2.3. Mercato del lavoro
2.3.1. La previsione per il 2009
Secondo lo scenario economico predisposto nello scorso novembre da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, le unità di lavoro, che in pratica ne misurano il volume svolto, dovrebbero diminuire nel 2009 in Emilia-Romagna del 2,1 per cento rispetto all’anno precedente, in contro tendenza rispetto alla moderata crescita dello 0,8 per cento registrata nel 2008. La crisi finanziaria innescata dall’insolvenza dei mutui ad alto rischio statunitensi si è fatta sentire pesantemente sull’intensità del lavoro. Ogni ramo di attività ha accusato cali, con una particolare accentuazione nelle attività industriali, soprattutto in senso stretto (estrattiva, manifatturiera ed energetica), le cui unità di lavoro sono previste in diminuzione del 6,1 per cento, in misura ancora più ampia rispetto al calo dell’1,9 per cento rilevato nel 2008. Il ramo di attività che meglio ha tenuto è stato quello dei servizi, che dovrebbe registrare una diminuzione dello 0,6 per cento, dopo l’aumento del 2,0 per cento rilevato nel 2008.
Occorre tuttavia sottolineare che la minore intensità del lavoro effettivamente prestato non corrisponde necessariamente a una diminuzione della consistenza dell’occupazione, come dimostrato, sia pure limitatamente alla prima metà del 2009, dal leggero aumento degli occupati, come vedremo diffusamente in seguito, riscontrato dalle indagini Istat sulle forze di lavoro.
Le unità di lavoro misurano il lavoro effettivamente svolto, indipendentemente dalla consistenza dei soggetti che lo prestano, mentre le forze di lavoro contano le “teste”, senza tenere conto del lavoro effettivamente svolto. Il massiccio utilizzo della Cassa integrazione guadagni, che nei primi dieci mesi del 2009 ha raggiunto nel complesso delle tre gestioni la cifra record di oltre 46 milioni e mezzo di ore autorizzate, se da un lato ha consentito di mantenere comunque l’occupazione almeno formalmente, dall’altro ha ridotto l’intensità del lavoro svolto. Inoltre un ulteriore contributo alla riduzione delle unità di lavoro può essere venuto dalla riduzione delle ore lavorate dagli occupati autonomi specie artigiani e commercianti, anch’essi vittime della grave crisi economica.
Secondo le rilevazioni della Banca d’Italia, circa il 40 per cento delle imprese intervistate tra fine settembre e inizio ottobre prevede di diminuire l’occupazione media nel 2009 rispetto all’anno precedente, percentuale che sale a oltre la metà se si restringe l’osservazione alla sola industria in senso stretto. Tra ottobre e dicembre dell’anno in corso, circa il 50 per cento delle aziende non effettuerà alcuna nuova assunzione, mentre il 37 per cento non rinnoverà i contratti a termine in scadenza. L’80 per cento degli intervistati ha manifestato l’intenzione di ricorrere alla Cig entro la fine del 2009 e tra questi circa il 35 per cento ha previsto un utilizzo per più del 30 per cento delle ore totali lavorate.
Sullo stesso piano si sono collocate le previsioni desunte dall’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali, che commentiamo diffusamente in seguito. Secondo il campione di imprese industriali e dei servizi intervistato nei primi mesi dell’anno, il 2009 dovrebbe chiudersi con una diminuzione dell’occupazione dipendente pari all’1,8 per cento.
2.3.2.
Secondo l’indagine sulle forze di lavoro Istat, il bilancio del mercato del lavoro dell’Emilia-Romagna dei primi sei mesi del 2009 si è chiuso tra luci e ombre. Alla sostanziale stabilità dell’occupazione rispetto a quanto registrato nella prima metà del 2008, si è contrapposta la ripresa della disoccupazione, con conseguente appesantimento del relativo tasso.
Il massiccio utilizzo degli ammortizzatori sociali è riuscito a limitare i danni arrecati dalla crisi, almeno temporaneamente. Oltre alla Cassa integrazione guadagni salita nel suo complesso, nei primi dieci mesi del 2009, a più di 46 milioni e mezzo di ore autorizzate rispetto ai circa 6 milioni e 300 mila dell’anno precedente, è da sottolineare il forte aumento delle iscrizioni alle liste di mobilità passate dalle 8.280 dei primi sei mesi del 2008 alle 14.184 dell’analogo periodo del 2009 (+71,3 per cento). Analoga situazione per le domande di disoccupazione presentate in prima istanza all’Inps, che nei primi sei mesi del 2009 sono ammontate a 108.149, superando del 46,2 per cento il quantitativo dell’analogo periodo del 2008.
L’indagine sulle forze di lavoro. L’occupazione.
Tab. 2.3.1. Forze di lavoro. Popolazione per condizione e occupati per settore di attività economica. Emilia-Romagna. Totale maschi e femmine. Periodo primo semestre 2008 – 2009 (a).
2008 2009
Var.%
I trimestre II trimestre Media I trimestre II trimestre Media 2008/2009
Occupati: 1.957 1.978 1.968 1.963 1.983 1.973 0,3
Dipendenti 1.416 1.439 1.428 1.442 1.427 1.435 0,5
Indipendenti 541 539 540 521 556 538 -0,3
- Agricoltura 86 73 80 90 84 87 9,3
Dipendenti 24 19 22 20 20 20 -6,5
Indipendenti 62 54 58 70 64 67 15,2
- Industria 667 667 667 666 672 669 0,3
Dipendenti 541 532 536 549 535 542 1,1
Indipendenti 127 135 131 117 136 127 -3,1
Industria in senso stretto (b) 533 526 529 536 540 538 1,7
Dipendenti 470 458 464 481 469 475 2,4
Indipendenti 63 68 65 55 72 63 -3,2
Costruzioni 135 141 138 131 131 131 -5,2
Dipendenti 71 74 73 68 67 67 -7,2
Indipendenti 64 67 65 63 65 64 -3,0
- Servizi 1.204 1.238 1.221 1.207 1.227 1.217 -0,3
Dipendenti 851 888 869 872 872 872 0,3
Indipendenti 353 350 351 334 356 345 -1,8
Di cui: Commercio (c) 304 325 314 290 313 302 -4,1
Dipendenti 175 192 183 178 188 183 0,0
Indipendenti 129 134 131 112 126 119 -9,7
Persone in cerca di occupazione: 70 66 68 84 91 88 29,0
- Con precedenti esperienze lavorative 56 52 54 75 78 76 40,7
- Senza precedenti esperienze lavorative 13 14 14 9 13 11 -17,8
Forze di lavoro 2.027 2.044 2.035 2.047 2.074 2.060 1,2
Non forze di lavoro: 2.205 2.205 2.205 2.250 2.238 2.244 1,8
Di cui: cercano lavoro non attivamente 18 20 19 21 32 26 36,1
Di cui: non cercano lavoro, ma disponibili a lavorare 37 46 42 35 39 37 -10,5
Popolazione 4.231 4.249 4.240 4.297 4.312 4.304 1,5
Tassi di attività (15-64 anni) 72,7 72,8 - 72,2 72,9 -
-Tassi di occupazione (15-64 anni) 70,1 70,4 - 69,2 69,7 -
-Tassi di disoccupazione 3,4 3,2 - 4,1 4,4 -
-Le medie e le variazioni percentuali sono calcolate su valori non arrotondati. La somma può non coincidere con il totale a causa degli arrotondamenti.
Dati ottenuti dalla differenza tra industria e costruzioni. Corrisponde ai settori estrattivo, manifatturiero ed energetico.
Fonte: Istat (rilevazione continua sulle forze di lavoro) ed elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna.
Il numero di occupati, secondo l’indagine Istat delle forze di lavoro, è mediamente ammontato in Emilia-Romagna a circa 1.973.000 unità, con un incremento dello 0,3 per cento rispetto al primo semestre del 2008, equivalente, in termini assoluti, a circa 5.000 persone. Nella prima metà del 2008 era stata rilevata una crescita più sostenuta, pari all’1,6 per cento, che era equivalsa a circa 32.000 persone in più. Se analizziamo l’andamento dei singoli trimestri possiamo evincere lo stesso tasso di crescita dello 0,3 per cento.
Per quanto modesto, l’incremento regionale dell’occupazione è tuttavia apparso in contro tendenza rispetto a quanto avvenuto in Italia (-1,2 per cento) e nella ripartizione nord-orientale (-0,5 per cento). In ambito regionale solo il Trentino-Alto Adige ha registrato una crescita dell’occupazione superiore a quella rilevata in Emilia-Romagna pari all’1,4 per cento, mentre quindici regioni hanno accusato cali in un arco compreso tra il -0,1 per cento della Sicilia e il -5,6 per cento dell’Abruzzo, ma in questo caso il terremoto può avere avuto la sua tragica parte.
Sotto l’aspetto del genere, le donne sono aumentate del 2,8 cento, a fronte della diminuzione dell’1,6 per cento accusata dagli uomini. Dal lato della posizione professionale sono stati gli occupati dipendenti a contribuire alla moderata crescita dell’occupazione (+0,5 per cento), compensando la diminuzione dello 0,3 per cento rilevata nell’occupazione indipendente. Nel loro insieme i contratti atipici, rappresentati da lavoratori dipendenti con contratti a tempo determinato, lavoratori occasionali e collaboratori a progetto – hanno costituito circa il 10 per cento del totale dell’occupazione – sono quelli che hanno maggiormente risentito della crisi economica, accusando una flessione del 7,7 per cento rispetto alla prima metà del 2008. Nei momenti di grave crisi è più facile “liberarsi” di personale precario rispetto a quello in pianta stabile, che spesso è costato importanti risorse in termini di formazione professionale.
In ambito settoriale è emerso un andamento disomogeneo. L’agricoltura è cresciuta notevolmente (+9,3 per cento), in contro tendenza rispetto a quanto avvenuto in Italia (-2,1 per cento) e nel Nord-est
(+15,2 per cento), che nel settore primario occupano un ruolo preponderante, avendo rappresentato, nella prima metà del 2009, circa il 77 per cento del totale degli occupati. Le informazioni disponibili non ci consentono di approfondire l’evoluzione dell’occupazione autonoma sotto l’aspetto qualitativo. Alla crescita del 15,1 per cento evidenziata dalle donne, che nel settore agricolo sono prevalentemente concentrate nella figura del coadiuvante, si è associato l’incremento del 15,2 per cento degli uomini, che invece predominano nella figura del lavoratore in proprio, in pratica del conduttore del fondo. Sembra pertanto che le indagini sulle forze di lavoro abbiano evidenziato un ampio recupero di imprenditorialità, che non può che essere giudicato positivamente. Per quanto concerne l’occupazione alle dipendenze è stata registrata una flessione del 6,5 per cento, determinata esclusivamente dalla componente maschile.
Sulle cause di questa diminuzione si possono avanzare alcune ipotesi. Quella più probabile, che si riallaccia a quanto descritto precedentemente, potrebbe essere rappresentata dalla sostituzione di occupazione alle dipendenze con coadiuvanti. Le cause possono essere ricercate nella difficoltà di reperimento del personale – talune colture, ad esempio quella della fragola, si effettuano solo se vi è personale straniero disponibile – oppure nella necessità, resa più impellente dalla grave crisi economica in atto, di risparmiare sul costo del lavoro, coinvolgendo pertanto i familiari, che potrebbero rendersi disponibili, avendo perduto il lavoro in altri rami di attività.
L’industria ha chiuso i primi sei mesi del 2009 all’insegna della sostanziale stabilità. Rispetto alla prima metà del 2008 l’occupazione è mediamente cresciuta di circa 2.000 addetti, per una variazione positiva dello 0,3 per cento, in contro tendenza rispetto a quanto avvenuto in Italia (-2,1 per cento) e nel Nord-est (-0,5 per cento). La natura campionaria della rilevazione ci induce a parlare più di sostanziale stabilità che di effettiva crescita dell’occupazione, ma al di là di questa doverosa considerazione, resta tuttavia un andamento comunque positivo, soprattutto se si considera che è maturato in uno dei periodi più bui dell’economia nazionale e mondiale. Dal lato del genere, alla crescita degli uomini, pari allo 0,9 per cento, si è contrapposta la diminuzione dell’1,4 per cento delle donne. Nel Nord-est è stato registrato un analogo andamento, mentre in Italia entrambi i generi sono apparsi in calo, con una intensità maggiore per la componente femminile, che è risultata quella più esposta alla crisi economica.
Per quanto concerne la posizione professionale, sono stati gli occupati alle dipendenze a determinare la tenuta del settore industriale, con una crescita dell’1,1 per cento, a fronte della diminuzione del 3,1 per cento accusata dagli occupati autonomi. Il mantenimento dell’occupazione dipendente ha tratto origine dal massiccio impiego degli ammortizzatori sociali, nella fattispecie la Cassa integrazione guadagni arrivata a livelli record, come descritto in apertura di capitolo. In Italia, nel secondo trimestre del 2009, è arrivata a coinvolgere circa 341.000 persone. Un ulteriore contributo alla stabilità del settore potrebbe essere inoltre venuto dall’impiego di manodopera straniera, che ha compensato i cali di quella italiana. Il fenomeno è stato evidenziato dall’Istat a livello nazionale e con tutta probabilità l’Emilia-Romagna non ne è stata esente. A tale proposito giova citare l’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali, che ha registrato tra le imprese industriali della regione l’intenzione di assumere un massimo di oltre 5.000 persone tra non stagionali e stagionali.
Il regresso dell’occupazione autonoma si può senz’altro collegare allo spessore della crisi in atto, che ha colpito soprattutto le piccolissime aziende artigiane. A tale proposito giova sottolineare che tra giugno 2008 e giugno 2009 le imprese artigiane impegnate nell’industria sono diminuite in Emilia-Romagna dell’1,9 per cento. Nelle sole imprese individuali il calo sale al 2,0 per cento.
Per quanto riguarda i principali comparti industriali, l’occupazione dell’industria in senso stretto (energia, estrattiva, manifatturiera) è aumentata dell’1,7 per cento per un totale di circa 9.000 addetti (-2,8 per cento in Italia e +0,8 per cento nel Nord-est), dopo che nella prima parte del 2008 era emerso un calo del 4,4 per cento. L’inversione di tendenza è stata determinata dalla componente alle dipendenze (+2,4 per cento), che ha coperto i vuoti lasciati da quella autonoma (-3,2 per cento).
L’industria delle costruzioni e installazioni impianti è invece apparsa in ridimensionamento. La consistenza degli occupati è calata del 5,2 per cento (-0,2 per cento in Italia; -5,2 per cento nel Nord-est), ma in questo caso si deve annotare il consolidamento del calo del 6,6 per cento rilevato nella prima metà del 2008. Contrariamente a quanto avvenuto nell’industria in senso stretto, entrambe le posizioni professionali dei dipendenti e occupati autonomi sono apparse in diminuzione, rispettivamente del 7,2 e 3,0 per cento. La crisi economica si è fatta piuttosto sentire e la flessione dell’occupazione indipendente ha trovato una conferma nel riflusso delle imprese artigiane, diminuite tra giugno 2008 e giugno 2009 dell’1,6 per cento e dell’1,7 per cento limitatamente alle imprese individuali.
I servizi hanno arrestato la tendenza espansiva che aveva caratterizzato gli anni precedenti. La consistenza degli occupati è scesa, sia pure moderatamente, (-0,3 per cento), allineandosi a quanto avvenuto sia in Italia (-0,8 per cento) che nel Nord-est (-0,4 per cento). Dal lato del genere, sono stati gli uomini a pagare il prezzo maggiore, con una diminuzione del 4,5 per cento, a fonte della crescita del 3,4 (-1,1 per cento). Gran parte di questo andamento è da attribuire all’impennata degli occupati autonomi
per cento evidenziata dalle donne. Il leggero calo dell’occupazione complessiva è da ascrivere alla posizione professionale autonoma, la cui consistenza è diminuita dell’1,8 per cento, a fronte della moderata crescita dello 0,3 per cento dei dipendenti. A deprimere il settore sono state soprattutto le attività commerciali, compresa la riparazione dei beni di consumo, che hanno accusato un decremento del 4,1 per cento, largamente imputabile alla flessione del 9,7 per cento manifestata dagli occupati indipendenti. A tale proposito è da sottolineare che le società di persone e le imprese individuali commerciali hanno evidenziato nel loro complesso, tra giugno 2008 e giugno 2009, una diminuzione dello 0,3 per cento. Nell’ambito delle attività del terziario diverse dal commercio c’è stato invece un leggero incremento (+1,0 per cento).
Fig. 2.3.1. Tassi di occupazione 15 – 64 anni. Secondo trimestre 2009.
40,5
Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat.