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Il piano degli investimenti

Nel documento STRATEGIA & BUSINESS PLAN (pagine 80-93)

Capitolo 4: Analisi economico – finanziaria

4.1 Il piano degli investimenti

“Semplice parsimonia non è economia... Le uscite, le grandi uscite di denaro, possono essere una parte

essenziale della vera economia.”

(Edmund Burke, politico, filosofo e scrittore irlandese, 1729‐1797)

Quando si intende avviare un progetto il primo passo da compiere è quello di costituirne la struttura fondamentale attraverso il Piano degli Investimenti, ovvero traducendo dal punto di vista economico le necessità emerse nei due precedenti piani analizzati (Marketing and

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Bisogna pertanto qualificare e quantificare gli investimenti necessari all’avviamento del

progetto sia in termini di capitale fisso (immobilizzazioni materiali ed immateriali)126,

spiegandone la funzione e il raccordo con l’iniziativa e assegnandone un valore di costo attraverso dei preventivi accurati elaborati dai fornitori, sia in termini di capitale circolante

(rimanenze di magazzino)127, ovvero quello che viene definito come fabbisogno finanziario di

tipo corrente, ossia l’ammontare minimo di riserve utili all’impresa per dar vita al ciclo

produttivo128.

L’importanza del dedicare un ampio spazio a questo strumento operativo deriva dal fatto che un’attenta verifica preliminare coadiuverà il management aziendale ad organizzare una struttura omogenea ed equilibrata in grado di assicurare la copertura dei costi, di remunerare il rischio di impresa e di far conseguire gli obiettivi prefissati in modo efficiente.

Il corretto svolgimento di tale processo è elemento centrale per la determinazione delle

condizioni di equilibrio economico, patrimoniale e finanziario dell’impresa stessa129. Inoltre,

nel caso in cui il Business Plan abbia come principale finalità il coinvolgimento di finanziatori creditizi, sarà di buona norma fornire una serie di informazioni atte a valutare l’adeguatezza del modello organizzativo adottato.

Questi istituti infatti analizzeranno tale prospetto non tanto da un punto di vista tecnico (salvo casi particolari), quanto con l’intento di individuare le caratteristiche della struttura aziendale che concernono la flessibilità produttiva, la capacità di assicurare i livelli di attività indicati sulla base delle stime di domanda elaborate, l’adeguatezza tecnologica degli impianti e in ultimo l’efficiente allocazione delle risorse, con particolare riguardo a quelle umane.

4.2 Le fonti di coperture

“Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma ciò che farai in tutti i giorni che

verranno dipende da quello che farai oggi.”

(Ernest Hemingway, scrittore statunitense, 1899‐1962)

I fabbisogni finanziari vengono soddisfatti mediante il ricorso a fonti di copertura con differenti caratteristiche in termini di durata, vincolo e remunerazione. L’individuazione delle

126

Si devono identificare le immobilizzazioni suddivise tra le diverse funzioni aziendali: i beni strumentali dei reparti produttivo (macchinari, impianti generici e specifici, ecc.), commerciale (autovetture, automezzi, impianti specifici ecc.) e amministrativo (mobili e arredi, impianti generici, personal computer, ecc.)

127

Cfr. Brinconi e Cavaciocchi, BUSINESS PLAN, Il manuale per costruire un efficace piano d’impresa cit., p. 167 128

Una volta costituita, per dar vita al ciclo produttivo, l’impresa dovrà acquistare materie prime e merci, far fronte alle remunerazioni delle risorse umane e ai costi di mantenimento delle risorse tangibili e intangibili, oltre a considerare lo sfasamento temporale che normalmente si accerta tra il flusso delle uscite e quello delle entrate. A tale riguardo si veda: E. Monti, Manuale di finanza per l’impresa. Teoria e pratica, Torino, UTET Libreria, 2005.

129

Cfr. Monti, Manuale di finanza per l’impresa cit., pp. 30 e segg. Per un ulteriore approfondimento circa le più diffuse metodologie atte alla valutazione degli investimenti si rimanda a: Monti, Manuale di finanza per l’impresa cit., pp. 75‐106

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fonti finanziarie più convenienti e l’adozione di soluzioni che ottimizzano l’impiego delle risorse disponibili rappresenta il cuore del problema e il nucleo centrale dell’attività svolta dalla funzione finanza in un’azienda. Infatti, dato che la regola generale asserisce che le attività correnti siano finanziate con le passività a breve termine, e l’attivo immobilizzato con passività consolidate e Capitale Netto, il fabbisogno per l’impresa si divide in due rami: quello strutturale, determinato dagli investimenti che costituiscono il sistema‐azienda e la sua

struttura130, e il fabbisogno corrente dato dall’ammontare di capitale circolante131.

La scelta delle forme di finanziamento, pro tempore più efficaci, è il frutto di accurati giudizi di convenienza fondati sulla conoscenza del financial framework in essere, ovvero in base a come si struttura il fabbisogno finanziario, sulla percezione dei rischi di mercato e della redditività dell’impresa, sulle capacità di ricorso alla platea degli investitori e sulla configurazione del complessivo fabbisogno futuro, conseguente ai nuovi investimenti.

Le modalità di copertura sono essenzialmente riconducibili a due fattispecie: fonti di

finanziamento interne, che ricomprendono l’autofinanziamento e il capitale di rischio132

, e

quelle esterne, che fanno riferimento ai prestiti cosiddetti “agevolati”133 e a quelli concessi

dagli istituti di credito o dai fornitori attraverso dilazioni di pagamento.

Nella fase di formulazione del piano si deve essenzialmente stabilire la corretta combinazione tra Capitale Proprio, ossia il capitale iniziale dei soci, e il Capitale di Terzi, ovvero quello finanziato da istituti esterni. Si tratta in definitiva di prendere a riferimento il valore del fabbisogno finanziario che emerge dal Piano degli Investimenti, predeterminare una

percentuale ritenuta congrua di capitale proprio134 reperendo le relative risorse in capo ai soci,

e successivamente, per differenza, determinare la quota da reperire nel mercato del credito135.

130

Per sistema‐azienda si intende l’impresa nel suo complesso, ovvero le immobilizzazioni alla base dell’attività di riferimento (macchinari, impianti, attrezzature e così via). Si tratta di attività fisse che comportano un assorbimento di risorse iniziali molto consistenti.

131

Il capitale circolante si compone di liquidità, ossia tutto ciò che è monetariamente disponibile per far fronte agli impegni correnti di spesa nell’immediato o nel breve periodo, e di disponibilità, ovvero l’investimento per costituire il magazzino (più precisamente il valore dei prodotti finiti, delle materie prime e dei semi‐lavorati).

132 Mentre l’autofinanziamento deriva dal flusso di cassa generato internamente in seguito alla decisione di non distribuire gli utili ai soci o di accantonarli in un fondo di riserva, il capitale di rischio può consistere in nuovi conferimenti in denaro o in natura (fabbricati, terreni, automezzi, ecc.) da parte dello stesso imprenditore o dei soci. Ovviamente, nel caso di una

start‐up, la prima fonte di finanziamento potrà sussistere, e pertanto essere impiegata, solamente dagli esercizi successivi al

primo. 133

Cfr. Monti, Manuale di finanza per l’impresa cit., pp. 419‐421. Si tratta sostanzialmente di finanziamenti che si prevede di ottenere usufruendo delle norme nazionali o regionali di supporto alla creazione d’impresa (le agevolazioni solitamente riguardano progetti in determinate attività o territori, oltre alle classiche agevolazioni per l’imprenditoria femminile o giovanile).

134

Si ritiene “equilibrata” una quota che oscilli tra il 33% ed il 50% dell’investimento complessivo; tuttavia la percentuale può variare in funzione sia del rischio specifico del business sia della tipologia di investimento. Ad esempio, nel caso di un investimento immobiliare, la percentuale di Capitale Proprio si avvicina alla parte bassa della “forchetta” (33%) e può talvolta anche essere inferiore. Un inciso: col termine “forchetta” si intende la differenza esistente in un certo momento tra la migliore proposta in acquisto e la migliore proposta in vendita sul book di un mercato telematico continuo. Si usa anche per definire l'intervallo di prezzo proposto per una nuova società che si quota in Borsa.

135

Nell’individuare la congrua combinazione tra le fonti interne e quelle esterne un ulteriore aspetto finanziario, spesso sottovalutato dai piccoli imprenditori, è correlato a quello che in dottrina viene chiamato “fabbisogno di capitale circolante”. Tale aspetto è strettamente connesso a te variabili: i crediti verso i clienti, le rimanenze e i debiti verso i fornitori.

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Lo step successivo consiste nello scegliere la tipologia e la durata del finanziamento, le modalità di rimborso delle quote di capitale e il tasso effettivo dell’operazione, tenendo conto altresì delle spese accessorie correlate.

Ciò che si è pianificato relativamente alle fonti di finanziamento va infine presentato in un prospetto in forma tabellare che prende il nome di Piano di Copertura, nel quale indicare la natura delle fonti previste (mezzi propri, fonti esterne e finanziamenti agevolati) e, per ciascuna di esse, esporne l’entità, in valore nominale e percentuale, per almeno tre periodi amministrativi.

4.3 Il Break-even point

“La ricchezza secondo natura ha confini ben precisi ed è facile a procacciarsi, quella secondo

le vane opinioni cade in un processo all'infinito.”

(Epicuro, Massime Capitali, 341 a.C. ‐ 271 a.C.)

L’analisi del punto di pareggio, meglio nota come Break-even Analysis, è una tecnica che

mette in relazione ricavi complessivi e costi totali (che comprendono costi fissi e variabili136),

determinando la redditività a seconda dei diversi livelli di produzione.

Il punto di pareggio (BEP) non è altro che il volume minimo di vendite che l’impresa dovrebbe raggiungere per eguagliare costi e fatturato e per assicurare una copertura di tutti gli

oneri di gestione caratteristica137. Ne consegue che unità aggiuntive vendute originano per

l’azienda un profitto; viceversa la distribuzione di una quantità inferiore a quella di pareggio porta l’organizzazione a collocarsi nell’area di perdita (Figura 10).

Il calcolo è piuttosto semplice nel caso di un’azienda monoprodotto, mentre si fa più

complesso quando è rivolto ad imprese multiprodotto138. Premettendo che in tale elaborato si

considera solamente la prima fattispecie menzionata, la formula matematica da applicare è la seguente:

136 I costi fissi sono quei costi il cui andamento non è correlato ai volumi di produzione (esempi tipici di costi fissi sono i costi del personale, affitti passivi, canoni di leasing, materiale vario di consumo e spese telefoniche), mentre i costi variabili rappresentano tutti quegli oneri il cui ammontare è strettamente dipendente dai volumi prodotti (esempi tipici di costi variabili sono: i consumi di materie prime, le provvigioni passive agli agenti e le spese di spedizione).

137

Cfr. R. A. Kerin [et al.], Marketing, Ed. italiana a cura di L. Pellegrini, Milano, McGraw‐Hill Italia, 2007 138

La complessità viene meno quando il management aziendale è dotato di appositi software che permettano di calcolare rapidamente, attraverso fogli di lavoro elettronici, il risultato complessivo di pareggio. Nelle aziende multiprodotto il punto di pareggio si può calcolare esprimendo le unità di produzione in termini di unità equivalenti (nel caso in cui sia nota la ripartizione % tra i diversi prodotti rispetto ai volumi complessivi di unità vedute) e determinando un margine di contribuzione ponderato in modo da considerare il calcolo come se fosse rispetto a un unico prodotto (nel caso in cui sia noto il mix di fatturato dei vari prodotti). Si considera poi la media ponderata del complesso di margini di contribuzione calcolati, rapportandola ai prezzi dei diversi prodotti.

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Determinata la quantità di pareggio e stimata la previsione di domanda per i primi dodici mesi di attività e la sua evoluzione nel periodo a cui il progetto si riferisce, l’impresa sarà dunque in grado di estrapolare il numero di esercizi necessari a recuperare l’investimento iniziale (il c.d. periodo di recupero o Break‐even finanziario).

L’analisi del punto di pareggio è di semplice elaborazione ed è lo strumento principe con cui valutare la fattibilità del progetto in termini di rientro dallo scoperto iniziale in tempi ragionevoli. Tuttavia presenta una serie di limiti che vanno dalla presunzione che la quantità domandata sia fissa, ovvero anelastica, alla mancata considerazione delle rimanenze di magazzino (si ipotizza un’eguaglianza tra le rimanenze iniziali dell’esercizio e quelle finali), dalla netta distinzione tra costi fissi e costi variabili, non sempre così nitida e attuabile nella realtà aziendale, alla staticità dell’analisi (si ipotizza l’invarianza dei costi variabili e dei prezzi di mercato).

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4.4 Il Cash-flow

“Davanti alle difficoltà non bisogna arrendersi. Al contrario, devono stimolarci a fare sempre di più e meglio, o superare gli ostacoli per raggiungere i

risultati che ci siamo prefissati.”

(Paolo Borsellino, magistrato italiano vittima di mafia, 1940‐1992)

Come più volte considerato nelle pagine precedenti, il ciclo produttivo avviato dall’impresa genera sistematicamente dei movimenti finanziari in uscita e in entrata conseguenti a costi e ricavi generati dall’attività caratteristica e che concorrono alla determinazione del risultato economico.

La pianificazione dell’andamento dei flussi di cassa costituisce pertanto il logico e necessario completamento all’analisi della struttura finanziaria poiché consente di valutare, da un punto di vista dinamico, l’equilibrio dell’organizzazione negli aspetti monetari ed economici e le prospettive di liquidità futura della stessa.

In quest’ottica è possibile definire il cash flow come l’ammontare delle disponibilità

finanziarie che vengono generate nell’impresa in un determinato periodo di tempo139. Detto in

altri termini esso corrisponde all’eccedenza delle entrate correnti sulle uscite correnti e si può calcolare come la differenza tra i ricavi d’esercizio e i costi di competenza del periodo

amministrativo che hanno generato un esborso finanziario140.

Nel momento in cui ci si accinge a costruire lo schema dei flussi di cassa connessi ad un progetto, uno dei primi problemi che si pongono è quello della determinazione dell’orizzonte temporale dell’analisi, definito come la distanza nel tempo tra il primo e l’ultimo cash flow considerato. Infatti, mentre è sempre chiaro il momento degli esborsi iniziali necessari per attivare l’impiego, non sempre è nota la durata dei ritorni generati, specie nel caso di investimenti in nuovi prodotti ove l’incertezza deriva dalla mutevolezza delle tendenze di mercato e dal gioco competitivo particolarmente dinamico. Segnalate queste considerazioni preliminari si può affermare che l’orizzonte temporale di un progetto di investimento deve essere tale da includere tutti i cash flow direttamente correlati con l’iniziativa. Questi ultimi, almeno per i primi due anni di attività, dovranno essere presentati meticolosamente con una proiezione mensile, mentre per i successivi esercizi è sufficiente fornire dati su base trimestrale o annuale a seconda del periodo considerato nel Conto Economico.

Un ulteriore quesito attinente la stima dei flussi di cassa è quello dell’inflazione: gli investimenti sono di norma caratterizzati da uno o più esborsi iniziali e da ritorni distribuiti in una durata generalmente ben superiore all’anno e quindi oggetto di influenza inflazionistica.

139

Cfr. Monti, Manuale di finanza per l’impresa cit., pp. 66‐67 140

Non danno luogo ad esborsi quegli oneri, pur rilevati in contabilità poiché di competenza dell’esercizio, relativi a fattori della produzione già acquisiti in passato e previsti per il futuro.

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Nella prassi aziendale si evincono due differenti approcci in soluzione al problema: in base al primo viene stimato l’effetto dell’inflazione su ciascun elemento del cash flow, il secondo invece prevede di trascurare i riflessi inflattivi all’interno dell’analisi, esprimendo gli importi

in moneta costante, riferita cioè all’epoca in cui la valutazione viene effettuata141

. Una volta determinata la tipologia dell’investimento, l’orizzonte temporale e il trattamento

dell’inflazione, sarà possibile effettuare la stima dei flussi di cassa ponendo i movimenti finanziari in uscita e in entrata all’interno di uno schema temporale che rappresenti la serie di importi che costituisce il progetto.

Nel momento in cui ci si accinge a costruire lo schema dei flussi di cassa connessi ad un progetto, uno dei primi problemi che si pongono è quello della determinazione dell’orizzonte temporale dell’analisi, definito come la distanza nel tempo tra il primo e l’ultimo cash flow considerato. Infatti, mentre è sempre chiaro il momento degli esborsi iniziali necessari per attivare l’impiego, non sempre è nota la durata dei ritorni generati, specie nel caso di investimenti in nuovi prodotti ove l’incertezza deriva dalla mutevolezza delle tendenze di mercato e dal gioco competitivo particolarmente dinamico. Segnalate queste considerazioni preliminari si può affermare che l’orizzonte temporale di un progetto di investimento deve essere tale da includere tutti i cash flow direttamente correlati con l’iniziativa. Questi ultimi, almeno per i primi due anni di attività, dovranno essere presentati meticolosamente con una proiezione mensile, mentre per i successivi esercizi è sufficiente fornire dati su base trimestrale o annuale a seconda del periodo considerato nel Conto Economico.

Un ulteriore quesito attinente la stima dei flussi di cassa è quello dell’inflazione: gli investimenti sono di norma caratterizzati da uno o più esborsi iniziali e da ritorni distribuiti in una durata generalmente ben superiore all’anno e quindi oggetto di influenza inflazionistica. Nella prassi aziendale si evincono due differenti approcci in soluzione al problema: in base al primo viene stimato l’effetto dell’inflazione su ciascun elemento del cash flow, il secondo invece prevede di trascurare i riflessi inflattivi all’interno dell’analisi, esprimendo gli importi

in moneta costante, riferita cioè all’epoca in cui la valutazione viene effettuata142

.

Una volta determinata la tipologia dell’investimento, l’orizzonte temporale e il trattamento dell’inflazione, sarà possibile effettuare la stima dei flussi di cassa ponendo i movimenti finanziari in uscita e in entrata all’interno di uno schema temporale che rappresenti la serie di importi che costituisce il progetto.

141

Mentre il primo metodo è certamente più accurato perché consente di considerare le implicazioni dell’inflazione sulle varie voci che costituiscono il cash flow, il secondo è di notevole semplicità e consente altresì una maggiore leggibilità delle variabili da parte del management aziendale.

142

Mentre il primo metodo è certamente più accurato perché consente di considerare le implicazioni dell’inflazione sulle varie voci che costituiscono il cash flow, il secondo è di notevole semplicità e consente altresì una maggiore leggibilità delle variabili da parte del management aziendale.

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4.5 Il bilancio previsionale

“Nel nostro tempo la sventura consiste nell'analfabetismo economico, così come l'incapacità di leggere la semplice stampa era la

sventura dei secoli precedenti.”

(Ezra Loomis Pound, poeta statunitense, 1885‐1972)

A conclusione dell’analisi economico‐finanziaria, il management aziendale dovrà elaborare un bilancio previsionale, ossia il documento di derivazione contabile per eccellenza che risponde alle diverse esigenze informative dei soggetti sia all’interno sia all’esterno dell’impresa. La sua stesura permette una programmazione più completa ed oggettiva della propria attività, fornendo informazioni più dettagliate sulle performance aziendali.

Il bilancio prospettico deve essere redatto sulla base di tre scenari (pessimistico, neutro e ottimistico) per ciascun esercizio a cui fa riferimento la pianificazione (solitamente da tre a

cinque periodi amministrativi)143, così da fornire una visione del quadro generale che potrebbe

emergere sulla base dell’andamento evolutivo del progetto ed avere un banco di prova su cui verificare, già in fase progettuale, la correttezza delle ipotesi formulate su aspetti fondamentali, quali ad esempio l’incidenza delle materie prime o la definizione del punto di pareggio.

Il bilancio previsionale si compone obbligatoriamente di tre prospetti:

 Stato Patrimoniale preventivo. Esprime il cosiddetto capitale di funzionamento dell’impresa e offre la rappresentazione puntuale del patrimonio della stessa in un certo momento individuato come la data di chiusura dell'esercizio. Gli elementi contenuti nello Stato Patrimoniale costituiscono condizione essenziale per lo svolgimento dell’attività d’impresa in quanto è grazie all’utilizzo dei vari elementi patrimoniali e alla capacità di reintegrarli e di ristrutturarli sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo, che risulta possibile soddisfare i bisogni individuali e collettivi. Per tale motivo appare chiaro coordinarli e combinarli opportunamente tra di loro, in maniera unitaria e durevole nel tempo, per dar vita ad un processo produttivo efficiente;

 Conto Economico preventivo. Si tratta di un documento che mette in relazione l’attività svolta dall’impresa con i livelli di efficienza raggiunti nell’impiego delle risorse disponibili, le strutture organizzative adottate e le scelte di fondo effettuate a livello competitivo e sociale. Raccoglie l’insieme delle variabili‐flusso riferite ai ricavi

143

Nel caso di redazione del Business Plan per un’impresa già avviata e consolidata nel settore merceologico di riferimento, è inoltre indispensabile inserire al suo interno, nella sezione concernente gli allegati, le informazioni finanziarie storiche, oltre ai bilanci di esercizio dei tre periodi amministrativi precedenti (o riferiti all’intera esistenza dell’impresa se questa ha avuto durata inferiore ai tre esercizi) completi delle note integrative e degli eventuali altri prospetti obbligatori redatti.

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e ai costi sostenuti nell’intervallo temporale considerato ed esplicita, quale variabile di sintesi, il reddito inteso come differenza tra tali componenti, che va ad accrescere il capitale dell’impresa, costituendo una remunerazione esplicita della capacità imprenditoriale. Il risultato dell’esercizio misura la variazione, positiva o negativa, subita dal Patrimonio Netto ovvero dalla ricchezza netta dell’impresa per effetto della gestione;

 Nota Integrativa. Costituisce parte integrante del bilancio previsionale ed è volta ad integrare i dati quantitativi esposti negli schemi di Stato Patrimoniale e Conto Economico, al fine di rendere più chiara e significativa la lettura del bilancio previsionale. Tale documento svolge essenzialmente tre funzioni: un compito analitico

Nel documento STRATEGIA & BUSINESS PLAN (pagine 80-93)