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Le politiche in atto Montagna, Unione Europea e Macroregione Alpina

di Lorenzo Migliorati, Veronica Polin e Liria Veronesi

4. Le politiche in atto Montagna, Unione Europea e Macroregione Alpina

Per far fronte al processo di trasformazione post-industriale che vede prota- gonista il panorama alpino, l’Unione Europea ha predisposto, come vedremo, una serie di accordi di cooperazione transnazionale tra i sette stati alpini. Pro- getti come trAILs hanno l’obiettivo di analizzare gli effetti della deindustrializ- zazione in aree distanti dai grandi centri urbani – qui segnatamente montani e, ancor più alpini – così da mettere in luce le difficoltà e le esigenze di una peri- feria (a tratti) abbandonata a se stessa, così come le comunità che la popolano.

Il riconoscimento formale della “montagna” come risorsa rilevante sul piano globale viene fissato formalmente al 1992 in occasione della storica Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED), tenutasi Rio de Janeiro. La Conferenza di Rio è importante perché getta le basi per una discussione di carattere scientifico, politico, economico e sociale (oggi profondamente cultu- rale) attorno agli effetti nocivi dell’attività umana nella sua interazione con gli ecosistemi terrestri, definendo i principi da seguire per uno sviluppo socioeco- nomico sostenibile: un progresso che miri a soddisfare i bisogni a livello intra- e inter generazionale, senza per questo porre limitazioni alle possibilità di cre- scita del presente in favore di quelle (eventuali) future, e viceversa. L’intera- zione sinergica degli attori coinvolti nella Conferenza di Rio (che vede coin- volti i rappresentanti di 170 Paesi) ha posto le pietre angolari dal quale il dibatto odierno sul rapporto uomo-ambiente prende vita. Tra gli output qui più rilevanti troviamo il piano d’azione congiunta denominato Agenda 2117, che rappresenta

la formalizzazione di un insieme di intenti e di obiettivi programmatici di ca- rattere economico, sociale e politico suddiviso in quattro sezioni: 1) dimensioni economiche e sociali, 2) conservazione e gestione delle risorse per lo sviluppo,

17 Altri accordi importanti per il tema sono: la “Convenzione sulla diversità biologica” (CBD); la “Convenzione contro la Desertificazione”; l’”Accordo sugli stock ittici”; la “Dichia- razione sulle foreste”. La più importante resta comunque la “Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici” dal quale prenderà il via la contrattazione per il Protocollo di

3) rafforzamento del ruolo delle forze sociali e 4) strumenti di attuazione. Con le linee guida definite nell’Agenda si sono compiuti «passi avanti nella costru- zione di una maggiore consapevolezza dello straordinario valore delle risorse materiali e culturali delle montagne, […] e delle peculiarità […] dei territori montani» (Atlante Statistico della Montagna, 2007). Tra le varie sezioni viene evidenziato il ruolo cruciale che le comunità locali giocano nel raggiungimento di questi obiettivi in quanto a «capo della programmazione, gestione e attua- zione delle politiche economiche, sociali ed ambientali esortando queste ad un dialogo aperto con i cittadini attraverso la consultazione e la costruzione del consenso […] al fine di ottenere informazioni utili alla definizione di una effi- cace strategia d’intervento» e definire così una Agenda 21 di carattere locale (Ministero dell’Ambiente, 2017)18.

In aggiunta ad Agenda 21, e sulla base dei risultati raggiunti rispetto agli Obiettivi del Millennio19 (Millennium Development Goals) nel 2015, l’ONU ha

introdotto un nuovo programma d’azione «per le persone, il pianeta e la pro- sperità»20, denominato Agenda 30. Il nuovo programma d’azione contiene 17

Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs), suddivisi in 169 traguardi, che i 193 Paesi Membri si sono prefissati da raggiungere entro il 2030. Prima tra tutte: la lotta alla povertà in ogni forma e dimensione come requisito indispen- sabile per uno sviluppo sostenibile. Agenda 30, oltre che per lo spessore dei suoi obiettivi, è importante per le caratteristiche che questi assumono: «essi [gli obiettivi] sono da considerarsi lungimiranti, trasformativi, universali e incen- trati sulle persone dove nessuno sarà lasciato indietro. […] Strategie per il per- seguimento di una crescita globale e a una cooperazione vantaggiosa che si tradurrebbe in maggiori profitti per tutti i paesi e per tutto il mondo» (ONU, 25 settembre 2015). Considerato il contesto di sviluppo globale, anche l’orografia europea si ritaglia il proprio spazio nell’ambito delle politiche comunitarie.

Una politica di cooperazione comunitaria (UE) per la tutela e la salvaguardia delle montagne europee prende forma nel 1975, in ambito di sviluppo agricolo, con interventi volti a garantire la presenza degli agricoltori in queste «zone ru- rali fragili» 21 considerate a “rischio d’abbandono” (quasi a sottolineare la

18 https://www.minambiente.it/pagina/lagenda-21, consultato il 13/12/2020.

19 Gli Obiettivi del Millennio sono stati fissati dalle Nazioni Unite nell’ambito della “UN

Millennium Campaign” del 2000 dove, per la prima volta, è stata esposta una visione comune e

rappresentativa di un’idea di cooperazione globale basata sulla responsabilità condivisa da tutti i Paesi membri.

20 La dicitura è riportata nel preambolo del documento di risoluzione adottato dall’Assemblea Generale dell’Onu il 25 settembre 2015. Il testo è consultabile al sito: https://unric.org/it/agenda- 2030/

21 Per “zone rurali fragili” si intendono realtà dove la pratica agricola è considerata necessaria alla salvaguardia degli spazi naturali, «particolarmente contro l’erosione o per rispondere ad esi- genze in materia di svago, così come altre zone nelle quali il mantenimento di un minimo di popolazione e la cura dello spazio naturale non sono assicurati», Dir. Eu. 75/268/CEE, Art. 3, 1975.

necessità dell’apporto umano per la salvaguardia e la tutela di queste aree). All’interno delle differenti strategie messe poi in atto dalla comunità europea per far fronte alle esigenze delle periferie montane presenti lungo tutto il con- tinente, assume valore il percorso definito per la tutela della macroregione al- pina e, quindi, delle misure a sostegno delle comunità che la popolano.

La Strategia Europa per la (macro)Regione Alpina (EUSALP) è la risposta delle istituzioni europee alla necessità di far fronte a sfide comuni lungo tutto l’arco alpino. L’obiettivo ultimo delle strategie introdotte è quello di aumentare il grado di coesione sociale, politica ed economica delle diverse realtà alpine, incentivando le politiche di cooperazione transnazionale e definendo obiettivi comuni alle diverse realtà territoriali per far fronte ai fenomeni di: 1) globaliz- zazione dell’economia; 2) decrescita demografica; 3) dal cambiamento clima- tico; 4) uso delle risorse e dell’energia; 5) Alpi come snodo cruciale del com- mercio europeo. Individuati gli obiettivi e definite le strategie, il compito ese- cutivo delle politiche, proposte dall’EUSALP, spetta alla Conferenza delle Alpi che, in qualità di observer designato dalla Commissione Europea, fornisce le linee guida e supervisiona l’effettiva implementazione delle misure proposte attraverso l’Alpine Space Transnational Programme (Interreg), attivo a partire dal 2000. È dalla Convenzione delle Alpi del 1991 (trattato internazionale fir- mato dai sette Stati alpini, e dall’UE, per lo sviluppo sostenibile e la tutela del territorio alpino) che la Conferenza viene indicata come organo incaricato di prendere le decisioni più importanti nell’ambito della convenzione. Al fine di fronteggiare le sfide designate, la Convenzione individua nella cooperazione tra diversi key players internazionali, il punto cardine di tutte le sue politiche. Attraverso il finanziamento (FESR) del programma Interreg - Alpine-Space, l’obiettivo è quello di facilitare, agevolandola, la cooperazione transnazionale tra le diverse Regioni, definendo un framework sociale, politico ed economico entro il quale i diversi player, di volta in volta coinvolti, possono collaborare. Creare un network multidisciplinare e multidimensionale di questo tipo signi- fica mettere in relazione realtà accademiche e comunità locali, avvicinare isti- tuzioni – anche nazionali – ai cittadini, stimolare le attività locali in un processo di valorizzazione dell’artigianato e della manifattura tradizionale, anche attra- verso l’apporto della tecnologia e delle infrastrutture che essa richiede.

Significa, più in generale, riconsiderare lo status di periferia della montagna nelle politiche di sviluppo nazionali, regionali o locali, così come all’interno dei meccanismi di contatto tra queste zone di frangia e il centro città in un rap- porto socialmente, economicamente e politicamente virtuoso, oltre che vantag- gioso, per entrambi.