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delle nozze Greppi-Belgiojoso, non era in commercio, è probabile che fosse stato donato allo studio- so ravennate proprio dall’architet- to di Milano.

L’assegnazione a Ravioli fu confer- mata nel 1958 da Mancini (p. 100, n° 24), che definì il soggetto della fotografia esposta nella mostra “Rocche di Romagna” come: “Pianta di Castel Sismondo ricava- ta da quella di A.Sangallo” ripor- tando però una misurazione (mm. 138 x 180) notevolmente differente dal foglio della Gambalunga. In una lettera inedita di Beltrami (documento n° 12) che accompa- gnava la donazione alla Biblioteca Gambalunga di Rimini di alcune piante di Castelsismondo, tra le quali quella che si sta prendendo in esame, quest’ultima era sempli- cemente descritta come “riduzio- ne in scala minore” del suo lucido (Gambalunga H 5.4 n° 1) derivato dalla Relazione sulle Rocche di Romagna analizzato nella scheda precedente.

Nello stesso documento tuttavia si allude al fatto che anche nel XIX secolo, cioè quando Camillo Ravioli scoprì la Relazione, si voleva pubblicarla. Non è quindi da escludere che lo stesso Ravioli avesse potuto ricavare dai fogli originali del trattatello di architet- tura militare romagnola alcune riproduzioni di planimetrie dei castelli ad uso di illustrazione per la progettata pubblicazione. Tuttavia, l’effettiva rispondenza di questo piccolo disegno col più

grande lucido di Beltrami, e la menzione dello stesso autore di una sua seconda prova in scala ridotta, rende ammissibile un ragionevole dubbio sull’attribuzio- ne del foglio a Camillo Ravioli. L’iscrizione in alto al centro “riminj” ricalca infatti sia la manie- ra cinquecentesca di nominare la città da parte degli estensori della relazione (si confronti anche col disegno GDSU 1200A), sia la dici- tura riportata da Beltrami nel suo lucido.

Le lettere da “A” a “G” sono poste inoltre esattamente in corrispon- denza delle parti della pianta H 5.4 n°1 dove Beltrami trascrisse le dici- ture: “rivellino abasso” (A), “corti- le abasso” (B), “piazza alalto” (C), “cortile dabasso” (D), “Giardino alto dal pianterreno piedi 10” (E), “sochorso” (F), “sostegnio” (G). Anche la scala numerata posta in basso al centro corrisponde esatta- mente a quella riportata da Beltrami nel lucido H 5.4 n°1. Sono invece totalmente assenti sia le misure delle cortine e delle parti interne della rocca, sia le iscrizioni che invitavano a rifare i sostegni “a scarpa”, o a abbattere la vicina chiesa di Santa Colomba per fare duomo San Francesco.

Il rimando al più completo lucido- Beltrami sembrerebbe pertanto l’unica soluzione per spiegare l’as- senza di tutti i riferimenti scritti, specie se si considera il foglio, come indicato dallo stesso archi- tetto, una riduzione in scala mino- re della planimetria, peraltro più

completa, segnata col numero 1. I fogli donati da Beltrami alla Gambalunga sono inoltre ancor oggi conservati in un’unica cartel- la con la stessa successione nume- rica imposta dal donatore nella lettera che li accompagnava (documento n° 12).

La numerazione apposta a matita rossa in alto a sinistra in questo foglio (“n° 2”) è in successione con l’annotazione manoscritta, sempre in rosso e ancora nell’angolo alto sinistro (“n° 1”) segnata sul lucido H 5.4 n° 1, l’originale in scala mag- giore del presente disegno.

L’architetto milanese descrisse i due fogli in maniera tale che fosse chiaro che l’uno (il n° 2 del quale si sta trattando) era legato all’altro (il lucido H 5.4 n° 1 del quale il n° 2 era una riduzione) da un rap- porto di derivazione.

Nella lettera che presentava i dise- gni Luca Beltrami lascia quindi intendere che la riduzione del suo lucido espressa nel foglio che si sta analizzando sia stata realizzata da lui stesso, e non fosse un dise- gno precedentemente realizzato da Camillo Ravioli, come riferito in seguito da Corrado Ricci.

Stilo, penna e inchiostro metallo- gallico, acquarellature a inchiostro viola, rosso e marrone, fori di compasso su carta. Segno di pie- gatura orizzontale e verticale al centro; evidente macchia di incol- latura ai margini.

mm 432 x 585

Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 4223A

TIMBRI

Timbro Uffizi (L. 930). FILIGRANA

Fabbro con incudine e martello, Briquet n° 7558.

ISCRIZIONI

Apenna e inchiostro metallogallico: in alto a destra: “tramontana”; in basso a sinistra: “Ostro”; in alto a sinistra: “Ponente”; in basso a destra: “Levante”; in centro: “Ravenna”; in basso al centro: “Ronco”; all’interno del perimetro murario: “P.a Adriana”; “P.a Iulia”; “P.a Sisi”; “P.a Aurea”. Annotazione manoscritta a penna e inchiostro metallogallico in alto a destra: “LXXV”.

Annotazione manoscritta al verso a matita blu nell’angolo in basso a sinistra: “4223”.

BIBLIOGRAFIA

Mezzetti-Pugnaloni (1984), tav. 121.

Bartolomeo de’ Rocchi, architetto brianzolo “fiorito nel secolo XVI” (Ferri, 1885, p. XXXIX) fu spesso attivo a seguito della comitiva dei Sangallo, in particolar modo con mansioni di cartografo militare, come ben testimoniato da nume- rosi disegni di sua mano conser- vati agli Uffizi. La topografia, e specie le piante delle città con for- tificazioni e del territorio circo- stante, è scienza fondamentale per l’organizzazione delle operazioni belliche sia offensive che difensi- ve.

Lo stesso Antonio da Sangallo il Giovane nel foglio GDSU 1217A recto ha restituito un’immagine delle paludi attorno a Ravenna, e con ancor più precisione per Ascoli rilevò il territorio con monti, fiumi, ponti e fossi (GDSU 729A). Altri disegni sul capoluogo marchigiano sono invece proprio di de’ Rocchi e si riferiscono al progetto di deviare il fiume fuori dalla città e costruire una nuova cinta addossata alla vecchia (GDSU 4216A, 4228A, 4230A, 4231A).

Il sodalizio tra Antonio da Sangallo il Giovane e Bartolomeo de’ Rocchi si rinnovò quando scop- piò la lite tra le città di Rieti e Terni per la gestione delle acque della Cascata delle Marmore (Giovannoni,

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ARTOLOMEO DE

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SECOLO

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