• Non ci sono risultati.

Percorso didattico: imparare a vedere

Nel documento lessico famigliare 2 (pagine 85-88)

seguendo la natura

Per “destare” in noi tale capacità di vedere al fi ne di disegnare la realtà occorre un preciso percorso. Ai ra-gazzi suonerà forse strano, ma anche promettente l’annuncio che si tratta di “attivare” qualcosa di già presente in noi, e non di imparare con sforzo qualcosa per cui ci si sente inadeguati. Occorre che l’insegnante ripercorra personalmente tutti i passaggi che proporrà, in modo da saper cogliere anche le sensazioni che il processo ge-nera, rivelatrici dell’apprendimento in atto. Prendiamo come utili strumenti di comprensione, le defi nizioni date da Betty Edwards, che fondatamente assegna alla parte sinistra del cervello (S) un tipo di conoscenza analitica, astraente, verbalizzante, logica e con-sequenziale; mentre alla parte destra (D) una modalità conoscitiva globale basata sull’intuizione, sulla “visione” del tutto, sulla percezione cosciente

e sulla creatività. Si può iniziare pro-ponendo di osservare le linee del palmo della propria mano: quante sono? Normalmente la risposta è “5” o “6”. Perché sono quelle che si pos-sono immediatamente contare. Ma, se chiediamo ai ragazzi lo sforzo di provare a disegnare tutte le linee che vedono, senza guardare il foglio,

len-tamente e in silenzio... avremo delle

sorprese: le linee che potranno vedere allora saranno incredibilmente di più. Nella fi g. 1 si osserva il risultato di un simile esercizio: le linee che si otten-gono sono certamente confuse e non “rappresentano” la mano, ma hanno una strana naturalezza, perché sono frutto dell’osservazione non mediata dalla mente astraente, e quindi sono più “vere”. Si farà subito vedere ai

1 MIUR, Indicazioni Nazionali per il Cur-ricolo, p. 61.

&IG&&ORNASIERI Copia dal vero

delle linee della mano senza guardare il foglio MATITASUCARTA 

s

cuola in atto

ragazzi che usando la stessa

moda-lità di sguardo cioè guardando

preva-lentemente l’oggetto - salvo qualche controllata al foglio, si può ottenere un disegno della mano estremamente realistico (fi g. 2).

Un simile lavoro non sarà valutato ma sicuramente sarà utile alla rifl essione. Successivamente, capito il punto fon-damentale, si può iniziare un percorso di copia dal vero che segua, quasi in fi logenesi, l’evoluzione delle forme della natura. Si può osservare infatti che dalla materia “informe” (rocce) – quindi non sintetizzabile in stereotipi fi gurativi –, la natura si evolve verso forme semplici (p. es. i fossili del

nau-tilus) via via strutturandosi

geometri-camente (le conchiglie) e dandosi poi una struttura modulare governata da leggi precise (le piante) creando poi le prime forme di vita animale (che tratteremo però separatamente in un prossimo articolo).

In tutti questi oggetti occorre partire da un punto del contorno esterno e

seguire (lentamente e in silenzio per tutta la durata dell’esercizio), le li-nee. Lasciarsi guidare da esse, come seguendo un sentiero che può avere improvvise svolte e che non fi nisce mai se non dove ne comincia un altro. Stupisce sempre come siano pieni di carattere e verità questi di-segni, portando anche i ragazzi ad un’insospettata soddisfazione. Questi lavori permettono di introdurre anche semplici, ma fondamentali ele-menti come la durezza o morbidezza della matita in relazione alla pressione della mano, in relazione con il tipo di linea (linea di appoggio, linea aerea) che si sta disegnando. Nella copia dal vero delle piante (nelle fi gure 4-5) si è introdotto anche l’uso dell’inchiostro di china, dove quindi comincia ad av-venire un tipo di sintesi che però deve

2 Hokusai, 100 vedute del Monte Fuji, 1834, epilogo.

&IG&&ORNASIERI Copia dal vero

della mano MATITASUCARTA 

&IG"ENEDETTA Copia dal vero

di una pianta da appartamento 

INCHIOSTRODICHINASUCARTA  &IG,UCIA Copia dal vero di un

broccolo MATITAEINCHIOSTRODICHINA

SUCARTA 

&IG+ATSUSHIKA(OKUSAI Bamboo e

fi ori C  INCHIOSTRISUCARTA 

(OKUSAI-USEUMOF!RT

&IG3ARA #opia dal vero di una

conchiglia MATITASUCARTA 

“… da quando ho sei anni ho disegnato le cose che mi circondavano. Da quando ho 50 anni pubblico continuamente molte opere. Ma le mie opere prima del 70° compleanno erano prive di signifi -cato. Solo a 73 anni ho capito qualcosa dell’anatomia degli animali e della vita delle piante. Se mi sforzo, a 80 anni farò altri progressi e a 90 anni scoprirò gli ul-timi misteri. Quando poi avrò 100 anni, i singoli tratti e punti si colmeranno di vita da soli. Che il Dio della lunga vita faccia si che questa mia convinzione non rimanga una parola vuota”2.

essere sempre frutto di una attenzione “smodata” per l’oggetto, seguendo l’esempio della pittura giapponese di Hokusai (fi g. 6) dove si vede che il controllo dello strumento lascia co-munque spazio a quegli effetti che la natura (dell’inchiostro e dell’acqua) genera spontaneamente. Non si tratta infatti di una illustrazione scientifi ca, ma di una “ricreazione” carica di stu-pore e ammirazione:

Occorre far notare che la riuscita non dipenderà dalla abilità innata o meno, ma nell’essere entrati in

un’al-tra modalità di vedere. Dal modo di

vedere dipende infatti la capacità di disegnare, un modo di vedere che diventa quasi automatico per l’arti-sta, ma che in tutti si può sviluppare con esercizio, e che consiste essen-zialmente nel lasciarsi riempire dalla visione dell’oggetto: è una passività che coincide con un’attività, è un accogliere ed ospitare nella propria percezione l’oggetto presente.

s

cuola in atto

Classe seconda

Leonardo

Finalità

In queste poche righe non può tro-vare lo spazio una vera analisi della fi gura di un uomo tanto illimitato nei suoi percorsi di conoscenza e di espressione artistica, occorre invece trovare qualche esempio che possa fungere da metodo con il quale po-tersi avvicinare alla sua fi gura e a ciò che essa emana come fascino. Se ci chiedessimo, e chiedessimo ai ragazzi, di dire perché dopo 500 anni ancora oggi parliamo di lui non si po-trebbe non sostare stupiti davanti al fatto che questo uomo ha incanalato il raggio della sua intelligenza verso

ogni cosa: non c’era nulla che non

destasse la sua curiosità insaziabile, ed è stato proprio questo che lo ha portato a scoprire, immaginare, re-alizzare alcune delle più innovative macchine a alcuni dei più grandi capolavori della storia dell’arte. Il primo punto che i ragazzi devono percepire è che questo sguardo sulle cose è della natura umana come tale, anche se viene portato a compimento dal genio.

Si cercherà quindi di apprendere lo sguardo dal metodo di Leonardo, fondato sull’osservazione attraverso il disegno: egli vuole infatti guardare coi propri occhi: “Non uom di let-tere sono io”, e allora si fa “disce-polo della sperienza”, andando oltre l’apparenza e, non accontentandosi di vedere le cose, voleva capire come funzionavano al loro interno, che cosa le facesse esistere, quale ne fosse la “causa”. Curioso e studioso di tutto, tanto che i segreti che ha intuito e scoperto sono stati poi con-fermati da altri scienziati, ancora non ci si spiega come sia giunto a capire certe cose, nascondendole nelle sue pagine a scrittura rovescia.

Il disegno è per lui il modo con cui conoscere, pensare, progettare,

comunicare. Non sono disegni pu-ramente descrittivi, la vogliono co-gliere l’intima struttura che fa vivere le cose. Importante in questa fase quindi visionare molti dei fogli con i disegni più disparati di Leonardo.

Percorso didattico

La copia di una delle mani di un suo lavoro può costituire il primo approccio, (magari su carta color pergamena, più bella e che per-mette le “lumeggiature” in bianco); seguendo la sua mano si seguirà la sua conoscenza dell’anatomia e del modellato chiaroscurale. Ma la mano ha, come vedremo dopo, una forte connotazione espressiva: può incarnare sentimenti, pensieri, atteg-giamenti, umori, simboli. Un eser-cizio di grande effi cacia è la copia dal vero della propria mano scelta in un atteggiamento “affettivamente

signifi cativo”: rabbia, saluto, confi -denza, stanchezza, vittoria, interro-gativo... Successivamente si potrà introdurre quel condensato di ricer-che profondissime ricer-che è il Cenacolo. Si avrà cura di rispettare la natura della pittura come egli la intendeva (“poesia muta”) e di lasciar parlare quindi i volti, gli sguardi, i gesti, la-sciando che siano i ragazzi stessi ad individuare quali sentimenti stiano percorrendo la scena, e quale ne sia la causa (“Uno di voi mi tradirà...”) facendo in modo di favorire l’imme-desimazione (“Che reazione avreste voi in un simile momento?”) e quindi in base a un metodo investigativo

à la Sherlock Holmes, individuare

il traditore dalla reazione che, al ri-suonare della frase che lo riguarda, inevitabilmente lo “tradisce”. Tale dimensione psicologica e in-visibile della persona Leonardo la indicava in ciò che l’artista deve vi-sualizzare: «Il buon pittore ha due cose da dipingere, e cioè l’uomo e l’intenzione della sua mente». Per poter indagare questa realtà umana Leonardo era capace anche di inse-&IG,EONARDODA6INCI Studio di mani C PUNTADARGENTOE INCHIOSTROSUCARTA 7INDSOR#ASTLE  ,ONDON5+ &IG'IOVANNI Studio di mano, da Leonardo MATITASUCARTA 

&IG&ILIPPO Copia dal vero MANO INTERROGATIVA MATITASUCARTA 

s

cuola in atto

ARTE E IMMAGINE

guire dei volti che l’avevano colpito per ore durante il giorno, e li os-servava in modo così intenso che era in grado poi di riprodurli. La se-conda parte del lavoro sarà la scelta di uno dei volti dell’Ultima Cena, da riprodurre a pastello ad olio su cartoncino nero o grigio: il pastello ad olio, tessuto con segni sovrap-posti di vari colori, e poi scaldato e sfumato con le dita, può essere un ottimo metodo con cui sperimentare la “assurda” tecnica che Leonardo impiegò sul muro del refettorio delle Grazie, scelta da lui (faremo notare) proprio perché gli permetteva con-tinui ripensamenti, lui che essendo così studioso della complessità della

&IG-ARCO Studio di mano: OK  MATITASUCARTA 

&IG3OlA Volto di Pietro, da

Leonardo PASTELLOADOLIOSU

CARTONCINO 

&IG3OlA0 Volto di Giovanni 

da Leonardo PASTELLOADOLIOSU

CARTONCINO 

&IG,EONARDODA6INCI Studio per l’Ultima Cena GESSETTOROSSOSUCARTA C  'ALLERIEDELL!CCADEMIA 6ENEZIA

&IG,EONARDODA6INCI Ultima Cena TEMPERAGRASSAEFORSEALTRILEGANTIOLEOSI  SUINTONACO   REFETTORIODELCONVENTODI3-ARIADELLE'RAZIE -ILANO

realtà, non si contentava di aver chiuso l’opera in un progetto, ma continuava a osservare la natura e in base all’esperienza, evolveva il dipinto. Ed è tale inesausta osser-vazione ad aver condotto Leonardo non sulla soglia del materialismo, ma su quella del mistero che fa esi-stere le cose: “O magna azione quale

ingegno potrà penetrare tal natura? qual lingua fi a quella che displicare possa tal meraviglia? Certo nessuna. Questo drizza l’umano discorso alla contemplazione divina”.

Valutazione in base agli

Nel documento lessico famigliare 2 (pagine 85-88)