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TRA BIOETICA E DIRITTI UMANI

CORTE COSTITUZIONALE DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AI GIUDICI REMITTENTI IN SEGUITO A SOPRAVVENUTA PRONUNCIA DELLA

2. Le sentenze della Corte di Strasburgo

Tutte e tre le ordinanze dei Tribunali rimettenti, all’origine dell’ordinanza della Corte Costituzionale in esame, avevano richiamato la sentenza del 1 aprile 2010 della Prima Sezione della Corte europea (S.H. e al. c. Austria).

La normativa alla base del caso S.H. è in realtà parzialmente diversa da quella italiana. Mentre quest’ultima prevede un divieto assoluto di fecondazione eterolo-ga, la normativa austriaca, oggetto della sentenza, vieta in ogni caso la donazione di ovociti ma ammette la fecondazione in vivo con seme di donatore (risultando così vietata la fecondazione in vitro con gameti maschili donati).

5 Antonio Ruggeri, “La Corte costituzionale, i parametri “consequenziali” e la tecnica dell’assorbimento dei vizi rovesciata (a margine di Corte cost. n. 150 del 2012 e dell’anomala restituzione degli atti da essa operata con riguardo alle questioni di costituzionalità relative alla legge sulla procreazione medicalmente assistita)”, http://www.giurcost.org/studi/Ruggeri16.pdf (09/13).

6 Cfr. note n. 23-24-25. Si segnala che nelle more della pubblicazione del presente contributo la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il divieto assoluto di fecondazione eterologa previsto dalla legge italiana: cfr. sentenza n. 162/2014, depositata in cancelleria il 10 giugno 2014 (reperibile all’indirizzo http://www.giurcost.org/decisioni/2014/0162s-14.html).

I ricorrenti, desiderosi di poter accedere alla fecondazione eterologa (l’unica in grado di consentire loro di avere un figlio), dopo aver adito le vie di ricorso interne senza successo, si erano rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo affermando che il divieto di tecniche eterologhe di procreazione artificiale per la fecondazione in vitro violava l’articolo 14 in combinato disposto con l’articolo 8.

La Corte ha innanzitutto affermato che “il diritto di una coppia di concepire un bambino e di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita per tale scopo rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 8, in quanto tale scelta è chiaramente un’espressione della vita privata e familiare”7. Ritenuto anche l’art. 14 applicabile al caso di specie (come è noto, tale articolo può essere richiamato solo in combinato disposto con altre norme della CEDU), è passata ad esaminare se nel caso di specie l’art. 14 fosse stato rispettato. I ricorrenti, infatti, affermavano di essere in una situazione simile a quella delle altre coppie che desiderano accedere a tecniche di procreazione medicalmente assistita ma che, per le loro condizioni di salute, non hanno bisogno di una donazione di ovuli o di sperma.

La Prima Sezione della Corte, dopo aver ricordato che, agli effetti dell’articolo 14, una differenza di trattamento è discriminatoria se non ha una giustificazione oggettiva e ragionevole, cioè se non persegue uno “scopo legittimo” o se non c’è una “ragionevole proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo che si intende realizzare”, ha concluso, in ambedue i casi (con riferimento sia al divieto di fecon-dazione con ovociti donati, sia a quello inerente il divieto di feconfecon-dazione in vitro con seme di donatore), per la violazione dell’art. 8 in combinato disposto con l’art.

14, ritenendo la normativa austriaca incoerente e l’ingerenza nel diritto dei ricor-renti sproporzionata. In proposito è opportuno evidenziare che, secondo la Prima

7 La Corte ha ricordato in proposito che il concetto di «vita privata» è molto ampio (come è stato os-servato, per mezzo di essa sono stati ricompresi nell’ambito della tutela della CEDU molti diritti di seconda e terza generazione: cfr. Laura Tomasi e Cesare Pitea, “Art. 8”, in Commentario breve alla Con-venzione europea, S. Bartole, P. De Sena, V. Zagrebelky (a cura di), Cedam, Padova, 2012, p. 299) e com-prende, tra l’altro, il diritto dell’individuo ad allacciare e sviluppare rapporti con i simili (Niemietz c.

Germania, 16 dicembre 1992, § 29), il diritto allo «sviluppo personale» (Bensaïd c. Regno Unito, n.

44599/98, § 47), il diritto all’autodeterminazione (Pretty c. Regno Unito, n. 2346/02, § 61). Anche fattori quali l’identificazione, l’orientamento e la vita sessuale rientrano nella sfera personale tutelata dall’articolo 8 (si vedano, ad esempio, Dudgeon c. Regno Unito, 22 ottobre 1981, § 41, e Laskey, Jaggard e Brown c. Regno Unito, 19 febbraio 1997, § 36), così come il diritto al rispetto della decisione di diventare o di non diventare genitore (Evans c. Regno Unito, del 10 aprile 2007, § 71; A. B. e C. c. Irlanda [GC], del 16 dicembre 2010, § 212, e R.R. c. Polonia, del 26 maggio 2011, § 181. Già precedentemente la Corte ha rite-nuto applicabile tale articolo in materia di accesso alle tecniche di procreazione artificiale (Dickson c.

Regno Unito [GC], del 4 dicembre 2012, sul diritto di un carcerato di accedere alla PMA). Successivamen-te al caso S.H, vi è stata poi la senSuccessivamen-tenza Costa e Pavan c. Italia, già richiamata. Da ricordare anche la deci-sione del 22 aprile 1997, X. Y. Z c. Regno Unito: in essa la Corte, pur riconoscendo per la prima volta una vita familiare in una relazione more uxorio tra un transessuale donna-uomo, la sua compagna e la figlia avuta da questa, tramite inseminazione artificiale con seme di donatore, non ha tuttavia ritenuto sussi-stente una violazione dell’art. 8 (né da solo né in combinato disposto con l’art. 14), come conseguenza del rifiuto delle autorità britanniche di registrare il ricorrente come padre della bambina.

Alcune osservazioni sull’ordinanza della Corte Costituzionale di restituzione … 163

Sezione, “una volta che è stato deciso di consentire la procreazione artificiale, e nonostante l’ampio margine di apprezzamento concesso agli Stati contraenti, la normativa concepita per tale materia deve essere formata in modo coerente, così da permettere ai diversi interessi coinvolti di essere presi in considerazione adegua-tamente ed in conformità con gli obblighi discendenti dalla Convenzione”8.

Chiamata a pronunciarsi su rinvio del governo austriaco (sostenuto da Germa-nia e Italia, terzi intervenienti), la Grande Camera ha ribaltato il verdetto della Prima Sezione. Nell’esaminare l’ampiezza del margine di apprezzamento da rico-noscere agli Stati, ha infatti considerato di dover dare grande rilievo alla circostan-za che il caso sollevato toccasse “sensitive moral and ethical issues”, e alla mancan-za di un consensus in materia9, all’epoca in cui è stata adottata la decisione interna definitiva di non accoglimento delle istanze dei ricorrenti (sentenza della Corte costituzionale austriaca del 14 ottobre 1999).

A nostro avviso, è criticabile il riconoscimento di un così ampio margine di ap-prezzamento da parte della Corte europea: ci sembra, infatti, che essa non abbia tenuto nel debito conto che, come da essa stessa affermato, “when a particularly important facet of an individual’s existence or identity is at stake, the margin allo-wed to the State will normally be restricted” (par. 95) 10. La Corte, inoltre, nono-stante riconosca un “emerging consensus” in materia, non vi dà rilievo, a differen-za di quanto fatto in altre occasioni (vedasi la sentendifferen-za Goodwin c. Regno Unito, dell’11 luglio 2002, par. 85, nella quale la Corte giunge a riconoscere il diritto di un transessuale a sposarsi con una persona di sesso opposto, dopo l’operazione, in virtù di un mero “continuing international trend11 in favour of … legal recognition of the new sexual identity of post-operative transsexuals”12).

La sentenza, tuttavia, anche se in parte contraddittoria e non del tutto convin-cente13, contiene importanti affermazioni di principio, che non escludono futuri revirements in materia, preannunciati nella stessa decisione, laddove, nella parte finale della sentenza, la Corte aggiunge che “this area, in which the law appears to be continuously evolving and which is subject to a particularly dynamic

8 Su tale sentenza cfr.Cristina Campiglio, “Il divieto di fecondazione eterologa all’esame della Corte europea dei diritti umani”, Diritti umani e diritto internazionale, 2010, p. 624 ss.

9 Su tale sentenza cfr. Alessandra Viviani, “Il diritto di fondare una famiglia, la fecondazione assistita e i ... passi indietro della Grande Camera della Corte europea dei diritti umani”, Diritti umani e diritto internazionale, 2012, p. 156 ss.

10 Sulla complessa questione del margine di apprezzamento il dibattito in dottrina è ampio: si veda, tra gli altri, George Letstas, A theory of Interpretation of the European Convention on Human Rights, OUP, Oxford, 2007.

11 Il corsivo è nostro.

12 Su tale sentenza cfr. Adele Del Guercio, Anna Liguori, “La tutela dei transessuali nel diritto eu-ropeo”, in Sesso e genere (a cura di Roberto Vitelli, Paolo Valerio), 2012, Liguori Editore, Napoli, p. 299 ss..

13 Cfr. Alessandra Viviani, “Il diritto di fondare una famiglia … “, cit., nonché l’Opinione dissenziente dei giudici Tulkens, Hirvelä, Lazarova Trajkovka e Tsotsoria.

lopment in science and law, needs to be kept under review by the Contracting Sta-tes” (par. 118).

3. L’ordinanza della Corte Costituzionale e la restituzione degli atti ai giudici

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