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Un intervento di comunità: l'apporto dei media Ada MANFREDA

1. I presupposti teorici e metodologic

1.1. Il 'Baratto culturale' e la pedagogia di comunità

Il baratto culturale è un dispositivo attraverso cui creare e realizzare relazione e può essere proficuamente declinato in chiave di pedagogia di comunità per essere utilmente impiegato nell'ambito di azioni di ricerca educativa.

Mutuiamo questo costrutto dall'ambito del teatro antropologico per come ce lo consegna il suo

originale ideatore e teorizzatore: Eugenio Barba.

Per Barba non è possibile che la cultura sia il luogo del gratuito, ossia il luogo in cui uno dà senza ricevere, atto quindi unidirezionale e per certi versi autoreferenziale. Concepire la relazione in termini di baratto culturale significa instaurare una interazione dare/avere in cui ognuno fruisce di qualcosa e nello stesso tempo fornisce qualcosa, in cui ognuno 'consuma' e contemporaneamente 'produce'.

Altro importante spunto che ci viene da Barba è che lo scambio, affinché autenticamente tale, deve avere un valore pieno e reale per entrambi i soggetti della 'transazione'. Il baratto cioè si realizza nella misura in cui non soltanto si è disposti a dare qualcosa per riceverne un'altra, ma anche a condizione che ciò che io voglio donare rappresenti effettivamente per l'altro un valore e viceversa ciò che l'altro vuole donarmi sia/abbia per me un valore. Occorre entrare profondamente in dialogo con l'altro e con sé per comprendere che cosa può avere 'valore' per ciascuno: questo instaura la relazione, la rende necessaria, la alimenta.

Volendo circoscrivere i significati che si addensano attorno a 'baratto' possiamo dire: è una relazione entro cui si 'consuma' e si 'produce'; poi c'è quell'aggettivo, 'culturale', che è importante. Allora possiamo dire: il baratto culturale è una relazione in cui contemporaneamente e inscindibilmente si consuma e si produce cultura, vale a dire simboli, significati, valori, immaginazione, creatività. Esso mobilita le identità e le differenze, le connette in un circuito relazionale, transattivo, dal quale scaturiscono nuovi artefatti culturali e nuova conoscenza. L’artefatto è uno strumento di azione e nello stesso tempo è un tramite che collega il soggetto con l'ambiente disegnandone le pratiche, ovvero le possibilità, di interazione con esso: da ciò consegue la grande rilevanza dell’artefatto, proprio per questa sua funzione di mediazione (parlando degli artefatti Vygotskij li definiva dei ‘mediatori semiotici’).

I processi transattivi posti in essere nel baratto culturale che portano agli artefatti sono riconducibili alle cosiddette arti performative.

Riflettendo ulteriormente il dispositivo 'baratto culturale' sotto il profilo metodologico, esso a mio avviso può essere considerato un particolare modello di ‘costruzione del valore’.

Secondo questa mia chiave interpretativa il “modello baratto culturale” è costituito dai due assi/ dimensioni fattoriali fondamentali, caratterizzati da due coppie di opposti:

− asse/dimensione “Comunità”, caratterizzata dai due poli identità/alterità da una parte; − asse/dimensione “Artefatto culturale”, caratterizzata dai due poli dono/accoglienza dall’altra.

L’interazione dei due fattori definisce delle aree semantiche entro cui possono prodursi dei significati da parte degli attori implicati.

Il fattore “Comunità” dunque è semanticamente connotato dalla dinamica che viene ad instaurarsi tra le polarità ‘identità’ e ‘alterità’, mentre il fattore “Artefatto culturale” risulta caratterizzarsi rispettivamente come ‘dono’, lato soggetto che lo propone, ovvero come ‘accoglienza’, lato soggetto che lo riceve. Nello spazio semiotico che il baratto culturale istituisce, che è un setting riflessivo e di azione, è richiesto di essere pronti a donare la propria identità per accogliere l'alterità, in una circolarità entro cui le due polarità di identità/alterità transitano l’una verso l’altra trasformandosi reciprocamente per mezzo dell’artefatto culturale scambiato.

Raccogliendo l'istanza pedagogico-comunitaria di quella stagione espressa dall'Odin Teatret a Carpignano Salentino, si è voluto dar vita ad un'articolata iniziativa di pedagogia di comunità rivolta ad operatori sociali, studenti del servizio sociale e della formazione, attori, registi, musicisti, filmaker, ma anche amministratori locali, affinché possa cogliersi la valenza sociale dell'arte, in virtù del suo potenziale di mobilizzazione delle concrezioni di significati depositati nel senso comune e nelle routine quotidiane.

Il modello del ‘baratto culturale’ ha rappresentato una griglia metodologica e interpretativa tanto per la ricerca, quanto per l’intervento, che abbiamo posto in essere dentro questo dispositivo di pedagogia di comunità che qui presento e che abbiamo denominato “Scuola di Arti Performative per la Community Care”.

1.2. Narrazione e arti performative

L’innesco di quella circolarità di cui si è detto al precedente paragrafo nel dispositivo “Scuola di Arti Performative per la Community care” avviene attraverso l’utilizzo della narrazione e delle arti performative.

La narrazione è quell’artefatto culturale, intersoggettivo e relazionale, attraverso cui gli attori di

un contesto sociale e comunitario co-costruiscono e negoziano il significato. Essa viene utilizzata in molti momenti del dispositivo, sia come metodologia di ricerca esplorativa e di mappatura dei significati comunitari, sia come setting laboratoriale di ri-narrazione e di rielaborazione dei materiali della ricerca per la costruzione di una drammaturgia di comunità, posta a fondamento di tutte le altre attività performative e mediali.

Le arti performative mettono in forma i significati e le differenze, seguendo i canali comunicativi del corpo e delle sue differenti sensorialità, utilizzando i codici artistici: esse perciò riescono più di altri approcci e metodi a creare opportunità di dialogo e confronto, nella com-presenza fisica e nell’azione, che dinamizzano l’esistente e lo rendono disponibile a nuove aperture di senso. “La performatività è apertura al pensiero trasformativo del come se; è gioco relazionale e comunicativo, che inaugura processi di significazione intersoggettiva, rendendo con ciò possibile l'evolversi della comunità” (Colazzo 2012, 47).

1.3. Transmedialità

La transmedialità è l’altro presupposto teorico e metodologico a fondamento della “Scuola di Arti Performative per la Community Care”.

Sia perché esso si avvale di tecnologie audiovisive e digitali online e offline, ma soprattutto perché il dispositivo, nelle sue finalità e nella sua architettura di funzionamento è fortemente transmediale.

Uso transmediale nel senso proposto da Henry Jenkins, ossia quale trama di relazioni tra molteplici elementi narrativi che si sviluppano, si costruiscono e si intrecciano attraverso diversi media, in un potenziamento reciproco del senso e con un significativo grado di coinvolgimento attivo e partecipativo degli utilizzatori dei media stessi.

Nel nostro dispositivo la transmedialità è realizzata dentro e fuori il digitale, ovverosia è transmediale l’intero processo che propone canali e codici espressivi e narrativi plurali, tanto elettronici e digitali quanto fisici e materiali (analogici), per tematizzare e significare gli oggetti di senso del lavoro performativo, che si rinviano rimandano dall’uno all’altro, offrendo ognuno punti di vista specifici.

2. Il dispositivo: "Scuola di Arti Performative per la Community care"

La Scuola è un'idea che scommette su narrazione, teatro, musica e altre arti per innescare processi trasformativi verso nuove forme di consapevolezza e progettualità sociale e di generatività di senso.

La scuola prevede un percorso di ricerca formazione e intervento performativo capace di offrire a quanti operano a vario titolo e livello nel sociale strumenti teorici, metodologici e pratici in ordine all'uso delle arti performative per promuovere partecipazione ed empowerment sociale nell'ottica della pedagogia di comunità. Lo fa ogni anno a partire da un tema/problema sociale su cui innescare processi di riflessione e di attivazione, tanto negli allievi che si iscrivono quanto nel pubblico partecipante alla pluralità delle iniziative di questo progetto, educativo e culturale, complesso.

Quest'anno si è tenuta la sua seconda edizione a Carpignano Salentino, luogo simbolicamente pregno di significati. Lì, infatti, nel 1974 fu inaugurato il costrutto (e la relativa pratica) di "baratto culturale", grazie ad Eugenio Barba e alla compagnia, da lui diretta, dell'Odin Teatret. È un dispositivo articolato e complesso quello della Scuola, che vuole essere momento formativo e di intervento di promozione sociale allo stesso tempo. È pertanto un progetto collettivo e aperto: è un evento che instaura un dialogo tra dentro e fuori, ossia tra il dentro delle attività formative proposte ai partecipanti, e il fuori della comunità che ospita la Summer e più ampiamente di tutti coloro che vogliono viverla e parteciparla. Il percorso prevede perciò continui momenti di incontro, di scambio e di reciproca fecondazione mediante eventi pubblici, aperti a chunque voglia parteciparvi, con proiezioni, conversazioni-performance, letture e discussioni, per far riecheggiare e proseguire i temi della Summer School tra i corsisti e la gente, fuori, nei luoghi e negli spazi del 'comune', del 'pubblico', della condivisione.

Nell'edizione 2013 ci siamo interessati delle narrazioni DALLA TERRA, per comprendere se da quelle narrazioni sia possibile immaginare nuove narrazioni PER LA TERRA.

Si è voluto perciò esplorare le forme della relazione che gli uomini stabiliscono con essa; connettendole con le pratiche della migrazione, per promuovere un "baratto culturale" che sappia percorrere la via della lotta alle discriminazioni, dell'accoglienza e dell'integrazione, infine.

Finalità dell'attività formativa è riuscire a dare gli strumenti ai partecipanti per risemantizzare la terra, a partire dai significati che le generazioni precedenti le hanno assegnato, per recuperare un rapporto terrà-comunità locali, sì che si possa promuovere il rispetto del territorio e praticare nuove sostenibili forme di economia e di lavoro.

Abbiamo catalizzato gli sguardi, le riflessioni e le azioni sui temi della terra, del suo sfruttamento improprio, delle migrazioni che attorno ad essa si sono disegnate, tanto nel passato quanto nel presente, cogliendone le moltissime analogie, di condizioni di lavoro, di sacrificio, di vissuti personali. Abbiamo così attraversato le storie dei contadini salentini che migravano stagionalmente fuori regione per lavorare il tabacco, quelle degli immigrati africani che oggi lavorano nelle nostre campagne salentine per pochi euro al giorno, i movimenti odierni di sfruttamento e stupro della terra in Africa da parte delle multinazionali occidentali. Da qui il titolo di questa edizione: "Narrazioni dalla terra per la terra. Piccole e grandi migrazioni di ieri e di oggi".

Per arrivare al percorso finale immersivo-residenziale svoltosi dal 20 al 29 agosto, che ha visto docenti, esperti, artisti, registi, musicisti, partecipanti, e persone della comunità carpignanese, vivere insieme, mangiare insieme e fare attività dalla nove di mattina fino a mezzanotte, c'è stata una fase preparatoria, "Verso la Summer…" l'abbiamo denominata.

È stata innanzitutto un viaggio, il "Viaggio alle Calabrie", uno degli approdi del migrare dei contadini leccesi verso le terre fertili per il tabacco, tra le masserie di Castellaneta, Ginosa, Metaponto, Pisticci, Bernalda, Marconia negli anni '50 e '60 del secolo scorso. Abbiamo ripercorso quelle rotte assieme ad alcuni di loro, a quel tempo poco più che bambini: hanno rivisto così quest'anno, dopo sessant'anni, quei luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza, pregni ancora, nelle pietre e nel ricordo, di lavoro, fatica, disagi e speranza. La visione ha riacceso il ricordo e noi abbiamo raccolto le narrazioni che sgorgavano dalla loro memoria irrefrenabili. Questa è stata la fase della ricerca narrativa: abbiamo videoregistrato tutte le narrazioni che i contadini ci hanno raccontato. Il materiale raccolto è stato anche interamente trascritto.

E poi "Verso la Summer…" è stata un laboratorio di scrittura in cui tessere un canovaccio di quelle storie di terra, insieme ad altre storie di terra, ad altre migrazioni, ad altre fatiche e sofferenze, quelle degli immigranti africani nella Masseria Boncuri di Nardò e della loro rivolta al caporalato nell’estate del 2011, e ad una lettera dal Congo che ci diceva di altre violenze, di altri sfruttamenti.

Tutto questo materiale narrativo è stato portato nei dieci giorni di Scuola per farne luogo di riflessione e di rielaborazione performativa, dentro un programma denso di stimoli e proposte formative che hanno cercato di sollecitare tutti i canali percettivi e produttivi dei partecipanti:

Workshop sul corpo, la musica, la lingua grika e la video-documentazione, con musicisti, registi, attori;

Seminari e le Conversazioni-performance di tipo teorico o di tipo performativo, tenuti da docenti universitari ed esperti, e da musicisti, attori e danzatori per approfondire problematiche d'ordine epistemologico, metodologico e operativo sui temi della scuola; − Laboratorio di Teatro di Comunità, durante il quale i partecipanti con l'ausilio di

un'équipe multidisciplinare, hanno lavorato sulla drammaturgia delle narrazioni "Verso la Summer…", elaborando delle azioni teatrali, intrecciate a musiche e videoproiezioni, per restituire e condividere performativamente con la comunità di Carpignano e tutto il pubblico accorso durante la serata di chiusura della Scuola, i temi di questa edizione; − Visioni, uno spazio aperto alla pubblica fruizione dedicato al documentario e alla

docufiction, attraverso cui ogni sera tutti 'quelli della Scuola' hanno visto e riflettuto insieme al pubblico presente;

Mostra fotografica, che ha proposto scatti sui temi della terra e un reportage del "Viaggio alle Calabrie", aperta al pubblico per tutta la durata della Scuola

Performance di restituzione finale, realizzata in piazza, momento performativo di teatro, musica e videoproiezioni, durante la quale si è realizzato ancora uno scambio con la comunità, in questo artefatto finale che costituisce il coaugulo di tutti i significati e i

vissuti elaborati lungo tutto il percorso della Scuola (per il dettaglio di tutte le attività e di tutti i professionisti ed esperti che hanno dato il loro contributo alla realizzazione della Scuola, visitate il seguente link: http://www.artiperformative.net/home/summer-school- edizione-2013).