• Non ci sono risultati.

La posizione della Corte EDU sul divieto di diagnosi genetica preimpianto

TRA BIOETICA E DIRITTI UMANI

IN TEMA DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

3. La posizione della Corte EDU sul divieto di diagnosi genetica preimpianto

Le problematiche connesse al divieto di diagnosi preimpianto sono state affron-tate dalla Corte di Strasburgo nella recente sentenza Costa, Pavan contro Italia18, del 28 agosto 2012.

La II sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 8 della CEDU, sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, proprio in ragione del divieto di analisi genetica preimpianto posto nella disciplina italiana sulla PMA.

I ricorrenti, portatori sani della fibrosi cistica, lamentavano di non poter accede-re alla diagnosi genetica paccede-reimpianto al fine di selezionaaccede-re un embrione sano, non affetto da tale patologia. In particolare, evidenziavano una duplice preclusione:

innanzitutto l’impossibilità di accedere, come coppia fertile, alle tecniche di PMA (consentite, dalla l. n. 40/2004, alle sole coppie infertili o sterili) e, come effetto di tale preclusione, l’impossibilità di sottoporre l’embrione a diagnosi genetica preimpianto, denunciando una lesione del proprio interesse di generare un figlio non affetto da tale patologia, rientrante nel diritto al rispetto della vita privata e familiare tutelato dall’art. 8 CEDU. Essi inoltre invocavano l’articolo 14 della Con-venzione, sostenendo di subire una discriminazione rispetto ad altre categorie di persone (coppie sterili o infertili o in cui l’uomo sia affetto da malattie virali ses-sualmente trasmissibili) le quali potevano accedere alla diagnosi preimpianto19.

La Corte EDU ha ravvisato la mancanza di coerenza del sistema legislativo complessivo italiano in materia: se da un lato, infatti, esso vieta la possibilità di impiantare i soli embrioni sani, non affetti dalla malattia di cui i ricorrenti sono portatori, dall’altro autorizza i ricorrenti ad abortire successivamente un feto affet-to da quella stessa paaffet-tologia20, giacché vieta la diagnosi genetica preimpianto ma ammette quella prenatale. La preclusione alla diagnosi preimpianto determinereb-be, in tal modo, un’ingerenza sproporzionata nel diritto alla vita privata e familiare dei ricorrenti, a fronte del fatto che il sistema legislativo italiano li autorizza, poi, a

18 Corte Europea Diritti Uomo, sez. II, sent. 28 agosto 2012, ric. n. 54270/10, Costa e Pavan c. Italia, con nota di Alessandra Verri, “Corte EDU e legge 40/2004: contrario all'art. 8 Cedu il divieto, per una coppia fertile portatrice sana di fibrosi cistica, di accedere alla diagnosi pre-impianto degli embrioni (ma il Governo fa ricorso alla Grande Chambre)”, www.penalecontemporaneo.it.

19 Sotto tale profilo la Corte, accogliendo l’eccezione sollevata dal governo italiano, non ha ravvisato una disparità di trattamento, giacché il divieto di diagnosi preimpianto opera per qualsiasi categoria di persone, non risultando trattate in modo diverso, rispetto ai ricorrenti, le coppie di cui l’uomo sia affetto da malattie virali sessualmente trasmissibili. In tal caso, infatti, le tecniche della procreazione assistita sarebbero utilizzate solo al fine di evitare il rischio, derivante dalla procreazione secondo natura, di trasmissione di patologie sessualmente trasmissibili alla madre e al figlio e sarebbe volto a depurare lo sperma dalla componente infettiva, in uno stadio precedente a quello della fecondazione dell’embrione, a differenza della diagnosi preimpianto.

20 Punto 64, ric. n. 54270/10, Costa e Pavan c. Italia.

procedere ad un’interruzione medica di gravidanza qualora il feto dovesse essere colpito dalla patologia di cui sono portatori.

Per tutelare il loro diritto a mettere al mondo un figlio non affetto dalla malattia di cui sono portatori sani, l’unica possibilità offerta ai ricorrenti sarebbe stata quel-la di iniziare una gravidanza secondo natura e procedere a interruzioni mediche della gravidanza qualora l’esame prenatale avesse rivelato che il feto era malato21.

Nello specifico, i ricorrenti avevano già proceduto una volta all’interruzione di gravidanza per tale motivo. Le conseguenze di un tale sistema sul diritto al rispetto della vita privata e familiare dei ricorrenti sono parse evidenti al giudice di Stra-sburgo.

Nel tentativo di superare la contraddittorietà intrinseca del sistema normativo italiano, la decisione in esame, peraltro, ha aperto il rischio ad esiti tali da stravol-gere la ratio stessa sottesa alla disciplina sulla procreazione medicalmente assistita, conducendo ad ammettere la possibilità di un ricorso a tale pratica al solo ed esclu-sivo scopo strumentale di accedere ad un esame diagnostico preimpianto da parte di qualsiasi coppia e per le ragioni più varie22.

Tale pericolo è stato intravisto dal governo italiano quando a fine novembre 2012, nel presentare domanda di rinvio per riesame alla Grande Chambre della Corte di Strasburgo, ha espresso la preoccupazione che alcuni passaggi della sentenza europea potessero dar luogo ad eventuali rischi eugenetici connessi a tale pratica ed ha motivato il ricorso con l’esigenza di un chiarimento giurisprudenziale su profili di carattere processuale, riferibili non solo al caso di specie, ma a tutti i casi possibili, proprio in ragione dell’aumento delle ipotesi di confronto tra l’ordina-mento italiano e quello del Consiglio d'Europa e del crescente rilievo che va assu-mendo la CEDU in ambito interno23.

L’11 febbraio 2013 un collegio di cinque giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo ha rigettato, con provvedimento non motivato, la richiesta di rinvio alla

21 Punto 65, ric. n. 54270/10, Costa e Pavan c. Italia.

22 Rischio evidenziato da Elena Malfatti, “La Corte di Strasburgo tra coerenze e incoerenze della disciplina in materia di procreazione assistita e interruzione volontaria della gravidanza: quando i

“giochi di parole” divengono decisivi”, Rivista AIC, http://www.associazionedeicostituzionalisti.it, 3, 2012.

23 Richiesta di riesame alla Grande Chambre già ipotizzato da Elena Malfatti, “La Corte di Strasburgo tra coerenze e incoerenze della disciplina in materia di procreazione assistita e interruzione volontaria della gravidanza”, cit. e da altri autori, come difficilmente ammissibile a causa dei requisiti limitati posti a fondamento della fase del riesame. Nel sistema delineato dalla Convenzione, infatti, il rinvio alla Grande Camera di un caso già deciso in primo grado è consentito soltanto ove la questione oggetto del ricorso sollevi gravi problemi di interpretazione o di applicazione della Convenzione e dei suoi Protocolli, o comunque ponga un'importante questione di carattere generale, prevedendosi una preliminare valutazione di ammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 43 CEDU. In effetti, l'11 febbraio 2013 la Grande Chambre ha confermato, rendendo definitiva, la sentenza Costa e Pavan c. Italia e ha rigettato il ricorso del governo italiano.

I riflessi della giurisprudenza della Corte di Strasburgo sugli ordinamenti nazionali 149

Grande Camera presentata dal governo italiano contro la sentenza resa nel caso Costa e Pavan c. Italia24.

Sul piano interno, gli effetti della pronuncia europea si sono riflessi in una re-cente decisione di metà novembre 2012 del Tribunale di Cagliari25 che ha ricono-sciuto in un caso concreto - e attraverso una lettura costituzionalmente orientata della legge n. 40 del 2004 - il diritto alla diagnosi preimpianto a favore di una cop-pia fertile ma affetta da talassemia, con l’imposizione alla struttura sanitaria di praticare la procreazione assistita.

La stessa strada era stata percorsa poco tempo prima da una decisione, piutto-sto isolata peraltro, del Tribunale di Salerno26, che aveva riconosciuto in via diretta l’esistenza di un diritto di accesso alla procreazione medicalmente assistita e alla diagnosi preimpianto ad una coppia fertile ma a rischio di trasmissione di patolo-gie genetiche.

In entrambe le decisioni i giudici si sono orientati per la scelta di disattendere in modo esplicito il divieto posto inequivocabilmente dalla legge anziché percorrere la via del ricorso al giudice costituzionale e ad una declaratoria di incostituzionali-tà della disciplina27.

Sino ad allora, invece, aveva rappresentato una “conquista”28 dei giudici comu-ni il consolidarsi di un diritto vivente che, attraverso una interpretazione costitu-zionalmente orientata degli articoli 13 e 14 della legge n. 40 del 2004, aveva ritenuto lecito l’accesso alla diagnostica preimpianto limitato ai soli soggetti ammessi dalla legge, ovvero alle coppie sterili o infertili29.

24 Antonio Vallini, “Diagnosi preimpianto: respinta la richiesta di rinvio alla Gran Camera CEDU avanzata dal Governo italiano nel caso Costa e Pavan contro Italia”, www.penalecontemporaneo.it.

25 Ordinanza Trib. Cagliari 9 novembre 2012 n. 5925, con nota di Alessandra Verri, “Il tribunale di Cagliari riconosce per la prima volta il “diritto” di accesso alla diagnosi genetica preimpianto ad una coppia talassemica”, www.penalecontemporaneo.it.

26 Tribunale di Salerno n. 12474/09, ordinanza del 13 gennaio 2010. Per un commento in dottrina, Chiara Tripodina, “Sul come scansare la briglia delle leggi. Ovvero, la legge sulla procreazione assistita secondo il giudice di Salerno”, cit., Lorenzo D’Avack, “L’ordinanza di Salerno: ambiguità giuridiche e divagazioni etiche”, Diritto, famiglia e persona, 2010, p. 1737 ss. e Gilda Ferrando, “La riscrittura costituzionale e giurisprudenziale della legge sulla procreazione assistita”, Fam. dir., 2011, p. 519 ss.

27 “Così facendo, il giudice di Salerno, se ha garantito quello che egli riteneva un diritto alla coppia che ricorreva di fronte a lui, ha privato tutte le altre coppie nella medesima condizione della possibilità di vedere affermato quello stesso diritto in via generale e astratta”, così Chiara Tripodina, “Sul come scansare la briglia delle leggi”, cit.

Antonio Vallini, “Diagnosi preimpianto: respinta la richiesta di rinvio alla Gran Camera CEDU avanzata dal Governo italiano nel caso Costa e Pavan contro Italia”, cit., definisce la motivazione della decisione del Tribunale di Salerno “più come una indebita “disapplicazione” di norme di legge ritenute costituzionalmente non compatibili, che non già come una esegesi costituzionalmente orientata”.

28 Così Elena Malfatti, “La Corte di Strasburgo”, cit.

29 Per un richiamo alle principali pronunce dei giudici comuni in materia, si veda Antonello Ciervo,

“Il divieto di accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo”, Federalismi, http://www.federalismi.it, 19, 2012, p. 4 ss.

Outline

Documenti correlati