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fusse basato questo pezo di fuora ciola/ chiesa di Sta Conforse 100 Case elassandola stare/ Così biso- gnia fare quattro traverse alte acio si possa fare alle/ difese ma in le Case fare sara dificile astarvi”. Annotazione manoscritta a matita blu nell’angolo in basso a sinistra: “889”.

Annotazione manoscritta a matita nell’angolo in alto a sinistra: “72”. Annotazione manoscritta nell’an- golo in alto a destra: “576”. Verso: “facendo detta terra nova bisognia scortare laterra dalla/ porta cheviene darimini fino alla Casa chera delcardinale/ di pavia per discostarsi dalmonte di Sta maria defrati di Sto bene/deto di monte Casini/ Maio judicho che saria stato meglio adavere preso dentro ditto/ monte di Sta maria e sariesi fatto due efetti si saria ritra- to/ in aria bona e sariasi tolto lo allogiamento delcavaliere alli ni/mici e non si aria atagliare laterra daditta banda e taglia/re laterra dallaltra banda dove e ditto primo e cosi/ laterra non ne aria Cavalieri quali lapotissi bate- re dentro/ ella rocha rimaria Condue facie di fuori dellaterra/ Ma chi potesse fare luna fortifica- tione ellaltra cioe quella/ che incomincio elvescovo derossi lasando pero laparte della terra/ quale esotto larocha e quella del- monte saria migliore perche facen/do quella del monte non saria da questa banda necesario taglia/re quella parte delborgo fino alla casa delcardinale anzi

ve/neria bene allassarla come sta e si potria fare fare la meza/ parte di ditto muro delmonte alli ditti frati perche poi venereno/ in laterra cioe elmuramento elcava- mento diterreni si potria fare/ fare alli villani delpaese/

ECosi si potria far passare un canal difiume per lo mezo/ della terra con uno forare da un monte di 300 canne/ efare le moline in la terra dentro e Cosi si faria/ forte e bella e con pocha spesa perche le mura quali si fanno/ adosso alli torrioni forti tagliati none necesa- rio farli trop[po] forti ne troppi grossi”. BIBLIOGRAFIA Ferri (1885), p. 24; Beltrami (1902), p. 31; Bazzocchi Galbucci (1915), p. 9; Marinelli (1937), pp. 179-213; Mancini (1958), p. 45, n° 42; Giovannoni (1959), pp. 78-79, 425; Puppi (1971), p. 18 nota 61; Marconi et Alii (1978), p. 314; Pugnaloni (1984), pp. 148-149; Montalti (1986), pp. 19, 23; Adams-Pepper (1994)(5), pp. 162, 347-348 (ill.); Zavatta (2006), p. 31. MOSTRE

Rocche di Romagna, Imola 1958, n° 42 (esposta la fotografia del dise- gno).

Il foglio 889A recto e verso è una stesura autografa di Antonio da Sangallo il Giovane della perizia sulla rocca di Cesena. Una secon- da versione del memoriale e della planimetria del castello venne

resa nota da Beltrami, che nel 1902 pubblicò una relazione sulle roc- che di Romagna di suo possesso, copia (di controversa attribuzio- ne) di alcuni fogli sangalleschi oggi agli Uffizi. Il testo della peri- zia edito da Beltrami (1902, p. 31) è pressoché identico a quello della versione degli Uffizi, salvo alcune differenze lessicali frequenti nel XVI secolo.

La planimetria riprodotta nel 1902 segnalava invece qualche diffe- renza: la pianta non mostrava solo il progetto del puntone, come nel presente foglio sangallesco, ma anche il raccordo di questo ele- mento con la più antica rocca di Cesena.

Per quanto riguarda la lunga serie di istruzioni descritte in GDSU 889A, il criterio fondamentale degli interventi proposti da Antonio da Sangallo e Michele Sanmicheli per Cesena è quello di eliminare ogni punto di forza esterno al fortilizio che potesse servire ai nemici come piazzaforte per un assedio.

Rilevando fianchi troppo deboli, si ritenne necessario dotare la rocca vecchia di un puntone, e di due torrioncelli per proteggerne i lati.

Essendo inoltre il castello antico più alto di quello nuovo, e copren- dolo con le sue mura, gli architetti proposero: “Larocha vechia biso- gneria sbassare le sue mura fino alpiano / terreno acioche la laro- cha lapotessi dominare tale chella venissi/ fino al piano della fo alte-

za delmuro quale va dalla rocha nova/ alla vechia”, cioè di livella- re le mura alla stessa altezza. Il livellamento fu effettivamente eseguito, e tutti i resti della rocca vecchia si trovano oggi alla stessa altezza della cortina più recente, ad indicare un necessario adatta- mento per fronteggiare i nuovi mezzi d’assedio e soprattutto le cannonate, in grado di guastare molto più facilmente mura alte e non a scarpa.

Allo stesso proposito, cioè quello di eliminare punti forti da dove gli assedianti potessero indirizzare sulla fortezza le loro bocche da fuoco, rispondono altre istruzioni, come quella di “bassare” tutte le parti esterne alla rocca troppo alte: “cimare uno monticello quale presso/ alla rocha vechia akavalca 5 Canne”, oppure di includerle in un circuito murario: “Maio judi- cho che saria stato meglio adavere preso dentro ditto/ monte di Sa maria e sariesi fatto due efetti si saria ritrato/ in aria bona e sariasi tolto lo allogiamento delcavaliere alli ni/mici”.

Nella perizia si fa inoltre riferi- mento a un precedente lavoro for- tificatorio avviato da “elvescovo derossi”, cioè da quel Bernardino de’ Rossi, Vescovo di Treviso raffi- gurato da Lorenzo Lotto in un ritratto oggi a Capodimonte, che essendo stato governatore nel 1517 dopo il ritorno di Cesena allo Stato della Chiesa a seguito della dominazione di Cesare Borgia, aveva promosso i primi lavori di

adeguamento del castello e delle fortificazioni.

Infine, Antonio da Sangallo il Giovane e Michele Sanmicheli non trascurarono un’altra impor- tante istanza: quella di “far passar un canale di fiume per lo mezo della terra”.

Questo avrebbe consentito di “fare le moline in la terra dentro”, cioè di muovere tutte quelle mac- chine necessarie alla polverizza- zione, utili sia in caso di pace, sia – e soprattutto – in caso di assedio. La preoccupazione di avere corsi

d’acqua che potessero muovere le macine si accorda con l’interesse mostrato da Antonio da Sangallo il Giovane per i “mullini” della rocca di Cesena, delineati in altri fogli degli Uffizi come il GDSU 819A recto e il GDSU 1442A. Le macine presenti nella rocca di Cesena delineate in questi disegni risultano mosse da forza animale, di qui l’auspicio di poter avere all’interno della terra, cioè della parte cinta dalle mura, un canale che potesse garantire movimento senza l’uso di buoi o cavalli.

1526

Stilo, penna e inchiostro metallo- gallico su carta bianca, fori di compasso.

mm 238 x 234

Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 890A recto. PROVENIENZA

Donazione di Antonio d’Orazio d’Antonio da Sangallo al Gran- duca Francesco I Medici il 24 Settembre 1574 (Volume XVII “dis.[egni] di cervia”). Aggiunto nel IV volume di disegni di archi- tettura (piante di città, e fortezze) acquistato da Gasparo Gaddi nel 1778; ricomposto e riordinato dal libraio Baragli nel giugno 1778 come VII volume d’architettura della Real Galleria; Pelli (1784, c. 400 verso) “volume VII” segnato anche col n. 179 (327 disegni di fortificazioni); Scotti (1832, cc. 79 recto e verso) volume n. 210 (327 disegni di Antonio da Sangallo); Pini (1854), vol. X, p. 60 (colloca- zione “Volume VII c. 35 verso n. 70”); Milanesi (1880), vol. V, p. 503 (collocazione “Volume VII c. 35 verso n. 70”); timbro Uffizi (L. 930). ISCRIZIONI

In alto a sinistra a penna e inchio- stro metallogallico: “Rocha vechia di Ciervia”; a sinistra della pianta:

“passi 36 piedi 1 1/2”; in basso sotto la pianta: “passi 27 piedi 4”; a destra della pianta: “fuore della terra”; in basso: “porta che va a ciesena”; “porta di ciesena”; a destra del foglio: “La torre mae- stra sia di scarpa el quarto/ ed e alta sopra terra piedi 36/ e sopra laqua de fossi pie 40/ la torre masie/ La torre maestra sie di due cinti/ di muro quel di mezo si e grosso/ piedi 6 quello di fuora sie grosso/ piedi 3 1/2lo vacuo quali e va a scarpa di dentro come di/ fuora e la torre di mezo va apio/mbo e sie luno muro e laltro sono cierti/ Contraforti e ello restante deli vacuo sie/ ripieno di terra e quando piovi rigonfia/ e faruinare el muro di fuora”; “Le mura della rocha sono alte sopra/ terra circha apiedi 30”.

Annotazione manoscritta a matita nera nell’angolo in alto a destra: “577”.

Annotazione manoscritta a matita blu al verso: “890”.

Annotazione manoscritta a matita nera al verso, sopra aggiunta di restauro: “Ces.”. BIBLIOGRAFIA Ferri (1885), p. 24; Beltrami (1902), p. 35; Giovannoni (1959), vol. I, pp. 78, 425; Mancini (1958), p. 40, n° 2; Mancini-Vichi (1959), p. 171;

A

NTONIO DA

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ANGALLO IL

G

IOVANE

(1484-1546)

E COLLABORATORE