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PANORAMICA DEI CASEIFICI NELL’ITALIA DEL NORD E DEL PIEMONTE: TIPOLOGIA ED OFFERTE DI MERCATO

GUIDO TALLONE Agenform-Consorzio

La produzione di latte ovi-caprino in Italia certamente non ricopre una importanza quantitativa come può accadere in altri paesi europei (Spagna/Pecora o Francia/Capra).

I dati indicano comunque un aumento di produzione negli ultimi anni.

Latte Bovino - consegne alle latterie 2015 - ton. 11.160.000 Latte Ovino - consegne alle latterie 2015 - ton. 373.000 Latte Caprino - consegne alle latterie 2015 -ton. 28.000 Ovviamente a questi quantitativi occorre aggiungere il latte munto e non consegnato, ovvero quello trasformato direttamente in azienda. In Europa la percentuale del latte ovicaprino (e bufalino) sul totale del latte prodotto è di circa il 3 %.

In Italia è di circa il 5 %.

Il dato non è da poco, indica come la produzione di latte di capra e pecora riveste una discreta importanza, sempre a fronte di una totale trasformazione in prodotti lattiero-caseari (salvo la minima produzione di latte di capra pastorizzato da bere).

Entriamo quindi nel panorama delle produzioni casearie ovicaprine italiane.

Il totale dei prodotti DOP al fine 2015 è di 51 di cui: PURI DI PECORA Canestrato Pugliese

Fiore Sardo

Formaggio di Fossa di Sogliano (anche misto) Murazzano (anche misto)

Pecorino Crotonese Pecorino di Filiano Pecorino di Picinisco Pecorino Romano Pecorino Sardo Pecorino Siciliano Pecorino Toscano Piacentinu Ennese

Ricotta Romana (siero solo di pecora) Vastedda del Belice

PURI DI CAPRA Formaggella del Luinese Robiola di Roccaverano (anche misto)

MISTI OVINO E CAPRINO Canestrato di Moliterno IGP MISTO PECORA E VACCA

Caciotta di Urbino

Inoltre vi sono altri formaggi DOP in cui è previsto l’aggiunta di un percentuale di latte ovino o caprino, citiamo senz’altro il Bitto mentre altre DOP proprio cuneesi indicano nel proprio disciplinare la possibilità di una aggiunta anche sino al 20% di latte di capra o pecora MA la presenza sul mercato di questa tipologia produttiva è assente e molto scarsa.

Oltre alle produzioni DOP dal 2000 il panorama caseario italiano di è arricchito di una nuova “denominazione” PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). Si tratta di un elenco descrittivo delle produzioni storiche (più di 25 anni) casearie delle varie regioni. Scandagliando gli elenchi delle regioni del nord possiamo segnalare alcune produzioni PAT:

VALLE D’AOSTA Formaggio di capra a pasta molle

Formaggio di pecora o capra a pasta pressata LOMBARDIA Cadolet di capra

Caprino a coagulazione lattica Caprino a coagulazione presamica Fatulì (capra)

Formaggio d’alpe misto (vacca - capra) Frumagit di Curiglia (capra)

Motelì (capra) Stàel (capra)

Zincarlin (capra)

VENETO Caciotta misto pecora

Formaggio acidino (capra)

Formaggio misto pecora fresco dei Berici Formaggio pecorino dei Berici

Formaggio pecorino fresco di malga TRENTINO Caprino

Misto Capra

FRIULI VENEZIA GIULIA Caciotta caprina

Caprino stagionato, caprino invecchiato, vecjo di cjavre Formaggio caprino morbido

EMILIA ROMAGNA Caprino

Cascio pecorino lievito Pecorino

Pecorino del pastore

Pecorino dell’Appennino reggiano PIEMONTE Caprino presamico piemontese Caprino lattico piemontese Cevrin di Coazze Montebore (pecora) Toma di Capra Tomino di Talucco Sola (pecora o altro) Saras del Fen

Questo estenuante elenco ci fa riflettere su alcuni punti:

1- La tradizione casearia ovina in Nord-Italia si conferma poco sviluppata.

2- La trasformazione della capra è presente tradizionalmente in molte parti del territorio Nord-Italia.

3- Alcune “denominazioni” poco tradizionali indicano un tentativo “troppo poco frequentato” di fare “gruppo” attorno ad un comune denominatore. Questa strada per me è molto interessante e spiego perché:

 Il legame delle tradizione del territorio (interessi e volontà anche istituzionali) collegato ad un più ampio territorio di produzione, per migliorare tecnologicamente la produzione e la comunicazione al consumatore.

Se ci soffermiamo alla visione dei prodotti tradizionali (con nomi tradizionali) questa può essere una strada per migliorare il valore aggiunto nella trasformazione del latte.

Dal punto di vista dei laboratori di trasformazione l’Italia vede la presenza di circa 2.000 unità nel 2013 (circa 2.300 nel 2001) suddivise_

- 955 Nord – 177 Centro – 928 Sud.

I quantitativi di “formaggi” distinti per tipologia di latte sono (2013 - .000 t):

- Vaccini e Misti 1.076.000 - Ovini 83.000 - Caprini 15.000 - Bufalini 50.000

Questi dati comprendono tutti i caseifici artigianali e industriali ma è molto incompleto in merito ai caseifici di azienda agricola ovvero di trasformazione diretta della materia prima munta.

Infatti esplodendo il dato del Nord Italia (2013) il documento indica le seguenti unità produttive:

- Valle d’Aosta 22 - Piemonte 95 - Liguria 13 - Lombardia 236 - Trentino AA 34 - Veneto 132 - Friuli V.G. 54

- Emilia R. 369 (Parmigiano Reggiano)

in queste 6 regioni e 2 province autonome sono conteggiati circa 40 caseifici di azienda agricola, quando nella sola regione Piemonte è

CONGRESSO NAZIONALEXXII

S.I.P.A.O.C.

CUNEO

13 - 16 settembre 2016

PANORAMICA DEI CASEIFICI NELL’ITALIA DEL NORD E DEL PIEMONTE: TIPOLOGIA

ED OFFERTE DI MERCATO

GUIDO TALLONE Agenform-Consorzio

La produzione di latte ovi-caprino in Italia certamente non ricopre una importanza quantitativa come può accadere in altri paesi europei (Spagna/Pecora o Francia/Capra).

I dati indicano comunque un aumento di produzione negli ultimi anni.

Latte Bovino - consegne alle latterie 2015 - ton. 11.160.000 Latte Ovino - consegne alle latterie 2015 - ton. 373.000 Latte Caprino - consegne alle latterie 2015 -ton. 28.000 Ovviamente a questi quantitativi occorre aggiungere il latte munto e non consegnato, ovvero quello trasformato direttamente in azienda. In Europa la percentuale del latte ovicaprino (e bufalino) sul totale del latte prodotto è di circa il 3 %.

In Italia è di circa il 5 %.

Il dato non è da poco, indica come la produzione di latte di capra e pecora riveste una discreta importanza, sempre a fronte di una totale trasformazione in prodotti lattiero-caseari (salvo la minima produzione di latte di capra pastorizzato da bere).

Entriamo quindi nel panorama delle produzioni casearie ovicaprine italiane.

Il totale dei prodotti DOP al fine 2015 è di 51 di cui: PURI DI PECORA Canestrato Pugliese

Fiore Sardo

Formaggio di Fossa di Sogliano (anche misto) Murazzano (anche misto)

Pecorino Crotonese Pecorino di Filiano Pecorino di Picinisco Pecorino Romano Pecorino Sardo Pecorino Siciliano Pecorino Toscano Piacentinu Ennese

Ricotta Romana (siero solo di pecora) Vastedda del Belice

PURI DI CAPRA Formaggella del Luinese Robiola di Roccaverano (anche misto)

MISTI OVINO E CAPRINO Canestrato di Moliterno IGP MISTO PECORA E VACCA

Caciotta di Urbino

Inoltre vi sono altri formaggi DOP in cui è previsto l’aggiunta di un percentuale di latte ovino o caprino, citiamo senz’altro il Bitto mentre altre DOP proprio cuneesi indicano nel proprio disciplinare la possibilità di una aggiunta anche sino al 20% di latte di capra o pecora MA la presenza sul mercato di questa tipologia produttiva è assente e molto scarsa.

Oltre alle produzioni DOP dal 2000 il panorama caseario italiano di è arricchito di una nuova “denominazione” PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). Si tratta di un elenco descrittivo delle produzioni storiche (più di 25 anni) casearie delle varie regioni. Scandagliando gli elenchi delle regioni del nord possiamo segnalare alcune produzioni PAT:

VALLE D’AOSTA Formaggio di capra a pasta molle

Formaggio di pecora o capra a pasta pressata LOMBARDIA Cadolet di capra

Caprino a coagulazione lattica Caprino a coagulazione presamica Fatulì (capra)

Formaggio d’alpe misto (vacca - capra) Frumagit di Curiglia (capra)

Motelì (capra) Stàel (capra)

Zincarlin (capra)

VENETO Caciotta misto pecora

Formaggio acidino (capra)

Formaggio misto pecora fresco dei Berici Formaggio pecorino dei Berici

Formaggio pecorino fresco di malga TRENTINO Caprino

Misto Capra

FRIULI VENEZIA GIULIA Caciotta caprina

Caprino stagionato, caprino invecchiato, vecjo di cjavre Formaggio caprino morbido

EMILIA ROMAGNA Caprino

Cascio pecorino lievito Pecorino

Pecorino del pastore

Pecorino dell’Appennino reggiano PIEMONTE Caprino presamico piemontese Caprino lattico piemontese Cevrin di Coazze Montebore (pecora) Toma di Capra Tomino di Talucco Sola (pecora o altro) Saras del Fen

Questo estenuante elenco ci fa riflettere su alcuni punti:

1- La tradizione casearia ovina in Nord-Italia si conferma poco sviluppata.

2- La trasformazione della capra è presente tradizionalmente in molte parti del territorio Nord-Italia.

3- Alcune “denominazioni” poco tradizionali indicano un tentativo “troppo poco frequentato” di fare “gruppo” attorno ad un comune denominatore. Questa strada per me è molto interessante e spiego perché:

 Il legame delle tradizione del territorio (interessi e volontà anche istituzionali) collegato ad un più ampio territorio di produzione, per migliorare tecnologicamente la produzione e la comunicazione al consumatore.

Se ci soffermiamo alla visione dei prodotti tradizionali (con nomi tradizionali) questa può essere una strada per migliorare il valore aggiunto nella trasformazione del latte.

Dal punto di vista dei laboratori di trasformazione l’Italia vede la presenza di circa 2.000 unità nel 2013 (circa 2.300 nel 2001) suddivise_

- 955 Nord – 177 Centro – 928 Sud.

I quantitativi di “formaggi” distinti per tipologia di latte sono (2013 - .000 t):

- Vaccini e Misti 1.076.000 - Ovini 83.000 - Caprini 15.000 - Bufalini 50.000

Questi dati comprendono tutti i caseifici artigianali e industriali ma è molto incompleto in merito ai caseifici di azienda agricola ovvero di trasformazione diretta della materia prima munta.

Infatti esplodendo il dato del Nord Italia (2013) il documento indica le seguenti unità produttive:

- Valle d’Aosta 22 - Piemonte 95 - Liguria 13 - Lombardia 236 - Trentino AA 34 - Veneto 132 - Friuli V.G. 54

- Emilia R. 369 (Parmigiano Reggiano)

in queste 6 regioni e 2 province autonome sono conteggiati circa 40 caseifici di azienda agricola, quando nella sola regione Piemonte è

sicuramente lecito indicare un numero di tale tipologia di stabilimento vicino alle 500 unità.

Questa puntualizzazione non è molto importante dal punto di vista della “quantità” di latte trasformato perché il caseificio di azienda agricola normalmente trasforma volumi molto inferiori a quelli di un caseificio artigianale o industriale. Nel caso specifico del latte ovi- caprino invece è più rilevante rapportato alla percentuale nazionale delle produzione di latte in rapporto a quello vaccino.

La mancanza di dati “complessivi” comprensivi dei caseifici di azienda agricola rende meno evidente la diffusione di questi ultimi sul territorio.

Prendendo come territorio rappresentante la regione Piemonte su circa 500 caseifici di azienda agricola è stimabile che almeno 80/100 di questi si occupi di trasformazione di latte caprina, mentre il latte ovino probabilmente è trasformato in circa 10 laboratori. Il latte ovicaprino trasformato in Italia è sicuramente per la maggior parte di origine italiano ma è sicuramente da segnalare l’acquisto di latte estero sia ovino che caprino con provenienze per l’ovino dalla Spagna e per il caprino dalla Spagna e dell’Olanda. Qui si entra in merito al made in italy prodotto con materie prime italiane che nel caso dell’abbigliamento o di altri settori potrebbe essere più “logico” approvvigionarsi di materie prime estere mantenendo la “manifattura” in Italia. Nel caso del settore lattiero-caseario ed agroalimentare in generale questa “promiscuità” sicuramente non rispetta il consumatore.

La produzione casearia caprina artigianale e di industriale si concentra prevalentemente su tipologia casearie di breve stagionatura, specie sulle tecnologie lattiche o miste lattiche/presamiche. La produzione di Yogurt caprino non pare abbia dei grandi aumenti come pure il latte alimentare.

Rimangono i formaggi la principale tecnica di trasformazione del latte caprino. Dalla loro parte anche l’aumento (effettivo o psicologico) dei cosiddetti “intolleranti” alle proteine del latte vaccino che hanno certamente contribuito all’aumento del consumo di formaggi caprini.

Per il latte ovino non è prevedibile una consistente aumento dell’allevamento e della produzione anche se occorre ricordare lo stimolo avvenuto in questa primavera in Piemonte da parte di un importante caseificio industriale.

La proposta è quella di aumentare l’allevamento e la produzione di latte ovino per la vendita al caseificio in ottica di trasformazione in formaggio da grattugia, una proposta che alcuni anni fa, specie fatta in provincia di Cuneo avrebbe avuto dell’incredibile. Ai giorni nostri, con la “crisi” del prezzo del latte vaccino può essere considerata una proposta che alcuni attuali produttori di latte vaccino potrebbero prendere in considerazione.

In chiusura citiamo il curioso caso del Caprino di Latte Vaccino. Questa “legale” dicitura ha particolarmente appeal in Lombardia sia con produzioni da parte di “importanti” caseifici ed anche nelle specialità dei PAT “Caprino Vaccino Lombardo”

S.I.P.A.O.C.

Società Italiana di Patologia e Allevamento degli Ovini e dei Caprini

S.I.P.A.O.C.

Società Italiana di Patologia e Allevamento degli Ovini e dei Caprini

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