Capitolo 6: il paesaggio del rischio
6.4 pesticidi, annosa questione glocale
Come nell’introduzione, negli anni Sessanta abbiamo i primi studi che mettono in luce la dannosità dell’uso dei pesticidi. La Carson negli Stati Uniti ha messo in dubbio la correlazione tra agricoltura e “naturalità”, eppure i fitofarmaci sono tuttora in posizione ambigua. Seppur dimostrato da numerosi studi scientifici17 la nocività degli stessi per l’ecosistema e la salute umana, esiste ancora una controparte pronta a mettere in dubbio la veridicità di questo tipo di ricerche. Il fatto che si tratti di sostanza tossiche è chiaro, ad esempio, l’utilizzo dei pesticidi avviene (o dovrebbe avvenire) con indumenti protettivi, maschere e a seguire il divieto per giorni di avvicinamento all’area trattata18. Non è la pericolosità di un eventuale contatto
16
Lupton D., op. cit., pag. 45; Lupton cita dal testo di Mary Douglas, Risk acceptability according to
the Social Sciencies, 1985, pag. 27:«ogni tipo di società ha il proprio sistema etico fatto su misura».
17
Ad esempio : Coleman M. D., O’Neil J. D., autori vari, “A Preliminary Investigation into the Impact of a Pesticide Combination on Human Neuronal and Gliall Cell Lines In Vitro” in PLoS ONE 7(8) e42768. doi:10.1371/journal.pone.0042768, 2012, (Editor: Partha Mukhopadhyay, National Institutes of Health, United States of America), sintesi consultabile on-line:
http://www.plosone.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pone.0042768 (08/01/2012). Nell’introduzione sulla pagina web: « there also appears to be some association between human toxicity and the weight of pesticide application, as commercially farmed areas in the wine industry increase in size ». Si veda l’ampia bibliografia.
18
diretto ad essere messa in dubbio, ma l’entità dei danni dovuti all’esposizione prolungata, per via aerea e per ingerimento. Per quanto riguarda l’introduzione di queste sostanze attraverso l’alimentazione, siamo tutti coinvolti, (a meno che non ci nutriamo esclusivamente di prodotti biologici o meglio biodinamici certificati), difatti c’è una certa “rimozione” generale della questione alla quale ci si sente per certi versi rassegnati. Il contatto aereo, però è il tipo di esposizione ai pesticidi alla quale sono obbligati controvoglia i cittadini delle aree agricole (oltre che ovviamente gli operatori di settore). Stando a Douglas e Wildavsky, gli individui fanno una grande distinzione tra i rischi che si sono assunti individualmente (ad esempio il fumo) e quelli che sono gli sono stati imposti da qualcun’ altro19 ed è sui secondi che sono dirette le iniziative politiche che, seguendo gli autori, generalmente hanno come bersaglio grandi imprese20.
Spesso, la gravità dell’esposizione prolungata per via aerea ai pesticidi viene messa in dubbio dalle “controparti” in quanto non si ritiene possibile calcolare il danno diffuso ovvero spesso mancano studi epidemiologici di lunga durata nelle aree soggette e quindi le istituzioni non si sentono in grado in grado di mettere in co- relazione l’esposizione ai fitofarmaci con l’incremento numerico di certe patologie. Senza basi scientifiche “appropriate” non si può dare per certo ciò che tuttavia si può dedurre facilmente ed a complicare il quadro attuale nei diversi scenari globali è la moltiplicazione e capillarizzazione dei “sistemi esperti”21 che soprattutto attraverso la rete hanno reso accessibili ai profani molte informazioni e quindi hanno avviato una sorta di “democratizzazione” di saperi tecnico-scientifici tra i quali scegliere per
legislazione in materia il link al sito della Regione Veneto:
http://www.reteurpveneto.it/schede/prodotti-fitosanitari-rilascio-patentino/2206 (07/01/2013) e in particolare la delibera della Giunta Regionale 1379 del 17/07/2012 dove viene recepita la Direttiva Europea 128 del 21/10/2009 per un impiego moderato dei fitofarmaci attraverso la “lotta integrata”:
http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=241450 (07/01/2013)
19
Douglas M., Wildavsky A., Risk and Culture: an essay on the selection of technological and
environmentalal dangers, Berkley, California University Press, 1983, pag. 16.
20
Ibidem, pag. 32.
21
Giddens A., op. cit.: i “sistemi esperti” sono sistemi di competenza tecnico-professionale che organizzano le aree materiali nelle quali viviamo e alle quali si è soliti accordare una fiducia che procede però da una comprensione vaga dei processi gestiti dalle istituzioni, pag. 37 .
documentarsi su un determinato argomento o sostenere una posizione presa. Eppure questa “democratizzazione” del sapere ha anche scardinato le solide basi della fiducia delle “società complesse” per i “sistemi esperti”, anche se ambivalenza nei confronti delle stesse è sempre stata presente22. Inoltre, possiamo identificare una data nella quale gli stessi tecnocrati hanno messo in dubbio pubblicamente la valenza del proprio operare ed è stato il fatidico 26 aprile 1986, giorno della catastrofe di Chernobyl che tristemente inaugurò: «una fase di mutamento epistemologico profondo nel concepire la tecnologia come capacità di intervento dell’uomo sull’ambiente e nel prevedere la possibilità di controllo del pericolo»23, fase che alcuni intendono come «mutamento nelle coscienze»24. Tornando ai pesticidi, se è difficile calcolare il danno diffuso legato alla salute pubblica, lo è anche nei termini di inquinamento diffuso, apparentemente impossibile quantificare i danni ed i costi relativi che aggravano lo scenario. Soprattutto per quanto riguarda le questioni ambientali si evince come sia l’applicazione dell’agricoltura monoculturale ad aver generato queste problematiche. La viticoltura specializzata oltre ad attentare la biodiversità locale in termini di spazi occupati, lede l’equilibrio ecosistemico in quanto la fragilità della vite (in quanto coltivata intensivamente le patologie delle piante proliferano) richiede l’uso dei pesticidi che già dall’etimologia (dall’inglese
pest “organismo dannoso” e latino caedere “uccidere”) 25
s’intuisce siano volti a sopprimere gli elementi indesiderati ed hanno dei principi attivi che vanno a modificare i sistemi organici anche di altri elementi26, se non fosse tra l’altro che gli animali non hanno la possibilità di sapere quando vengono effettuati i trattamenti e capitando in zone irrorate poco tempo prima, muoiono per intossicazione27. I torrenti rischiano di ospitare residui agricoli o scarichi illeciti, e talvolta vengono prosciugati
22
Giddens A., op. cit., pag. 93.
23
Ligi G., Antropologia dei Disastri, Roma, Laterza, 2009, pag. 134.
24
Discorso che ho sentito più volte riferito alle questioni mondiali, ma mi è rimasto impresso applicato alla “diatriba” sui fitofarmaci, durante un incontro del comitato “Colli Puri” (16/10/2012).
25
http://www.itchiavari.org/chimica/tabelle/affissi.pdf (08/01/2013)
26
Colloquio con Gianluigi Salvador (26/07/2012)
27
Testimonianze di Salvador, del comitato “Colli Puri”, dei partecipanti alla passeggiata “Andar par Erbe” (09/04/2012)
per irrigare le viti (a causa dei diserbanti non radicano in profondità). Alcuni composti chimici penetrano nel sottosuolo ed inoltre la meccanizzazione monoculturale legata alla predisposizione morfologica ha come effetto l’intensificazione delle frane e degli smottamenti. Le problematiche legate all’uso dei pesticidi hanno carattere globale in quanto riscontrabili nelle diverse aree agricole del globo e sono “glocali” nel senso che le scelte fatte a livello locale si ripercuotono a livello mondiale o viceversa è il modello capitalista globale ad incidere sulle scelte locali. I pesticidi sono prodotti dalle multinazionali farmaceutiche e distribuiti localmente attraverso i propri agenti che informano gli agricoltori e le istituzioni affiliate su benefici, usi e rischi legati alla merce in questione. Ad esempio, al sesto “Forum Fitoiatrico” tenutosi alla Scuola Enologica di Conegliano che in data 22 febbraio 2012 ha visto coinvolti operatori agricoli e vitivinicoli, erano presenti 17 case farmaceutiche con le ultime novità28. Viceversa le produzioni locali attraverso le esportazioni arrivano nelle tavole degli angoli più remoti, portando con sé pregi e difetti di produzione29. L’uso di pesticidi si distribuisce “glocalmente” anche in altri modi che mettono in luce la necessità di un controllo maggiore se non di un ripensamento su basi sostenibili dal punto di vista ambientale. A questo proposito c’è un documentario intitolato Silent Snow30 che è paradigmatico di quanto siano subdole le conseguenze dell’industria chimica e di come vadano ad incidere anche sull’ecosistema di luoghi lontani da quelli di produzione stravolgendo tra l’altro le pratiche economiche delle società lese. Il filmato denuncia particolarmente la situazione dell’Artico dove residui chimici come il DDT, pesticida vietato ma del quale ancora permangono scorte usate illegalmente, stanno distruggendo uno dei
28
Da colloquio con Salvador (26/07/2012); sito QDP (Quartier del Piave e Vallata News)
http://www.itchiavari.org/chimica/tabelle/affissi.pdf (08/01/2013).
29
Per le relazioni “glocali” tra agricoltura e multinazionali si veda sempre Pollan M., Il Dilemma
dell’Onnivoro, op. cit., ma anche: Robin M. M., Il Mondo secondo Monsanto: dalla Diossina agli OGM. Storia di una multinazionale che vi vuole bene, Bologna, Arianna editrice, 2009; della stessa
autrice, Amato B., Schianchi M., Il veleno nel piatto. I rischi mortali nascosti in quello che
mangiamo, Milano, Feltrinelli, 2012.
30
Documentario di Van Den Berg J. e Knudsenn-Ostermann P., 2007. Silent Snow è diventato anche un progetto di denuncia che coinvolga i soggetti maggiormente danneggiati e di sensibilizzazione alla questione dell’inquinamento globale provocato dai residui chimici. Link: http://www.silentsnow.org/ (09/01/2013)
pochi angoli del mondo che dovrebbero essere meritevoli del titolo di “incontaminati”. Tutta la catena alimentare è avvelenata dai residui chimici, i medici sconsigliano alle donne in gravidanza di consumare grasso animale. Una giovane Inuit nel filmato dice: «the worst thing is you can see it»31 sottolineando la crudezza di un male invisibile. Silent Spring, Silent Snow, Pandemia Silenziosa32 sono tutti rimandi all’impossibilità sensoriale di percepire il pericolo33. Nell’area di nostro interesse, l’impercettibilità visiva diventa cognizione di un esposizione al pericolo non quantificabile e i quali possibili effetti sono collocati in uno spazio-tempo futuro indefinito. L’incertezza locale si esplica nella paura dell’ “effetto deriva”, attraverso l’aria, agente atmosferico incontrollabile.