Intervista USS
INTERVISTA AL CAPOSERVIZIO INSERIMENTI DELL’UFFICIO DEL SOSTEGNO SOCIALE E DELL’INSERIMENTO (G = USSI) 07.04.2017 BELLINZONA
G: Il problema del nostro ufficio è la mole di lavoro Perché, quando ho iniziato io nel 2009, avevamo 200 incarti a testa, 200 dossier, con dossier intendo nuclei famigliari, che
I: Per quanto riguarda le criticità nelle collaborazioni con i servizi sociali comunali?
G: Ho la facoltà di non rispondere? (risate)
I: Invece è importantissimo questo aspetto. Se tu mi dici una cosa, IPT un’altra cosa, eccetera, con il confronto si rientra in un’ottica di miglioramento.
G: Allora, non vale per tutti e non è la maggioranza. Quando ero OSA io mi trovavo davanti a degli assistenti sociali, dove ti giuro gli avrei voluto dire cosa avesse studiato fino ad ora? Nel senso, ci arrivo io, che va bene ho fatto la SUPSI in economia, però, non è possibile che tu hai una conoscenza così limitata della rete cantonale, è pazzesco. Secondo me è lì, io da quel lato mi chiedo onestamente anche la SUPSI che tipo di formazione integra? Perché ogni tanto ti chiedi, ma cavolo non è possibile che non lo sai: mi chiedi delle cose che sono assurde: il non saper chi contattare per sapere un’informazione. Ora non mi viene in mente un esempio concreto.
I: La SUPSI ha una formazione continua abbastanza mirata in questo ambito, quella di consulente sociale, però appunto è una formazione continua, non rientra nel bachelor.
I: Ci hanno parlato molto ad esempio dei morosi di cassa malati, andando abbastanza in profondità. Effettivamente in tre anni di SUPSI, ti posso dire che non abbiamo toccato l’aspetto, più di quel tanto, del reinserimento. Abbiamo visto in generale una visione del mondo del lavoro. Ma dal punto di vista degli inserimenti sociali, professionali, orientativi, non si fa niente. È un problema urgente, che tocca tutta la società.
G: Quello anche, ma poi a livello procedurale, com’è che lavoriamo. Adesso io non pretendo che conosci tutta l’assistenza e sai che ad esempio l’igienista lo riconosciamo una sola volta l’anno. Però capire come si lavora, cioè io quando vedo un assistente sociale che non lo so ti manda i rinnovi non vidimati, o senza nessuna osservazione o risposte. Quello è un esempio stupido, però tante volte quando ti ritrovi a parlare ti dici, ma allora ascolta un attimo, guarda qualcun altro, ci penso io e dopo ti faccio sapere. Però non sempre è così, con tanti si collabora, però ci sono proprio degli errori gravi. Comunque la collaborazione che ho vissuto io, con Paradiso, che era il comune che ho quasi sempre seguito, era ottima: nulla da dire. Ma capitavano certe situazioni dove anche l’utente era allo sbando quasi. Gli si chiedeva un minimo di accompagnamento, che però non veniva fornito e quando ne si parlava la risposta era che lo si faceva per responsabilizzare l’utente. Ho capito ma se oggettivamente non ce la fa, è un po’ così.
I: Posso dirti con sicurezza che dove lavoro al SAS, non esistono queste cose. La mia RP è eccezionale come persona, ci crede tanto nel suo lavoro.
G: Ripeto che la maggioranza sicuramente lavora bene, però con quelli che ho avuto a che fare, dove ci sono rimasto male, non era un errore che dici, va bene non è un problema. Per me è un errore grave, una mancanza formativa da un certo lato, che però non necessariamente è da imputare alla SUPSI.
I: A scuola avevo proposto se non fosse stato il caso di inserire un seminario sugli inserimenti-reinserimenti, in quanto è un problema grave a livello della società.
G: Ma io mi chiedo, per quanto riguarda l’assistenza viene trattato come funziona?
I: Dal punto di vista dal punto di vista legale. C’è anche il modulo sulle prestazioni finanziarie del sistema sociale svizzero. Ad esempio la LAPS l’abbiamo studiata abbastanza in profondità.
G: Ok, ho capito. Però come funziona concretamente. La legge e il regolamento sono una cosa, ma se hai a che fare con le persone, sono in assistenza.
I: Ripeto che secondo me dovrebbero fare un modulo, un corso opzionale anche. Ne ho parlato con alcuni docenti se non fosse appunto il caso di inserire tra queste, uno sul mondo del lavoro ticinese, non internazionale, ma ticinese. Quindi una panoramica, evoluzione, programmi di (re)inserimento per persone che non riescono ad entrare o rientrare nel mondo del lavoro primario. È un problema che tocca tutta la società, le relazioni in famiglia, la politica, il futuro, le tasse: il lavoro tocca tutto. Se molti giovani tra i 18 e 25 non riescono più a lavorare, non contribuiscono più al sistema sociale, non escono più al ristorante, al cinema, eccetera, si chiudono in sé stessi, poi depressione e dunque AI, con aumento dei costi sanitari. Tutto è collegato. Per me il lavoro è una delle basi fondamentali per far parte di una comunità.
G: Certamente. Non contribuire all’economia. Dici sempre di no, no. Sei tu quindi che ti porti ad isolarti, non ti fai più sentire e poi finisci nel limbo della depressione molto probabilmente. Riprendendo il discorso prima dei politici che guardano i numeri, il fatto di
far sentire invece la persona parte di qualcosa, cioè andiamo a vedere a livello di mancata depressione cosa abbiamo risparmiato. Che poi i costi non sono proprio bassi e se non sbaglio la depressione è una delle cause maggiori di malattia in Svizzera.
I: Perfetto. Grazie mille Melvin.