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E INTEGRAZIONE A CEUTA

3.4 Le strutture dell’accoglienza istituzionalizzata a Ceuta

3.4.1 Il CETI: Centro de Estancia Temporal para Inmigrantes

3.4.1.1 La politica dei trasferiment

La caratteristica fondamentale del CETI è quella di essere un centro per l’accoglienza temporanea degli immigrati giunti a Ceuta. Il problema principale però è questa temporaneità

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non è definita in alcun modo. Parte della politica migratoria che riguarda nello specifico le città di Ceuta e Melilla, infatti, consiste nella gestione dei trasferimenti dei residenti del CETI verso la Penisola. Dopo che la polizia ha identificato gli immigrati in seguito al loro arrivo e dopo aver effettuato il protocollo di entrata al CETI, il governo spagnolo inizia contro di loro una procedura di espulsione (regolata dalla Ley Orgánica 4/2000, articoli 53 e 57) per essere entrati illegalmente nel territorio spagnolo. Questo è ciò che accade regolarmente a meno che gli immigrati non presentino domanda d’asilo (come già visto, caso piuttosto raro) Quella per l’espulsione è una procedura di tipo amministrativo, non giudiziario, con la quale il governo cerca di rimpatriare al Paese di origine un cittadino entrato irregolarmente in Spagna.

L’esito della procedura di espulsione avviata dal governo e la sua eventuale applicazione (nel caso la risoluzione sia positiva), avviene a partire dalla Penisola. Per questo motivo il governo può decidere tra due opzioni: lasciare i migranti nelle città autonome fino a quando la procedura di espulsione giunga al termine e trasferirli in un secondo momento; oppure procedere al trasferimento dei migranti all’interno di uno dei sette Centri di Internamento per Stranieri (CIE), previa autorizzazione del giudice. Quest’ultima, è l’opzione che generalmente si preferisce adottare. I CIE sono, infatti, una vera e propria prigione, perché, essendo dei centri chiusi, ai migranti non è concesso di uscire. Invece, nel caso del CETI, come già visto, durante il periodo in cui si svolge l’iter della procedura, i migranti possono girare liberamente all’interno della città di Ceuta165. La stessa permanenza all’interno del CETI è volontaria.

Questa libertà di cui godono gli immigrati può essere problematica per il governo, perché nel momento in cui vengono trasferiti in Penisola e si conclude la procedura di espulsione con esito positivo, spesso non si è in grado di rintracciare i soggetti interessati, che quindi sfuggono al provvedimento e continuano la loro permanenza irregolare in Spagna o in altri Stati europei. La permanenza in un CIE, invece rappresenta un’assicurazione che la risoluzione di espulsione venga notificata agli interessati, e sia poi di fatto applicata. Tuttavia, la permanenza massima all’interno di un CIE è di sessanta giorni, trascorsi i quali, se non è ancora arrivata la notifica di espulsione, il migrante viene rimesso in libertà. Nel caso in cui poi l’espulsione non sia possibile, i migranti trasferiti in penisola dal CETI o usciti dai CIE possono rimanere in libertà in Spagna con un ordine di espulsione (senza che possa essere attuato).

La permanenza all’interno del CETI, dunque, è legata alle tempistiche che riguardano l’iter

165 A causa della condizione di irregolari, invece non è concesso loro di lavorare con un contratto di lavoro regolare o di poter acquistare un biglietto per dirigersi verso la Penisola.

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della procedura di espulsione. Tempistiche che, non essendo regolate in alcun modo, possono variare estremamente. Tra i fattori che incidono sulla durata troviamo in primis le difficoltà legate al reperimento delle informazioni relative al migrante, soprattutto sul paese di origine, non avendo con sé documenti che lo provino oppure spesso anche mentendo sulla propria provenienza. È poi necessario mettersi in contatto con le autorità del suddetto Paese e aspettare che riconoscano effettivamente il migrante come proprio cittadino. Infine, le stesse autorità devono acconsentire al rimpatrio, cosa che spesso non accade, in mancanza di accordi di riammissione con il Paese in questione. Per questi motivi, non è possibile determinare a priori quando avverrà in trasferimento in Penisola per i residenti del CETI. Fino a poco tempo fa, inoltre, i trasferimenti avvenivano dopo mesi, a volte anche anni: le autorità usavano, infatti, questa pratica per scoraggiare i migranti tenendoli bloccati nella piccola città per un tempo illimitato (dato che non esiste una durata massima per la permanenza nel CETI). Nel 2016, invece, la media registrata era di 4 mesi166, perché gli arrivi sono molto più frequenti e

numerosi, e il trasferimento viene usato come mezzo per svuotare il CETI ed evitare il sovraffollamento.

Inoltre, per quanto riguarda i criteri di trasferimento, si è notato come vi sia una certa discriminazione tra i residenti all’interno del CETI. Nonostante, infatti, il direttore del Centro presenti periodicamente una lista che indica le persone vulnerabili per cui è auspicabile il trasferimento in Penisola verso centri più adeguati alla loro accoglienza (e non si tratta solo di donne e bambini, ma anche di omosessuali o altre persone che ormai sono nel CETI da più di sei mesi), questa lista viene di rado rispettata. Sembra, invece, che il criterio adottato dalla polizia per decidere chi trasferire e chi no non sia tanto la vulnerabilità quanto la possibilità di espulsione.167 Di fatto, negli ultimi anni passano soprattutto subsahariani che non hanno presentato richiesta di asilo. Questo ovviamente provoca proteste all’interno del CETI, da parte delle altre nazionalità che sembrerebbero discriminate. Le due proteste più recenti (rispetto a quando è stato scritto l’elaborato) hanno visto come protagonisti il collettivo degli asiatici prima e quello degli algerini poi. I primi, dal 23 ottobre all’11 novembre 2017 si sono accampati in Plaza de los Reyes, davanti alla sede della Delegazione del governo spagnolo protestando pacificamente per poter ottenere il trasferimento come tutti gli altri immigrati168.

166 A. Q., La estancia media en el CETI cayó en 2016 a 111 días pero la de los pakistaníes roza los 240, in “El Faro de Ceuta”, 17 gennaio 2018

167 MIGREUROP/GADEM, op. cit., p.34

168 C.E., Los inmigrantes asiáticos piden ante Delegación salir de Ceuta, in “El Faro de Ceuta”, 23 ottobre 2017. ECHARRI C., Los asiáticos vuelven al CETI ante la promesa de su salida, in “El Faro de Ceuta”, 11 novembre 2017

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Gli algerini, invece, hanno intrapreso la loro protesta pacifica (stesse dinamiche e stesso luogo di quella asiatica) dal 15 al 22 gennaio 2018 169. Entrambe sono terminate solo dopo aver ricevuto la promessa da parte delle autorità che anche i loro nomi verranno inseriti nelle liste dei trasferimenti a venire.

I trasferimenti sono realizzati all’interno del Programa de Atención Humanitaria finanziato dal governo e gestito da ONG. Sono il Ministero del Lavoro e della Sicurezza Sociale assieme alla Croce Rossa Spagnola ad organizzarli, una volta ricevuta l’approvazione della Comisaria

General de Extranjería y Frontera. Il trasferimento avviene via mare: per questo i migranti,

per indicare il giorno di partenze, dicono “Hoy hay Balearia”, che letteralmente significa “Oggi c’è Balearia”, dal nome della compagnia navale a cui è affidato il trasporto dei migranti verso Algeciras. Una volta giunti in Penisola, i migranti sono presi a carico da diverse ONG (tra cui CEAR, Croce Rossa Spagnola, ACCEM) che, attraverso lo stesso programma, si occupano della loro accoglienza e accompagnamento per un periodo che dura tre mesi, prorogabili nei casi di alta vulnerabilità (senza però superare i 18 mesi).170

Ceuta è diventata in questo modo una zona di attesa, uno spazio di transizione e di confinamento, dove i migranti attendono che il loro status amministrativo venga definito dal governo. E quest’attesa li logora psicologicamente, condizionando le loro giornate e il loro stato d’animo. Il pensiero fisso che li tormenta è sempre lo stesso: il laissez passer (come viene chiamato l’ordine di trasferimento alla penisola). E quando finalmente arriva, è una vera e propria festa.