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STRATEGIE ALIMENTARI PER IL MIGLIORAMENTO DEL PROFILO ACIDICO DEL LATTE E DELLA CARNE DI CAPRA

M. RENNA

Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino Parole chiave: caprini, lipidi, bioidrogenazione, razione.

INTRODUZIONE

Il profilo in acidi grassi dei prodotti di origine animale è ormai da diversi anni al centro dell’interesse di molti gruppi di ricerca, principalmente afferenti ai settori delle scienze delle produzioni animali e delle scienze mediche, a causa delle ben note associazioni, in taluni casi positive ed in altri casi negative, esistenti tra acidi grassi e salute umana. Da alcuni anni anche i consumatori, soprattutto nei paesi industrializzati, appaiono molto più attenti nei confronti di ciò che acquistano e consumano, grazie ad una maggiore consapevolezza del ruolo che l’alimentazione riveste sulla nostra salute e sul nostro benessere, in parte anche come riflesso delle sempre più numerose campagne di sensibilizzazione per la prevenzione di alcune tra le più diffuse patologie dell’uomo, come le malattie cardiovascolari e varie forme tumorali (Annunziata e Vecchio, 2010; Eckel et al., 2009).

Appare chiaro, dopo oltre 30 anni di sperimentazione scientifica nel settore, che attraverso la modulazione della razione è possibile almeno in parte “plasmare” i prodotti di origine animale, al fine di ottenere specifiche composizioni nutrizionali, soprattutto per ciò che concerne la componente lipidica. Lo sforzo necessario per modulare il profilo acidico di latte e carne ottenibili da bovini, ovini e caprini è maggiore se paragonato a quello necessario per modulare il profilo acidico dei prodotti ottenibili dai monogastrici; il motivo è da ricondurre alla bioidrogenazione ruminale, un complesso insieme di trasformazioni biochimiche operate dalla microflora che popola il rumine cui sono sottoposti i lipidi che l’animale ingerisce con la razione. Da una decina di anni a questa parte è stato anche dimostrato che, soprattutto per quanto concerne la secrezione e la composizione del grasso del latte, la specie caprina presenta specifiche peculiarità rispetto alla specie bovina, in particolare in riferimento alla risposta dell’animale stesso a fattori di tipo fisiologico e nutrizionale (Chilliard et al., 2014).

Obiettivo di questo contributo è fornire una panoramica delle strategie alimentari che possono essere impiegate a livello aziendale per migliorare la composizione in acidi grassi dei prodotti lattiero-caseari e carnei ottenibili dalla specie caprina, ponendo enfasi sulle peculiarità di questa specie in confronto ad altri ruminanti.

PASCOLAMENTO E CINETICA DI VARIAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI

Da ormai oltre 50 anni è noto che l’ingestione di erba verde é in grado di influenzare positivamente il profilo in acidi grassi dei prodotti lattiero-caseari e carnei ottenibili dai ruminanti. Il pascolamento viene quindi universalmente considerato la strategia più “naturale” per l’ottenimento di prodotti di origine animale ad elevato potenziale nutrizionale e salutistico. Analogamente al pascolamento, anche il foraggiamento verde (ovverosia la somministrazione di erba fresca ad animali stabulati) permette il raggiungimento di simili obiettivi, a patto che l’erba venga tagliata frequentemente, onde evitare surriscaldamenti indesiderati durante lo stoccaggio. In un’ottica di miglioramento della qualità della composizione acidica di latte, formaggi e carne, la superiorità del foraggio verde rispetto a quello affienato è da ricondursi alle notevoli perdite di acidi grassi totali, e di acido -linolenico (C18:3 c9c12c15) in particolare, conseguenti al processo di fienagione (Dewhurst, 2010). Se si confronta il profilo acidico del latte ottenuto da capre alimentate con diete caratterizzate da proporzioni variabili di fieno ed erba, ciò che si nota è un progressivo miglioramento della composizione in acidi grassi del latte (ad esempio, un significativo aumento delle percentuali di acido rumenico – C18:2 c9t11 – e acido -linolenico) all’aumentare del livello di inclusione di erba nella razione (Renna et al., 2012a), che si associa altresì ad un aumento del contenuto di grasso del latte stesso (Steinshamn et al., 2012).

L’aumento del contenuto di grasso e il miglioramento del profilo acidico del latte di capra a seguito del passaggio da un’alimentazione tipicamente invernale, costituita ad esempio da fieni e limitate integrazioni a base di concentrati, ad alimentazione al pascolo è repentino.

Fig. 1 – Variazione di acido linoleico coniugato (CLA) totale e acidi grassi omega 3 totali (% del totale degli acidi grassi rilevati) a seguito di un brusco cambio di razione (coincidente con il giorno 0). Studi sulla cinetica di variazione della concentrazione degli acidi grassi del latte di capra in seguito a brusche modificazioni di razione hanno dimostrato inoltre che i diversi acidi grassi presentano tempi di stabilizzazione differenti. Per alcuni acidi grassi è possibile osservare variazioni significative già dopo 2 o 3 giorni successivi al cambio di razione, ma per la stabilizzazione delle concentrazioni di acidi grassi insaturi che si caratterizzano per possedere effetti benefici sulla salute umana, possono essere necessarie fino a 2 settimane (acidi vaccenico – C18:1 t11 – e rumenico) o persino oltre 3 settimane (acidi grassi polinsaturi della serie omega 3) dal cambio di razione. L’incremento del contenuto in acidi grassi omega 3 totali appare inoltre decisamente più contenuto se paragonato all’incremento in acido linoleico coniugato (CLA) totale, molto probabilmente a causa della forma in cui l’acido -linolenico si trova nell’erba di pascolo, che non risulta naturalmente protetta dal processo di bioidrogenazione ruminale e subisce, pertanto, un notevole tasso di scomparsa ad opera della microflora (Renna et al., 2012b; Fig. 1a). Così come avviene per la bovina da latte, anche nel caso della capra il positivo effetto del pascolamento (o del foraggiamento verde) sulla composizione acidica del prodotto non permane a lungo quando nella razione l’erba verde viene nuovamente sostituita da foraggi conservati e concentrati. In tal caso, i tempi di stabilizzazione del profilo in acidi grassi del latte risultano essere ancora più rapidi, e per molti acidi grassi è possibile osservare il raggiungimento di un plateau già dopo 2 o 3 giorni dal cambio di razione (Renna et al., dati non pubblicati; Fig. 1b). INTEGRAZIONI LIPIDICHE

L’integrazione delle razioni con lipidi, siano essi di origine vegetale o di origine marina, permette di innalzare il contenuto energetico della dieta e determina altresì modificazioni significative del profilo in acidi grassi del latte e della carne di capra.

Per ciò che concerne il contenuto in grasso del latte, la risposta della capra appare per certi versi piuttosto differente dalla risposta della bovina. Nella capra, infatti, livelli anche elevati di integrazione

(a)

STRATEGIE ALIMENTARI PER IL MIGLIORAMENTO DEL PROFILO ACIDICO DEL

LATTE E DELLA CARNE DI CAPRA

M. RENNA

Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino Parole chiave: caprini, lipidi, bioidrogenazione, razione.

INTRODUZIONE

Il profilo in acidi grassi dei prodotti di origine animale è ormai da diversi anni al centro dell’interesse di molti gruppi di ricerca, principalmente afferenti ai settori delle scienze delle produzioni animali e delle scienze mediche, a causa delle ben note associazioni, in taluni casi positive ed in altri casi negative, esistenti tra acidi grassi e salute umana. Da alcuni anni anche i consumatori, soprattutto nei paesi industrializzati, appaiono molto più attenti nei confronti di ciò che acquistano e consumano, grazie ad una maggiore consapevolezza del ruolo che l’alimentazione riveste sulla nostra salute e sul nostro benessere, in parte anche come riflesso delle sempre più numerose campagne di sensibilizzazione per la prevenzione di alcune tra le più diffuse patologie dell’uomo, come le malattie cardiovascolari e varie forme tumorali (Annunziata e Vecchio, 2010; Eckel et al., 2009).

Appare chiaro, dopo oltre 30 anni di sperimentazione scientifica nel settore, che attraverso la modulazione della razione è possibile almeno in parte “plasmare” i prodotti di origine animale, al fine di ottenere specifiche composizioni nutrizionali, soprattutto per ciò che concerne la componente lipidica. Lo sforzo necessario per modulare il profilo acidico di latte e carne ottenibili da bovini, ovini e caprini è maggiore se paragonato a quello necessario per modulare il profilo acidico dei prodotti ottenibili dai monogastrici; il motivo è da ricondurre alla bioidrogenazione ruminale, un complesso insieme di trasformazioni biochimiche operate dalla microflora che popola il rumine cui sono sottoposti i lipidi che l’animale ingerisce con la razione. Da una decina di anni a questa parte è stato anche dimostrato che, soprattutto per quanto concerne la secrezione e la composizione del grasso del latte, la specie caprina presenta specifiche peculiarità rispetto alla specie bovina, in particolare in riferimento alla risposta dell’animale stesso a fattori di tipo fisiologico e nutrizionale (Chilliard et al., 2014).

Obiettivo di questo contributo è fornire una panoramica delle strategie alimentari che possono essere impiegate a livello aziendale per migliorare la composizione in acidi grassi dei prodotti lattiero-caseari e carnei ottenibili dalla specie caprina, ponendo enfasi sulle peculiarità di questa specie in confronto ad altri ruminanti.

PASCOLAMENTO E CINETICA DI VARIAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI

Da ormai oltre 50 anni è noto che l’ingestione di erba verde é in grado di influenzare positivamente il profilo in acidi grassi dei prodotti lattiero-caseari e carnei ottenibili dai ruminanti. Il pascolamento viene quindi universalmente considerato la strategia più “naturale” per l’ottenimento di prodotti di origine animale ad elevato potenziale nutrizionale e salutistico. Analogamente al pascolamento, anche il foraggiamento verde (ovverosia la somministrazione di erba fresca ad animali stabulati) permette il raggiungimento di simili obiettivi, a patto che l’erba venga tagliata frequentemente, onde evitare surriscaldamenti indesiderati durante lo stoccaggio. In un’ottica di miglioramento della qualità della composizione acidica di latte, formaggi e carne, la superiorità del foraggio verde rispetto a quello affienato è da ricondursi alle notevoli perdite di acidi grassi totali, e di acido -linolenico (C18:3 c9c12c15) in particolare, conseguenti al processo di fienagione (Dewhurst, 2010). Se si confronta il profilo acidico del latte ottenuto da capre alimentate con diete caratterizzate da proporzioni variabili di fieno ed erba, ciò che si nota è un progressivo miglioramento della composizione in acidi grassi del latte (ad esempio, un significativo aumento delle percentuali di acido rumenico – C18:2 c9t11 – e acido -linolenico) all’aumentare del livello di inclusione di erba nella razione (Renna et al., 2012a), che si associa altresì ad un aumento del contenuto di grasso del latte stesso (Steinshamn et al., 2012).

L’aumento del contenuto di grasso e il miglioramento del profilo acidico del latte di capra a seguito del passaggio da un’alimentazione tipicamente invernale, costituita ad esempio da fieni e limitate integrazioni a base di concentrati, ad alimentazione al pascolo è repentino.

Fig. 1 – Variazione di acido linoleico coniugato (CLA) totale e acidi grassi omega 3 totali (% del totale degli acidi grassi rilevati) a seguito di un brusco cambio di razione (coincidente con il giorno 0). Studi sulla cinetica di variazione della concentrazione degli acidi grassi del latte di capra in seguito a brusche modificazioni di razione hanno dimostrato inoltre che i diversi acidi grassi presentano tempi di stabilizzazione differenti. Per alcuni acidi grassi è possibile osservare variazioni significative già dopo 2 o 3 giorni successivi al cambio di razione, ma per la stabilizzazione delle concentrazioni di acidi grassi insaturi che si caratterizzano per possedere effetti benefici sulla salute umana, possono essere necessarie fino a 2 settimane (acidi vaccenico – C18:1 t11 – e rumenico) o persino oltre 3 settimane (acidi grassi polinsaturi della serie omega 3) dal cambio di razione. L’incremento del contenuto in acidi grassi omega 3 totali appare inoltre decisamente più contenuto se paragonato all’incremento in acido linoleico coniugato (CLA) totale, molto probabilmente a causa della forma in cui l’acido -linolenico si trova nell’erba di pascolo, che non risulta naturalmente protetta dal processo di bioidrogenazione ruminale e subisce, pertanto, un notevole tasso di scomparsa ad opera della microflora (Renna et al., 2012b; Fig. 1a). Così come avviene per la bovina da latte, anche nel caso della capra il positivo effetto del pascolamento (o del foraggiamento verde) sulla composizione acidica del prodotto non permane a lungo quando nella razione l’erba verde viene nuovamente sostituita da foraggi conservati e concentrati. In tal caso, i tempi di stabilizzazione del profilo in acidi grassi del latte risultano essere ancora più rapidi, e per molti acidi grassi è possibile osservare il raggiungimento di un plateau già dopo 2 o 3 giorni dal cambio di razione (Renna et al., dati non pubblicati; Fig. 1b). INTEGRAZIONI LIPIDICHE

L’integrazione delle razioni con lipidi, siano essi di origine vegetale o di origine marina, permette di innalzare il contenuto energetico della dieta e determina altresì modificazioni significative del profilo in acidi grassi del latte e della carne di capra.

Per ciò che concerne il contenuto in grasso del latte, la risposta della capra appare per certi versi piuttosto differente dalla risposta della bovina. Nella capra, infatti, livelli anche elevati di integrazione

(a)

(b)

con oli di origine vegetale non portano ad una riduzione del contenuto di grasso del latte (fenomeno meglio noto come “diet- induced milk fat depression - MFD”), quanto piuttosto ad un suo innalzamento. Differente appare invece la risposta ai lipidi di origine marina, soprattutto se associati a diete basali ricche di composti amilacei, ove anche la specie caprina sembra subire, al pari di quella bovina, effetti negativi sulla lipogenesi. I meccanismi che regolano la MFD non sono ancora stati completamente elucidati; alcuni composti intermedi che si formano durante la bioidrogenazione ruminale degli acidi grassi insaturi assunti con la dieta, in particolare alcuni isomeri trans-ottadecenoici (C18:1 t10) e trans-ottadecadienoici coniugati (C18:2 t10c12 e C18:2 t9c11), sembrano giocare a tal riguardo un ruolo chiave, seppur non esclusivo. Studi recenti indicano che la capra si caratterizza, rispetto alla bovina da latte, per una inferiore sensibilità agli effetti antilipogenici dei suddetti composti intermedi di bioidrogenazione (soprattutto C18:2 t10c12), nonché per essere molto meno soggetta ad alterazioni delle vie metaboliche di bioidrogenazione ruminale, in particolare quelle alterazioni che vedrebbero la formazione di acidi grassi con doppio legame trans-10 a scapito di acidi grassi con doppio legame trans-11 (Toral et al., 2015; Toral et al., 2016). L’effetto dell’integrazione lipidica sul profilo in acidi grassi dei prodotti lattiero-caseari e carnei di capra dipende da numerosi fattori, tra cui il livello di inclusione nella razione, l’eventuale rumino- protezione nei confronti della bioidrogenazione, la composizione della dieta basale (ad esempio il rapporto foraggio:concentrato, la tipologia di foraggio impiegata e il contenuto di amido) e, ovviamente, l’acido grasso caratterizzante la stessa integrazione (prevalentemente acidi grassi insaturi a 18 atomi di carbonio, e usualmente acido oleico – C18:1 c9 –, linoleico – C18:2 c9c12 –, - linolenico, oppure, nel caso di alcuni lipidi di origine marina, acidi grassi polinsaturi omega 3 a lunga catena); tali fattori interagiscono

tra loro nel definire la riposta ottenibile in termini di composizione in acidi grassi del prodotto (Renna et al., 2013).

Le fonti lipidiche ricche di acidi oleico, linoleico e -linolenico (ad esempio olio / semi di girasole - arricchito o meno in acido oleico – e olio / semi di lino) possono essere efficacemente impiegate per ridurre in modo significativo la concentrazione di alcuni acidi grassi saturi a media catena, quali gli acidi laurico (C12:0), miristico (C14:0) e palmitico (C16:0), da anni noti per il loro effetto ipercolesterolemico sull’uomo.

Altri effetti generali ottenibili dall’impiego di fonti lipidiche ricche di uno di questi tre acidi grassi insaturi sono: 1. una riduzione della concentrazione in acidi grassi saturi totali, 2. un aumento della concentrazione in acidi grassi monoinsaturi totali, 3. una riduzione dell’indice di aterogenicità, 4. un aumento della concentrazione in acidi grassi trans-ottadecenoici totali e 5. una riduzione della concentrazione in acidi grassi monoinsaturi totali con doppio legame cis-9, quest’ultimo risultato chiaro indice di un effetto inibitorio dell’integrazione lipidica sull’attività dell’enzima 9-desaturasi in ghiandola mammaria (Martínez Marín et al., 2011).

Altri effetti specifici ottenibili con l’integrazione lipidica della razione sono invece strettamente dipendenti dall’acido grasso caratterizzante la fonte lipidica che si intende impiegare. Ad esempio, dalla bioidrogenazione dell’acido oleico si forma direttamente, per idratazione, l’acido 10-idrossistearico (successivamente metabolizzato ad acido 10-ketostearico), un composto interessante dal punto di vista nutrizionale in quanto potente inibitore della proliferazione cellulare, che si caratterizza per noti effetti citotossici sullo sviluppo del melanoma nell’uomo e capace inoltre di svolgere un ruolo importante nella perossidazione lipidica (Márquez-Ruiz et al., 2011).

Tab. 1 – Alcuni esempi dell’effetto dell’integrazione lipidica della razione sul profilo in acidi grassi del latte di capra (g/100 g esteri metilici degli acidi grassi).

DIETA Dose C18:1 n9 C18:2 n6 CLA C18:3 n3 C20:5 n3 C22:6 n3 n6/n3 Bibliografia

Controllo

Olio di girasole con C18:1 c9 Olio di girasole Olio di lino 0 48 g/d 48 g/d 48 g/d 15,11 21,35 + 18,32 + 17,34 1,69 1,30 - 2,17 + 1,49 0,69 1,04 1,88 + 1,68 + 0,14 0,12 0,12 0,55 + 0,023 0,020 0,023 0,037 + 0,021 0,018 0,023 0,018 6,80 6,51 9,47 + 2,34 -

Martínez Marín et al. (2011)

Controllo

Seme di lino estruso 0 180 g/d 24,8 26,5 3,26 3,30

0,85 1,32 + 0,74 1,81 + 0,03 0,04 + 0,07 0,06 3,58 1,73 - Nudda et al. (2013) Controllo Olio di Echium 0 36 g/d 20,06 18,55 - 2,32 2,21 - 0,74 2,49 + 0,60 0,76 + 0,021 0,030 + nr nr 4,07 2,62 - Renna et al. (2016) Controllo

Chlorella kessleri microalghe 0 10 g/kg SS 12,66 13,79 3,29 3,59 + 1,20 1,54 + 0,88 1,17 + 0,03 0,07 + 0,02 0,04 + 3,53 2,88 – Póti et al. (2015) Controllo

Olio di pesce rumino protetto Olio di pesce 0 3%SS 3%SS 24,9 18,8 - 33,0 + 2,86 3,44 + 3,47 + nr nr nr 0,59 0,54 0,32 nr 0,47 + 0,31 + nr 1,01 + 1,12 + nr nr nr Kitessa et al. (2001) Controllo Olio di pesce Olio di pesce 0 20 g/d 40 g/d 15,41 14,88 13,71 - 1,93 1,91 1,74 - 0,18 0,36 0,91 + 0,27 0,32 0,32 0,03 0,07 + 0,10 + 0,02 0,05 + 0,08 + 5,23 3,84 - 2,69 - Toral et al. (2014) nr = non rilevato; SS = sostanza secca.

(+) / (-) : differenza significativa, in positivo o in negativo, rispetto alla dieta controllo. Quando lo scopo dell’integrazione è invece quello di innalzare i

livelli di acidi grassi polinsaturi totali, di acido vaccenico o di acido rumenico, è opportuno optare per integrazioni lipidiche ricche di acido linoleico o -linolenico. Tali fonti lipidiche innalzano altresì notevolmente anche la concentrazione in acidi grassi trans- ottadecadienoici (coniugati e non coniugati) totali; le specificità delle vie metaboliche di bioidrogenazione degli acidi linoleico e - linolenico determineranno l’incremento della concentrazione di alcuni acidi grassi trans-ottadecadienoici piuttosto che di altri (Lee e Jenkins, 2011; Honkanen et al., 2012).

E’ bene tenere in considerazione che l’impiego di integrazioni lipidiche ricche di acido linoleico ha come effetto negativo l’innalzamento del rapporto tra acidi grassi polinsaturi delle serie omega 6 e omega 3, che nella dieta umana dovrebbe sempre

mantenersi inferiore a 4 (Simopoulos, 2011). Al fine di incrementare la concentrazione in acidi grassi omega 3 nel latte e nella carne di capra, l’integrazione lipidica deve essere quindi essa stessa ricca di acidi grassi omega 3. Fonti lipidiche naturalmente ricche di acido -linolenico (precursore degli acidi grassi polinsaturi della serie omega 3), ad esempio olio o semi di lino, sono state impiegate allo scopo di innalzare la concentrazione di acidi grassi omega 3 e di conseguenza ridurre il rapporto tra acidi grassi polinsaturi delle serie omega 6 e omega 3 nel latte e nella carne di capra. Bisogna però tenere in considerazione che oltre il 95% dell’acido -linolenico ingerito dall’animale con la dieta viene bioidrogenato nel rumine ad opera della microflora ruminale. Ciò significa che per ottenere un incremento notevole della concentrazione in acidi grassi omega 3 nel prodotto lattiero-caseario o carneo, la fonte lipidica dovrà

CONGRESSO NAZIONALEXXII

S.I.P.A.O.C.

CUNEO

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Società Italiana di Patologia e Allevamento degli Ovini e dei Caprini

S.I.P.A.O.C.

Società Italiana di Patologia e Allevamento

degli Ovini e dei Capriniessere in qualche modo protetta dalla bioidrogenazione ruminale.

Sempre in riferimento al miglioramento del rapporto omega 6 / omega 3, bisogna anche ricordare che fonti lipidiche ricche di acido -linolenico portano ad un aumento degli acidi grassi omega 3 totali che sarà però essenzialmente da ricondursi ad un innalzamento della concentrazione dello stesso acido - linolenico, mentre tali fonti lipidiche risultano inefficaci allo scopo di innalzare sensibilmente la concentrazione in acidi grassi omega 3 a lunga catena, quali gli acidi eicosapentaenoico (EPA, C20:5 n3) e docosaesaenoico (DHA, C22:6 n3), entrambi considerati particolarmente favorevoli per la nostra salute. La conversione dell’acido -linolenico in acidi grassi omega 3 a più lunga catena è, nei ruminanti così come nell’uomo, negativamente influenzata dalla scarsa presenza ed attività della 6-desaturasi, l’enzima che catalizza il primo step della via metabolica di conversione dello stesso acido -linolenico in EPA e DHA e che, nello specifico, porta alla formazione dell’acido stearidonico (C18:4 n3) (Patterson et al., 2012). Per ovviare a questo problema, è teoricamente possibile ricorrere a fonti lipidiche di origine vegetale naturalmente ricche (o artificialmente arricchite) in acido stearidonico, che però a livello pratico- operativo risultano al momento proibitive da un punto di vista economico. Tra le fonti vegetali naturalmente ricche di acido stearidonico vi sono alcune specie dei generi Echium (Boraginaceae), Borago (Boraginaceae) e Primula (Primulaceae) (Kuhnt et al., 2012).E’ stata inoltre prodotta in commercio una varietà di soia geneticamente modificata contenente elevati livelli di acido stearidonico, che è già stata testata per i suoi effetti sul profilo acidico del latte sulla specie bovina (Bernal-Santos et al., 2010). Nella capra, l’impiego di integrazioni lipidiche ricche di acido stearidonico al fine di innalzare i livelli di EPA e DHA sembra però essere efficace solo se la fonte lipidica viene rumino protetta, in quanto il tasso di bioidrogenazione dell’acido stearidonico risulta particolarmente elevato (Renna et al., 2016). Alcuni esempi dell’effetto di diverse tipologie di integrazione lipidica sul profilo in acidi grassi del latte di capra sono riportati in Tabella 1.

METABOLITI SECONDARI DELLE PIANTE

Numerosi metaboliti secondari delle piante (quali ad esempio vari composti fenolici, oli essenziali, ecc…) possono essere impiegati allo scopo di modulare il profilo acidico di latte e carne, in quanto

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