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Poste italiane S.p.A. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB Brescia Editrice La Scuola - 25121 Brescia Expédition en abonnement postal taxe perçue - tassa riscossa Pubblicazione mensile - Anno LX -ISSN 0036-9861

ATTESE E RISULTATI: RIDURRE LO SCARTO NOTE DI MATEMATICA MONTESSORIANA

UNA FORMAZIONE CHE PARTA DALL’ESPERIENZA

lessico famigliare

2

OTTOBRE

2014

(2)

e ditoriale

Quale formazione permanente per i docenti?

Pierpaolo Triani

Tutte le professionalità necessitano oggi di una forma- zione permanente. Le conoscenze acquisite nel percorso formativo iniziale (più o meno lungo) chiedono presto di essere, approfondite, ampliate, integrate alla luce dei continui cambiamenti nei diversi campi del sapere e della tecnica. Le motivazioni personali hanno bisogno di essere alimentate da sollecitazioni nuove, da piste di lavoro e di ricerca da esplorare, dai progetti da costruire. Le competenze comunicative, relazionali, metacognitive ne- cessitano di affi namento per poter rispondere alla prova dei fatti, ai propri interlocutori nella concretezza della loro vita.

La professione docente non può fare eccezione, anzi per la delicatezza dei compiti di cui i professori sono attual- mente investiti, la loro formazione ‘in servizio’ risulta un fattore ineludibile. Questa esigenza non risiede solo nella necessità di far fronte adeguatamente a situazioni nuove, ma è inscritta nelle caratteristiche stesse del compito educativo. Lo aveva messo già in luce, alcuni anni fa, con grande effi cacia, R. Guardini in uno scritto, che ho più volte richiamato nei miei editoriali, signifi cativamente intitolato La credibilità dell’educatore1.

Dopo essersi chiesto dove risieda la ragione che legittima le persone coinvolte nell’azione educativa a svolgere il loro compito, lo studioso tedesco scriveva: “… Non posso dire educo, perché sono già educato. Un uomo che dicesse così meriterebbe di essere di nuovo rispedito a scuola.

Non avrebbe compreso, che noi non possiamo mai con- siderarci ‘a posto’, ma cresciamo e diveniamo continua- mente. Sarebbe più giusta un’altra risposta: perché io stesso lotto per essere educato. Questa lotta mi conferisce credibilità come educatore; per il fatto che lo sguardo medesimo che si volge all’altra persona insieme è rivolto anche su di me”2. E dopo poche righe ribadiva la stessa convinzione con eguale forza: “Deve sempre permanere viva una positiva, santa insoddisfazione. Siamo fi gure incompiute, soltanto abbozzate. Siamo credibili solo nella misura in cui ci rendiamo conto che un’identica verifi ca etica attende me, e colui che deve essere educato”3. Ha poco senso perciò a mio parere discutere se debba essere prevista o meno una formazione per i docenti,

durante il lungo esercizio del loro impegno professionale.

La questione vera è invece un’altra e riguarda il ‘come’, cioè il modo attraverso il quale si chiede e si permette agli insegnanti di esercitare il dovere di prendersi cura continuamente della propria preparazione e motivazione.

Non è vero che una modalità vale l’altra, al contrario c’è il rischio di sprecare solo energie e risorse.

Sarebbe un errore a questo riguardo percorrere la strada già battuta di chiedere ai docenti di prendere parte ad una serie di comunicazioni frontali destinate ad un numero elevato di partecipanti. Questa formula può ‘funzionare’

per temi molto specifi ci e per persone molto motivate e comunque all’interno di un arco di tempo molto breve.

Può essere una formula ‘ad hoc’, ma non quella usuale.

Ugualmente risulterebbe limitante sostituire le lezioni col- lettive in presenza con la formazione individuale on line, attraverso lo studio di materiale e l’elaborazione di un prodotto. Questa strada può essere certamente effi cace, ma non possiamo nasconderci che può essere realizzata anche con superfi cialità e indifferenza.

La valorizzazione delle potenzialità formative delle nuove tecnologie, va accompagnata da altri due aspetti: la cen- tratura sull’esperienza didattica concreta, sui suoi temi e suoi problemi; il lavoro di confronto in piccolo gruppo tra docenti.

Occorre una formazione che dia la possibilità ai docenti di leggere la propria esperienza e la propria azione di- dattica, che partendo dalla loro situazione permetta loro di incontrare altre ipotesi di lavoro e di costruire nuove soluzioni personali. C’è bisogno di momenti formativi che

‘costringano’ gli insegnanti a mettersi in gioco, a confron- tarsi; formarsi crea sempre resistenze, il piccolo gruppo, se ben condotto, può essere un buon modo per superarle.

1 R. Guardini, La credibilità dell’educatore, in Persona e libertà, Editrice La Scuola, Brescia 1987.

2 Ibi, p. 222.

3 Ibi, p. 223.

(3)

2

numero

PUUPCSFtBOOP-9

sito editore: www.lascuola.it

sito rivista: scuolaedidattica.lascuola.it

Editrice La Scuola

S d

Mensile di problemi e orientamenti per la Scuola Se- condaria di I grado - Anno LX - Direttore responsabile:

Pierpaolo Triani - Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 100 del 3-10-1955.

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da AIDRO, corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail segreteria@aidro.org e sito web www.aidro.org Direttore: Pierpaolo Triani

Vicedirettore: Piero Cattaneo Collaboratori proposte didattiche:

Miriam Bertocchi, Emanuela Buizza, Monica Capuzzi, Evelina Chiocca, Francesco Cigada, Marina Cinconze, Raffaella Confalonieri, Samantha Cremonesi, Luigi Fabemoli, Barbara Finato, Francesco Fornasieri, Valentina Morgana, Luciano Pace, Sonia Pase, Manuela Valentini.

Curatore notiziario professionale: Mario Falanga Redazione: Giovanna Brotto, Annalisa Ballini -QTEKMRE^MSRIElena Laura Bresciani 7IKVIXIVMEsdid@lascuola.it

4VSKIXXSKVE½GSStudio Mizar, Bergamo Supporto tecnico area web: helpdesk@lascuola.it- tel. 0302993325

In copertina: ritratto di Natalia Ginzburg, illustrazione di Monica Frassine.

s ommario

Inglese

Raffaella Confalonieri, Valentina Morgana Ideas to introduce the simple present

Classe 1a 36

Past simple

Classe 2a 37

Present Perfect Simple

Classe 3a 39

Francese Emanuela Buizza

À la découverte de Tintin et ses amis

Classe 1a 41

Le vélo: un peu d’éducation routière en français

Classe 2a 42

Rencontre avec un artiste

Classe 3a 44

Tedesco Miriam Bertocchi Die Aussprache

Classe 1a 47

>YRKIRFVIGLIV

Classe 2a 50

Gedichte und Reime

Classe 3a 51

Storia Sonia Pase

Gli editti di Costantino e di Teodosio

Classe 1a 53

Ri-scoprire l’America e le sue antiche civiltà

Classe 2a 56

Il sentimento patriottico nelle parole dei carbonari

Classe 3a 59

Quale formazione permanente

per i docenti? 1

Pierpaolo Triani

e

ditoriale

B

pprofondimenti Ridurre lo scarto fra

apprendimenti attesi e risultati

GSRWIKYMXM 5

Mario Mendica

Educazione e società

multiculturale 8

Laura Tussi

La punizione come modalità

educativa 9

Gino Lelli, Andrea Sorcinelli

Religione cattolica Luciano Pace

0´IWTIVMIR^EVIPMKMSWEHM%FVEQS

Classe 1a 13

0´IWTIVMIR^EVIPMKMSWE

dell’Ascensione

Classe 2a 15

0´IWTIVMIR^EVIPMKMSWEMRGEVGIVI

Classe 3a 18

Italiano Marina Cinconze

Pinocchio maratoneta della felicità

Classe 1a 21

Evelina Chiocca Avere o essere

Classe 2a 25

Monica Capuzzi

+VEJ½XMEVXIQIWWEKKMSS

vandalismo?

Classe 3a 31

s

cuola in atto

(4)

Arte e immagine Francesco Fornasieri -PQIXSHSHIPHMWIKRS

Classe 1a 84

Leonardo

Classe 2a 86

0EJSXSKVE½E

Classe 3a 88

)HYGE^MSRI½WMGE

Manuela Valentini, Samatha Cremonesi +MSGLMWIR^EJVSRXMIVIMRKMVS

per il mondo

Classe 1a 91

Giochi senza frontiere... d’età

Classe 2a 94

Giochi senza frontiere...

nell’avventura

Classe 3a 96

Matematica Benedetto Scoppola Note di matematica

montessoriana 99

+ISKVE½E Sonia Pase

-PTEIWEKKMSIPIWYIXVEWJSVQE^MSRM

Classe 1a 62

Passo dopo passo, il cammino verso l’Europa unita

Classe 2a 64

Uomo e ambiente nella foresta

Classe 3a 66

Scienze Barbara Finato

Osserviamo, ipotizziamo, confrontiamo. descriviamo, misuriamo, ...

Classe 1a 69

7MWGMSKPMIRSRWMWGMSKPMI

Classe 2a 72

Occhio, lenti, acqua, macchina JSXSKVE½GE

Classe 3a 75

Tecnologia Francesco Cigada La densità di un uovo

Classe 1a 78

Con il naso e con le mani

Classe 2a 79

Dal latte al primo sale

Classe 3a 80

Musica Luigi Fabemoli

I suoni dell’ambiente

Classe 1a 81

I parametri del suono

Classe 2a 82

Suoni e rumori nelle composizioni musicali

Classe 3a 83

s

apere di Scienze 0EZMXEWIKVIXEHIPPITMERXI

Eva Filoramo 107

s

cuol digitale 'P$WWIHMKMXEPI

Maria Grazia Ottaviani 109

n

La policy dell’inclusione:

HEPP´329EP'SPPIKMS(SGIRXM Maria Grazia Vinciguerra 117

&IRI½GMPMFVMHMXIWXSQEXIVMEPM

EPXIVREXMZMTPYVMPMRKYMWQS

Roberta Cadenazzi 120

0EPMFIVXkHMMRWIKREQIRXSRIPPE

“scuola dell’autonomia”

Anna Papa 122

Scuola Cantiere?

Mario Falanga 127

otiziario professionale

c

I bambini sono cambiati.

)KPMEHYPXM#

Gian Carlo Sacchi 116

ambiamo la scuola media?

-RGPYWMSRII&MWSKRM)HYGEXMZM

Speciali prima parte

Marina Bottacini 111

B

l passo di ciascuno

(5)

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B pprofondimenti

Dalla lettura delle Indicazioni Nazionali emerge una fi ducia nella scuola e nei processi educativi tanto po- tente da far pensare che tutti gli alunni possano con- seguire apprendimenti adeguati alle loro potenzialità e che sia possibile incidere sulle caratteristiche personali in maniera così decisiva da rendere uno stesso indivi- duo estremamente diverso in relazione agli apprendi- menti conseguiti.

La scuola secondaria di primo grado viene confi gurata come un importante fattore di sviluppo individuale e di progresso sociale in quanto, teoricamente:

1. fornisce la preparazione culturale, le competenze e gli strumenti di pensiero, di volontà, di azione che costituiscono la base indispensabile per l’interazione sociale e per l’ulteriore inserimento nei successivi gradi di scuola;

2. consente la migliore affermazione possibile di cia- scuno facendogli prendere coscienza delle proprie at- titudini ed inclinazioni;

3. contribuisce alla costruzione di un progetto di vita saldamente ancorato ai valori della democrazia, della pace, del lavoro, della solidarietà, della tolleranza e del dialogo.

La prassi sembra però smentire la teoria: la risposta degli alunni ai compiti richiesti dalla scuola spesso non risulta adeguata, i contenuti proposti non risultano signifi cativi per molti preadolescenti, l’apprendimento1 non corrisponde alle attese, una consistente percen- tuale di alunni licenziati non è capace di compiere atti elementari di comunicazione sociale, gli alunni manife- stano differenze notevoli nelle capacità generali, nelle attitudini specifi che, nei ritmi di apprendimento, nelle motivazioni ad apprendere.

Dati alla mano, è possibile constatare che, alla fi ne dell’istruzione scolastica obbligatoria, la scuola non riesce a garantire agli studenti “il conseguimento di una base comune di conoscenze e competenze”, che molti studenti faticano “a reperire in una pagina scritta un’informazione esplicita”, che “le disuguaglianze ini- ziali, invece di calare, si accentuano con la scolarità prolungata”2.

Lo scarto fra apprendimenti attesi e risultati conseguiti è forte e legittima i dubbi sul sistema scolastico a tal punto da ridare corpo alle proposte di autoapprendi-

mento attraverso la rete ed alle proposte di formazione orientativa senza la scuola3.

Questo stato di cose obbliga docenti e consigli di classe a trovare strategie congrue ed economiche per arginare il fenomeno.

Esistono ostacoli oggettivi che, di fatto, limitano l’ef- fi cienza e l’effi cacia del servizio? Esistono errori nel dirigere, distribuire ed orientare l’azione didattica nella concreta attività di insegnamento-apprendimento?

Trovare risposte è diffi cile. Probabilmente non esistono risposte univoche. Ritenere che la riuscita dell’attività educativa sia automaticamente assicurata in qualsiasi ambiente e con qualsiasi alunno è certamente una tesi infondata come l’esperienza evidenzia ogni giorno.

È sicuramente un pregiudizio ritenere che ci siano

“alunni bravi” ed “alunni scadenti”, che ci siano pro- poste formative, contenuti e metodi, di per sé, “signi- fi cativi” oppure “ non signifi cativi”.

Esistono, invece, buone ragioni per credere che la con- siderazione puntuale e sistematica dei fattori e delle condizioni che incidono sull’apprendimento, possa mettere gli studenti in condizioni migliori per acquisire le capacità, le conoscenze e le competenze richieste dall’attuale contesto sociale. Non è una problematica nuova quella che si riallaccia alla complessa questione dei fattori e delle condizioni all’interno delle quali si realizza l’apprendimento ma, tenerla presente quando si organizzano le Unità da includere nel curricolo, è un’operazione estremamente importante: il controllo delle variabili dell’apprendimento riduce lo scarto fra

1 L’apprendimento scolastico è un processo continuo me- diante il quale l’alunno acquisisce conoscenze, sviluppa capacità e competenze, acquisisce metodi conoscitivi ed operativi per adattarsi all’ambiente.

2 N. Bottani, Requiem per la scuola?, Il mulino, Bologna 2013.

3 I. Illich, Un profeta postmoderno, Editrice La Scuola, Bre- scia 2012.

Secondo Illich il sistema educativo deve avere due scopi:

consentire a tutti l’accesso al sapere attraverso la tecnologia e favorire il contatto fra chi è in grado di insegnare e chi vuole imparare liberamente. Questo permetterebbe di non dover più fi nanziare l’enorme apparato della scuola e di non costringere quelli che vogliono imparare a seguire percorsi scolastici obbligatori.

Ridurre lo scarto fra apprendimenti EXXIWMIVMWYPXEXMGSRWIKYMXM

Mario Mendica

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B

pprofondimenti

esiti attesi e risultati ottenuti. Superare questo scarto è stato sempre un obiettivo da perseguire ma, per la scuola secondaria di primo grado del nostro tempo, è diventato un imperativo categorico.

La motivazione, l’atteggiamento nei confronti delle proposte educative, il successo scolastico dipendono dalla storia degli studenti, dal possesso dei pre-requisiti necessari per apprendere, dalla qualità dell’istruzione che hanno ricevuto, dai contenuti proposti e, soprat- tutto, dall’ambiente i cui costituenti oggettivi eserci- tano un’infl uenza modellatrice sull’individuo.

Considerare e controllare questi elementi signifi ca go- vernare le variabili decisive per il successo dell’atto educativo perché alla base di ogni apprendimento c’è una sequenza di eventi che è sempre la stessa4 e perché ogni apprendimento, dal più semplice al più complesso, chiama sempre in causa il soggetto che apprende, i contenuti dell’apprendimento, le strategie metodologiche, la classe come comunità educante.

Del soggetto che apprende è necessario individuare le condizioni interne e quelle esterne.

Le condizioni interne sono rappresentate dai pre-requi- siti5, dall’attenzione agli stimoli, dal livello di sviluppo delle disposizioni ad apprendere6, dalla motivazione7 che spinge lo studente alla frequenza scolastica, all’im- pegno nell’apprendimento, al profi tto, allo sforzo per apprendere.

Le condizioni esterne sono rappresentate dalla comuni- cazione, dai mezzi didattici, dalla pianifi cazione delle operazioni che sono necessarie per poter trasformare in capacità cognitive ed espressive gli enunciati verbali di cui sono costituiti gli argomenti.

Dei contenuti di apprendimento bisogna valutare l’a- deguatezza, l’interesse, la signifi catività.

Sono adeguati i contenuti adatti alle capacità ricettive degli alunni.

Sono interessanti i contenuti che ricorrono spesso nelle situazioni educative, che producono effetti importanti ai fi ni dello sviluppo del preadolescente, che stimolano l’attenzione, rafforzano la motivazione e promuovono le relazioni con le quali si supera la distanza esistente fra il mondo preadolescenziale ed i contenuti culturali proposti dalla scuola.

Sono signifi cativi i contenuti che contribuiscono all’ac- quisizione di idee e concetti con i quali si generalizza l’esperienza e che sviluppano le capacità ed i processi mentali con cui si organizzano le conoscenze. Sono signifi cativi i contenuti che, nel quadro complessivo delle discipline, hanno maggiore importanza per la comprensione del mondo e di se stessi, per l’uso che possono farne gli studenti, per la capacità di promuo-

4 Ogni apprendimento prevede questa sequenza di eventi:

Situazione di stimolo, Fase di registrazione, Fase di acqui- sizione, Apprendimento. Fase di Immagazzinamento, Fase di Recupero, Ricordo.

5 I pre-requisiti sono rappresentati dai comportamenti cogni- tivi come bagaglio complessivo posseduto in termini di capac- ità e di conoscenze organizzate sul quale deve conformarsi l’insegnamento ed in assenza del quale né l’impegno, né la motivazione né la buona qualità dell’istruzione sono suffi cienti.

6 La forza e la sensibilità della mente di un alunno variano con il variare dell’età. Piaget ipotizza vari stadi nei quali le differenze intellettuali di apprendimento rifl ettono gli stadi di sviluppo neurofi siologico e sono connessi con il processo di interazione e di adattamento con l’ambiente. La capacità di eseguire compiti intellettuali è proporzionata allo stadio di sviluppo raggiunto ed alla specifi ca rappresentazione della realtà . Bruner ipotizza stadi connessi con la rappresentazi- one della realtà (attiva, iconica, simbolica). Gagné ritiene che le differenze nello sviluppo delle disposizioni devono essere attribuite alle differenze di numero e di carattere delle abilità intellettuali prima apprese. Tutti concordano nel ritenere che uno studente risolve un compito quando possiede i neces- sari pre-requisiti. Le implicazioni didattiche sono che gli i soggetti in formazione possono apprendere qualsiasi oggetto intellettuale purché possiedano i requisiti richiesti. Bisogna stabilire cosa possiedono in fatto di capacità e conoscenze.

7 Comportamenti cognitivi. affettivi, profi tto costituiscono un sistema dove ogni elemento si infl uenza: la motivazione infl uenza i comportamenti cognitivi, i comportamenti cogni- tivi consentono la realizzazione del profi tto, il profi tto favor- evole infl uisce sulla motivazione e sullo sforzo.

8 Le Unità di apprendimento inserite nel curricolo devono risultare:

sCOLLEGATEPERCHÏLACOSTRUZIONEATTIVADICONOSCENZEELO

sviluppo di abilità e competenze richiedono molto tempo per cui bisogna connettere le sequenze in modo che si integrino e si rafforzino vicendevolmente prospettando relazioni ver- ticali ed orizzontali. Ciò che viene appreso prima deve col- legarsi con ciò che viene appreso poi, ciò che viene appreso in un contesto deve costituire la base per ulteriori apprendi- menti anche in altri contesti;

sFUNZIONALIPERCHÏ ALLINTERNODIUNMODELLOORGANIZZATIVO

didattico unitario, ogni esperienza di insegnamento-appren- dimento trova giustifi cazione in rapporto alla funzione per cui è stata progettata, rappresenta un segmento rispetto ai traguardi ed agli obiettivi da raggiungere, fornisce un quadro complessivo rispetto ad un determinato problema;

sCOMPLETEPERCHÏPREVEDONOILRICORSOATUTTIIPERCORSIDELLA

conoscenza (induttivo, deduttivo, misto) ed a tutte le catego- rie metodologiche di un insegnamento-apprendimento effi cace (acquisire conoscenze, operare intellettualmente e manual- mente con le conoscenze acquisite, creare situazioni problem- atiche e fornire loro risposte con gli apprendimenti posseduti).

vere il rispetto dei valori e della dignità di cui la per- sona è portatrice. È signifi cativo tutto ciò che gli alunni devono sapere e saper fare per inserirsi da uomini e cittadini in questo contesto sociale.

L’esplorazione dei contenuti, sia come strumenti selet- tivi e simbolici per leggere la realtà ed operare in essa, sia come strumenti di formazione ed orientamento, offre grandi opportunità di scelta al fi ne di organizzare Unità di apprendimento collegate, funzionali e complete8.

(8)

B

pprofondimenti

Delle strategie metodologiche utilizzabili nello svol- gimento delle Unità di apprendimento bisogna consi- derare i vari tipi di approccio: il modello per obiettivi si incentra sulla prevedibilità degli esiti e dei com- portamenti che gli alunni devono dimostrare ed è più conveniente nelle situazioni di apprendimento che ri- guardano l’acquisizione di informazioni e lo sviluppo di attitudini pratiche; il modello centrato sui processi si basa sul principio che l’insegnamento di certi contenuti ed attività è intrinsecamente giustifi cato dal fatto che presuppone “modelli di eccellenza” ed è più adatto nelle situazioni che favoriscono la conoscenza e la comprensione; il modello fondato sulla ricerca si in- centra sulla sperimentazione di ipotesi ed è più effi cace per far acquisire metodologie e strutture concettuali.

Della classe come comunità educante va tenuto in forte considerazione il ruolo delle interazioni fra tutti i soggetti. La classe è una vera e propria comunità dove si individuano ruoli, si stabiliscono regole, si assegna valore all’attività svolta, dove si rafforza l’interesse per le attività culturali realizzate, dove gli alunni possono lavorare e vivere corretti rapporti.

Considerare, valutare e controllare questi fattori nell’or- ganizzazione del curricolo e nello svolgimento delle singole Unità di Apprendimento è compito esclusivo dei docenti di ogni scuola autonoma ma, nell’esecu- zione di questo compito, un principio deve essere sem- pre chiaro e condiviso: occorre creare le condizioni indispensabili affi nché l’apprendimento possa realiz- zarsi.

L’apprendimento è la via con cui il preadolescente si forma e si orienta e se l’apprendimento continuerà a risultare carente, le conseguenze non potranno più essere sostenute e tollerate perché:

sDALPUNTODIVISTASOCIALE ILMANCATOSVILUPPODELLE

risorse mentali è una perdita di “capitale invisibile”

estremamente importante per la Comunità;

s DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO  VENGONO VANIlCATI

gli ingenti capitali che lo Stato investe per erogare un servizio destinato a valorizzare gli alunni secondo le possibilità loro consentite;

s DAL PUNTO DI VISTA EDUCATIVO  LASSENZA DI APPREN dimento genera negli alunni disadattamento, demo- tivazione, indisciplina, passività, elementi che, gene- ralmente, costituiscono le variabili più signifi cative e frequenti negli insuccessi scolastici.

Certamente nessuna persona di buon senso può dire di conoscere i segreti del successo scolastico e di po- ter dominare tutte le variabili che incidono sull’ap- prendimento ma l’attenta considerazione dei fattori evidenziati contribuisce di sicuro a ridurre non solo la carenza di apprendimento ma anche lo scarto esistente fra le proposte didattiche della scuola ed il mondo dei preadolescenti con la loro cultura ed i loro linguaggi.

(9)

B

pprofondimenti

1 A. Portera, Manuale di pedagogia interculturale, Laterza, Bari 2013.

La donna e l’uomo contemporanei si trovano di fronte a occasioni inedite sul piano sociale della relazione e della comunicazione che consentono di conoscere, esplorare, sperimentare, confrontare. Tutto ciò, an- che se sembrano aumentare le “crisi” su diversi piani dell’esistenza umana: dall’ecologia all’economia, dalla politica alle relazioni sociali e soprattutto “crisi della cultura”, delle ideologie e dell’identità1.

La precarietà e l’insicurezza permeano ogni settore dell’esistenza, dal livello lavorativo alle relazioni in- terpersonali e agli affetti. Gli esseri umani appaiono confusi e privi di punti di riferimento stabili, vivendo in un’epoca dominata da passioni tristi, tormentate, inquiete, e di abissali frustrazioni, in quanto si è assi- stito al crollo del mito dell’onnipotenza dell’uomo, co- struttore della storia e della propria identità in contesti appunto storici, a favore di una condizione di baratro esistenziale e di totale impotenza di fronte al mondo, intriso di complessità. Da queste istanze scaturisce una forte crisi di senso, soprattutto educativa, dalla pedagogia alla formazione dell’adulto. Nei paesi indu- strializzati, le istituzioni, come la scuola e la famiglia, reagiscono in modalità insicure e incerte alle sfi de della modernità e della globalizzazione, rivelando una profonda crisi educativa che si manifesta come deriva del concetto di autorità, che non si esplicita più in mo- dalità autoritarie rassicuranti e contenitive nel rapporto tra genitori e fi gli e tra insegnanti e allievi. I soggetti adibiti all’educazione trattano gli educandi come pari da persuadere, per evitare il confl itto.

In passato l’anzianità rappresentava un punto di rife- rimento, in senso implicitamente autoritario, che con- sentiva la trasmissione di cultura e di memoria storica, nell’importanza dei concetti e non in modalità evasive e seduttive. Attualmente, l’unica gerarchia accettabile è determinata dal successo, dal potere personale, spesso conseguito in modo illecito, per cui il giovane ubbidi- sce solo se si sente sedotto e dominato e l’insegnante cerca di ottenere l’attenzione degli allievi in modo anche maldestro e furbesco, mediante tecniche di se- duzione ed astuzie didattiche. Dunque per uscire dalla crisi di valori, di punti di riferimento, di governabilità e orientamento della società postmoderna, non oc- corre puntare sul progresso, né sul consumo, né sulla produttività, né sulla crescita, visti i limiti delle risorse energetiche mondiali.

Educazione e società multiculturale

0IVMWTSWXITIHEKSKMGLIEPPEGVMWMIGSRSQMGETSPMXMGEIGYPXYVEPI

Laura Tussi

Il futuro risiede proprio nel contrario: nella decrescita, nel tornare ad investire sull’educazione, sulla cultura, sulla pedagogia, coniugandole in modalità dialogiche e interculturali, perché viviamo nel tempo della globa- lizzazione, del pluralismo e delle complessità etniche e linguistiche, dove gli elementi fondanti dell’educazione interculturale dovrebbero trovare massimo supporto a tutti i livelli della società civile e democratica, quali principi cardine della cittadinanza attiva. Attualmente, il processo denominato “globalizzazione”, originato nelle macrostrutture delle tecnologie e del neocapi- talismo fl essibile, ha trasformato la società civile e il pianeta in un contesto ad alto fattore di complessità e di interdipendenza, di mobilità e di cambiamento, nel cosiddetto “villaggio globale” (McLuhan 1964), in cui si assiste, purtroppo, allo sviluppo di essere umani sempre più autocentrati, ripiegati sulla propria identità, nell’assenza di punti di riferimento stabili e soprattutto credibili e che pongono come matrice della propria condotta la ricerca unilaterale del piacere immediato e del libero arbitrio, inteso come libertà individuale ed egoistica, contrapposta alla vita sociale e di gruppo. L’ordine neoliberista ha potenziato le ege- monie, esaltando il capitalismo senza regole e senza limiti, per cui anche l’istituzione scolastica, a livello mondiale e locale, si trova a sottostare ad impositive logiche di mercato e a manifestazioni di conformismo e allineamento politico e culturale, con il rischio di depotenziare e svilire il ruolo centrale della formazione e dell’educazione al pensiero critico, antidogmatico, che è invece fi nalizzato a promuovere società eque e a misura di persona. L’istituzione scolastica, nelle sue competenze educative e pedagogiche, fi nalizzate a pro- muovere contesti pluralisti e interculturali, è chiamata a far fronte all’individualismo competitivo, alimentato dai poteri forti, dalle logiche neoliberiste e capitaliste, al fi ne di contrastare l’accrescimento di forza e potere su questioni etiche e su forme di dominazione gerar- chica e di controllo della società civile, per creare ed alimentare invece spazi e contesti di pace e dialogo interattivo.

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pprofondimenti

La punizione come modalità educativa

nell’ambito sociale e familiare

Gino Lelli, Andrea Sorcinelli

Nel contesto familiare attuale, in forte evoluzione, le punizioni sono ancora assegnate e se sì sono le stesse del passato? La punizione è comunque utile?

Il concetto di famiglia sta certamente cambiando e i metodi educativi che i genitori adottano con i fi gli sono oggi alquanto diversi rispetto a quelli di un tempo.

In passato il ricorso a punizioni anche corporali era spesso all’ordine del giorno poiché tali modalità non venivano individualmente e pubblicamente percepite come errate o inadeguate mentre. Oggi, tali prassi sono oggetto di una notevole sensibilizzazione collettiva che le rende e considera ingiustifi cate e/o diseducative, eccezion fatta in rari casi e per determinati accadimenti particolarmente gravi.

La stessa punizione come modalità educativa è valu- tata da taluni educatori e psicopedagogisti positiva- mente solo se presenta alcuni accorgimenti, cioè se strutturata e prospettata adeguatamente, se assegnata al momento opportuno e se fatta poi concretamente rispettare (Codello, 2005), La punizione può risultare quindi utile, secondo tali orientamenti, se consente al bambino di recepire un chiaro messaggio di disappro- vazione del genitore e di mettere in atto una modifi ca di quel comportamento che ha portato al castigo; deve trattarsi, però, di una punizione “positiva”, costruttiva, educativa laddove il genitore non si sofferma su frasi quali “non si fa così”, ma spiega e motiva il compor- tamento e/o l’atteggiamento giusto da assumere in quella determinata circostanza. Questo consente di far capire al giovane che non si tratta di una presa di posizione personale del genitore bensì della prassi che abitualmente e socialmente occorre adottare in deter- minati contesti (Honegger Fresco, 2003).

Negli anni il concetto di famiglia si è modifi cato e sempre più sono emerse tipologie differenti rispetto a quella considerata e defi nita “tradizional-tradizionali- sta”, neolocale, con madre, padre, uno o due fi gli. Oggi sono presenti tante realtà dove i genitori possono es- sere separati o divorziati, dove i fi gli possono provenire da unioni diverse, dove possono esistere e coesistere un genitore sociale e un genitore biologico; all’interno di questa varietà e complessità è chiaro che probabil- mente la punizione come tradizionalmente concepita deve essere valutata diversamente anche se rimane determinante quello che è l’ambito della spiegazione/

interazione con i fi gli che siano essi biologici o meno e

quella risoluzione che implica oltre alle linee comuni- cative anche eventuali prese di posizione più restrittive (Bernardi, 2009).

Diversi studi hanno evidenziato come in passato l’e- ducazione era demandata in primis ai genitori ma, a seguire, anche alla stessa comunità si pensi ad esempio al parroco o al vicino di casa che intervenivano nelle pratiche inadeguate dei ragazzi più facinorosi; era tal- volta presente, inoltre, la concezione che i bambini fossero simili tra loro e che i genitori avrebbero dovuto indottrinarli secondo quanto avrebbero ritenuto essere giusto o sbagliato anche forzando il convincimento at- traverso un sistema educativo fondato su intimidazioni e paura, defi nito anche del “devi solo obbedire”.

Negli ultimi anni i genitori tendono a costruire dei mo- delli educativi orientati maggiormente a quelle che sono le particolarità e originalità dei fi gli che, comunque, devono adeguarsi ad un sistema familiare, sociale e rela- zionale eterogeneo quale quello odierno (Gordon, 2007).

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pprofondimenti

La complessità familiare e relazionale di oggi spinge alcuni genitori a far di tutto per evitare la somministra- zione di punizioni ai fi gli anche in virtù del pensiero sempre più diffuso che occorre spiegare e far capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato all’interno di un con- testo di valori che devono essere compresi dal giovane.

Regole chiare e ben defi nite permettono comunque al ragazzo di stabilire con molta nitidezza quando sta trasgredendo quindi, gli consentono altresì valutazioni e decisioni che possono consapevolmente rientrare anche nella loro inosservanza.

Non è auspicabile, però, che il genitore abbia timore di somministrare punizioni nonostante nel variegato con- testo familiare odierno sia sempre più determinante la conservazione di una relazione, di un contatto mentale ed empatico. La questione temporale però non è un fattore da sottovalutare perché i genitori, se entrambi ancora presenti, di fatto sono sempre più coinvolti e impegnati in ambito lavorativo dunque dialogo e relazioni comunicative con i fi gli sono spesso ridotti al minimo.

Alcuni psicobiologi orientati allo studio del comporta- mento dei giovani hanno analizzato gli schemi mentali prodotti dal cervello che, a sua volta, possiede dei meccanismi di reward (quindi di premio e punizione) e di conseguenza hanno trattato la possibilità di appren- dere anche attraverso meccanismi di punizione. Dalle ricerche effettuate è emerso, dunque, che nel cervello è presente un’area che si defi nisce del reward (della ricompensa) che quando viene stimolata provoca il secernere di una sostanza denominata dopamina che fornisce alla persona una sensazione di benessere; un premio, quindi, è sicuramente più facile che venga recepito mentre, la punizione, può essere percepita anche come una sottrazione di un premio e in tal caso implica una differente elaborazione (Crone, 2012).

La punizione

Il sistema delle regole prevede sovente un premio o una punizione a seconda che queste siano state o meno rispettate.

Studi psicopedagogici effettuati negli ultimi anni hanno evidenziato come nell’ambito familiare sarebbe bene che le regole fossero poche, sintetiche, effi caci e pos- sibilmente formulate in forma positiva e non negativa (per esempio invece di dire: “non urlare, non alzare la voce”, proferire “parla a voce bassa” o, anziché dire

“non mettere in disordine i giochi”, proferire “metti in ordine i giochi”).

Sarebbe altresì opportuno che le norme fossero con- testualizzate in modo che per il giovane fosse chiaro quando queste debbano essere applicate (Mol, 2012).

Nel caso in cui ad esempio al bambino dovesse essere

chiesto di tenere in ordine i suoi giochi e/o la sua cameretta, tale richiesta dovrebbe comunque valere e generalizzarsi anche nel caso in cui si dovesse trovare a casa di amici o di parenti; dovrebbe risultare chiara, dunque, quella semplice e ben formulata regola non- ché in quali altri ambiti dovrebbe essere applicata. In tale contesto rientra sia il concetto di premio che quello di punizione; infatti nel primo caso si tratta di una ricompensa legata al conseguimento di un risultato o a un giusto comportamento mentre nel secondo di un castigo legato alla trasgressione della regola.

Sono presenti molteplici tipologie di premi attribuibili al giovane che in gergo psicologico sono defi niti rin- forzi e che possono concernere in una gratifi cazione sotto forma di beni (per es. “hai messo in ordine la cameretta, ecco la tua caramella preferita”) che sono particolarmente adatti nel caso di bambini piccoli, o in elogi, lodi (per es. “sei stato bravo, ti sei impegnato”) o altresì in pratiche e attività da realizzare che sono particolarmente apprezzate da preadolescenti e adole- scenti. Tali prassi “premiative” hanno la caratteristica di stimolare e motivare il giovane a seguire quelle re- gole e quelle norme di comportamento ritenute giuste e corrette dall’adulto. L’ambito educativo punitivo, in- vece, non dovrebbe coinvolgere i cosiddetti stili di vita nel senso che non è una giusta punizione quella che prevede il dire per esempio al bambino “dato quello che hai fatto non andremo a fare la gita programmata in bicicletta”.

Per quanto riguarda la comunicazione connessa alle regole occorre prestare particolare attenzione in quanto il giovane deve capire bene il messaggio e per questo è necessario che queste siano essenziali, mirate e adatte alla specifi ca età; solo così il ragazzo riuscirà a com- prenderle e a metterle adeguatamente in atto (Monti, 2008).

Nel dettare le prassi, inoltre, è determinante quello che può defi nirsi il modello che fornisce il genitore al fi glio anche per quanto riguarda la quotidianità; infatti, per esempio, il padre che farà la prima colazione seduto e non in piedi dedicandoci gli stretti minuti necessari fornirà quello schema al fi glio che lo spingerà a fare altrettanto. In tali casi si tratta più che della regola del fare, della prassi che detta la regola.

Una domanda che potrebbe emergere a questo punto è: vivere in un contesto con delle regole, anche se im- portanti, non rischia di tarpare le ali a quel giovane con animo fantasioso e talvolta un po’ sregolato?

È evidente che un sistema di regole è comunque sem- pre e costantemente presente e di fatto funzionale alla quotidianità, si pensi ad esempio all’autobus scolastico che passa in una determinata fascia oraria a prelevare i bambini per portarli a scuola; fi n da piccoli, dunque,

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pprofondimenti occorre cimentarsi nel rispetto di quelle prassi che con-

cernono e caratterizzano l’esistenza stessa. Nel caso specifi co del fanciullo fantasioso e un po’ sregolato sarebbe bene che il genitore possa cogliere e capire le peculiarità del fi glio affi nché riesca ad incentivarlo e indirizzarlo anche a seconda di quelle che sono le sue caratteristiche e potenzialità individuali.

Tra le regole che più comunemente vengono defi nite in ambito genitori/fi gli vi è per esempio quella che riguarda il tempo che i ragazzi devono trascorrere a guardare la televisione o a dedicarsi ai videogiochi e comunque alle attività ludiche in generale. Sarebbe opportuno che venissero defi nite regole che possano essere spiegate, motivate e fatte rispettare anche se, nella realtà odierna, può accadere che risulti più veloce e semplice pretendere di essere ascoltati e obbediti an- ziché predisporre e organizzare un sistema interattivo/

comunicativo con i fi gli (Gabert, 2006). Oggi di fatto la famiglia si organizza con delle modalità dove è molto diffi cile dare delle regole generali pertanto risulta più profi cuo e facile ricorrere a un microcosmo familiare di norme.

Alleanza tra famiglia e scuola

Tale prassi può far emergere una discordanza tra le re- gole della società e quelle dettate all’interno del nucleo familiare; può verifi carsi inoltre che l’istituzione scuola con i suoi educatori si trovi ad essere la delegata alla comunicazione e trasmissione di quelle regole compor- tamentali e sociali che le famiglie non hanno diffuso e che in parte rientrano in quella generale caduta dei va- lori che si è verifi cata negli ultimi anni. Dunque, anche l’istituzione della scuola viene coinvolta in quell’am- bito educativo/punitivo che varia a seconda dell’età del giovane e del tipo di trasgressione commessa e che deve essere possibilmente “aggiuntivo anziché privativo” nel senso di prevedere attività integrative e supplementari possibilmente responsabilizzanti. Gli educatori scolastici che abitualmente ricorrono a un sistema educativo/punitivo si sono trovati sovente in diffi coltà nel cercare di evitare l’ambito privativo infatti tra le prassi punitive che nel tempo si sono maggior- mente diffuse si possono citare la nota nel diario o nel registro, il rimprovero del dirigente scolastico o la sospensione dalla frequenza delle lezioni.

In passato la sospensione dal contesto scolastico era un allontanamento simbolico dall’istituzione, dal sa- pere e veniva vissuta dalle famiglie dei ragazzi come una vicenda grave cui sarebbero seguite delle forme di rimprovero e in taluni casi dei castigo oggi, invece, questo accade molto raramente in quanto dinnanzi alla punizione degli insegnanti in molti casi viene adottata la tecnica della ricostruzione/ridefi nizione dell’evento

cui segue un accordo tra scuola e famiglia dove grazie a quelle che possono defi nirsi punizioni creative o aggiuntive si verifi ca una sorta di atto/alleanza tra le parti.

La costruzione di una tale alleanza tra scuola e fami- glia è fondamentale per la comprensione delle realtà reciproche e per la defi nizione di linee guida univoche e ottimizzanti per l’alunno (negli ultimi anni in alcuni istituti scolastici è stata creata la sospensione dello studente che prevede comunque l’obbligo di frequenza ai corsi).

Esempi reali di interventi punitivi integrativi sono facil- mente riscontrabili, si pensi ad esempio a quei ragazzi adolescenti che hanno scritto frasi oscene sul muro della scuola ai danni di una ragazza che è stata fi dan- zata con uno di loro e che sono stati puniti attraverso un provvedimento che ha previsto la tinteggiatura/

pulitura della parete stessa dell’edifi cio scolastico. Non sempre dinnanzi a tali tipologie di punizione i genitori si sono mostrati concordi per questo sarebbe bene cercare di defi nire in anticipo una linea comune da seguire al fi ne di una costruttiva alleanza; dinnanzi a una sanzione scolastica tipica che può essere di fatto di esempio per tutti gli alunni: sarebbe auspicabile che il genitore si dimostrasse comunque accondiscendente dinnanzi al fi glio e magari in separata sede avrebbe poi modo e luogo per discuterne con l’insegnante o con il dirigente scolastico.

La confl ittualità tra poteri educativi è un dramma nel senso che i ragazzi colgono rapidamente le diatribe e si incanalano nel disaccordo per ridefi nire a loro favore la realtà delle vicende (Zanaboni, 2010). Sovente è capitato e tuttora accade che se per esempio un inse- gnante viene apertamente criticato o giudicato sfavore- volmente dai genitori di un alunno, lo stesso studente si sente a sua volta in diritto di valutarlo negativamente con le spiacevoli e controproducenti conseguenze che ne derivano in termini di risultati, comportamento e atteggiamento.

Conclusioni

La letteratura psico-pedagogica ha ampiamente trat- tato negli anni la tematica della punizione, modalità storicamente considerata educativa poiché vista come mirata ad orientare verso comportamenti e forme espressive ritenute corrette, evidenziando l’esistenza di due principali fi loni di orientamento opposti a livello di concezioni, secondo i quali per i favorevoli era l’u- nico metodo educativo che consentiva di trasmettere chiaramente un messaggio che così sarebbe stato pie- namente recepito mentre, per i contrari, non era plau- sibile il ricorso a tale modalità poiché caratterizzata da risvolti negativi in quanto recante dei possibili danni

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pprofondimenti

al giovane che avrebbero potuto segnarlo in quelle che sarebbero state le sue successive valutazioni personali nonché risposte relazionali perché avrebbe potuto pre- disporlo ad un eccessivo rigore, prepotenza, arroganza o anche ad una bassa autostima o a veri e propri stati depressivi (Dewey, 2004).

Fin dalla più tenera infanzia la presenza di un chiaro ed evidente sistema di esplicitate regole all’interno del nucleo familiare è determinante e essenziale per un adeguato sviluppo del bambino. Le prassi defi nite dovrebbero essere specifi che e mirate alle caratteristi- che e all’età del giovane anche se determinate regole comportamentali e di atteggiamento dovrebbero essere dei binari che, dopo essere stati adeguatamente com- presi e valorizzati, dovrebbero essere percorsi nell’arco di tutta la vita esperienziale e relazionale. Le tappe evolutive di un giovane sono diverse e ciascuna pre- senta proprie peculiarità; l’adolescenza, ad esempio, è un periodo esistenziale particolarmente delicato e complesso poiché contraddistinto dalla tendenza della persona a ribellarsi anche a quelle che sono le giuste punizioni, dalla ricerca di una autonomia dai genitori e dal desiderio di cambiare e talvolta infrangere le regole che questi dettano. Tale delicata tappa evolutiva va- rierà e si contraddistinguerà individualmente anche a seconda del rapporto che si è nel tempo instaurato con le fi gure di riferimento e del tipo di attaccamento che si è creato a partire dalla prima infanzia. Determinante risulta, quindi, il rapporto che si è nel tempo instaurato tra genitori e fi gli.

Nella complessa funzione dell’educare le varie mo- dalità che possono essere adottate dai genitori hanno tutte il comune intento di far capire concetti e attuare comportamenti e atteggiamenti che una volta compresi e condivisi dovrebbero essere poi assunti, seguiti e rispettati nel tempo dai fi gli (Volta, 2008).

L’essere genitori non è certamente un compito facile, infatti lo si apprende strada facendo e commettendo anche degli errori, l’importante è comunque crescere e educare la prole secondo regole possibilmente non scritte e che risultino da interazioni e relazioni co- municative costanti caratterizzate da comprensione,

pazienza, atteggiamento positivo e talvolta determi- natezza. In tale orientamento rientra anche quella norma generale di vita che vede l’adulto quale titolare dell’esempio di atteggiamento e comportamento e che evidenzia come sarebbe meglio evitare determinate imposizioni se poi lo stesso genitore su quegli specifi ci ambiti non riesce a rispettare le stesse regole che in- tende prescrivere al fi glio. Risulta altresì essenziale e determinante l’alleanza tra genitori cioè che dinnanzi a decisioni da prendere e/o a problematiche dei fi gli questi siano concordi nell’intraprendere linee educa- tive comuni che consentano ai giovani di recepire e apprendere chiaramente determinati e adeguati atteg- giamenti e comportamenti (Camaioni, 2003).

La stessa cultura istituzionale caratterizzata da un’alle- anza, un accordo e un’armonia tra educatori scolastici e ambito familiare fornisce risposte formative e educa- tive profi cue per l’alunno. Purtroppo, però, tale favo- revole realtà può non verifi carsi a causa di situazioni di disaccordo e confl ittuali tra genitori e insegnanti.

Riferimenti bibliografi ci

M. Bernardi, Educazione e libertà, Rizzoli, Milano 2009.

L. Camaioni, C. Bascetta, T. Aureli, L’osservazione del bambino nel contesto educativo, Il Mulino, Bologna 2003.

F. Codello, La buona educazione, Franco Angeli, Milano 2005.

E. Crone, Nella testa degli adolescenti, Urra, Milano 2012.

J. Dewey, Esperienza e educazione, La Nuova Italia, Milano 2004.

E. Gabert, G. Kniebe, La Punizione nell’Autoeducazione e nell’Edu- cazione del Bambino, Arcobaleno, Roma 2006.

T. Gordon, Genitori effi caci. Educare fi gli responsabili, La Meridiana, Molfetta 2007.

G. Honegger Fresco, Essere genitori, Red, Milano 2003.

J. Mol, Crescere nella fi ducia, Uno, Torino 2012.

L. Monti, C. Bartoli, Prima educare. Nella scuola e nella società, La Meridiana, Molfetta 2008.

A. Volta, Nascere genitori, Urrà, Milano 2008.

B. Zanaboni, L’arte di crescere liberi. Tecnica per il rilascio emozio- nale e il riequilibrio energetico, Uno, Torino 2010.

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s cuola in atto

Svolgimento dell’Unità di Apprendimento

L’obiettivo di questa prima unità di apprendimento è quello di orientare gli studenti a mettere a fuoco alcune tracce dell’esperienza religiosa all’in- terno della tradizione di fede propria dell’ebraismo.

Per raggiungere questo obiettivo, verrà presentata nelle prime due ore di lezione dell’UA la fi gura di Abramo, il padre della fede in Dio per la tradizione culturale e religiosa ebraico-cristiana. Nella terza ora di lezione, invece, si svolgerà un’atti- vità di valutazione sulle due ore pre- cedenti.

Prima ora: lettura e lavoro di comprensione sul brano antologico

a. Durante la lezione. Durante la prima ora di lezione il docente distri- buirà a tutti gli studenti sotto forma di fotocopia il brano antologico citato nel box 1 (v. p. successiva) e lo farà

Classe prima

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incollare sulla prima pagina del loro quaderno di Religione Cattolica. È importante che il docente avvii con gli studenti una comunicazione che desti attenzione ed interesse. Per cui, suggeriamo che il brano venga letto dal docente in forma drammatizzata ed avvincente. Alla conclusione della lettura, il docente farà svolgere agli studenti le proposte di analisi e di comprensione del brano. Dopo un momento di lavoro personale degli studenti, il docente risponderà in maniera puntuale alle loro richieste di chiarimento e alle loro domande.

Li inviterà poi a socializzare ciò che hanno scritto sui post-it alla luce della terza proposta di analisi del brano.

b. Compito a casa. Il docente asse- gnerà la rilettura del brano, a seguito della quale lo studente dovrà fare un disegno sul suo quaderno di religione che ne rappresenti il signifi cato per lui fondamentale.

Seconda ora: le caratteristiche

dell’esperienza di fede di Abramo

a. Durante la lezione. In forza dei ri- sultati emersi nella prima ora di le- zione, il docente visionerà anzitutto i disegni degli studenti. Poi proporrà una lezione frontale sulla fi gura di Abramo, seguendo alcune piste di si- gnifi cato proposte da Elie Wisel. In modo particolare, può essere signifi - cativo ricondurre la lezione ad alcune caratteristiche fondamentali dell’espe- rienza religiosa di Abramo.

Cogliere nelle domande dell’uomo ed in tante sue espe- rienze tracce di una ricerca religiosa (DPR 11 feb. 2012).

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- Brano antologico: “Le domande di Abramo a Dio e le nostre domande su Dio di fronte ad Abramo” (box 1).

- Le caratteristiche dell’esperienza religiosa di Abramo.

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Gli studenti saranno in grado di cogliere nelle domande di senso emergenti dalla storia di Abramo, alcune tracce di un’esperienza religiosa.

Unità 1

Obiettivo

di apprendimento ___________________

Contenuti proposti

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Focus della valutazione

s!BRAMONEMICODELLIDOLATRIA Abramo è un uomo capace di ascoltare un Dio che non vede ma di cui percepisce la Parola nella sua vita. In questo caso l’esperienza religiosa di Abramo è quella di un uomo che non si pone la domanda astratta

“Dio esiste?”, ma si interroga dentro la sua esperienza di vita chiedendosi “Qual è fra gli dei il vero Dio che va adorato e onorato?”. La prima fondamentale carat- teristica dell’esperienza di fede di Abramo è la diffi denza verso gli idoli fatti dagli uomini a loro immagine e somiglianza.

s !BRAMO IL PRIMO CREDENTE Abramo non vive in maniera passiva il rapporto con Dio. La sua esperienza di fede è anche un’esperienza del dubbio su alcuni modi di agire di Dio, come si dimostra in particolare nell’episodio in cui egli in- tercede presso Dio perché non vengano distrutte Sodoma e Gomorra (cfr. Gen 18, 16-33). Un’altra caratteristica fondamen- tale dell’esperienza di fede di Abramo è quella di relazionarsi con un Dio disposto a negoziare le sue decisioni con l’uomo.

Il Dio di Abramo è un Dio con il quale

Religione cattolica

Luciano Pace

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s

cuola in atto

Esposti questi contenuti, il docente farà scrivere agli studenti sul loro quaderno di religione la sintesi della spiegazione sotto forma di schema concettuale (se- condo lo schema riportato qui sotto), per aiutarli a fi ssare le idee.

l’uomo può relazionarsi “da pari a pari”;

da alleati e non da schiavi.

s!BRAMOSOLOCONTROTUTTIAbramo è un uomo che sceglie di fi darsi del suo Dio, anche quando le sue richieste paiono assurde.“ ”. Abramo non si pone questa domanda; al limite siamo noi che, come E. Wisel, ce la poniamo osservando la sua storia di vita e di fede. Attenzione però:

questo non signifi ca che Abramo si fi di di Dio ciecamente. Piuttosto, egli si fi da di Dio anche quando gli chiede il sacrifi cio del fi glio perché sa che Dio è affi dabile e non verrà meno alle sue promesse. La terza caratteristica fondamentale dell’e- sperienza di fede di Abramo è, quindi, quella del riconoscimento dell’affi dabilità di Dio tramite la fi duciosa obbedienza a ciò che Egli chiede di agire.

"OX,EDOMANDEDI!BRAMOA$IOELENOSTREDOMANDESU$IODIFRONTEAD!BRAMO

b. Compito a casa. Il docente asse- gnerà di studiare lo schema di sintesi riportato sul quaderno e di rileggere con attenzione il brano antologico alla luce delle spiegazione ascoltata a lezione.

RELIGIONE CATTOLICA

0RIMOCREDENTE

s2APPORTOhALLAPARIvCON$IO

s5OMODELLAlDUCIAUNITAALDUBBIO

.EMICODELLIDOLATRIA

s)DOLIOPEREDELLEMANIDELLUOMO

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3OLOCONTROTUTTI s&EDERICERCADELLAFlDABILITÌDI$IO

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1 Per la mentalità da cui nasce la Bibbia, l’idolatria è il più grave di tutti i peccati.

L’idolatria, infatti, la violazione del primo comandamento biblico che vieta di avere altri idoli oltre a Dio. Un idolo è qualcosa prodotto dalle mani dell’uomo o dalla sua fantasia a cui si è concesso di stare al posto di Dio.

2 Riferimento all’episodio dell’intercessione di Abramo verso Sodoma e Gomorra. Cfr. Gen 18, 16-33.

3 Riferimento all’episodio del sacrifi cio di Isacco. Cfr. Gen. 22, 1-19.

“C’era una volta un uomo fuori dall’ordi- nario, di nome Abramo, che aveva tutte le doti, tutte le virtù e meritava tutte le grazie. Abramo: il nemico dell’idolatria1. Il primo credente. Solo contro tutti, si di- chiara libero. Solo contro tutti, affronta il fuoco e la folla affermando che Dio è uno e che è presente ovunque lo si invochi, che il segreto del cielo si ricongiunge con quello dell’uomo.

E tuttavia. Malgrado la sua fede totale in Dio e nella sua giustizia, e anche nella sua bontà, non esita un istante a metterle in questione per salvare due città condan- nate: come puoi Dio giusto, Dio vero, Dio caritatevole commettere un’ingiustizia?

È il primo a osare dire una cosa simile.

E Dio lo ascolta e gli risponde2. Dio per- dona tutto ad Abramo, comprese le sue domande. Dio è Dio e Abramo il suo fedele servitore, l’uno è sicuro dell’altro, ha avuto le sue prove, Abramo. Ha abbandonato la casa del padre, ha combattuto principi e loro eserciti, ha sofferto la fame e l’esilio, è passato attraverso l’obbrobrio, il braciere e la notte: la sua fede non ha mai vacil- lato. Dio, allora, gli promette l’avvenire e gli dà un fi glio, fondatore di discendenza, simbolo di grazia e di benedizione.

Poi, un giorno, Dio decide di metterlo alla prova per la decima volta: Prendi tuo fi - glio e portamelo come offerta3. E Abramo obbedisce. Senza discutere. Senza cercare di capire o di temporeggiare. Senza una parola, senza una lacrima. Non ne parla a nessuno, neppure alla moglie, Sara.

Aspetta il mattino del giorno seguente e, mentre essa dorme ancora, attacca l’asino.

Accompagnato dal fi glio e da due servitori, prende la strada del monte Moriah. E, dopo una marcia di tre giorni il padre e il fi glio, lasciando indietro i servitori e l’asino, si mettono a scalare la montagna. Lassù erigono l’altare e preparano la scena del rito. Tutto è pronto: il legno, il coltello, il fuoco. Sacrifi catore e vittima si guar- dano a lungo negli occhi. Per un istante la Creazione intera trattiene il respiro.

E il miracolo avviene. La morte è vinta, la fatalità revocata. La lama del coltello che avrebbe potuto tagliare il fi lo della discen- denza – ed impedire ad Israele di nascere – si ferma sospesa.

Da bambino rileggevo questo racconto con il cuore in tumulto; sentivo un timore oscuro invadermi e portarmi lontano. Non capivo nessuno dei tre personaggi. Perché Dio, che vuole essere misericordioso, aveva preteso che Abramo scegliesse l’inu- mano? E perché Abramo aveva accettato?

E Isacco, perché dette prova di tale sot- tomissione? Non avendo ricevuto l’ordine diretto di lasciarsi sacrifi care, perché vi aveva acconsentito? Io non capivo: se Dio ha bisogno della sofferenza umana per la sua gloria che vuole essere eterna, come può, l’uomo, concepire una fi ne a questa sofferenza? Se la fede in Dio passa attra- verso il rinnegamento di sé, come può la fede, pretendere di innalzare l’uomo e di migliorarlo?

Domande dolorose, soprattutto per un adolescente, perché non possono ridursi al contesto peccato-castigo al quale ci ha abituati il pensiero religioso”.

(Brano rivisto ed adattato tratto da E. Wisel, Personaggi biblici attraverso il midrash, Cittadella, Assisi 1978, pp. 68-71) 0ROPOSTEDIANALISIEDICOMPRENSIONE

DELTESTO

1. Cerchia con una biro rossa le parole che non conosci e poi chiedi al professore il loro signifi cato.

2. Sottolinea i passaggi del brano che non hai ben compreso e poi chiedi chiarimenti al professore.

3. Sottolinea un passaggio del testo che ti ha colpito e poi scrivi su un post-it il perché delle tua scelta.

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s

cuola in atto Terza ora: valutazione

dell’obiettivo di apprendimento

A conclusione dell’UdA, il docente proporrà alla classe la seguente at- tività di valutazione dell’obiettivo di apprendimento.

Egli consegnerà ad ogni studente un foglio formato A4 in stile perga- mena sul quale ogni studente dovrà segnare il suo cognome e nome, la classe e la data. Compito degli stu- denti sarà quello di scrivere una breve lettera immaginaria ad Elie Wisel, nella quale lo si ringrazia per ciò che hanno imparato avendo conosciuto l’esperienza religiosa di Abramo. La lettera può essere così iniziata: “Caro Elie Wisel, grazie alle

tue parole sull’esperienza religiosa di Abramo ho imparato che… e mi sono domandato/a…”. Gli studenti avranno circa 30 minuti per scrivere questa lettera. Alla fi ne ci sarà un momento di condivisione del lavoro, utile al docente per valutare il grado di raggiungimento dell’obiettivo di apprendimento secondo la tabella di valutazione della competenza ripor- tata qui sotto. In virtù del grado di competenza raggiunto da ogni stu- dente, l’insegnante attribuirà a cia- scuna lettera un giudizio che apporrà su ciascuna lettera e sul suo registro personale. La lettera verrà poi incol- lata dagli studenti sul loro quaderno di Religione Cattolica.

Classe seconda

0´IWTIVMIR^EVIPMKMSWEHIPP´%WGIRWMSRI

Cogliere nelle domande dell’uomo ed in tante sue espe- rienze tracce di una ricerca religiosa (DPR 11 feb. 2012).

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- Brano antologico: “Cristiani malinconici: facce da peperoncini nell’aceto” (box 1).

- Le caratteristiche delle gioia cristiana.

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Gli studenti saranno in grado di cogliere nell’esperienza della gioia che è seguita all’ascensione di Gesù alcune tracce di un’esperienza religiosa.

Unità 1

Obiettivo

di apprendimento ___________________

Contenuti proposti

___________________

Focus della valutazione

RELIGIONE CATTOLICA

Svolgimento dell’Unità di Apprendimento

L’obiettivo di questa prima unità di apprendimento è quello di orientare gli studenti a mettere a fuoco al- cune tracce dell’esperienza religiosa alla luce del signifi cato esistenziale dell’episodio dell’ascensione di Gesù al Cielo. Per raggiungere que- sto obiettivo nelle prime due ore di lezione dell’UA verranno presentate agli studenti alcune rifl essioni pren- dendo spunto da una meditazione di papa Francesco sulla gioia seguita all’ascensione. Nella terza ora di le- zione, invece, si svolgerà un’attività di valutazione sulle due ore prece- denti.

,IVELLIDIVALUTAZIONE

Nelle domande di E. Wisel riferite all’esperienza di fede di Abramo lo studente è:

Obiettivo di Apprendimento

Gravemente insuffi ciente (GI)

Insuffi ciente (IN) Suffi ciente (SF) Buono (BU) Distinto (DS) Ottimo (OT)

Cogliere nelle do- mande dell’uomo e in tante sue esperienze tracce di una ricerca religiosa.

Non ha colto alcuna traccia di ricerca religiosa

Ha colto in ma- niera confusa e approssimativa tracce di una ri- cerca religiosa

Ha colto in ma- niera adeguata ma non approfon- dita tracce di una ricerca religiosa

Ha colto in ma- niera adeguata tracce di una ri- cerca religiosa

Ha colto in maniera appro- fondita tracce di una ricerca religiosa

Ha colto in forma criticamente ri- elaborata tracce di una ricerca religiosa

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