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“Il mondo dell’assistenza cambia, in primo luogo per la dimensione del fenomeno e in secondo luogo per la tipologia dei beneficiari. (…) Questo mutamento richiederà anche nei prossimi anni un investimento importante, sia di ordine finanziario che organizzativo e formativo per gli operatori che nei Comuni e nel Cantone seguono le persone a beneficio di assistenza.” (Stephani, E., Grignola Mammoli, 2014)

Prendo spunto da questa citazione perché racchiude in sé il pensiero generale che ho dopo aver terminato i corsi del bachelor, la pratica professionale e aver concluso questo LT. Quanto sia dinamico, complesso e variato il mondo dell’assistenza sociale, lo si può dedurre già dal fatto che si lavora in un processo di aiuto, di bisogno, di necessità, di richieste da parte delle persone, il che richiede una capacità di adattamento, di flessibilità, ben radicate nell’identità professionale. Al concetto di mutamento riallaccio spesso quello del sapersi mettere in discussione, con umiltà, cosa che provo a fare quotidianamente e che mi ha aiutato nella pratica professionale al SAS, così come nella vita privata.

Sono altresì consapevole che non esiste un modo definitivo e assoluto di operare, di vedere le cose, ma piuttosto bisogna approcciarsi a questo lavoro in maniera olistica, tendendo ad aprirsi alla curiosità verso il sapere e il capire, a integrare costrutti di discipline scientifiche e umanistiche differenti, così come sono cosciente che il ruolo centrale nel nostro lavoro è l’utente e la sua identità.

Utenza che in questo LT ha visto la scelta di giovani adulti dai 18 ai 25 anni, favorita anche dalla decisione del comune di Lugano riguardo l’obbligo di rivolgersi al servizio per i giovani rientranti in questa fascia d’età che si annunciano allo sportello LAPS (gestito dall’Ufficio dell’intervento sociale comunale). Tale direttiva ha inciso sull’aumento della casistica di questa fascia d’età e la pratica lavorativa al SAS mi ha permesso di viverne in prima persona la presa a carico. Tra i diversi bisogni e difficoltà, molti di loro hanno presentato la necessità di inserirsi nel mondo del lavoro, passando talvolta anche da percorsi di orientamento con l’intento di avviare una formazione. Si è visto come i percorsi di inserimento richiedono l’attenzione verso una moltitudine di fattori in interazione tra loro. Tra questi la conoscenza delle misure attivabili da parte dell’assistente sociale comunale,

dei servizi, degli istituti, delle procedure, delle politiche, della legislazione e dei regolamenti presenti, risultata fondamentale, tanto quanto la capacità di ascolto, di osservazione, di analisi della situazione socio-famigliare-economica, sempre in una dimensione di progettualità. A tal proposito, dopo aver steso la mappatura dei servizi di inserimento presenti sul territorio, ho avuto modo di utilizzarla quale strumento di lavoro nei frangenti opportuni durante i colloqui con l’utenza, dopo aver scandagliato la situazione del giovane, della sua rete primaria e secondaria, dopo aver condiviso le aspettative, le paure, le difficoltà, le risorse e i limiti. Nella maggior parte delle situazioni c’è stato un riscontro positivo da parte della persona, a tal punto che spesso al termine degli incontri mi veniva stretta la mano con un ringraziamento già solo per il fatto di aver ascoltato e compreso, magari senza nemmeno avere attivato ancora qualcosa o avere contattato l’organizzatore. Una manifestazione della persona che personalmente rende consapevoli di avere instaurato una relazione basata sulla fiducia: presupposto fondamentale per qualsiasi processo d’aiuto.

Ho vissuto anche momenti di frustrazione, di impotenza delle volte, davanti alla passività dell’utente, che risulta un elemento totalmente invalidante per l’andamento della presa a carico, da questo punto di vista condivido molto la riflessione della mia RP, una delle due assistenti sociali intervistate, quando parla del suo vissuto in questi momenti professionali: “(…) penso a perché non me l’ha fatto (il compito richiesto)? Allora forse devo essere più flessibile e allora approfondiamo il perché: (…) è un problema solo perché è svogliato o c’è qualcosa di più, no?” (Allegato n. 2, p. 5). Mi rende consapevole che approfondire, scandagliare, sospendere giudizi e pregiudizi fanno parte anche loro della quotidianità lavorativa di un’operatore sociale.

Alla luce di quanto appena esposto in queste riflessioni conclusive, tutte le esperienze professionali e non, intrise di rapporti umani, di obiettivi da raggiungere, di lavoro sia in team che individuale, di successi e di fallimenti, abbiano contribuito a costruire un determinato bagaglio di capacità e di competenze lavorative, operative e relazionali. Un bagaglio che cerco di attivare, di integrare, di sviluppare, di ampliare costantemente e grazie ad esempio a questo lavoro di ricerca, attraverso l’analisi della letteratura, ho cercato di approfondire costantemente la situazione, con un occhio sulle possibilità di intervento nuove o agite in altri contesti, avvalendomi di letture specifiche, dialogando con altri professionisti. A tal proposito, in un’ottica di idee e di ipotesi future, trovo particolarmente suggestive le conclusioni dello studio intitolato Generazioni a confronto (Assi, Lisi, Solcà & Lucchini, 2015, p. 50) che qui riprendo: “A partire dai risultati del nostro studio si possono invece immaginare alcune proposte operative da promuovere a livello cantonale e comunale. (…) Promuovere i legami intergenerazionali nelle aziende, attraverso progetti volti a creare ambienti di lavoro basati sulla valorizzazione delle diversità generazionali e sui bisogni.”

Prendendo spunto da queste considerazioni, tenendo conto anche di un altro grande ed importante tema che riguarda la realtà ticinese, ovvero l’invecchiamento della popolazione e il pensionamento dei cosidetti baby-boomer nei prossimi anni, si potrebbe pensare allo sviluppo di misure, di incentivi, di politiche attive per l’inserimento lavorativo dei giovani, in un’ottica di sostituzione naturale per la posizione lavorativa che si libererà al pensionamento (o prepensionamento) del lavoratore, promuovendo le capacità, le competenze, i saperi del mestiere, in un’ottica di scambio intergenerazionale.

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Immagine di copertina: http://www.gazzettadellavoro.com/toscana-imprenditoria- femminile-2013-percorsi-formativi-gratuiti/108087/ (consultato il 10.10.2017)

Allegato no. 1