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Perfetto Ne approfitto, visto che mi hai fatto l’assist, a fare il salto alla domanda 14 Uno strumento di lavoro come la mappatura delle risorse presenti sul nostro territorio, che

Intervista SAS

INTERVISTA ASSISTENTE SOCIALE DEL SERVIZIO ACCOMPAGNAMENTO SOCIALE (P = SAS 2) 12.07.2017 – LUGANO

I: Perfetto Ne approfitto, visto che mi hai fatto l’assist, a fare il salto alla domanda 14 Uno strumento di lavoro come la mappatura delle risorse presenti sul nostro territorio, che

sintetizzi gli aspetti delle diverse misure attive, potrebbe contribuire a migliorare la presa in carico da parte dei servizi sociali comunali da un punto di vista valutativo, orientativo e informativo?

P: Certamente. Quello sicuramente. Chiaramente con il tempo poi ci sono sempre anche aggiornamenti. Però ne veniamo a conoscenza in maniera frastagliata. Ad esempio se l’assistenza ha delle nuove misure, veniamo a conoscenza, perché comunque sono tenuti ad informarci tramite l’ufficio dell’intervento sociale e i nostri responsabili, però tutto in maniera frastagliata. Anche l’AI se emette delle nuove misure, lo sapremo dopo magari tot tempo, tutto in maniera dislocata. Il problema è un po' quello: se io ho un giovane in AI e so che c’è una nuova misura la vengo a sapere perché ho la situazione di fronte e allora mi interesso e guardo se hanno fatto una nuova misura. Però non c’è qualcosa per cui chiaramente viene mappato e puntualizzato regolarmente o indicato.

I: Quindi questo strumento che ho sviluppato durante la pratica professionale può risultare molto utile da questo punto di vista?

P: Certo, certo.

I: Hai già anche qua fatto un secondo assist. È anche il senso dell’intervista: le domande sono messe in un senso logico diciamo. Hai già accennato nel caso di nuove misure che venite informati. La domanda 13. Ultimamente sono state attivate altre misure nel contesto

del (re)inserimento socio-professionale, come il progetto “100 incarti” e quello per i beneficiari di API e AFI: ne sei a conoscenza? Se sì, cosa ne pensi? Se no, come mai?

P: A conoscenza sì, nel senso che ci hanno informato che appunto avrebbero introdotto questo nuovo progetto dei 100 incarti. Cosa ne penso? Non ho riscontrato molta differenza, nel senso che seguo degli utenti compresi in questo progetto. Continuo a seguirli come gli altri e, forse perché sono casi particolari miei, ovvero in formazione e quindi non è che c’era molto da progettare, dovevano finire la formazione e questo era il progetto. Quindi non c’è stato uno scambio diverso da quello che esiste già con USSI, quindi con la funzionaria che gestiva questi incarti: abbiamo solo avuto un incontro finale a fine anno.

I: Appunto, il senso del progetto 100 incarti, intervistando un funzionario dell’USSI, l’hanno ideato proprio perché avendo una mole, una media di 260-280 incarti a OSA, lui è stato molto chiaro e ha detto che l’aspetto dell’inserimento è l’ultima cosa che guardano, perché non hanno il tempo per farlo. L’urgenza è la prestazione finanziaria, l’aspetto quindi di elargire la prestazione finanziaria, perché hanno una mole di lavoro che l’ha proprio definita non umana, umanamente impossibile stare dietro a tutti questi incarti. La volontà di inserire questo progetto è di limitare a 100 incarti per OSA, cerando di concentrarsi sull’aspetto dell’inserimento e non solo del finanziario. È stato appena avviato però, magari si deve aspettare ancora un annetto per vedere come va: non ci sono ancora dei rapporti sull’attività, è partita lo scorso anno. Quell’altro per i beneficiari degli AFI e API?

P: Del cambiamento c’è arrivata l’informazione dai nostri superiori. Noi non abbiamo però a che fare con AFI e API, perché seguiamo solo famiglie con figli maggiorenni.

I: Ottimo che comunque c’è l’informazione.

P: Sì, quello sì.

I: Ok. Direi che siamo alla domanda conclusiva. Futuro del loro lavoro, ipotesi di nuove strategie o di strumenti auspicabili?

P: Io quello che avevo forse già detto quando mi hanno intervistata per il progetto 100 incarti, una cosa che potrebbe essere positiva a mio avviso è che i grandi comuni e i servizi dovrebbero lavorare di più con i datori di lavoro. Quindi anche i privati o le ditte grandi, bisognerebbe informarle di più e collaborare per aiutare a inserire questi giovani, soprattutto adesso sto pensando in maniera specifica al posto di tirocinio, all’apprendistato. Anche perché, uno magari si fa l’idea di un giovane che è sbagliata, invece se viene segnalato magari da un servizio che conosce già il giovane, che mette in evidenza chiaramente anche gli aspetti negativi, però che nonostante gli aspetti negativi ha tutti questi aspetti positivi che il servizio, che l’assistente sociale ha potuto conoscere nel tempo, si riuscirebbe magari ad inserire più giovani. Ripeto, di primo acchito magari uno dice che questo qua non ha voglia di fare, guarda che faccia, che postura, non so qualsiasi cosa, però invece ha nel suo piccolo delle risorse e che quindi ci si può fidare, perché è affidabile, magari è preciso ed altri aspetti. Quindi la collaborazione secondo me che potrebbe essere fattibile soprattutto in Ticino, dove è un disastro il mondo del lavoro.

I: Disastro nel senso che c’è poca responsabilità sociale nei confronti del territorio?

P: Dicono sempre che i posti di lavoro ci sono e che devono andare a chiamarli dall’estero, però troviamo difficoltà ad inserire i giovani. Va benissimo, ci sono i posti e hanno bisogno, allora creiamo più sinergia tra, ripeto, i datori di lavoro, le ditte e, adesso ti dico i politici, ma va bene, i comuni, per rimanere adesso non ingigantiti: il comune si impegna con il bacino di giovani che ha in assistenza a collaborare con il datore di lavoro, se l’obiettivo singolo di ogni giovane è di trovare posto di tirocinio per questo tipo di lavoro. Quindi di collaborare maggiormente.

I: Il comune di Lugano è un caso particolare perché al suo interno effettivamente ha già un servizio che si occupa di questo: Lugano Network. Non so quanti altri comuni abbiano un servizio così specifico.

P: Ma anche lì, capire che magari una persona si può rivolgere direttamente, perché già formata, già piena di risorse, che potrebbe trovare anche da sola. Secondo me dovrebbe essere specifico per questo bacino, quindi verso persone già in difficoltà. Avere più fiducia in queste persone, questi giovani, riuscendo a presentarli. Magari poi non funziona, però il datore di lavoro deve mettere in considerazione anche questo.

I: Faccio un esempio del funzionario USSI intervistato. Anche secondo lui sarebbe auspicabile iniziare una collaborazione con il mercato privato, con i datori di lavoro privati. Ha detto che questo è fondamentale secondo lui, per dare una svolta. Mi ha fatto un esempio sul Soccorso operaio svizzero, uno dei più grandi organizzatori in Ticino, che hanno ideato questo progetto So-stare, in collaborazione con un ristorante privato di Bellinzona e l’anno scorso, al primo anno di attività, hanno avuto un successo di collocamento dei partecipanti superiore al 70%. Erano in tutto 11 persone che hanno trovato un collocamento. Perché il datore, il ristorante, come mi ha spiegato il funzionario USSI, non si limita solo a dare la possibilità alla persona di lavorare in un contesto professionale, non protetto, ma è il datore stesso che si attiva, contattando altri ristoratori, altri datori di lavoro, dicendoli di averlo testato magari per sei mesi e raccomandandolo. Questo tipo di collaborazione sta nascendo.

P: Esatto, questo passaparola insomma.

I: Ed è quello che mi stai dicendo praticamente te. La collaborazione con il privato, responsabilizzarli maggiormente.

P: Magari sostenendoli di più i privati. Può capitare che si inserisce il giovane e non funziona, però non da lì allora chiudo la collaborazione, perché magari capita il secondo giovane e funziona. Mettere in conto che comunque ci anche dei percorsi che potrebbero non funzionare. Ciò nonostante niente, collaborare, continuare, come hai ben detto te, secondo me è quello. Più le cose funzionano, più si può lavorare con altre persone, il passaparola, l’attesto di lavoro. Che, tra virgolette, lo Stato si introduca un po' nel privato, per una collaborazione.

I: Per quanto riguarda il SAS, mi è venuto in mente adesso, visto che è una cosa recentissima: si sta parlando di renderlo esterno come servizio, come outsourcing. Esternalizzarlo come servizio come hanno fatto con le AIL. Nel 2015 è passato il messaggio comunale di rendere gli ISC scorporati dal comune.

P: Che io sappia sono ancora in fase di discussione perché non tutto il municipio è d’accordo. Quindi siamo in attesa della decisione finale. Non si sa se il SAS rimarrà autonomo, insieme alle case anziani, agli asili nido, oppure può anche darsi che la parte delle case anziani rimanga autonomo e il SAS con l’UIS rimanga sotto il Municipio ancora.

I: Ma quindi è ancora in fase embrionale diciamo?

P: Sì. Il progetto e tutto è stato inoltrato, però ci sono discordanze decisionali e quindi non è ancora certo.

Allegato no. 3