L’analisi del presente caso di studio rappresenta un tentativo di osservare da vicino un’azienda che per dimensioni, settore di attività, pratiche manageriali e governo dell’azienda, offre a mio avviso, una sintesi delle principali dinamiche osservabili nella tipica azienda familiare maremmana. La descrizione dell’azienda, della sua storia e delle questioni più rilevanti fin qui esposte, suggeriscono alcune riflessioni conclusive.
Come ogni azienda familiare, anche Fattoria Le Pupille ha conosciuto la fase di start-up, o come viene spesso chiamata in letteratura, la fase “business in the family”, quella in cui il concetto prioritario è quello di
business e tutte le risorse ed energie vengono investite nella realizzazione
del sogno. Non è difficile immaginare circa trent’anni fa, la Signora Elisabetta, una giovane donna visionaria ed al contempo pragmatica, per la quale la sopravvivenza e il successo della neocostituita “ditta” individuale, rappresentava un obiettivo di primaria importanza e che si muoveva lungo un sentiero ben chiaro dal principio, fatto di coraggio ma anche di solitudine, perché alla fine le decisioni le ha prese sempre da sola, con i rispettivi rischi, responsabilità e speranze.
Alla luce di quanto è stato raccontato, si può dunque dedurre che Fattoria Le Pupille, nasce come impresa individuale, un percorso intrapreso singolarmente dalla Signora, prendendo in affitto il terreno vitato delle
Vecchie Pupille dalla famiglia del marito, dopo la scomparsa del suocero e assieme all’enologo Tachis, prosegue sul sentiero intrapreso da Fredi, portando non solo alla realizzazione del suo progetto, ma a molto di più. Quindi l’azienda diventerà familiare nel corso degli anni quando il nucleo originario di Pereta verrà intestato ai figli della Sig.ra Elisabetta e al quale si aggiungeranno nuove parcelle vitate fino ad arrivare oggi a 80 ettari di vigna distribuita tra le zone più vocate della Maremma. In questo modo, Fattoria Le Pupille si espande, cresce il numero delle bottiglie prodotte, aumenta il fatturato, l’organizzazione diventa più importante, nel frattempo i figli crescono. Stiamo entrando in quella che secondo alcuni autori98, viene chiamata la fase del “family in the business”. È la fase in cui comincia a partecipare alla vita aziendale Clara, la figlia maggiore, con ruoli ben definiti e comincia ad interessarsi anche Ettore. L’azienda si dota inoltre di manager esterni, anch’essi con ruoli e responsabilità ben precise.
Più elementi inducono a pensare che le scelte relative al modello di
governance e alla forma organizzativa sono in grado di sostenere una
buona gestione dell’azienda ed incentivare il suo sviluppo. Di seguito se ne riportano alcuni:
Ø anche se la leadership aziendale sotto il profilo organizzativo e societario viene mantenuto dalla Signora, la struttura manageriale ha comunque un buon grado di apertura verso figure manageriali esterne;;
Ø a differenza di quanto spesso accade nella realtà imprenditoriale maremmana, Fattoria Le Pupille investe molto nella creazione e mantenimento di una immagine aziendale professionale, mediante la partecipazione alle fiere nazionali ed internazionali più prestigiose, invitando in azienda ed attirando l’attenzione verso le sue etichette
dei maggiori critici internazionali nell’universo del vino, curando minuziosamente i contenuti pubblicati sui social networks;;
Ø nel processo di selezione del personale a tutti i livelli si preferiscono i candidati in possesso di titoli di studio di livello medio alto e che conoscono le lingue straniere;;
Ø a seguito di colloqui sia con la Sig.ra Elisabetta che con alcuni dipendenti, emerge un modo di comunicare tra i vari partecipanti alla vita aziendale abbastanza efficiente. Sebbene siamo in presenza di un organigramma aziendale di piccole dimensioni, si percepisce una comunicazione non troppo informale e i cui membri sembrano perfettamente a conoscenza della strategia aziendale in atto e degli obiettivi che Le Pupille intende perseguire per il futuro. Emerge inoltre la creazione di un sistema di comunicazione aziendale che mette in contatto tutti i comparti aziendali, dalla vigna alla partenza delle bottiglie per l’estero, grazie al quale, la titolare è in grado di conoscere la reale performance dell’azienda in ogni momento dell’anno.
Sulla base di queste interpretazioni, si può affermare che Fattoria Le Pupille può servire come riferimento per tutte quelle aziende maremmane che desiderano andare avanti, aprirsi al mercato globale, all’innovazione tenendo alti i propri valori e quelli del territorio.
In quanto alla longevità aziendale, si auspica che venga innescato il processo di ricambio generazionale, al momento solo abbozzato, in modo da pianificare la successione affinché non sia un evento improvviso, ma l’occasione per trasferire gradualmente poteri, conoscenze e valori, garantendo non solo la continuità dell’azienda ma anche il suo sviluppo per il futuro.
Conclusioni
La Toscana è una terra veramente d’eccezione. La cupola del Brunelleschi, la Torre del Mangia, le torri di San Gimignano e quella pendente di Pisa, le colline verdissime, i cipressi di Bolgheri e i pini marittimi della costa grossetana: il tutto immerso in un’atmosfera che profuma di arte e che incanta gli amanti della bellezza e del gusto di tutto il mondo. Trasferirsi in questi luoghi magici per molti è solo un sogno. Solo alcuni lo realizzano, compreso chi scrive, per tutti gli altri l’unica possibilità di conoscere questo territorio e rimanerne in contatto è visitandolo durante le vacanze o acquistando i suoi prodotti.
Quando si degusta un Chianti Classico, un Brunello di Montalcino, o si assaggia il celeberrimo panforte di Siena o una fetta di Pecorino Toscano, non si consuma soltanto un alimento, ma un’esperienza, un’idea, quella di far parte del racconto di un territorio e del suo popolo che dura da secoli.
Oggi nel mercato agroalimentare, sempre più globale, i beni generici si trovano a pagare una crisi di reputazione agli occhi dei consumatori sempre più informati ed esigenti, mentre i prodotti con un chiaro riferimento geografico beneficiano di un vantaggio competitivo che fa leva sul concetto di Made in, quindi abbiamo le imprese toscane che hanno questo grande vantaggio che è la loro capacità di rappresentare ed esprimere il legame
fra territorio e prodotto.
Alla luce di quanto è stato esposto nel presente lavoro di tesi in merito alla piccola impresa familiare, si può dunque concludere che a fronte di un mondo che tende ad ampliarsi, non sempre è possibile per un’azienda operante nel settore agroalimentare ingrandirsi o, per lo meno, non è
possibile farlo a sufficienza per intraprendere percorsi che le permetta di afferire più ad altre culture. Anzi, per un’impresa agroalimentare che opera in un contesto di produzioni tipiche, la dimensione limitata è probabilmente un elemento che le garantisce una maggiore aderenza al territorio e a questa tipicità, se non altro perché, faticando a competere sui costi per ragioni di scala, la distintività rimane l’unica arma che può adoperare per posizionarsi favorevolmente su mercati tradizionali e nuovi.
Fattoria Le Pupille costituisce un caso “emblematico” di come un’azienda di piccole dimensioni, può crescere in termini di fatturato (€ 3.400.000 nel
2016 e € 2.700.000 circa a luglio 201799) orientando le sue vendite verso
l’estero, puntando sulla qualità, innovazione, professionalizzazione e soprattutto identità territoriale. Solitamente, quando un’azienda avvia il processo di internazionalizzazione, crea una sua copia all’estero, replicando funzioni e procedure e adattandole alle specificità del territorio oppure, se è una multinazionale, propone il medesimo prodotto, con il solito marchio, in diversi paesi modificandone però alcuni ingredienti per andare
incontro ai differenti gusti e valori locali100. Questo approccio è difficilmente
perseguibile nel caso di una azienda familiare nella quale, prevale la tendenza di tramandare la ricetta “di padre in figlio”, necessitando non solo di competenze e know how specifici, ma anche di una sensibilità particolare nei confronti del prodotto, caratterizzato da emozionalità, naturalità, artigianalità, storia e rispetto delle tradizioni.
Fattoria Le Pupille nel 2016 ha prodotto 500.000101 bottiglie da circa 80 ettari vitati di terreno. Per la Sig.ra Elisabetta ogni vendemmia viene
99 Informazioni fornite dalla Sig.ra Elisabetta durante i colloqui
100 Anselmi L., Lattanzi N., (a cura di), Il family business Made in Tuscany, Francoangeli,
Milano 2016
affrontata come una nuova sfida cercando con rigore e passione ogni anno di forgiare il suo avvolgente e raffinato Saffredi affiancato dal Poggio Valente e dal suo Morellino Riserva - i vini di punta delle Pupille. I suoi vini piacciono molto, soprattutto all’estero, dove ne viene venduto circa il 70% del totale, ma è evidente che se la domanda dovesse incrementare, è difficile pensare che aumentando il numero delle bottiglie prodotte o piantando nuove vigne si possa soddisfare questa richiesta di prodotto in più senza che la qualità ne risenta, in quanto si tratta di un prodotto specifico e identificabile mediante le caratteristiche uniche della propria territorialità grazie all’interazione tra più fattori quali il terreno, la disposizione geografica, il clima, il tipo di vitigno e la sua densità di impianto, l’intervento dell’uomo in vigna e in cantina.
Ciò che distingue Fattoria Le Pupille dalle molte aziende familiari della Maremma non è tanto la qualità e particolarità dei suoi prodotti quanto l’adozione di pratiche e competenze manageriali in linea con la sua strategia di sviluppo.
In particolare, si può asserire che:
Ø anche se la leadership aziendale sotto il profilo organizzativo e societario viene mantenuto dalla Signora, la struttura manageriale ha comunque un buon grado di apertura verso figure manageriali esterne;;
Ø Fattoria Le Pupille investe molte risorse nella creazione e mantenimento di una immagine aziendale professionale, mediante la partecipazione alle fiere nazionali ed internazionali più prestigiose, invitando in azienda ed attirando l’attenzione verso le sue etichette dei maggiori critici internazionali nell’universo del vino, curando minuziosamente i contenuti pubblicati sui social networks;;
Ø le risorse umane impiegate in azienda, in particolare del settore vendite, accoglienza e cantina possiedono una formazione medio alta e parlano almeno una lingua straniera;;
Ø l’azienda investe molto in innovazione: fin dal principio l’obiettivo delle Pupille è stato non solo quello di creare vini importanti e di qualità ma anche di dare una propria interpretazione, più fine ed elegante ai vini che più caratterizzano il territorio maremmano, come il Morellino Riserva e la Cru102 Poggio Valente, i quali rappresentano la versione più moderna del Morellino di Scansano. Si tende inoltre, a sperimentare in maniera continua l’impiego di nuovi vitigni e di nuove tecniche di produzione. Attualmente è in corso la sperimentazione del Syrah in orcio di terracotta che sta già dando dei risultati eccellenti, nonché altri esperimenti che riguardano l’agricoltura biodinamica, alla quale, tra l’altro le vigne delle Pupille si prestano molto.
Il caso della Fattoria Le Pupille ci dimostra come anche una realtà familiare di piccola dimensione può avere successo nel mercato globale facendo proprio leva sulle opportunità che l’internazionalizzazione offre grazie alla passione per il proprio lavoro e per il territorio e ad un connubio di competenze tecniche e manageriali, ricercate anche al di fuori della famiglia.
Questo caso di studio come gli altri esempi che sono stati riportati nel presente lavoro di tesi, attestano che è possibile sfruttare le ricchezze di questo territorio, contribuendo non solo alla crescita e successo dell’impresa stessa, ma anche all’arricchimento del territorio in generale.
102 Cru indica una zona ben delimitata sulla quale viene prodotto in modo esclusivo un
Tuttavia, come è stato possibile osservare nei capitoli precedenti, non si può dire lo stesso della maggior parte delle aziende familiari maremmane del comparto agroalimentare le quali presentano dei punti di debolezza strutturale per affrontare i percorsi di sviluppo e crescita in un mercato così globale, in linea con le aspettative del Made in Tuscany.
In particolare, in base alle osservazioni emerse da questo lavoro, la principale debolezza di tali realtà aziendali consiste in una mancanza di competenze tecniche e manageriali, che impedisce di spostare gli orizzonti fuori da una dimensione prettamente agricola verso una realtà di trasformazione e commercio. Questa situazione è alimentata anche da una tendenza culturale a rimanere “nel piccolo”, percependo il processo di globalizzazione solo come una minaccia e non come una opportunità. Accade spesso infatti che ci siano molti i soggetti, a partire dal mondo dell’imprenditoria, politico e nell’opinione pubblica, a sostenere che gran parte dei problemi di natura economica che il nostro Paese si trova ad affrontare sia causata dalla progressiva apertura dei mercati dove vige la legge del “prezzo al ribasso” e che tutto questo è accaduto senza un opportuno intervento da parte del legislatore per difendere la piccola e media impresa italiana.
È opinione di chi scrive che l’apertura verso mercati sempre più ampi, sebbene gli inevitabili fenomeni di concorrenza sleale per i quali però si ripone fiducia nelle istituzioni, sia invece una grande opportunità, una leva strategica di crescita grazie alle possibilità di sviluppo del mercato di realizzo per i propri prodotti in termini di ampiezza e di diversificazione del rischio. Inoltre, una maggiore concorrenza fa bene non solo ai consumatori, ma anche a chi la concorrenza la fa, essendo uno stimolo costante all’innovazione e al miglioramento continuo.
Si può decidere di orientare la propria produzione solo verso il mercato locale, con i relativi rischi di far dipendere il proprio fatturato da un mercato ristretto, oppure ampliare gli orizzonti e optare per l’internazionalizzazione. Certamente il processo di ingresso in un nuovo mercato è un passo molto delicato e comporta anch’esso diversi rischi, quali ad esempio il rischio di cambio, il rischio politico e altre incertezze legate ad un nuovo investimento. È molto difficile affrontare questo passaggio importante da soli e qui incontriamo un'altra debolezza delle aziende familiari maremmane: quello della chiusura verso componenti del management esterni.
Sul territorio della provincia di Grosseto, in particolare, fa ancora molta fatica ad emergere da una mentalità imprenditoriale troppo chiusa al nuovo ed al diverso un modo di fare business professionale e consapevole delle principali pratiche manageriali.
Si propongono di seguito alcune modalità di professionalizzazione che le aziende familiari agroalimentari maremmane potrebbero intraprendere. Esse si riferiscono103:
• all’introduzione di strumenti di supporto all’attività manageriale (es. contabilità analitica, redazione di report periodici);;
• allo sviluppo di competenze manageriali in capo ai membri della famiglia partecipanti alla vita aziendale e in generale ai collaboratori dell’imprenditore;;
• all’inserimento di manager esterni;;
103 Cori E., Del Bene L., (2010), Condizioni di efficacia dei processi di
professionalizzazione delle PMI familiari: il ruolo delle competenze organizzative, in Anselmi L., Lattanzi N., Il family business Made in Tuscany, Francoangeli 2016, Milano, p. 153.
• alla costruzione di relazioni stabili, di tipo trust based, con professionisti esterni;;
• alla partecipazione dell’imprenditore o dei membri della famiglia a reti finalizzate alla condivisione di competenze sviluppate nei diversi nodi.
L’auspicio di assistere ad una crescente professionalizzazione e managerializzazione di queste aziende comporterebbe innumerevoli benefici tra i quali una dimensione finanziaria più solida per consentire investimenti continui in miglioramento tecnologico, innovazione e comunicazione della propria immagine aziendale e dei valori del territorio. È altrettanto auspicabile che anche le autorità locali si attivino nel garantire una maggiore certezza delle procedure amministrative da seguire per lo sviluppo dell’imprenditoria, e nell’incentivare, anche mediante agevolazioni varie, il ricambio generazionale e la conduzione di imprese da parte dei giovani, i quali se opportunamente preparati e invogliati da un contesto imprenditoriale favorevole, costituiscono un’opportunità per cogliere il nuovo.
Come asserisce in un suo libro Carlo Azeglio Ciampi, “a scrutare gli orizzonti, ancorché non immediatamente avvistabili, è chiamato chi ha la vista buona, non indebolita dagli anni, dai tanti conformismi, dall’abitudine a pensare il mondo solo e sempre così com’è, cristallizzato nel presente104”.
104Ciampi C. A., A un giovane italiano, Rizzoli, Milano 2012, p. 91
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