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Come abbiamo accennato sopra, lo stato veneziano dell’inizio del Seicento era ancora uno stato di tipo «giurisdizionale», cioè una realtà politica in cui il ruolo del centro (nel nostro caso, della città Dominante) era soprattutto quello di coordinare e armonizzare le differenti tradizioni giuridiche e amministrative dei territori dominati, esercitando un’azione d’appello che era basata fondamentalmente sul principio giuridico della tutela353.

352 L’evoluzione del sindicato itinerante del primo Seicento, così come rilevabile dal solo studio delle commis-

sioni e delle disposizioni senatorie, appare, in questo senso, un problema di natura secondaria. I documenti del Senato, che testimoniano un notevole rafforzamento dei poteri dei Sindici inquisitori in quest’epoca, ri- flettono infatti il punto di vista del potere centrale, non rendendoci sufficientemente ragione di quanto detto sopra ma, anzi, ponendo pesanti ipoteche sull’interpretazione storica e occultando appunto l’influenza delle componenti locali in tale evoluzione.

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La Repubblica, in altre parole, governava il Mediterraneo orientale (così come gli altri suoi domini) concedendo alle varie componenti sociali che li abitavano alcuni spazi d’auto- nomia, all’interno dei quali le istituzioni e i corpi giuridici soggetti a Venezia potevano in- teragire con il ceto dirigente repubblicano in modo più assertivo, sollevando problemi e lamentando disfunzioni nel sistema di governo gestito dal patriziato, e con pretese più o meno audaci a seconda delle circostanze.

Come abbiamo visto nello scorso capitolo, nei domini più lontani, in specie in quelli da

Mar, il modo più frequente per manifestare questo tipo di istanze era decidere l’invio di

un’ambasciata a Venezia, di solito previa deliberazione del locale Consiglio della Comunità, che a tal fine eleggeva un paio di rappresentanti (denominati, a loro volta, sindici) il cui compito era l’esposizione al Collegio di Venezia di determinati capitoli (cioè allegazioni scritte composte preventivamente da altre persone delegate dalle Comunità-Università e riguardanti questioni precise)354.

Questa procedura tra fine Cinquecento e inizio Seicento si era probabilmente assai in- tensificata visto che nel giugno 1612, «per l’eccitamento di tante querelle che si sentono anco con ambascerie espresse»355, il Collegio propose l’elezione in Senato di una nuova spe-

dizione di Sindici Inquisitori, dopo che già un anno prima si era tentata una delibera in tal senso «intendendosi da relationi diverse, e da publici rappresentanti ultimamente ritor- nati, che quelli fedelissimi habitanti si reputano molto aggravati in quello anco che appar- tiene all'administratione della giustitia»356. In effetti il riferimento alle ambasciate non era

casuale, e più volte nei secoli precedenti esso aveva costituito la principale giustificazione di simili decisioni357; tuttavia, dietro questa proposta, vi erano forse gli echi di suppliche e

cause giudiziarie di non poco conto, provenienti sia dall’isola di Creta che dalle isole Io- nie358.

354 Maria Dourou-Iliopoulou, «Πρεσβεία των κατοίκων του βενετοκρατούμενου Χάνδακα στα μέσα του 16ου

αιώνα (1561)», Παρουσία 5 (1987): 355–97; Georgios S. Ploumidis, Πρεσβείες Κρητών προς τη Βενετία, 2 vol. (Ioannina: s.e., 1984 e 1986); Elly Yiotopoulou-Sissilianou, Πρεσβείες της βενετοκρατούμενη Κέρκυρας, 16ος-

18ος αι.. Πηγή για σχεδιάσμα ανασύνθεσης της εποχής (Kerkyra: G.A.K.-Archeia Nomou Kerkyras, 2002).

355 ASV, Senato Mar, reg. 70, cc. 156v-158v. 356 ASV, Senato Mar, reg. 69, cc. 170r-171v. 357 Cfr. capitolo 2.

358 Una panoramica generale delle istanze portate in questo periodo dalle Isole greche tramite le suppliche è

deducibile da: Georgios Ploumidis, Αιτήματα και πραγματικότητες των Ελλήνων της Βενετοκρατίας, Μέρος

Α΄ 1627-1795. Μέρος Β΄ 1563-1655, Τεύχος πέμπτο (Venezia: Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini,

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Come vedremo più sotto, i principali casi processuali e le “riforme” che scandirono il lavoro d’inchiesta condotto durante la visita di Ottaviano Bon, Giovanni Pasqualigo e Marco Loredan in effetti non costituivano l’avvio di cause e inchieste ex novo ma piuttosto il ten- tativo di dare uno sbocco ufficiale e definitivo a tensioni o «disordini» che si trascinavano da anni e che avevano come retroterra il cristallizzarsi di alleanze e clientelismi originatesi entro le comunità isolane e piano piano intrecciatesi alle reti sociali dei rettori veneziani. La scelta di Bon, Pasqualigo e Loredan arrivò, non a caso, dopo circa un anno di vota- zioni andate a vuoto per via di incompatibilità parentali e conflitti di interesse che, nono- stante la nota flessione del commercio veneziano nel Mediterraneo orientale di questo pe- riodo, erano indicativi dei rapporti socio-economici che alcune famiglie patrizie continua- vano a coltivare coi propri agenti in quest’area. Venne inoltre ripristinato, in questa occa- sione, l’antico uso di considerare incompatibili coloro che erano stati troppo recentemente rettori o provveditori generali nei luoghi interessati dalla visita359.

Tra i candidati esclusi dalla carica di Sindici in Levante (poi elevata a Provveditori e Inquisitori in Levante) ci furono dunque patrizi di altissimo rango, come ad esempio Anto- nio Grimani di Giovanni: costui era il capo di un’importante fraterna coinvolta nell’industria del sapone e della mercatura, con interessi e agenti commerciali fissi nell’isola di Zante360 e

un notevole capitale di relazioni colla Santa Sede, oltre che con gli altri principi italiani ed europei; suo fratello era quell’Alvise Grimani che fu Sindico in Levante nel 1590-’91 e che nel 1605, forse in grazia dei forti rapporti intrattenuti dalla famiglia con papa Clemente VIII, era divenuto arcivescovo di Candia 361. La motivazione ufficiale della sua esclusione fu

tuttavia il semplice fatto di «haver un germano capitano in Candia»; così come accadde a un altro patrizio, Filippo Bembo, il cui fratello aveva ricoperto la stessa carica. Analoga- mente, i futuri dogi Nicolò Contarini e Francesco Erizzo scontarono il fatto di aver avuto

359 Come avvenne, tra gli altri, ai danni di Girolamo Cappello, importante ex provveditore generale di Candia,

cfr. ASV, Senato Mar, reg. 69, cc. 172r-173v.

360 Come traspare dalle lettere del fratello Bernardo, cfr. ASV, Archivio Privato Grimani, b. 8, fasc.2: Lettere f.lli

Grimani 1605-1608.

361 È possibile che tale fatto abbia indotto i senatori a pensare che un Antonio Grimani Inquisitore in Levante

avrebbe avuto difficoltà di relazione coi fedeli e gli ecclesiastici greco-ortodossi, nonostante il discorso in Collegio del fratello Alvise alla vigilia della propria partenza per l’arcivescovado di Candia fosse in linea con la politica religiosa veneziana, che rispettava le consuetudini greche in chiave giurisdizionalista, cfr. ASV,

Consultori in Jure, fz. 441, 1 aprile 1605. Nondimeno Alvise Grimani, da alto prelato, fu protagonista, solo un

anno dopo, di una delle maggiori dispute tra latini e greci in materia matrimoniale, rendendo necessario l’intervento ripetuto di Paolo Sarpi, cfr. Eva Tea, «Saggio sulla storia religiosa di Candia dal 1590 al 1630», Atti

del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti 72, n. 2 (1913 1912): 1359–1433. Su Antonio e gli interessi com-

merciali della sua famiglia si veda: Giovanna Paolin, Lettere familiari della nobildonna veneziana Fiorenza Capello

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l’uno un fratello rettore a Rettimo, l’altro «che il quondam ser Benetto suo padre era stato Proveditor e Capitano a Corfù362, e ha un germano consiglier al Zante, e anco si ritrova pos-

seder beni a Corfù»363. La nomina di Erizzo era stata peraltro riproposta assieme a quella di

Francesco Priuli, ma la loro elezione venne infine annullata «expulsis affinibus» dall’inter- vento di un avogadore di Comun, fatto che costrinse il Senato a riformulare la pars eligendi in senso più solenne e restrittivo, provocando il differimento annuale dell’elezione364.

Fu così che Ottaviano Bon, Giovanni Pasqualigo e Marco Loredan divennero Provvedi- tori e Inquisitori Generali nel giugno 1612, con il compito di inquisire rettori e ministri con poteri giurisdizionali assai maggiori che in passato, ossia: «formando li processi sopra de- nontie palesi o secrete, e per via d'inquisitione summaria e militarmente, promettendo se- cretezza a testimoni e impunità a chi non fussero principali, con auttorità di poter per la maggior parte di essi castigar li colpevoli così publici rappresentanti, come altri con prig- gion, bando anco di tutte terre e luochi, navili armati e disarmati, e di questa città di Vene- tia con le taglie convenienti, e confiscationi de beni, relegation, privation de carichi, e con ogn'altra pena etiam della vita; dovendo le condanne che faranno fin alla summa de ducati 500 e quelle de privation de carichi esser innappellabili, e non potendo esser suspese né appellate le altre, se non mesi sei doppo che essi saranno ritornati alla patria»365.

Con la stessa autorità essi avrebbero dovuto indagare e punire le estorsioni, gli stupri e gli altri «mali trattamenti» commessi dai capi da mar e sopracomiti, cioè dagli ammiragli della flotta militare veneziana, ai danni delle popolazioni dei porti d’approdo, così come dai rettori nei confronti delle «genti di galea»; inquisendo anche «quelli che havessero ec- citato tumulti e sollevationi, e spetialmente a Corfù sopra le indolenze della scrittura su- detta delli ambasciatori di quella fedelissima Communità, e sopra il contenuto delle lettere di quelli rettori di 20 e del Proveditor dell'Armata di 31 ottobre passato, che hora sono state relette […] perché restino castigati severamente li auttori e colpevoli per essempio d'altri, e consolatione de buoni»366.

362Era cioè quello stesso Benedetto Erizzo protagonista del processo al sopramassaro ai biscotti Girolamo

Strozzi, cfr. capitolo 2.

363 ASV, Senato Mar, reg. 69, cc. 172r-173v. Sugli esponenti principali del patriziato veneziano in questi anni è

fondamentale: Gaetano Cozzi, Il doge Nicolò Contarini. Ricerche sul patriziato veneziano agli inizi del Seicento (Ve- nezia-Roma: Fondazione Giorgio Cini-Istituto per la collaborazione culturale, 1958), ripubblicato con alcune lievi correzioni in: Id., Venezia barocca, 1–245.

364 ASV, Senato Mar, reg. 69, cc. 170r-173v. 365 ASV, Senato Mar, reg. 70, cc. 156v-158v. 366 Ivi.

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I disordini causati a Corfù dalla presenza della flotta non erano una novità e non lo sarebbero stati neanche in seguito, quando maggiore sarebbe stata l’evidenza con cui tali conflitti si sovrapponevano a tensioni di carattere sociale o addirittura a tentate ribel- lioni367. Nel caso presente questa sovrapposizione traspariva dalla parzialità della denuncia

contro i tumulti, proveniente innanzitutto dagli ambasciatori della Comunità, prima che dai rettori e dal provveditore all’Armata; i conflitti intercetuali interni all’isola, i quali in tal modo si rivelavano, rendevano quindi necessario l’invio di Sindici con profili di grande esperienza. Ottaviano Bon, Giovanni Pasqualigo e Marco Loredan furono dunque scelti, con tutta evidenza, per la loro alta caratura politica e militare.

Il capo riconosciuto del terzetto era Ottaviano Bon, eletto, supponiamo, per via della sua nota attività diplomatica nel Mediterraneo orientale. Egli era stato bailo a Costantino- poli tra 1604 e 1607, dove aveva gestito con cautela gli effetti potenzialmente dirompenti della difficile contesa sorta dall’Interdetto scagliato contro Venezia da papa Paolo V nel 1606; sul piano politico ma anche culturale era schierato col cosiddetto gruppo dei giovani, cioè di quei patrizi che miravano a rivitalizzare il protagonismo politico e militare di Ve- nezia in funzionale anti-spagnola e anti-pontificia; di essi però non appoggiò pienamente tutte le posizioni, finendo per assumere un profilo “moderato” che se da un lato gli assicurò una promettente carriera diplomatica, dall’altro gli costò, pochi anni dopo la sua missione sindacale, un clamoroso processo pubblico conseguente a un controverso trattato di pace che gli ottenne mentre era ambasciatore in Francia368.

Il secondo Inquisitore, Giovanni Pasqualigo, proveniva da una famiglia saldamente in- serita nelle carriere navali, essendo egli fratello di quel Filippo Pasqualigo che nel 1608, come Provveditore Generale da Mar, aveva contribuito a riformare le strutture militari e fiscali dei territori ionici369; è forse per questo che proprio Filippo, invece di Giovanni, era

stato proposto in un primo momento alla carica di Inquisitore in Levante, venendo poi so- stituito all’ultimo dal fratello370. Giovanni comunque vantava una carriera di tutto rispetto,

367 Dimitris D. Arvanitakis, «“Οι ποπολάροι απειλούν σικελικούς εσπερινούς”. Κέρκυρα 1633-1644», Εώα και

εσπέρια 4, n. 1999–2000 (s.d.): 94–132.

368 Assieme al patrizio Vincenzo Gussoni, da cui lo divideva una profonda contrapposizione ideologica, DBI 11

(1969), ad vocem; Cozzi, Il doge Nicolò Contarini, 1958, passim; De Vivo, «How to read Venetian relazioni».

369 Cfr. infra.

370 È possibile che la sostituzione si dovette alle incompatibilità funzionali sopra menzionate, essendo Filippo

tornato dalle Ionie da pochi anni; oppure, contestualmente, alla nomina di costui a provveditore generale in Istria, Dalmazia ed Albania, dove la sua grande perizia navale e militare e la sua autorità erano in quel tempo necessarie e fronteggiare i pirati Uscocchi, spalleggiati dagli Asburgo d’Austria. Cfr. ASV, Segretario alle Voci,

Elezioni in Senato, reg. 8 (1606-1613), c. 66r; Emmanuele Antonio Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, 6 vol. (Ve-

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essendo stato uno dei primi Commissari in Armata della Repubblica (nel 1605), cioè uno di quei magistrati che si occupavano dei rifornimenti e della contabilità delle squadre di ga- lere che pattugliavano le isole; in tale veste, egli aveva contribuito a nuove e fondamentali compilazioni legislative, come la Regolation dell’Armata (1602-‘03), e alla creazione di nuove istituzioni, come l’Ospedale di Zara371.

Questa stessa carica di Commissario era stata ricoperta, nel 1603, anche dal terzo In- quisitore eletto, Marco Loredan di Bernardo, il cui profilo prettamente militare era stato peraltro pure arricchito da delicate esperienze di governo, come quella che fece negli anni 1592-1594 in quanto bailo di Corfù372. Vedremo però che egli finì per lasciare poche tracce

del suo sindicato in Levante, per via del suo anticipato rientro a Venezia per malattia nell’estate 1613; venne nondimeno scelto poco tempo dopo per ricoprire una carica analoga (ma a scadenza semestrale) in territorio istriano373.

La scelta di magistrati già esperti era in netta controtendenza rispetto al passato cin- quecentesco, quando a fare i Sindici in Levante venivano mandati patrizi relativamente giovani; allo stesso modo, seguendo una tendenza già applicata per le visite in Terraferma, l’assegnazione del titolo maggiorato di «Provveditori e Inquisitori Generali» rifletteva un notevole aumento di poteri giurisdizionali rispetto alle precedenti missioni di Sindici In- quisitori, pur ponendosi idealmente e legalmente in continuità con esse374. L’autorità di

questi nuovi Inquisitori veniva inoltre esplicitamente giustapposta, dal Collegio e dal Se- nato, a quella del Provveditore Generale di Candia, con cui i Sindici Inquisitori dovevano avere un rapporto paritario, rapporto che faceva da contraltare a quello di superiorità ge- rarchica che opponeva tali magistrati ai rettori dei distretti visitati375.

371 Luca Lo Basso, Uomini da remo. Galee e galeotti del Mediterraneo in età moderna (Milano: Selene, 2003), 69-70. 372 Gerassimos Pagratis, a c. di, «Relazione del bailo Marco Loredan, 1592-1594», in Οι έκθεσεις των βενετών

βαΐλων και προνοητών Κέρκυρας (16ος αιώνας) (Athina: Ethnikò Idryma Erevnon, 2008), 375-378 (n. XXII); Lo

Basso, Uomini da remo; ASV, Genealogie Barbaro, IV.19, LOREDAN (I).

373 ASV, Senato Mar, reg. 72, 66r-67r (29 luglio 1614) e 71r-73r (8 agosto 1614).

374 Ottaviano Bon era stato Provveditore e Inquisitore Generale in Terraferma nel 1611, cfr. Melchiorre, Cono-

scere per governare. Quanto alla continuità di questa carica con le missioni di sindicato, la sopracitata pars eligendi del 1611, notando che erano «già passati 21 anno [sic] dopo l’ultima elettion de Sinici in Levante»,

alludeva chiaramente alla visita dei Sindici in Levante Alvise Grimani e Bernardo Marcello, e non invece ai provveditori e inquisitori generali eletti negli anni precedenti, come il summenzionato Filippo Pasqualigo.

375 «Siano tenuti visitar tutti tre uniti le città e terre principali, e delli altri luochi e castelli, e delli casali e

territori del Regno di Candia, quali debbano in ogni modo esser da essi visitati, possano far la visita separati, e mentre solamente che essi si ritroveranno nel detto Regno, debba esser suspesa e cessar l'auttorità de in- quisitione data da questo Conseglio a quel Proveditor nostro Generale. Siano da tutti obediti e essequiti li loro ordini nelle cose spettanti al carrico sudetto e debbano haver il luoco immediate doppo il Proveditor General nel Regno di Candia, e dove non sarà esso Proveditor Generale, e da per tutti habbiano il luoco solito di Pro- veditori Generali», cfr. ASV, Senato Mar, reg. 70, cc. 156v-158v.

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Quest’ultimo elemento non era trascurabile in quanto si legava probabilmente alla ne- cessità di incorporare nei poteri concessi ai neoeletti quello che era stato lo «spirito di ri- forma» che circa quarant’anni prima aveva ispirato l’azione del cavalier Giacomo Foscarini, inquisitore generale di Candia negli anni 1574-77376. I noti Ordini di questo prestigioso pro-

tagonista della scena veneziana tardo-cinquecentesca, investito di un’autorità straordina- ria proprio dopo il fallimento di un’elezione di Sindici Inquisitori in Levante377, costituirono

anche nel primo Seicento la base legislativa su cui sia i Sindici Inquisitori che gli altri prov- veditori veneziani a Creta fondarono le proprie attività di monitoraggio e inchiesta; in uno specifico emendamento alla commissione del giugno 1612, essi furono indicati esplicita- mente quale fonte del diritto che i Sindici avrebbero dovuto applicare e far rispettare nel Regno di Candia378. In quello stesso passaggio legislativo il secolare carattere di «provvedi-

tori» dei Sindici veniva definito, di fatto, come la capacità di riformare, ossia di «istituire» nuovi decreti e strumenti giuridici e di farli divenire legge senza che a tal fine, per la prima volta, fosse necessaria la loro ratifica in Senato379.

Gli Ordini Foscarini riguardavano però solo una parte della missione di Bon, Pasqualigo e Loredan: quella appunto su Creta, la cui difficile situazione sociale e finanziaria era stata alla base della ripresa seicentesca del sindicato in Levante, come si arguisce dalle prime delibere del 1611; tale situazione, che derivava in primo luogo dall’ambiguità delle relazioni tra il patriziato veneziano e la feudalità locale, rendeva le riforme foscariniane di difficile applicazione380. Le Isole Ionie d’altra parte erano state oggetto delle riforme proposte dal

376 Tsiknakis, «Οι Ordini του Giacomo Foscarini».

377 Per la precisione, egli era già stato eletto provveditore generale, carica a quell’epoca ordinaria, quando venne

nominato «Inquisitore Generale a Candia» al posto dei Sindici eletti Andrea Boldù e Agostino Trevisan, cfr. capitolo 2. Il Foscarini stesso, nella sua relazione finale, distingue i due incarichi, aggiungendone un terzo di «sindico», cfr. ASV, Collegio, Relazioni, b. 78, Relazione Foscarini 1579.

378 ASV, Senato Mar, reg. 70, cc. 160v-162v, 14 giugno 1612. La commissione ufficiale è dell’8 giugno e, riguardo

agli Ordini Foscarini, supera per chiarezza giuridica quella di Gritti e Garzoni, dove tale raccolta di leggi non era ancora esplicitamente richiamata.

379 Il quale, se aveva delle contrarietà, avrebbe dovuto revocare gli ordini e le istituzioni dei Sindici esplicita-

mente, in luogo di vincolarne la validità, come era consueto, alle tradizionali procedure di conferma, cfr. Ivi: «Habbiano insieme cura di regolar quelle cose che spettano all'amministratione del governo e della giustitia, e al maneggio delle camere e del denaro e robbe publiche, levando li abusi e disordini, facendo essequir le leggi, e in Candia gli ordini Foscarini, e formando quelle institutioni e decreti che stimeranno a proposito in par-

ticolare per indennità e sollevatione de sudditi, delli quali commetteranno l'essecutione e ne mandaranno copia

alla Signoria Nostra; perché quando non siano rivocati da questo Conseglio, s'intenderanno confirmati e ap- provati, e così fermi e validi come se fussero fatti da esso» (i corsivi da me applicati indicano le aggiunte fatte dai senatori al testo iniziale della commissione).

380 Come abbiamo già visto nel capitolo 2 (a proposito dei vigneti piantati a Candia) e come vedremo nell’ul-

timo paragrafo di questo capitolo. L’ambiguità di giudizio dei veneziani verso la feudalità cretese, sia di ori- gine veneta che di ascendenza locale, è testimoniata da alcuni clamorosi processi penali tenuti in quelle ul- time decadi, come quello aperto dal Foscarini stesso nei confronti del celebre matematico Francesco Barozzi (della cui collaborazione, però, l’inquisitore si avvalse qualche anno dopo) e quello quasi contemporaneo contro il nobile veneto Zuanne Calergi. Cfr. Dionysia G. Yialamà, «Νέες ειδήσεις για τον βενετοκρητικό λόγιο

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sopracitato Filippo Pasqualigo nel 1608; gli Ordini Pasqualigo381, in altre parole, svolsero nelle

Ionie la stessa funzione giuridica che ebbero gli Ordini Foscarini a Creta, anche se nella com- missione dei Sindici non vi si fece apertamente cenno: è chiaro però come i riferimenti ai disordini recati dalla flotta a Corfù ne richiedessero l’applicazione (con un paragrafo che verrà immesso anche nelle commissioni sindacali del 1635), così come le consistenti perdite finanziarie causati da casi dagli intacchi al patrimonio pubblico382.

È proprio intorno alla questione dell’applicazione della legge, ovvero della funzione che l’enforcement aveva nel plasmare le identità locali, che si svolse in effetti la visita in Levante di Ottaviano Bon, Giovanni Pasqualigo e Marco Loredan, i quali cominciarono e terminarono la propria attività nelle Isole Ionie, dovendo approdarvi, anche per necessità logistiche, sia durante il viaggio d’andata che nel corso di quello di ritorno383.