Attività economiche
2.1 Il settore agroalimentare italiano tra crisi, crescita e innovazione
Con la crisi che ormai dura da dieci anni, anche il settore agroalimentare ha dovuto soffrire tanto. A preoccupare sono stati soprattutto i consumi interni. Secondo elaborazioni del Centro Studi Federalimentare43 su dati Ismea - Gfk Eurisko di gennaio-novembre 2013, uno dei peggiori dall’inizio della crisi, il calo delle vendite alimentari in quel anno è stato del -4% in termini di fatturato (a quota 207 miliardi) a valori costanti e del -2,1% in quantità. Si tratta delle discese più marcate degli ultimi anni, che fissano il calo dei consumi interni in circa 13 punti dall’inizio della crisi. "I discount" fa notare Federalimentare "sono l’unico segmento GDO in espansione negli ultimi anni. La perdita di 2,5 punti di valore aggiunto certifica che ormai la borsa della spesa degli italiani è più leggera ma anche di minore qualità"44. È vero quindi che gli italiani hanno acquisito maggiore consapevolezza per ciò che riguarda l’alimentazione, ma a seguito della maggiore disoccupazione e successivamente, al calo del potere di acquisto, in molti hanno incominciato a optare per i prodotti di minor qualità. L’effetto positivo di questa tendenza è che adesso si tende ad acquistare in quantità più limitata e dunque con maggiore attenzione verso gli sprechi.
Tuttavia, nonostante la crisi, per moltissime imprese, dato il forte calo dei consumi interni, puntare sulle esportazioni ha permesso loro di non sprofondare in questi anni. Così, mentre per gli altri settori produttivi si cerca di capire quando si ritornerà ai livelli pre-crisi, il food&beverage in
43 www.federalimentari.it
44 Atzeni Gianluca (a cura di), www.gamberorosso.it
http://www.gamberorosso.it/it/news/1019057-l-industria-alimentare-italiana-soffre-la- crisi-ma-vede-la-ripresa-nel-2014-ecco-i-dati-del-bilancio-di-federalimentare
particolare, rileva un'indagine di Crif Ratings45, è riuscito invece a compiere un modesto passo in avanti in questi anni, mettendo a segno tra il 2007 e il 2015 un aumento del valore aggiunto del 4%, contro un calo del 9% registrato nello stesso periodo dall'industria manifatturiera nel suo complesso. Come conseguenza, dato che i consumi interni sono calati in modo considerevole, se il settore food&beverage ha retto, questo grazie soprattutto al forte aumento delle esportazioni, che dal 2007 a oggi è cresciuto quasi ininterrottamente: in totale, il valore ha registrato nel periodo considerato un incremento del 58%, contro il 14% dei beni manifatturieri.
Quello che ancora rimane inferiore ai livelli pre-crisi è l'ammontare degli investimenti. Infatti l'incidenza sul fatturato nel 2015 è risalita al 2,9% dal 2,7% del 2013, ma siamo ancora lontani dal 4,3% del 2007. Ad avvantaggiarsi dell'andamento generale sono stati soprattutto i comparti dell'industria alimentare con una maggiore propensione verso l'export: il caffè, la pasta, il vino e le conserve vegetali, tutti prodotti per i quali la quota delle esportazioni sul totale della produzione supera il 35%, mentre la
media generale di settore è intorno al 21%.
Le aziende che più hanno sofferto la crisi sono quelle del settore che più si concentrano sui consumi interni, come la produzione di latte e carni e quindi fanno più fatica a riprendersi e che riprenderanno a investire significativamente solo con una ripresa solida dei consumi interni. In caso contrario, si sentiranno costrette a organizzare la produzione verso prodotti di seconda lavorazione come formaggi e salumi, più facilmente
esportabili46.
45 http://www.ilvelino.it/it/article/2017/05/10/crif-ratings-migliora-profilo-rischio-
industria-alimentare-e-bevande/2efaae63-909e-4166-97df-5e28e5cd5583/
46 Amato Rosaria, La Reppublica del 12/05/2016, www.reppublica.it
http://www.repubblica.it/economia/2016/05/12/news/l_alimentare_batte_il_manifatturie ro_con_l_export_superata_la_crisi-139618119/
Nel complesso, nonostante la crisi e le sue difficoltà, l’agroalimentare italiano, è uno dei settori più importanti della nostra economia non solo per fatturato e numero di addetti impiegati, ma anche come settore di
eccellenza basato sulla qualità alimentare e sulla certificazione - un
modello in cui l’Italia eccelle con i suoi 569 prodotti DOP e le sue 230 IGP, mantenendo saldo il suo primato in Europa e nel mondo. Solo nel 2015, nel nostro Paese ci sono stati ulteriori nove riconoscimenti, a riprova del fatto che produttori e territori continuano a credere nella qualità e a investire
nel sistema di riconoscimento e certificazione comunitario.
L’italian food and wine delle Indicazioni Geografiche sfiora un valore
all’origine di 13 miliardi e mezzo47, incidendo per il 10% sul fatturato
dell’intera industria alimentare e delle bevande nazionale. Ancora più significativo il peso sul mercato estero, dove le IG alimentari e vinicole, con 7,1 miliardi di euro, rappresentano una quota del 21% dell’export italiano agroalimentare complessivo (anno di riferimento 2014). Anche dal punto di vista territoriale, il dato evidenzia un coinvolgimento di estrema rilevanza se si stima che la SAU (Superfice Agraria Utile) coinvolta direttamente o indirettamente nella produzione di Indicazioni Geografiche è del 56%
rispetto al totale.
Se poi l’attenzione si sposta sui comparti presi singolarmente, solo il segmento food ha visto raggiungere un valore complessivo di 6,4 miliardi di euro alla produzione con una crescita del +2,5% rispetto al 2014, per raggiungere i 13,2 miliardi al consumo, con un incremento di oltre 4 punti percentuali su base annua. Il valore dell’export, che copre una quota prossima al 40% del valore della produzione, ha mostrato risultati eccellenti: con 2,8 miliardi di euro si è di fronte a una crescita a doppia cifra
(+13%) rispetto all’anno precedente. Molto positiva la performance anche nel comparto dei vini a denominazione, che ha generato un fatturato all’origine di oltre 7 miliardi di euro, con un balzo in avanti del +5% sul 2013, in un momento di sprint anche oltre frontiera: +4% il giro d’affari generato
all’estero (4,3 miliari di euro).
Proprio sul fronte del mercato estero, il Governo ha introdotto mediante il decreto Sblocca Italia, un’importante novità che da qui ai prossimi anni potrebbe avere rilevanti ricadute positive sulle performance esportative dell’agroalimentare nazionale. Si tratta di un piano straordinario – il più grande mai fatto in termini di risorse – sul Made in Italy che, tra le numerose azioni messe in campo, ha già portato alla creazione di un segno unico distintivo del nostro food&beverage. Con il claim “The Extraordinary Italian
Taste” il segno distintivo persegue l’obiettivo di rendere immediatamente
riconoscibili presso i punti vendita esteri i veri prodotti italiani per contrastare il fenomeno dell’Italian sounding che penalizza soprattutto le
eccellenze quali i prodotti a marchio DOP e IGP48.
Per quanto riguarda l’impatto territoriale, circa il comparto food, l’Emilia Romagna si conferma la regione con il maggior numero di prodotti DOP e IGP (41), seguita da Veneto (36) e Lombardia (32), mentre per il comparto
wine, Piemonte e Toscana sono le regioni con il numero più alto di
denominazioni (58), seguite da Veneto (52) e Lombardia (42). Sempre riguardo al comparto food, la provincia di Parma risulta il distretto con il maggior ritorno in termini economici (950,8 mln €), grazie a un discreto numero di filiere (12) dei prodotti certificati DOP e IGP che insistono nei comuni del territorio, ma soprattutto all’entità del valore economico ad esse collegato (basta pensare a prodotti come il Parmigiano Reggiano DOP e
Prosciutto di Parma DOP). Seguono infatti province con un maggior numero di certificazioni (nella provincia di Bologna sono ben 22), in cui però
l’impatto economico risulta comunque inferiore (290,5 mln €)49.
È innegabile che ci siano ancora molti margini di crescita nell’ampio paniere delle IG italiane, in cui dieci denominazioni fatturano quasi l’80% del totale del settore. Per consolidare il sistema, ci si augura che nel futuro maggiori sforzi si concentreranno su quelle produzioni che possono ancora di più aumentare i fatturati. Ad oggi purtroppo molte delle IG registrate non sono utilizzate dalle aziende e molte altre hanno dei volumi molto scarsi, cosa che rende vana questa ricchezza di denominazioni di origine.
Per quanto riguardano le recenti innovazioni che hanno avuto luogo nel settore agroalimentare, esse riguardano soprattutto i canali di vendita e le modalità di raggiungere il consumatore finale, che tradizionalmente è stato
quello della GDO. Oggi sempre più operatori del settore stanno affrontando
l’approdo sulle grandi piattaforme di e-commerce, molti dei quali attraverso un approccio sistemico delegato ai Consorzi di Tutela. Ormai il Food e
Wine è entrato nel mirino di tutti i grandi player del settore, es. Amazon,
eBay, Alibaba, Eataly.it, Tannico.it ed altri, stanno producendo fatturati interessanti nella vendita online di prodotti gourmet e beverage.
Altra iniziativa molto promettente promossa dalla Fondazione Qualivita è il
progetto Street Food Dop con lo scopo di comunicare la qualità certificata nella ristorazione50. Lo streetfood di qualità rappresenta così il nuovo
canale di promozione e tutela delle indicazioni geografiche protette capace di raggiungere anche la fascia di mercato più difficile da raggiungere per i prodotti tradizionali: i giovani consumatori.
49 Indagine Qualivita Ismea 2015 50 www.qualivita.it
Il progetto negli anni si è articolato in diverse attività come organizzazione di eventi come ad esempio a Firenze, lo Street Food Festival e attraverso altri canali, come la creazione di un sito web dedicato, il portale CiboDiStrada.it in collaborazione con Italiaonline, una guida cartacea “La Guida al miglior cibo di stada” edizioni Gribaudo-Feltrinelli, la serie televisiva “Street food heroes” trasmessa da Mediaset Italia Uno e un progetto di comunicazione digitale ad hoc diffuso sui principali social network.
Un altro campo, sul quale Italia non smette di investire e di crederci è quello dell’agricoltura biologica – lo ha affermato proprio qualche giorno fa l’attuale ministro per le politiche agricole: “Il nostro Paese si conferma leader in Europa nel settore biologico. Secondo gli ultimi dati elaborati dal SINAB, nel 2016 abbiamo avuto un aumento del 20% delle superfici coltivate e degli operatori, con circa 1,8 milioni di ettari rispetto agli 1,5 milioni del 2015, di cui oltre 300mila ettari convertiti solo nell’ultimo anno. Il biologico sta diventando sempre più una chiave fondamentale di competitività per le nostre aziende. Questo si traduce in un’attenzione sempre maggiore alla sostenibilità, principio fondamentale per il nostro modello agricolo. Non a caso stiamo lavorando con una programmazione seria per il sostegno al settore e questi risultati quindi ci dicono che la strada intrapresa è giusta51.”