• Non ci sono risultati.

Item levare cierto terreno quale e stato messo a presso li argini di fossi in la terra”. Annotazione manoscritta a matita nera nell’an- golo in alto a destra: “706”; anno- tazione manoscritta a penna e inchiostro bruno nell’angolo in alto a sinistra: “71”.

Annotazione manoscritta a matita nera al verso: “C”. Annotazione manoscritta a matita blu al verso: “972”. BIBLIOGRAFIA Ferri (1885), p. 40; Beltrami (1902), p. 27; Medri (1908), pp. 54-55; Mancini (1958), p. 52, n° 9; Giovannoni (1959), vol. I, pp. 78, 429; Mancini-Vichi (1959), p. 102; Archi, Piccinini (1973), pp. 42-43; Collobi Ragghianti (1973), p. 31; Adams-Pepper (1994)(8), pp. 177, 365 (ill.); Zavatta (2004), p. 96; Zavatta (2006), p. 31. MOSTRE

Rocche di Romagna, Imola 1958, n° 9 (esposta la fotografia del dise- gno).

La relazione con memoriale della rocca di Faenza di Antonio da Sangallo il Giovane dichiarava uno stato di grave deficienza del fortilizio romagnolo.

A Faenza, contrariamente ad altre città romagnole, fu infatti strenue la resistenza dei Manfredi alla con- quista di Cesare Borgia, e senza dubbio la rocca uscì malmessa dal lungo assedio del Valentino. La rocca di Faenza si trovava inol-

tre al di fuori della città, e non addossata alle mura, dalle quali era divisa da un fossato: aveva dunque la necessità di essere rin- forzata su ogni lato.

La perizia di Antonio da Sangallo il Giovane conservata agli Uffizi, assieme come di consueto alla tra- scrizione di quella rintracciata da Beltrami e pubblicata nel 1902, costituisce dunque un importante documento sullo stato del castello faentino, tanto più per il fatto che a metà del Settecento la rocca venne disfatta, e con i materiali recuperati fu edificato l’ospedale cittadino.

Il castello era circondato da un ampio fossato, alimentato dalle acque del vecchio canale medieva- le che pescava nel fiume Lamone in località Errano (Savelli, 1982, p. 137). Questi fossi, tuttavia, in pro- gresso di tempo si erano riempiti, tanto che il primo e più urgente intervento difensivo proposto nella perizia fu proprio quello di ripristinarli.

Al contempo, si propose di ingros- sare le torri angolari, le cortine murarie e la torre maestra, cioè il mastio.

Su quest’ultimo elemento, la pian- ta di Antonio da Sangallo il Giovane risulta molto preziosa, poiché ne restituisce la posizione all’interno del recinto murario. Un disegno della rocca successivo a quello sangallesco, datato 1630 (Pianta Rondinini, presso la Biblioteca di Faenza), mostrava invece il mastio in posizione diffe-

rente, con una evidente sporgenza verso l’esterno (Savelli 1982, pp. 138-139), quasi in forma di torre cavaliere.

Tra le due varianti, la pianta san- gallesca si ritiene oggi il documen- to più rispondente sull’evidenza dell’antico castello faentino, poi- chè restituisce un’immagine della posizione del mastio all’interno delle mura più coerente e consue- ta. Anche l’aspetto della rocca della vicina Imola, col mastio rac- chiuso dalle cortine, indirizza infatti alla scelta della più persua- siva variante sangallesca.

Come avvenne per la fortezza Brancaleone di Ravenna, Antonio da Sangallo propose di ricompor- re nella rocca di Faenza i merli “alla franzese”, certamente in pre- visione dell’uso dell’artiglieria. Un prezioso documento conserva- to presso l’Archivio di Stato di Firenze (ASFI, Carte Strozziane, Serie I, n° 286, fasc. 39, trascritto da Turchini, 2003, pp. 521-550), nel quale Filippo Salviati nel 1530 scrisse gli Ordini e provvisioni per le rocche di Romagna, consente un valido termine di confronto per verificare quanto dei consigli di Antonio da Sangallo il Giovane e Michele Sanmicheli fosse stato realmente posto in opera.

In questo successivo rilievo delle spese per fortificare Faenza, si prevede un esborso di notevole entità, indizio del fatto che nulla venne eseguito nel 1526. Riecheggiano nella carta d’archi- vio tuttavia i provvedimenti sug-

geriti da Sangallo e Sanmicheli, cioè di fortificare tutti i lati ingros- sando le cortine, e soprattutto di “incapelare” le mura e le torri “alla francexa”, vale a dire con “intorno li merli alla franzese” come raccomandato dai due archi- tetti papali.

Le istruzioni suggerite nel 1526 risultavano ancora la traccia sulla quale si costituì un preventivo di spesa e un piano di intervento. Anche nel 1530, tuttavia, non si riuscì a porre mano al castello. Azzurrini (Biblioteca Civica di Faenza, MS 72, I, c. 170r) narrava infatti che la rocca già all’aprirsi del XVIII secolo risultava “mal ridotta ... per non esser stata ben custodita e del continuo va man- cando”.

Analogamente a GDSU 890A, anche nel caso del foglio GDSU 972A i fori di compasso in corri- spondenza dei punti di intersezio- ne, e le linee di costruzione della planimetria a stilo indicano che vennero realizzate più copie del disegno.

1526

Penna e inchiostro metallogallico su carta; segni di piegature e restauri. mm 290 x 422

Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 1217A recto. PROVENIENZA

Donazione di Antonio d’Orazio d’Antonio da Sangallo al Granduca Francesco I Medici il 24 Settembre 1574 (?). Presente (o aggiunto?) nel IV volume di disegni di architettu- ra (piante di città, e fortezze) acqui- stato da Gasparo Gaddi nel 1778; ricomposto e riordinato dal libraio Baragli nel giugno 1778 come VII volume d’architettura della Real Galleria; Pelli (1784, c. 400 verso) “volume VII” segnato anche col n. 179 (327 disegni di fortificazioni); Scotti (1832, cc. 79 recto e verso) volume n. 210 (327 disegni di Antonio da Sangallo); Pini (1854), vol. X, p. 72 (collocazione “Volume VII c. 43 verso n. 96”); Milanesi (1880), vol. V, p. 512 (collocazione “Volume VII c. 43 verso n. 96”); tim- bro Uffizi (L. 930).

FILIGRANA

Pesce, simile per disegno ma non per dimensioni a Briquet n° 12419. ISCRIZIONI

A penna e inchiostro metallogalli-

co in basso a sinistra: “Bisognando fare inbonotoro novo si puo pigliare/ alla rotta di S[an]ta Caterina overo aque resta de/ fabri e andare con un diritto fino al chantone della/ possessione di messer petro pagolo da fuligni alle fa/re un pocho di volta e andare acanto alle sasci grossi/ di ditta posessione va diritta fino al ponte del possa de/l veschovo quale e in sulla strada di S[an]to benedetto”.

Dall’alto in basso: “rotta”; rotta del monte”; “fiume del monte”; “dalla rotta alla terra circha doe miglia”; “Ponte di Bri”; “Rotta di/ S[an]ta Caterina”; “Ravenna”; al centro: “Chiusa del/ cardinale”; “via cuna vota”; “Cuna ripiena”; “canale da farsi”; “di pagolo da fulignio”; “quasta va tutto per disciato”; “Valle torta”; “naturalmente/ tutte laque/ cascha qui”; “sanmichele”; “via da Sanmichele”; a sinistra: “Canale/ via del vescovo”; a destra: “bottuccio/ con aqua”; “bottuccio/ asciutto”; “via del berto”; “Basso”; “via del zoldo”; “selva/ della Caldrona”.

Annotazione manoscritta a penna e inchiostro metallo gallico nel- l’angolo in alto a sinistra: “96”. Annotazione manoscritta a matita nera nell’angolo in alto a destra: “950”.

A

NTONIO DA

S

ANGALLO IL

G

IOVANE

(1484-1546)

Ravenna, pianta per i canali di drenaggio delle paludi del territorio circo-