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Paola Cavaliere

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Dopo aver acquisito il controllo di numerose province del Giappone centrale, nel 1576 Oda Nobunaga 織田信長 stabilì la sua residenza ad Azuchi 安土, attuale provincia di Shiga 滋賀, e ordinò la costruzione di un imponente castello che spiccasse sulla cima del monte Azuchi (m. 198,9) e si riflettesse sulle acque del lago Biwa 琵琶. Il maestoso edificio fu completato nel 1579, ma ebbe vita breve: nel giugno del 1582 Nobunaga, attaccato presso il tempio Honnōji 本能寺 di Kyōto, muore, e il figlio dà fuoco al Castello onde evitare che cada nelle mani del nemico.

Del Castello di Azuchi 安土城 rimangono oggi le imponenti scalinate e gli alti muraglioni in pietra. Il ventennio di scavi archeologici 1986-2006 nell’area ha messo in luce le straordinarie proporzioni planimetriche1 in base alle quali numerosi studiosi hanno formulato ipotesi, spesso discordanti, sulle sue reali fattezze.2 Essi tuttavia concordano su un fatto: che si trattasse di un modello architettonico senza precedenti in Giappone, un edificio sviluppato in altezza su cui spiccava il tenshukaku 天守閣, un torrione ottagonale di sette piani a dominare il lago Biwa.3 Il nono volume dello Shinchō kōki 信長公記,4 intitolato

1 Cfr. Hakkutsu chosa 15 nen no kiseki zusetsu Azuchijō o horu (Il Castello di Azuchi: quindici anni di scavi archeologici), Shigaken Azuchi jōkaku chōsa kenkyūjō (a cura di), Sanraizu shuppan, Azuchi 2003.

2 Cfr. Naitō Akira, Fukugen Azuchijō (La ricostruzione del Castello di Azuchi), Kōdansha, Tōkyō 1994.

3 Cfr. Takayanagi Shun’ichi, ‘The Glory That Was Azuchi’, Monumenta Nipponica, 32, 4, 1977, pp. 515-524; Miura Masayuki (a cura di), Yomigaeru shinsetsu Azuchijō:

tettei fukugen, haō Nobunaga no maboroshi no shiro (Rileggere la leggenda del castello di

Azuchi: la completa ricostruzione del fantomatico castello di Azuchi del grande Nobunaga), Gakushū kenkyūsha, Tōkyō 2006.

4 Cfr. Ōta Gyūichi 大田牛一, Shinchō kōki 信長公記 (Annali di Nobunaga, 16 voll., 1669). Nuova edizione a cura di Nakamura Kōya, Jinbutsu juraisha, Tōkyō 1965.

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Azuchi gotenshu no shidai 安土御天主之次第 (Sul torrione di Azuchi), contiene

una dettagliata descrizione degli interni del torrione ottagonale, grazie alla quale si apprende che gli autori degli splendidi dipinti furono gli artisti della scuola Kanō diretti dal maestro Kanō Eitoku 狩野永徳 (1543-1590).5

Tuttavia l’incendio che distrusse l’edificio nel 1582 lasciò un quesito a tutt’oggi irrisolto: com’erano esattamente le fattezze esterne del Castello di Azuchi? L’unico documento a rivelarne l’aspetto sembra essere un prezioso paravento scomparso, l’Azuchijō no zu byōbu 安土城之図屏風, su cui l’edificio fu dettagliatamente dipinto.

Gli scritti dei gesuiti missionari in Giappone, di cui si parlerà più avanti, forniscono la certezza della sua esistenza e grazie a essi apprendiamo che Nobunaga donò l’opera ad Alessandro Valignano in occasione di una visita ad Azuchi nel 1581.6 Il gesuita la inviò poi a Roma per mezzo dei quattro ragazzi giapponesi della prima ambasceria in Europa, Tenshō ken’Ō shisetsu 天正遣 欧使節, affinché la donassero al pontefice Gregorio XIII (1502-1585).7 I giovani giunsero nella città nel marzo 1585, e vi incontrarono più volte il pontefice al quale “donarono un quadro dove è dipinta la città principale del Giappone detta Nobunanga, quale è alto due braccia et longo quattro o cinque”.8

Nel De Missione Legatorvm Iaponensium ad Romanam Curiam si legge che Gregorio XIII apprezzò molto l’oggetto tanto da farlo esporre nella galleria aperta che portava al giardino del Belvedere, detta la Galleria delle Carte Geografiche.9 È bene ricordare che la galleria voluta da Gregorio XIII e completata nel 1581 era, al tempo, una “pergola”10 che congiungeva il Palazzo Apostolico al giardino rinascimentale del Belvedere opera di Donato Bramante. Immaginiamoci un paravento dipintoesposto in un luogo aperto dove poteva subire le intemperie! Gregorio XIII muore il 10 aprile 1585, appena pochi

5 Ibid., volume IX. Cfr. C. Wheelwright, ‘A Visualization of Eitoku’s Lost Painting at Azuchi Castle’, in Warlords, Artists and Commoners: Japan in the Sixteenth Century (George Elison & Bardwell L. Smith eds), University of Hawaii Press, Honolulu 1981, pp. 87-111.

6 “Carta Annua do Japão de 1582, para Reverendo Padre General da Companhia de Iesus, escrita polo Padre Luìs Froes em Cochinoçu, aos Octubro de 1582”, in Cartas do

Japão, II, ff. 37-38, Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI), Roma.

7 Ibid. f.37. Sull’ambasceria vedasi M. Cooper, The Japanese Mission to Europe, 1582–

1590. The Journey of Four Samurai Boys Through Portugal, Spain, Italy, Global Oriental,

Folkstone, 2006; ‘Tenshō ken’ō shisetsu kankei shiryō’, Dai Nihonshi, vol. 11, bekkan 1-2, a cura di Tōkyō daigaku shiryō hensanjo, Tōkyō daigaku shuppan, Tōkyō 1959.

8 G. Berchet, Le Antiche Ambasciate Giapponesi in Italia, Tipografia del Commercio di Marco Visentini, Venezia, 1877, p. 57 (Dalla Relatione del Benacci).

9 De Missione Legatorvm Iaponensium ad Romanam curiam, rebusq; in Europa, ac

toto itinere animaduersis Dialogvs Ex Ephemeride Ipsorvm Legatorvm Collectvs, & In Sermonem Latinvm Versvs ab Eduardo de Sande Sacerdote Societatis Iesv. In Macaensi

portu Sinici regni in domo Societatis Iesv cvm facultate Ordinarij, & Superiorum. Anno 1590. Riproduzione fotostatica, Tōyō bunko, Tōkyō 1930, p. 257.

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135 giorni dopo aver ricevuto l’ambasceria giapponese, e a lui succede Sisto V che non mancò di trattare i quattro ragazzi con altrettanta cura. Ma l’avvicendarsi dei papi fece perdere le tracce del prezioso oggetto.

In questo scritto si intendono fornire i risultati dell’indagine riguardante l’Azuchijō no zu byōbu svolta per incarico del Comune di Azuchi nel triennio a partire dal 2004. Sono state vagliate le cronache giapponesi dell’epoca, gli scritti dei gesuiti missionari in Giappone nel XVI secolo, i resoconti europei relativi all’ambasceria giapponese del 1585 e quanto registrato negli annali, negli inventari dei beni delle famiglie dei relativi papi e dei loro discendenti. Dal punto di vista metodologico l’indagine è stata suddivisa in tre parti che corrispondono a tre fasi temporali del paravento: prima del 1582, cioè l’indagine degli scritti che narrano della sua realizzazione fino all’imbarco a Nagasaki; tra il 1582 e il 1585, il periodo che corrisponde al viaggio da Nagasaki a Roma; dopo il 1585, ovvero successivamente alla consegna a papa Gregorio XIII.

Azuchijō no zu byōbu: la fama del dipinto e l’incontro tra Nobunaga e Valignano L’unico documento giapponese esistente che parli del paravento è

Oyu donoue no nikki 御湯殿上日記,11 il diario delle dame di corte a servizio dell’imperatore Ōgimachi 正親町. In data 13 agosto dell’ottavo anno dell’era Tenshō 天正 (1580) il diario riporta la decisione di Nobunaga di far dipingere il paravento a Kanō Eitoku e nella nota del giorno successivo si legge che il signore di Azuchi accolse la richiesta dell’imperatore, incuriosito dalla fama di bellezza dell’opera, accettando di andare a palazzo a mostrarglielo.12

Quest’ultima affermazione contrasta con il contenuto della Lettera

annua del 15 febbraio 1582 scritta da Gaspar Coelho.13 Il gesuita descrive dettagliatamente l’arrivo di Valignano ad Azuchi e si legge della calorosa accoglienza che Nobunaga gli riservò. In particolare si sofferma sul dono che Nobunaga consegnò a Valignano, i beobos, che Nobunaga aveva commissionato l’anno prima al più importante pittore del Giappone.14 Questa notizia conferma la nota del diario Oyu donoue no nikki e fa ritenere senza dubbio che l’autore dei

beobos sia stato Kanō Eitoku. L’attribuzione suggerisce inoltre che l’Azuchijō no zu byōbu sia stato realizzato secondo lo stile rakuchū rakugai zu byōbu 洛

中洛外図屏風 (paraventi dipinti con vedute e scene della città di Kyōto), da

11 Per il testo di riferimento vedasi 御湯殿上日記 Oyu donoue no nikki, Tsutsugigun

shorui jiūkanseiai (a cura di), Heibonsha, Tōkyō 1932.

12 Ibid., p. 367.

13 Cartas do Japão II, Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI), Fondo Jap-Sin 45-II, ff. 31-52v. Sono stati esaminati inoltre: Fondo Jap-Sin 8-I, ff. 120-123; Jap-Sin 8-45-II, ff. 109-110; Jap-Sin 9-I, ff. 0-106; Jap-Sin 9-II, ff. 0-105; Jap-Sin 33, ff. 33-81; Jap-Sin 34, ff. 55-57; Jap-Sin 46, ff. 43-153; Jap-Sin 51, ff. 9r.-9v.

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cui si può assumere che consistesse in una serie di due paraventi raffiguranti un’accuratissima immagine del Castello di Azuchi e dei dintorni.

Anche Coelho riferisce della richiesta di Ōgimachi di vedere il paravento, ma che Nobunaga, saputo dell’imminente partenza di Valignano, informò quest’ultimo che avrebbe volentieri donato a lui quei beobus, come segno del suo affetto cosicché il padre potesse mostrare alle genti d’Europa la bellezza della sua città.15 E così il prezioso paravento fu destinato a Roma.

Tra il 1582 e il 1585: il viaggio da Nagasaki a Roma

Non sono state rinvenute informazioni relative al paravento dal momento in cui Valignano ne entrò in possesso ad Azuchi (1581) sino alla sua consegna a Roma (1585). Le relazioni pubblicate nel XVI secolo16 narrano nei dettagli l’arduo viaggio dell’ambasceria da Nagasaki a Roma, ma non fanno alcun cenno al paravento.17 Esso tuttavia ricompare nelle cronache solo dopo l’arrivo a Roma, dove è di nuovo protagonista dell’evento come il dono più prezioso dei giovani giapponesi al pontefice.

Vi è ancora molto materiale inedito relativo all’ambasceria conservato presso gli archivi e accade che, ancora oggi, nuovi documenti vengano casualmente rinvenuti. È il caso del Comune di Pavia che, a seguito di una specifica richiesta, ha recuperato due lettere inviate dai Decurioni di Pavia all’Oratore che stava a Milano in cui si parla dell’arrivo e della partenza dell’ambasceria. Si tratta di due documenti inediti che vengono qui citati per la prima volta.18

La consegna a papa Gregorio XIII nel 1585 e gli anni successivi

L’indagine relativa alla consegna a papa Gregorio XIII nel 1585 e gli anni successivi è stata suddivisa in tre parti: la prima è inerente all’esame dei documenti contemporanei alla consegna del paravento; la seconda riguarda le registrazioni delle proprietà di Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni, e i beni trasferiti alla famiglia Boncompagni (poi Boncompagni-Ludovisi) alla morte del pontefice, il patrimonio dei successori del papa e gli inventari delle proprietà del Palazzo Apostolico; la terza è l’indagine dei disegni e delle stampe tuttora esistenti relativi al paravento e dei fatti riguardanti la Galleria delle Carte Geografiche dove esso fu esposto.

15 Ibid., f. 49.

16 Cfr. A. Boscaro, Sixteenth Century European Printed Works on the First Mission to

Europe, Brill, Leiden 1973.

17 Per l’indagine dei documenti relativi all’ambasceria conservati presso gli archivi delle città visitate, è stata inoltrata richiesta alle singole istituzioni con domanda di informazioni relative al paravento. Su 49 città contattate sono state ricevute 24 risposte e nessuna di esse cita l’oggetto.

18 Archivio Storico Comunale di Pavia, Fondo manoscritti, Lettera del 30 luglio 1585 e Lettera del 6 agosto 1585, pp. 835, 836.

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I documenti contemporanei alla consegna del paravento

Le cronache narrano che il 23 marzo 1585 i giapponesi arrivarono a Roma dove furono ricevuti da Gregorio XIII in concistoro pubblico a cui seguirono altre cerimonie e udienze private.19 In una di queste occasioni i giovani giapponesi donarono l’Azuchijō no zu byōbu che il papa apprezzò molto, tanto da farlo esporre nella Galleria delle Carte Geografiche.

L’obiettivo in questa fase è stato quello di stabilire esattamente quando fu consegnato il paravento. A questo scopo sono stati esaminati gli annali e le cronache della vita di Gregorio XIII compilati dai suoi contemporanei, scegliendo coloro che furono testimoni dell’avvenimento.

Tra questi emergono per accuratezza e attendibilità, benché purtroppo il paravento non venga mai citato, il Diarium Pauli Alaleonis;20 la Relazione

originale della Vita di Gregorio XIII redatta da Francesco Musotti, Vescovo

d’Imola, Maestro di Casa;21 il Diarii Caeremoniales sedente Gregorius XIII

Magistri Francisci Mucantii;22 il capitolo XXXIII della Vita di Gregorio XIII dal titolo “Delle più illustri Ambascerie che gli vennero da parti remote, come dal Giappone, et Moscovia” di monsignor Vincenzo de Camerini, cardinale di Como;23 gli Annali di Gregorio XIII Pont. Mass. sia vitta del medesimo in

tredici libri di versi scritti da padre Giampietro Maffei della Compagnia di

Gesù.24 Quest’ultimo fu interprete per il pontefice durante l’udienza pubblica e quindi diretto testimone e partecipe dell’incontro:

dopo questo furono trattenuti quel dì a Palazzo a pranzo dal Cardinal S. Sisto, dove si trovava ancora il Cardinal Guastavillani, ed il Duca di Sora [...] E chiamati poi dal Pontefice a più segreta, e familiare udienza, stettero quivi buona pezza, rispondendo a vari quesiti di Sua Santità intorno ai costumi del Giappone.25

19 F. Boncompagni-Ludovisi, Le prime due Ambasciate dei Giapponesi a Roma

(1585-1615), Forzani, Roma 1904, pp. 34-36.

20 Archivio Segreto Vaticano, Diarium Pauli Alaleonis S.D.N. Caeremoniarum

Magistri Ab Anno MDLXXXII usque ad Annum MDLXXXIX, Barb.lat.2919; Diarium Pauli Alaleonis anno 1634 Fondo Barb.lat.2814. Paolo Alaleoni fu maestro di cerimonia negli

anni 1582-1589.

21 Relazione originale del Musotti della Vita di Gregorio XIII in Fondo Boncompagni-Ludivisi, Codice Lettere D.5, Biblioteca Apostolica Vaticana. Alessandro Musotti, bolognese, fu nel 1579 Vescovo di Imola, maggiordomo e Maestro di Camera fino alla morte del pontefice.

22 Diarii Caeremoniales sedente Gregorius XIII Magistri Francisci Mucantii, in Fondo Boncompagni-Ludovisi, Codice Lettere D.5, Biblioteca Apostolica Vaticana. Diario redatto da monsignor Macanzio che officiò come cerimoniere durante il concistoro pubblico.

23 Vita di Gregorio XIII, redatta da Vincenzo de Camerino, in Fondo Boncompagni-Ludovisi, Biblioteca Apostolica Vaticana, Codice Lettere D-5m.

24 Annali di Gregorio XIII Pont. Mass. sia vitta del medesimo in tredici libri di versi, in Fondo Boncompagni-Ludovisi, Codice Lettere D 15, 16, Biblioteca Apostolica Vaticana. Si vedano anche: Serie di lettere spettanti alla compilazione delli Annali tra Duca Giacomo e

Maffei dal 1589 al 1608, Codice Lettere D.28 e Serie di lettere per compilazioni degli Annali di Gregorio XIII dopo la sua morte, con G.P. Maffei, Codice Lettere D-28.

25 Annali di Gregorio XIII Pont. Mass., cit., Tomo XIII, f. 67; vedasi anche G.P. Maffei

S.J., Degli Annali di Gregorio XIII, in Papi, vol. IV, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1712, pp. 420-421.

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I giapponesi, dunque, dopo il concistoro pubblico presero parte a un pranzo dato in loro onore dai due cardinali nipoti di Gregorio XIII e dal figlio naturale del papa, Giacomo Boncompagni Duca di Sora, ma non si sa se durante l’udienza privata abbiano consegnato il paravento.

Gli annali, peraltro, non fanno cenno al paravento o ai doni citati per esempio nelle lettere del nobile senese Marcantonio Tolomei26 o del Nunzio di Firenze.27 Anche l’accurata opera Vita di Gregorio XIII di Marc’Antonio Ciappi,28 in cui tra l’altro sono contenute due rare stampe del ‘Seminario di Azucci, prencipale Fortezza nel regno del Giappone’29 e del ‘Concistoro publico alli tre Re del Giappone’,30 non fa alcun cenno ai doni portati dai giovani ambasciatori.

Nota del paravento è stata invece rinvenuta tra i documenti diplomatici, ossia tra gli avvisi che gli ambasciatori residenti in Vaticano mandavano ai loro signori.31 Si tratta della lettera dell’ambasciatore del Duca di Urbino in Vaticano inviata alla propria città il 30 marzo 1585.32 Il passaggio più importante contenuto nell’Avvisi Urbinati del 30 marzo 1585 è il seguente:

Hanno donato al Papa sopra una grand[issi]ma, et sottiliss[im]a scorza d’arbore il ritratto della loro Città prin[cipa]le ornata de molti edificij Magnifici, scrittorij di Canna d’India, et tavolini ornati di vaghi lavori. […] la scorza sopra la quale scrivono le l[ette]re è di tal bellezza, sottigliezza et lustrezza che supera di gran lunga la finezza delle nostre carte pecore.33

Vi furono diversi autori, non direttamente operanti in Vaticano ma contemporanei all’evento, che scrissero sulla visita dei giapponesi. Non c’è dubbio che l’opera di Guido Gualtieri34 è tra le più esaurienti, ma la relazione più significativa è Dell’Istoria della Compagnia di Gesù, Il Giappone, Segunda

parte dell’Asia di Daniello Bartoli S.J.35 Il gesuita si occupò a lungo della

26 Cfr. “Lettera del 14 marzo 1585”, Biblioteca Comunale di Siena, codice D.c.3, a carte 214.

27 Cfr. “Del Nunzio Valerio Corbara 13 Marzo 1585”, Archivio Segreto Vaticano:

Nunziatura di Firenze, tomo 8, p. 321.

28 M. A. Ciappi, Vita di Gregorio XIII, Stamperia degli Accolti, Roma 1596.

29 Ibid., p. 40.

30 Ibid., p. 81.

31 Manoscritti consultati: Fondo Urbinate, Urbinate Latini n. 1053: Avvisi Urbinati anno 1585; Urb. Lat. n. 1100: 1630; Urb. Lat. n. 1103: 1635; Fondo Ottoboni: Ottob.3339: Avvisi di Roma 1633, in Biblioteca Apostolica Vaticana.

32 Biblioteca Apostolica Vaticana, Fondo Urbinate, Urbinate Latini n.1053, f.145r-v,156v.

33 Biblioteca Apostolica Vaticana, Urbinate Latini 1053, 148r.-v.

34 G. Gualtieri, Relationi della venuta degli Ambasciatori Giaponesi a Roma fino alla

partita di Lisbona, Zanetti, Roma 1586.

35 D. Bartoli, S.J., Dell’Istoria della Compagnia di Gesù, Il Giappone. Segunda

Parte dell’Asia, Firenze 1660. Cfr. anche l’edizione a cura di G. Marietti, D. Bartoli, S.J., Dell’Istoria della Compagnia di Gesù, Simone Birindelli, Firenze 1830.

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139 raccolta di quanto fosse relativo all’ambasceria elaborando accuratamente le prime fonti, tra cui il citato Annali di G.P. Maffei.

Bartoli scrive che il giorno seguente al concistoro pubblico i giapponesi visitarono varie chiese di Roma e furono accolti da una popolazione entusiasta. Il pontefice li interrogò quindi sullo stato della Chiesa in oriente:

Poi essi gli offersero in dono certe lor cose recategli dal Giappone, piuttosto da aversi care per la novita’ del lavoro che per lo pregio della materia. Fra queste il meglio eran due panni da addobbo, che cola’ chiaman Beobi, nell’un de’ quali era efigiata a pennello la nuova citta’, nell’altro l’inespugnabil fortezza d’Anzuciama [...] Il Pontefice ogni cosa gradi’, che bastava solo che da si’ care mani venisse: e in segno di cio, fe’ subito appender ei due panni nella bellissima sua galleria.36

Da questo documento si evince che l’oggetto fu consegnato il 24 marzo 1585, ma la data riportata dal Bartoli contrasta con la cronaca di Valignano resa in latino da De Sande nel De Missione Legatorvm Iaponensium ad

Romanam Curiam... dove si legge:

Diem Iovis sequente, qui fuit Nonis Aprilis, fummus pontifex ad familiare colloquiam […]. Eodem die ei munera aliqua a nostra patria delata, tamquam honoris pignora obtulimus, & inter ea, tabulas quasdam patri Visitatori Nobunanga dono datas, in quibus magnificentissima moenia Azuchiama urbis, ab eadem Nobunanga condicae depicta continebantur […] Inde ad pergulam quandam, Galeria nomine, delatissimus, qua summo pontefici privatus est transitus ad amoenissimum hortu, nomine Belvederium, a bello scilicet, & egregio, aspecto ira nominatum. […] In ea pergola tantopera ornata, iussis summus pontifex collocati tabulas illas, quibus Anzuchiamae descriptioerat appicta, ut ostendere.37

Ovvero, che il paravento fu donato in udienza privata il nove aprile e fu poi posto subito nella Galleria che porta al Belvedere. Tuttavia quest’ultima è una data inverosimile in quanto Gregorio XIII muore il giovedì dieci aprile e sappiamo che già dal martedì precedente era stato costretto a letto.38

Ci troviamo di fronte a tre possibilità: il 24 marzo (Bartoli), il 30 marzo (Avvisi Urbinati) e il 9 aprile (De Sande-Valignano). Pur non potendo dubitare dell’attendibilità delle opere di Bartoli e De Sande, non è stato trovato riscontro di esse nelle prime fonti, mentre proprio il manoscritto Avvisi Urbinati del 30 marzo non lascia dubbi sulla data. Questo porta ad assumere che la consegna del paravento sia avvenuta il 30 marzo 1585.

36 Marietti, Dell’Istoria della Compagnia di Gesù, cit., p. 314.

37 De Missione Legatorum, ed. Tōyō bunko, cit., pp. 256-257.

38 Boncompagni-Ludovisi, Le prime due Ambasciate dei Giapponesi a Roma, cit., p. 48.

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Indagine dei beni della Famiglia Boncompagni-Ludovisi

Il paravento, donato a Gregorio XIII, potrebbe essere stato incamerato come bene privato dalla famiglia Boncompagni, un’ipotesi che ha suggerito di vagliare la possibilità che esso si conservi oggi tra le proprietà della casata.

Nel 2005 è stato chiesto al principe Paolo Francesco Boncompagni-Ludovisi di verificare tra i suoi beni. Purtroppo il paravento non è risultato in suo possesso, ma la ricerca ha portato al ritrovamento di due disegni a matita raffiguranti Itō Mancio e Diego Mesquita (fig.1), quest’ultimo interprete e guida dei quattro ragazzi. Il disegno relativo a Itō Mancio è di notevole