1.2 Aspetti dimensionali, modelli e organizzazione delle PMI familiari italiane
1.2.2 Le PMI nell’epoca della globalizzazione: quali prospettive di sviluppo?
“Pasquale aprì gli occhi e guardò in alto. […] Sorrise. Andava tutto bene, così bene che meglio non c’era verso. E sarebbe andato tutto bene anche il mese prossimo, e l’anno prossimo, e l’anno dopo ancora. Sempre. C’era un futuro che non finiva mai”37. Con queste parole Edoardo Nesi, descrive “l’età dell’oro”: siamo negli anni Sessanta/Settanta, periodo in cui fare impresa, avere un lavoro e guadagnare bene era semplice e alla portata di tutti, l’unico requisito era “alzarsi la mattina con una gran voglia di fare”. Nesi, scrittore e regista, ex imprenditore in Prato, pur essendo alla terza generazione di imprenditori del settore tessile, ha dovuto chiudere i battenti “sconfitto dall’invasione dei cinesi”. In uno dei suoi libri, Storia della mia
gente, egli descrive il periodo di quando ancora giovanissimo, entrò a fare
parte dell’azienda: “Trattare con le banche era piuttosto facile all’inizio, poiché il lanificio era interamente autofinanziato e il lavoro/compito si riduceva a trattare sui giorni di valuta degli assegni che versavamo e sul
37 Nesi E., L’estate infinita, Bompiani 2015, Milano, p. 408
tasso di interesse del conto;; poi […], con un certo scandalo di mio padre, dovemmo iniziare a ricorrere al credito bancario, e direi che qui potrei essere ripreso seduto nell’ufficio […] del direttore di filiale mentre ci stringiamo la mano sorridendo […], certi tutti e due di essere solo all’inizio di una grande carriera”38.
Si porterà come esempio le PMI di Prato e la testimonianza di Nesi allontanandoci per un attimo dal settore oggetto di questo lavoro, quello agroalimentare, ma solo per la convinzione che i motivi delle tante difficoltà che oggi il tessuto imprenditoriale del nostro Paese si trova ad affrontare, sia trasversale a tutti i settori economici.
Prato con il suo district-based business model studiato e portato come esempio nelle aule delle business school, era fino agli inizi degli anni duemila uno dei centri di produzione di tessuti di qualità più importanti di tutto il mondo. Cos’è cambiato dunque?
Negli anni Cinquanta e Sessanta, dopo le macerie e rovine lasciate dalla guerra, Prato, come del resto l’Italia intera, conobbe una grande fase di
boom economico fronteggiata in modo prevalente con investimenti in beni
pluriennali basati su flussi finanziari piuttosto prevedibili nel medio termine. Questo favorì lo sviluppo di piccole aziende familiari che inizialmente fecero ricorso, in larga parte, a capitale di debito di breve termine dal sistema bancario, ponendo le basi a un sistema “banco-centrico”39 e ad una sempre maggiore sottocapitalizzazione, grazie anche alla convenienza fiscale di ricorrere più al capitale di debito che all’autofinanziamento. Nei successivi anni Settanta e Ottanta lo sviluppo tecnologico cominciò ad essere sempre di più basato sull’elettronica, costringendo le aziende ad apportare notevoli
38 Nesi E., Storia della mia gente, Bompiani, Milano 2010, p. 22
39 Anselmi L., Lattanzi N., (a cura di) Il family business Made in Tuscany ,Franco
modifiche e adeguamenti ai loro impianti e macchinari. Di conseguenza, le aziende erano costrette a ricorrere ancora più frequentemente e con somme maggiori a richieste di finanziamento per l’ammodernamento e sostituzione degli impianti che via via si aggiungevano ai debiti pregressi e i relativi tassi di interesse da pagare. Un alto rapporto di indebitamento e piani di sviluppo che spesso erano rilegati ad appunti disordinati nelle tasche dei manager-imprenditori-familiari, era ovvio che ad ogni eventuale crisi, il crollo era molto probabile. Erano anni inoltre, in cui le aziende nascevano e prosperavano “al riparo dell’occhio del fisco e delle leggi, in un mondo perfetto e chiuso, protetto […] dai dazi e dalle tariffe40. Nesi, come moltissimi altri piccoli imprenditori, affermano che il declino dell’economia italiana e la chiusura di migliaia di imprese sia stata conseguenza della globalizzazione e dell’apertura dei mercati, soprattutto con l’entrata negli anni Novanta della Cina nel WTO e con la rispettiva migrazione di molte imprese italiane non solo in Cina, ma anche nei paesi dell’Est, dopo il crollo del Muro di Berlino, dando luogo così non solo all’aumento del numero di mercati da conquistare, ma anche ad un drastico abbassamento dei costi di produzione. “Evidentemente i nostri politici e economisti non sapevano nemmeno che quando arrivi in Cina col tuo bel campionario ti accorgi subito, il primo giorno, che non c’è trippa per gatti, perché i cinesi […], non hanno nessun bisogno né di te né dei tuoi prodotti, te li hanno copiati da tempo e li vendono già in tutto il mondo, Cina compresa, a tre lire”41, sostiene in merito Nesi.
A mio avviso la globalizzazione in sé non è un male, ma è stata gestita forse un po’ male dalla nostra classe politica, ma anche dagli stessi imprenditori. La politica poteva fare di più e qualcosa si sta finalmente
40Nesi E., Storia della mia gente, Bompiani, Milano 2010, p. 142 41 idem, p. 141
muovendo in quella direzione (vedasi Cap. 2), sul fronte della tutela del
Made in Italy ad esempio e della tutela di alcuni settori strategici come
quello manifatturiero ma anche agroalimentare. Hanno ragione Nesi e altri imprenditori delusi quando sostengono che non tutti i piccoli industriali e artigiani hanno i soldi o il credito bancario, l’ambizione, le persone, il talento, l’incoscienza o il coraggio di rischiare tutto quanto accumulato negli anni più fortunati per crescere e competere a livello globale. È pur vero però che non si può pensare di continuare all’infinito a fare il mestiere dei propri padri come se fosse un diritto acquisito ed inalienabile;; di poter vendere nel terzo millennio gli stessi prodotti che producevano loro, fatti con le stesse materie prime, con lo stesso stile e packaging e venderli ai soliti clienti, nei soliti mercati. Le imprese che funzionano hanno saputo rinnovarsi puntando sulla qualità dei prodotti, modernizzando la
governance e investendo in nuovi mercati adeguandosi alle richieste della
sua clientela. Oggi non basta svegliarsi la mattina con tanta voglia di fare, occorre anche saper fare cose nuove ed in modo diverso.
Ci sono molte possibilità di sviluppo di crescita e sviluppo delle PMI italiane, perché dispongono di know how, creatività, talenti, passione, di cui il mondo globalizzato avrà sempre bisogno. Sta agli imprenditori decidere se accettare o meno queste nuove sfide. Come disse Charles Darwin: “non è la specie più forte che sopravvive né la più intelligente, ma quella più ricettiva ai cambiamenti”.
CAPITOLO 2
Il settore agroalimentare in Italia
È cosa ormai nota a tutti che negli ultimi anni, il settore agroalimentare in generale, sia stato protagonista presso la massa dei consumatori di un profondo ridisegno di significato sia in senso antropologico quanto scientifico. Oggi mangiare non significa più solo nutrirsi, ma anche prevenire malattie, esplorare culture diverse, abbracciare nuovi modi di vivere e filosofie di vita (es. assumere solo prodotti vegani, biologici o coltivati solo con il metodo biodinamico), comportamenti che prima erano adottati solo dalle élite socio-culturali. Sono vari i fattori che hanno contribuito all’espandersi di questa filosofia del cibo come il desiderio di mangiare poco ma sano, “mangiare solo italiano” in una società sempre più globalizzata, una maggiore attenzione alle tematiche dell’ambiente e la rispettiva riduzione dell’emissione dell’anidride carbonica (prodotti a km 0);; in modo particolare, hanno contribuito i media, televisione in primis, con le numerose rubriche di costume e società.
Questa progressiva autoconsapevolezza dell’importanza
dell’agroalimentare italiano c’è stata non solo tra i consumatori ma anche sul fronte della politica, che attraverso atti concreti, ha poi dato recentemente sostanza a questo ruolo, come si vedrà più avanti nei paragrafi che seguono, così come la fiducia data al Governo per realizzare un evento importante e complesso come l’Esposizione Universale di Milano che come tema ha avuto proprio quello alimentare. Questo