerazione può essere vista come una rivalutazione di una solida tradizione esistente in campo teorico e pratico: dal pare-tianismo parziale alla pratica dell'analisi benefici costi, la seconda considerazione si presenta con un carattere di maggiore novità ed infatti da questa nasce l'idea che è al centro di questo lavoro.

L'intervento dello Stato può essere suddiviso in più elementi in relazione ai fini perseguiti: fini distributivi, acquisizione di risorse, azione anti-congiunturale, produzione di beni e servizi pub-blici, e cosi via; in generale è bene mantenere questi elementi distinti in modo da avere ben chiaro quali strumenti vengono impiegati per il conseguimento di ciascuno di essi, anche se, co-m'è naturale, occorre sia tener sempre presente il quadro generale dell'intervento pubblico, sia ricordare che uno stesso strumento può e tal-volta deve perseguire più obiettivi. È però im-portante, ed è questo il motivo della precisazio-ne, avere ben chiaro quale è l'obiettivo principale che si intende perseguire ed in quale contesto; troppo spesso, infatti confusioni in tal senso han-no impedito di trattare i problemi in modo coe-rente e teoricamente adeguato.

A riguardo il caso più rilevante è costituito dalle tariffe dei beni e servizi pubblici rispetto alle quali non è mai stato chiarito il rapporto tra fini distributivi, acquisizione di risorse, effetti con-giunturali o altro, per cui non è mai stata formu-lata una definitiva teoria a riguardo. Di conse-guenza, proprio per evitare qualsiasi confusione, è bene dichiarare, ancor prima di iniziare qual-siasi discussione preliminare, che in questo

la-voro la parte dell'azione dello Stato presa in esame riguarda, principalmente, e si potrebbe dire quasi esclusivamente, la produzione e l'of-ferta di beni e servizi pubblici, all'interno di uno schema metodologico di decentralizzazione delle decisioni e solo subordinatamente, attraverso l'in-troduzione di vincoli obiettivi collaterali espliciti, vengono considerati altri obiettivi, come ad esempio quelli di tipo distributivo. In tal senso la teoria delle tariffe si presenta, come vedremo, nella forma di una teoria della gestione ottimale di beni e servizi forniti dallo Stato in uno sche-ma di decentralizzazione.

F. FERRERÒ - B. VALORI, Il sistema delle imprese tra politica ed economia - Voi. di 15,5 x 21 cm, pp. XVI-368 - Edizioni Stam-patori, Torino, 1978 - L. 7.500.

L'intero caso italiano, e l'economia in particolare, può essere vista come una straordinaria illustra-zione del fenomeno che gli economisti del Sette-cento chiamavano della « mano invisibile »; gli economisti contemporanei, degli « effetti perver-si »; i sociologi, delle « conseguenze non previ-ste dell'azione sociale », e i metodologi della scienza, infine, degli « effetti di composizione »; espressione che tecnicamente parlando è forse la più precisa delle quattro. In breve, si hanno effet-ti di composizione in tuteffet-ti quei casi in cui le sin-gole azioni di una molteplicità di soggetti indivi-duali o collettivi, ciascuno dei quali mira consa-pevolmente a ottenere un certo risultato, inter-feriscono le une con le altre componendosi ap-punto in un sistema di interazioni che produce risultati del tutto diversi da quelli voluti e pre-visti; non semplicemente peggiori o contraddit-tori, ma del tutto diversi e inaspettati. I sistemi d'interazione sociale derivanti da effetti di composizione hanno l'ingrata caratteristica di non essere governabili se non con estrema dif-ficoltà. Ciò è dovuto in parte alla mentalità con cui vengono affrontati. Sia l'uomo della strada sia l'addetto ai lavori tendono infatti a ragionare in termini di comportamento singolo, e quindi a con-cepire ogni azione diretta a produrre o a modifi-care certi risultati come un intervento sul com-portamento di singoli soggetti; ai quali conse-guentemente si offrono incentivi o si minacciano sanzioni, si impartiscono prediche o si rivolgono inviti a seguire regole del gioco diverse. Ma per il resto l'ingovernabilità dei sistemi prodotti da effetti di composizione è dovuta alle loro caratte-ristiche intrinseche, che vanno dal comportamen-to controintuitivo (per cui le azioni che al senso comune appaiono ovvie producono risultati con-trari) al loro altissimo grado di complessità e alla miriade di soggetti che coscientemente o in-coscientemente vi concorrono con le loro azioni. II « sistema delle imprese » che si analizza in questo libro è appunto uno di tali sistemi, forse il più importante sviluppatosi nell'economia ita-liana negli ultimi decenni. Nessuno ne aveva pre-visto lo sviluppo; nessuno lo ha voluto, e meno che mai programmato in base a qualche piano più o meno abile e più o meno occulto. I tanti soggetti sociali che lo hanno gradualmente costi-tuito, sino ad avvolgersi in esso in un modo che al presente appare inestricabile, si sono limitati ciascuno a seguire i propri fini. Il governo ha perseguito stabilità politica, consenso e manteni-mento capillare dei livelli di occupazione; il sin-dacato ha difeso le forze di lavoro condizionan-done le modalità di impiego; le famiglie si sono

adattate all'inflazione e al carovita amministran-do diversamente il lavoro dei loro membri; le banche hanno badato ad estendere i servizi resi ai clienti senza rinunciare alle necessarie garan-zie, e anzi cercandone di nuove nell'ambito poli-tico; le imprese hanno cercato di recuperare per diverse vie la flessibilità perduta attraverso i contratti di lavoro. Il prodotto composto è un sistema che non fornisce a nessuno ciò che desi-derava, ma di cui nessuno dei soggetti coinvolti può più fare a meno.

Il libro di Ferrerò e Valori è uno dei primis-simi tentativi compiuti, con strumenti concettuali adeguati, di svolgere metodicamente un'analisi globale del nuovo sistema delle imprese, com-prendendovi i fattori principali, i modi di funzio-namento e le conseguenze. Le sue ramificazioni appaiono enormemente estese; i suoi confini sono frastagliatissimi e largamente fluttuanti; la sua ingovernabilità pressoché totale — essa stessa un effetto di composizione di estremo interesse, perché globalmente prodotto dalla ricerca e dalla applicazione ossessiva di norme giuridiche e con-trattuali intese a regolare minutamente ogni aspetto della vita economica e sociale. L'ingo-vernabilità appare insomma, in questa analisi, come il figlio irridente e perverso della volontà di tutto governare per via normativa. Spero che questo messaggio sia recepito dai soggetti indi-viduali e collettivi cui è rivolto, perché uno de-gli effetti — in questo senso realmente « per-versi » — di ogni discorso sulle distorsioni del-l'economia italiana è pure da vedersi nella pron-tezza in cui, una volta che si è illustrato il si-stema economico-sociale prodotto, tra tanti altri fattori, anche da un eccesso di normazione giuri-dica e contrattuale, si formulano proposte affin-ché sia varata una legge per combatterlo.

Il sistema delle imprese non è un libro facile. Chi scrive, al quale risale una pur minima respon-sabilità per aver diffuso con la ricerca e l'inse-gnamento i modelli sistemici di cui si presenta qui uno sviluppo originale quanto avanzato, deve confessare di avere trovato difficoltà in più d'una pagina per seguire sia il complesso argomentare sia l'arduo linguaggio tecnico degli autori; né questi hanno mostrato troppa condiscendenza per i lettori non adusi a questo tipo di analisi. Ma l'oggetto è di tremenda difficoltà, ed è una pre-sunzione ormai consunta quella di chi ritiene evi-tabile l'uso di un linguaggio rigoroso e necessa-riamente un po' iniziatico o specialistico per'trat-tare di problemi del genere. Quel che è certo è che se un certo numero di soggetti coinvolti nel sistema delle imprese — e siamo in tanti — vorrà affrontare l'impegno di leggere e dibattere un libro come questo, il dibattito corrente sui problemi della ristrutturazione industriale e sui piani di settori, sulle strategie sindacali e im-prenditoriali, e infine sul modello di sviluppo dell'economia italiana dovrebbe fare registrare a breve termine un sensibile miglioramento quali-tativo.

(dalla prefazione di L. GALLINO)

AUTORI VARI, Economia e direzione dell'im-presa industriale (a cura di P. SARACENO) - Voi. di 15 X 22,5 cm, pp. XII-564 - Isedi, Milano, 1978 - L. 16.000.

Una parte non trascurabile della crisi che oggi investe molte imprese industriali discende anche dalle difficoltà di adattare tecniche e criteri

deci-stonali tradizionali alla nuova situazione con esiti non sempre chiari e sostenibili nel tempo. Non solo infatti è venuta a mancare, in forza della direzione e della intensità del cambiamento, la capacità di misurarsi sul concreto, adattando pro-spettive generali al caso singolo della storia in-dividuale di ogni impresa; ma, cosa ancora più grave e irrimediabile sul piano della sola pratica industriale, è venuto a mancare il senso stesso della prospettiva generale del movimento, quella prospettiva che in precedenza era ricavabile da un riferimento più o meno diretto al - modello di sviluppo » conosciuto dai paesi più avanzati. La crisi ha reso evidente la pericolosa semplifica-zione che era insita nel presupposto, in genere tacitamente accettato, della « ripetibilità » dei mo-delli di sviluppo: un concetto di • progresso » che estendesse linearmente per un tempo inde-finito i rapporti sperimentati e consolidati negli > anni d'oro » dello sviluppo poteva portare a sottovalutare le tensioni verso il cambiamento che lo stesso sviluppo aveva generato; e un con-cetto di « industrializzazione » che potesse esse-re esse-replicato con poche varianti in esse-realtà sociali e nazionali diverse, poteva far sottovalutare la spe-cificità dei problemi presenti in ogni situazione nazionale, da alcuni troppo facilmente ricondotti a « residui » del passato, da eliminare quanto prima.

Le difficoltà attuali, che inducono ad accettare come presupposto di fondo la condizione di irri-petibilità delle esperienze passate, e quindi l'esi-genza di una ricerca specifica di soluzioni adatte per i problemi dell'oggi e per la situazione di ogni paese, impongono un ripensamento degli strumenti e degli « scenari • che sono solitamen-te usati dalla pratica industriale e che sono spes-so conspes-solidati in tecniche e discipline teoriche comunemente insegnate nella formazione manage-riale. È indubbio infatti che, se nel vivo delle scelte pratiche il mutamento in corso trova le prime soluzioni e indica le nuove vie che si apro-no, è solo con una riflessione teorica generale che i suggerimenti dell'esperienza pratica pos-sono superare il loro carattere episodico, di va-lidità delimitata al caso singolo, per divenire orientamenti di influenza più generale.

Il compito che la crisi industriale attuale carica sulle spalle dei ricercatori e dei formatori azien-dali è quindi di importanza e di difficoltà tali da non poter essere assolto da poche persone e in poco tempo. Esso richiede investimenti di lun-go periodo e verifiche pratiche che per adesso sono solo ai primi tentativi, ai primi concetti ge-nerali. Tuttavia, va dato atto alla letteratura « ma-nageriale » di essere notevolmente cambiata ne-gli ultimi tempi, abbandonando un certo discuti-bile pragmatismo che portava in passato a sem-plificazioni e a sicurezze rivelatesi fuori luogo. Tutte le impostazioni si vanno facendo più pro-blematiche, con minore fiducia in tecniche sofi-sticate e generali e maggiore attenzione alla concretezza dei singoli problemi.

Ci è sembrato che potesse essere utile, in que-sto momento, raccogliere queque-sto nuovo spirito problematico che investe la gestione dell'impre-sa, nelle sue varie aree, con un lavoro collettivo che cercasse di ricondurre ad alcune determi-nanti di fondo i mutamenti avvenuti nelle singole aree gestionali, senza sacrificare però le specia-lizzazioni disciplinari in cui i nuovi problemi han-no preso corpo. (...)

La presente raccolta di contributi, messi a punto assieme a colleghi e assistenti del Laboratorio di Tecnica Industriale di Ca' Foscari, vuole ri-spondere a questa esigenza. Certamente il ten-tativo non arriva alla definizione compiuta delle tendenze presentate nelle singole aree e meno ancora alla loro sintesi: un obiettivo del genere

sarebbe stato inadeguato alla finalità del volume. Più semplicemente si è voluto compiere il tenta-tivo di offrire uno spaccato disciplinare delle singole « specializzazioni » sviluppate nel campo del management, orientando ciascun lavoro sulla base degli interrogativi di fondo presentati nel primo capitolo. In tal senso il volume qui pre-sentato non è un manuale in senso tradizionale, perché non ne ha la compiutezza e la ricchezza delle tecniche particolari; né è una semplice rac-colta di letture, concepite indipendentemente l'una dall'altra.

La formazione manageriale, di fronte ai muta-menti in corso e a quelli che sono da attendersi nel prossimo futuro, richiede contemporanea-mente un'attenzione alle sistemazioni teoriche e tecniche più avanzate e una capacità di calare tali tecniche nelle concrete specificità nazionali, sociali ed economiche in cui le imprese si tro-vano a operare. Una preparazione professionale che non insegua « ricette » semplificate, valide per ogni luogo e per ogni tempo, deve oggi com-piere itinerari assai complessi per affrontare i quali, allo studente e al manager — in cerca di un aggiornamento professionale ormai a carattere ricorrente — spesso mancano i supporti didattici sintetici.

Il porre i problemi nuovi con linguaggi sistemati-camente diversi e separati può alla lunga in-durre nell'equivoco che i problemi specialistici si mantengono tanto più vitali quanto più sepa-rati e astratti dalla storicità dell'esperienza in-dustriale complessiva. Questo volume vuole es-sere un aiuto a muoversi nella direzione opposta, recuperando acquisizioni consolidate senza esclu-dere le più recenti, e riferendo le applicazioni specialistiche a un contesto comune.

(dall'introduzione di P. SARACENO)

A. MOSCONI - E. RULLANI, 11 gruppo nello sviluppo dell'impresa industriale - Voi. di 15 X 23 cm, pp. 118 Isedi, Milano, 1978 -L. 6 0 0 0 .

Gruppo industriale è un complesso di imprese che hanno lo stesso soggetto economico; in altri termini, è un gruppo di imprese di cui la stessa persona (o gruppo di persone) ha il potere di determinare l'indirizzo. (...)

La direzione unitaria delle società componenti un gruppo può essere ottenuta con due strutture or-ganizzative: concentrando in una società la pro-prietà delle azioni delle imprese del gruppo, e si ha allora la società finanziaria pura; oppure, trasferendo in una delle società operative dei gruppo le azioni delle altre società, e si ha in tal caso una società finanziaria mista. Può anche avvenire che la persona, o il gruppo di persone costituenti quello che si è sopra chiamato il sog-getto economico rinunci all'accentramento in una sola società delle azioni possedute e si valga direttamente nelle assemblee e quindi nei consi-gli di amministrazione del potere conferito dal possesso delle azioni delle singole società; in tal caso, sarà però molto minore e anche nullo il grado di integrazione tra loro che le società del gruppo riusciranno a conseguire.

Scopo delle due trattazioni contenute nel pre-sente volume è appunto quello di identificare gli elementi in base ai quali si determinano conte-nuti e forme organizzative dell'attività di

ne che si svolge nei riguardi delle Imprese com-ponenti un gruppo industriale. Questa ricerca ha potuto valersi di un'esperienza, nei rapporti tra università e industria, che non è eccessivo giudi-care eccezionale e che vale a dare a essa un massimo di concretezza e di attualità. M e n t r e in una prima parte E. Rullani si è proposto di deli-ncare le leggi che reggono in generale l'attività di direzione di un gruppo, in una seconda parte A. Mosconi espone l'intensa vicenda che, in materia di direzione di gruppo, si è svolta presso la FIAT a partire dal 1968, vicenda alla quale egli ha partecipato.

Il tema, da tempo di rilevante interesse in tutti i paesi industrializzati, presenta da noi una im-portanza particolare; e ciò per due motivi. In primo luogo, il gruppo, forma organizzativa fra le più avanzate delle moderne economie indu-strializzate, ha nel nostro paese manifestazioni relativamente limitate, se si considera la dimen-sione raggiunta dal nostro sistema industriale. In secondo luogo, all'istrumento del gruppo ha fatto largo ricorso l'azione pubblica: capigruppo sono infatti gli enti di gestione e le società finan-ziarie che essi hanno costituito. Lo stesso Mini-stero delle partecipazioni statali, pur non defini-bile capogruppo a motivo dell'assenza di un pro-prio capitale, svolge funzioni che sono tipiche di una capogruppo.

Ora, molta parte del dibattito sulle imprese a partecipazione statale giustamente si risolve in una discussione sui criteri con cui tali imprese, concepite come gruppo, possono essere dotate di una direzione unitaria. Senonché in tale dibattito non sempre si riconosce che la capogruppo (ente di gestione finanziario e, sotto certi aspetti, Mi-nistero) è una vera e propria impresa che si aggiunge alle società componenti il gruppo e ne aumenta l'efficienza; quanto rilevante possa esse-re questo aumento è indicato dagli inquietanti problemi sollevati dalle multinazionali, problemi che nascono appunto dall'utilizzo che viene fatto della struttura del gruppo. Insomma, gli enti di gestione e le finanziarie che essi costituiscono non sono assimilabili a cassette di sicurezza nel-le quali si custodiscono i pacchetti azionari, co-me si custodiscono i gioielli di famiglia, nel sen-so che essi sen-sono spostabili da una cassetta al-l'altra a seconda dei mutevoli desideri del cas-settista, senza che con ciò muti il valore di quei gioielli.

Toglie ulteriormente senso alle discussioni sulla natura ottima dei gruppi, sempre in tema di enti di gestione, il fatto che il gruppo è quello che i cibernetici chiamerebbero un sistema vitale; esso muta, cresce, si riduce e anche muore a secon-da del modo con cui esso reagisce al variare delle prospettive che le tecniche e i mercati gli offrono; e un modo per impedirgli di crescere e, anche, di farlo morire è quello di vincolarne la vita a regole dettate dall'esterno, estranee alla economia della moderna produzione industriale.

(dalla prefazione di P. SARACENO)

E. VALDANI, Marketing e previsione delle vendite Voi. di 14,5 X 21 cm, pp. 231 -Etas libri, Milano, 1978 - L. 7500.

La situazione economica generale degli ultimi anni è stata caratterizzata da momenti di « tur-bolenza » che hanno alterato profondamente gli

equilibri politici, quelli sociali e, in senso lato, quelli economici di mercato e d'impresa. Le imprese si sono trovate, per assicurare la continuità aziendale, a dover sopravvivere in un contesto sostanzialmente mutato con pressanti problemi gestionali nel breve termine e prospet-tive di radicali cambiamenti nello scenario, nel medio, lungo termine.

In situazioni simili, al management aziendale è stato richiesto lo sviluppo di capacità direzionali più complesse di quanto potesse essere stato richiesto nel passato, a tutti i livelli d'impresa. Una delle condizioni necessarie oggi, di sup-porto al processo decisionale, è la disponibilità di informazioni e di dati idonei a prevedere i mutamenti che potranno verificarsi nel futuro, nell'impresa, nel mercato e nel sistema «

Nel documento Cronache Economiche. N.007-008, Anno 1978 (pagine 98-102)