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Il patrimonio comune dell’umanità

1.4. La Terza Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982

1.4.6. Caratteri di insieme della nuova Convenzione di Montego Bay

1.4.6.9. La protezione e lo sfruttamento delle risorse comuni

1.4.6.9.1. Il patrimonio comune dell’umanità

Il 17 dicembre 1970 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 2749-XXV(186), proclamò “patrimonio comune dell’umanità” le risorse minerarie giacenti sui fondi marini al di là della giurisdizione nazionale. Si tratta in prevalenza di «noduli polimetallici, contenenti manganese, nichel, rame, cobalto […] giacenti sopra il fondo dell’oceano a

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United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 193. 181

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 197. 182

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 202. 183

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 204. 184

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 206. 185

V. infra al par. 1.4.6.9.2.1. ss. 186

Declaration of Principles Governing the Sea-Bed and the Ocean Floor, and the Subsoil

Thereof, beyond the Limits of National Jurisdiction, 1933rd plenary meeting 1970, p. 24 ss,

consultabile al sito

http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/2749(XXV)&Lang=E&Area=R ESOLUTION, visitato il 02/06/2013; v. anche T. TREVES, Codification du Droit

International et Pratique des États dans le Droit de la Mer, in Recueil des Cours de l’Académie de droit international de la Haye, IV vol. 223, 1990, p. 273 ss.

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profondità comprese fra i 4000 e i 6000 metri. Le prospettive poste da queste risorse minerarie, di notevole valore anche strategico, hanno sollevato il problema del regime in base al quale un futuro sfruttamento dovrà configurarsi.»(187)

La risoluzione prevede l’esplorazione e lo sfruttamento dell’Area internazionale dei fondi marini attraverso un preciso regime internazionale, basato su un meccanismo istituzionale stabilito per mezzo di un trattato internazionale a carattere universale e generalmente accettato.

La Convenzione sul diritto del mare riafferma il principio di “patrimonio comune dell’umanità” nella parte XI e negli allegati III e IV: il regime e il meccanismo predisposti dalla risoluzione si realizzano concretamente attraverso disposizioni giuridiche ben dettagliate, le quali da un lato circoscrivono e dall’altro avvicinano gli opposti interessi dei differenti paesi del mondo. Se per un verso i paesi industrializzati sono decisi a sfruttare i fondi marini in modo redditizio, per l’altro i paesi in via di sviluppo intendono trasformare lo sfruttamento in una prima fase del “nuovo ordine economico internazionale”; se per un canto i paesi produttori di metalli ricavabili dai noduli dei fondi marini temono la concorrenza di questi ultimi sui mercati mondiali, per l’altro i paesi consumatori di tali metalli potrebbero chiedere approvvigionamenti per ingenti quantità a prezzi il più bassi possibile. Per risolvere la difficile situazione di divergenze è stata creata l’Autorità internazionale dei fondi marini (chiamata anche semplicemente l’Autorità).

1.4.6.9.1.1. L’Autorità internazionale dei fondi marini.

Il fatto che lo sfruttamento dei fondi marini internazionali dovesse effettuarsi affinché tutti gli Stati ne traessero beneficio era una idea

187

T. SCOVAZZI, Elementi di diritto internazionale del mare, 3° ed., Milano, Giuffrè, 2002, p. 111.

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generalmente accettata. Tuttavia, mentre gli Stati in via di sviluppo credevano che lo sfruttamento sarebbe stato illecito se non fosse stato fatto all’interno dei limiti prescritti dalla Convenzione, gli Stati maggiormente impegnati nell’attività estrattiva ritenevano che lo sfruttamento unilaterale, se condotto in maniera da arrecare vantaggi a tutti gli Stati, sarebbe stato lecito soltanto e proprio se gli Stati impegnati in tale attività non fossero vincolati alla Convenzione.

L’Autorità nacque il 16 novembre 1994, lo stesso giorno in cui la Convenzione sul diritto del mare entrò in vigore. Essa è una organizzazione intergovernativa con personalità giuridica internazionale(188); come organizzazione internazionale autonoma, essa è finanziata dai contributi dei propri membri(189); gli Stati possono diventare membri dell’Autorità solamente nel caso in cui diventino parte della Convenzione sul diritto del mare e, allo stesso tempo, tutti gli Stati parte della Convenzione sono ipso

facto membri dell’Autorità(190). Secondo la Convenzione, la funzione principale dell’Autorità è quella di organizzare e controllare le attività nell’Area(191); oltre a ciò, l’Autorità possiede responsabilità più ampie, quali: «the protection of the marine environment in the Area, the promotion of marine scientific research in the Area, and the protection of underwater cultural heritage in the Area».(192)

Secondo quanto previsto dal regime della Convenzione, lo sfruttamento dell’Area doveva avvenire attraverso un sistema detto “parallelo” da parte degli Stati e le proprie imprese da un lato e, dall’altro, da parte dell’Autorità, tramite l’Impresa. Quest’ultima è l’organo dell’Autorità che «shall carry out activities in the Area directly, pursuant to article 153, paragraph 2(a), as well as the transporting, processing and marketing of minerals recovered from the Area.».(193)

188

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 176. 189

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 171. 190

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 156 (2). 191

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 153. 192

J. HARRISON, Making the Law of the Sea, Cambridge, Cambridge University Press, 2011, p.118.

193

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Ogni attività deve svolgersi nel ambito dell’Autorità: gli Stati e l’Impresa devono sottoporre all’Autorità piani di lavoro, la cui approvazione attribuisce ai richiedenti un diritto esclusivo. Il piano di lavoro deve coprire un settore avente la superficie totale e un valore commerciale che abbiano la capacità di consentire due operazioni di estrazione. Il piano di lavoro inoltre deve indicare le modalità per dividere il settore in due parti equivalenti. L’Autorità in primo luogo approva il piano per una delle due porzioni del settore proposto, in secondo luogo designa l’altra porzione come sito riservato ad attività che essa condurrà mediante l’Impresa o in associazione con paesi in via di sviluppo. (194)

Il regime è integrato da disposizioni che conferiscono all’Impresa ulteriori agevolazioni per poter disporre di mezzi tecnici e finanziari per lo sfruttamento effettivo dell’Area. Infine, altre regole della Convenzione trattano della struttura istituzionale dell’Autorità: i suoi organi principali sono l’Assemblea, il Consiglio, il Segretariato e l’Impresa. Tutti i membri della Convenzione fanno parte dell’Assemblea, la quale è il massimo organo dell’Autorità internazionale di fondi marini e ha la facoltà di stabilire la politica generale dell’Autorità su ogni materia rientrante nella sua competenza.(195)

Il Consiglio è composto da 36 Stati membri, che sono eletti dall’Assemblea tra quelli che rientrano in categorie specificate da criteri che si basano su una equa ripartizione geografica e sulla rappresentanza di interessi particolari. Esso è l’organo esecutivo dell’Autorità e possiede il potere di adottare le politiche che l’Autorità segue su ogni questione relativa alle sue specifiche competenze.(196)

194

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, allegato III, art. 8.

195

United Nations Convention on the Law of the Sea of 10 December 1982, art. 160. 196

Per ulteriori informazioni sul Consiglio, v. United Nations Convention on the Law of the

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