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Prima di Seveso: L’Agente Orange sul Vietnam.

L’Icmesa di Meda e il disastro del

2.5 Prima di Seveso: L’Agente Orange sul Vietnam.

Nel 1976, anno in cui accadde l’incidente nella fabbrica Icmesa, i dati disponibili sugli effetti che la Diossina poteva avere sull’ambiente e sugli esseri viventi erano veramente scarsi e si limitavano ai pochi esperimenti effettuati su cavie da laboratorio e su popolazioni batteriche 298. Nonostante questo e considerando gli effetti che tale sostanza aveva avuto sui pochi esperimenti effettuati sulle cavie da laboratorio, tali dati erano sufficienti per ipotizzare scenari “drammatici 299” per la salute delle persone, degli animali e sullo stato dell’ambiente.

I primi esseri viventi residenti nella zona coinvolta dal disastro a subire gli effetti della Diossina furono soprattutto gli animali da allevamento. Infatti, nel giro di pochi mesi la popolazione assistette a un’intensa moria di capi di bestiame300 a causa di malattie derivanti dal contatto con la Diossina che gli animali assimilavano, principalmente, dalle acque dei fiumi e nutrendosi dei vegetali presenti nel territorio circostante l’accaduto.

297

Di Fidio M., il Bosco delle querce di Seveso e Meda, Regione Lombardia, Milano, 2000, pag. 37.

298

Conti L., Visto da Seveso, Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 62.

299

Cementeri L., Ritorno a Seveso, Mondadori/Paravia, Milano, 2006, pag. 64.

Per quanto riguarda gli esseri umani, il primo effetto collaterale attribuito alla diossina fu la manifestazione di “cloracne301” in un centinaio di soggetti302. La maggior parte di coloro che furono colpiti da tale patologia, alla fine dei lavori di bonifica, furono dichiarati in via di guarigione mentre ad alcuni di essi furono diagnosticate delle lesioni cutanee permanenti303. Pertanto, in seguito all’incidente di Seveso, nel breve periodo fu scongiurata la catastrofe ma i dubbi sugli effetti della Diossina rimasero a lungo presenti e crearono dubbi e paure soprattutto sugli effetti che la stessa avrebbe potuto avere sulle donne in gravidanza soggette al rischio di partorire feti deformati o subire aborti spontanei304. A proposito di quest’ultimo aspetto, l’incidente di Seveso ebbe un forte impatto sull’opinione pubblica nazionale che all’epoca si trovava fortemente divisa a discutere e a decidere nel 1981, sul tema della legalizzazione dell’aborto tramite referendum. Lo stesso incidente è considerato, infatti come uno dei fattori che ha contribuito ad accelerare la legislazione in materia di aborto e a incidere fortemente sulla vittoria del sì al referendum, quando gli italiani confermarono la legge sull’aborto del 1978305. L’evento legato all’Icmesa segnò, di fatto, una spaccatura tra chi era favorevole all’aborto al fine di evitare la nascita di bambini malformati e chi continuava a sostenere l’inutilità di una tale pratica306, poiché gli effetti drammatici ipotizzati sulla Diossina non si erano concretamente verificati. Ricorda Laura Centemeri nel suo libro “Ritorno a Seveso” che: “il mancato

prodursi del danno nei modi catastrofici previsti si era accompagnato, nella popolazione colpita ma non solo, a un totale screditamento della posizione di quanti hanno sostenuto, e sostengono, la pericolosità della Diossina307”.

La scampata catastrofe, tuttavia, non interruppe le analisi che erano iniziate dopo l’incidente ma che purtroppo dovevano basarsi, esclusivamente,

301 “Descritta come un’acne refrattaria caratterizzata da cisti da inclusione, comedoni e pustule,

con eventuale cicatrizzazione della pelle, che ha inizio più frequentemente sul viso e si estende poi ad altre parti del corpo”. “Commissione parlamentare d’inchiesta”, p. 117.

302

Centemeri L., Ritorno a Seveso, Mondadori/Paravia, Milano, 2006, pag. 51.

303

Ibidem.

304

Conti L., Visto da Seveso, Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 79.

305

Referendum sull’abrogazione di parti delle legge 194, in materia di interruzione di gravidanza, riguardanti: “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.

306

Conti L., Visto da Seveso, Feltrinelli, Milano, 1997, pagg. 73-80.

sugli scarsi dati degli effetti della Diossina derivanti da studi in laboratorio sulla popolazione colpita che, involontariamente, a causa dell’eccezionalità dell’evento, divenne cavia da laboratorio a cielo aperto308. Seveso, quindi, rappresentò per la comunità scientifica internazionale, il primo caso di studi certi sulle conseguenze della Diossina per la salute umana. Tuttavia, su scala mondiale, un altro territorio e un’altra popolazione erano interessate nello stesso periodo dagli effetti di simili sostanze, il Vietnam309.

Nel 1954 l’esercito vietnamita sconfisse l’esercito francese che voleva ristabilire, dopo la fine della seconda guerra mondiale, il proprio dominio nell’area del sud-est orientale310. La sconfitta costrinse la Francia a firmare un trattato di pace alla Conferenza di Ginevra311 che prevedeva la suddivisione della penisola indocinese in tre Stati Indipendenti: Laos, Cambogia e Vietnam. Quest’ultimo, a sua volta, fu suddiviso in due territori lungo il 17° parallelo: il Vietnam del Nord rimase sotto la guida di Ho Chi Minh, colui che aveva guidato l’esercito vietnamita contro le forze francesi; il Vietnam del Sud fu affidato a Ngo Dinh Diem, uomo fortemente sostenuto dagli americani312. Ciò a dimostrazione del fatto che mentre i francesi avevano accettato gli accordi di Ginevra, gli americani, invece, fecero di tutto per contrastarli al fine di evitare che nell’area si estendesse il dominio comunista313. Fin dalla firma degli accordi, infatti, gli Stati Uniti fecero di tutto per impedire la riunificazione delle due aree sotto la guida di Ho Chi Minh, il favorito alle elezioni che si sarebbero dovute svolgere in base agli accordi della Conferenza di Ginevra firmati dalla Francia ma non dagli Stati Uniti314. Ne scaturì un contrasto che da una parte portò all’intensificazione della dittatura di Ngo Dihn Diem, dall’altro portò alla formazione, nel 1959, di un esercito popolare che cercò di contrastare i disegni americani: il Fronte di Liberazione del Sud Vietnam (FLN), composto dai cosiddetti “guerrieri Vietcong315”, che miravano, appunto, alla riunificazione delle due aree.

308

Conti L., Visto da Seveso, Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 51.

309

Scagliotti S., Mocci N., Oltre il silenzio delle armi, AIPSA, Cagliari, 2009

310 Ibidem, pag. 22. 311 Ibidem, pag. 23. 312 Ibidem, pag. 24. 313 Ibidem. 314 Ibidem, pag. 23. 315 Ibidem, pag. 24

Nel 1964, gli Stati Uniti affermarono che alcune delle loro navi erano state attaccate da vedette vietnamite316. Fu questa la causa scatenante che portò gli americani ad attuare l’intervento diretto dell’esercito da terra sul suolo vietnamita, preparato dapprima con l’aviazione per garantire un punto di approdo sicuro allo sbarco delle truppe317. Fu l’inizio di un conflitto che con sempre maggiore intensità si promulgò fino al 1975, quando gli americani si ritirarono ufficialmente dal territorio vietnamita.

In quest’arco di tempo, la guerra fu per la popolazione del Vietnam una vera e propria catastrofe di cui, ancora oggi, si possono vedere gli effetti.

Nonostante il numero considerevole di truppe da terra impiegate dagli americani, che nel 1967 erano mezzo milione318, e i continui bombardamenti aerei su tutto il territorio, gli Stati Uniti non riuscirono a piegare le resistenze dei Vietcong che mediante la tattica della guerriglia riuscirono a prolungare la guerra fino a ledere “moralmente319” le forze statunitensi, ormai screditate in patria e in tutto il mondo. Di fronte ai fallimenti delle forze americane, nel 1961, l’allora presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, autorizzò l’impiego di erbicidi e defolianti da utilizzare come armi da guerra 320 . Fu così che gli aerei dell’aeronautica militare americana incominciarono a sorvolare le foreste del Vietnam rilasciando sostanze liquide nocive per qualsiasi essere vivente, con lo scopo di stanare i Vietcong, distruggerne i raccolti e rendere sicuro il perimetro delle postazioni militari321. Gli spargimenti di sostanze chimiche iniziarono effettivamente nel 1962 e terminarono soltanto dieci anni dopo durante la presidenza di Richard Nixon322. Ciò fu dovuto dal fatto che Nixon si trovò di fronte alle forti pressioni dell’opinione pubblica scossa dai risultati degli studi medico – scientifici compiuti sui veterani americani che erano stati a contatto con tali sostanze, oltre al fatto che l’espediente chimico non aveva di fatto reso alcun

316

L’episodio in questione fu l’incidente nel golfo del Tonchino. Fu il casus belli che permise l’intervento americano in ViêT Nam. In Sabbatucci G., Vidotto V., Storia contemporanea: il Novecento, Laterza, Roma, 2009, pag. 303.

317

Ibidem, pag. 25.

318

Ibidem, pag. 26.

319

Breccia G., L’arte della Guerriglia, Il Mulino, Bologna, 2013, pag. 98.

320

Scagliotti S., Mocci N., Oltre il silenzio delle armi, AIPSA, Cagliari, 2009, pag. 31.

321

Ibidem, pag. 30.

vantaggio alla missione americana, costringendolo a ordinare l’interruzione di tali operazioni militari323.

Il programma militare americano, denominato “Ranch Hand324” (operaio agricolo), prevedeva lo spargimento di vari tipi di erbicidi e defolianti che erano già stati sperimentati durante la seconda guerra mondiale. La sostanza più utilizzata fu il cosiddetto “Agente Orange325”, un erbicida dal colore rosa scuro, il cui nome derivava dalla striscia di colore dipinta sui bidoni contenenti questo prodotto e che serviva a identificarlo e a distinguerlo dagli altri erbicidi quali i bianchi, i blu, i viola, i rosa e i verdi (i vari tipi di colore e il loro numero dimostrano che nell’area interessata furono usate molte sostanze; tuttavia, l’agente arancio fu quello che ebbe il maggior utilizzo326). Si trattava di un prodotto chimico composto da una miscela, in parti uguali, di 2, 4-D (acido diclorofenossiacetico) e 2, 4, 5-T (acido triclorofenossiacetico), con una presenza di diossina stimata, normalmente, fra i 3 e i 4 mg/litro327 ma superiore nei casi di produzione massiccia e/o di produzione non conforme alle norme328. È stato calcolato che in totale sul suolo vietnamita furono disseminati circa 77 milioni di litri329 di tali prodotti chimici e che il 60% era costituito dall’Agente Orange, per un totale di quasi 400 Kg di Diossina.

I principali produttori di questi prodotti chimici erano la Dow Chemical, storica multinazionale chimica statunitense fondata nel 1897 e la Monsanto, di cui abbiamo già trattato. Nella produzione erano coinvolte, altresì, decine di società minori, spinte dai forti guadagni che l’intensificarsi del conflitto garantiva in questo reparto330.

Nel 1970, il governo americano ordinò il blocco della produzione e dell’impiego nella guerra in Vietnam, del triclorofenolo331. L’utilizzo di tali sostanze a scopo militare nella zona vietnamita, tuttavia, fu portato avanti fino al

323 Ibidem. 324 Ibidem. 325 Ibidem, pagg. 31-32. 326 Ibidem, pagg. 74-75. 327 Ibidem, pag. 32. 328 Ibidem. 329 Ibidem, pag. 36. 330 Ibidem, pag. 37. 331

APAT, Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, Diossine, Furani e PCB, Olimpia Girolamo, Roma, 2006, pag. 35.

1975 dalle forze del regime di Saigon guidato da Ngo Dinh Diem, che continuò a impiegare le riserve lasciate dall’esercito americano332.

Il 1975 fu la fine di un incubo che coinvolse dai 2 ai 4 milioni di cittadini vietnamiti333 ma gli effetti dell’impiego di simili sostanze si ripercuotono su di essi ancora oggi. Grandi quantità di Diossina sono, infatti, ancora depositate sul suolo e sul fondo dei laghi e dei fiumi e arrivano negli organismi degli esseri viventi attraverso l’acqua, i vegetali e i pesci, attraversando tutta la catena alimentare.

Gli effetti nocivi della Diossina, oggi, sono ben rappresentati, purtroppo, dai corpi dei neonati che vengono al mondo nel Vietnam affetti da gravi patologie e/o malformazioni334. La comunità scientifica ha stabilito che gli effetti della Diossina possono essere arginati ed eliminati solo attraverso imponenti opere di bonifica delle aree interessate335, che, a quarant’anni dalla fine del conflitto, sono ancora molte. Naturalmente, questi composti chimici hanno avuto gravi effetti anche sull’ambiente, dove si riscontra un’ampia riduzione della biodiversità, l’impoverimento ed erosione dei terreni, l’inquinamento delle acque e la de- pauperizzazione della produzione agricola e della pesca336.

Alla Conferenza dell’Onu sull’Ambiente Umano tenutasi a Stoccolma nel 1972, il Primo Ministro svedese, Olof Palme, nel discorso di apertura tenuto in quanto leader del paese ospitante, definì quanto accaduto in Vietnam una vera e propria “Guerra Ecologica 337 ”, perpetrata attraverso l’uso ingente di bombardamenti aerei con erbicidi defolianti e utilizzo di apripista che ha comportato un “Ecocidio 338 ”, in altre parole la consapevole distruzione dell’ambiente umano. Parole che furono alla Conferenza completamente ignorate dal paese responsabile di tali attacchi. Gli Stati Uniti, infatti, tramite il Dipartimento di Stato di Washington, liquidarono le frasi del Primo Ministro

332

Scagliotti S., Mocci N., AIPSA, Cagliari, 2009, pagg. 38-39.

333

Ibidem, pag. 39.

334

Meucci G., “il mio Vietnam da chirurgo”: Daniele Gandini e l’ultima missione, In La Nazione, martedì 26 gennaio 2016.

335

Scagliotti S., Mocci N., Oltre il silenzio delle armi, AIPSA, Cagliari, 2009, pag. 58.

336

Ibidem, pag. 91.

337

AA. VV., La Civiltà Cattolica (volume terzo), So. Gra. Ro., Roma 1972, pag. 231.

svedese semplicemente definendola “fuori luogo” 339 (ricordiamo che la Conferenza di Stoccolma fu la prima nella storia dell’Onu che si pose come obiettivo la protezione dell’ambiente naturale).

In linea con il Primo Ministro svedese era anche Arthur Galston, botanico, colui che aveva inventato il triclorofenolo, la sostanza chimica principale impiegata per lo sviluppo dell’Agente Orange340. Egli, fu tra i primi a rendersi conto della pericolosità di simili sostanze chimiche rilasciate nell’ambiente con il rischio di provocare un “disastro ecologico341” che si sarebbe protratto per decenni e fu il primo a sostenere la necessità di interrompere l’utilizzo di simili sostanze. Posizione che fu accolta agli inizi degli anni ’70 dal presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, che ne vietò completamente l’utilizzo342.

Per il Vietnam l’interruzione dei bombardamenti con gli erbicidi defolianti, non sancì la fine di un incubo, poiché gli effetti si protraggono ancora oggi sulla popolazione delle aree coinvolte. Infatti, il Vietnam da anni chiede agli Stati Uniti di assumersi la piena responsabilità degli effetti collaterali di simili attacchi e maggiori risorse per ripristinare le aree distrutte dall’uso degli erbicidi ma soprattutto per aiutare tutti quei bambini affetti da quelle che sono state definite “aberrazioni genetiche343”, come rileva Daniele Gandini, specialista in chirurgia plastica nella clinica di San Rossore, che da quindi anni svolge attività di chirurgia in Vietnam per aiutare le famiglie con parenti affetti da queste patologie e impossibilitati a sostenere i costi sanitari d’intervento.

Con la guerra in Vietnam si chiude il lavoro di ricostruzione storica di questa tesi. Ora, ci occuperemo, innanzitutto, delle normative nazionali e internazionali relative alle sostanze chimiche inquinanti. Daremo spazio, inoltre, ad alcune personalità di rilievo che si sono espresse sui problemi determinati dai prodotti dell’industria chimica tra gli anni ’50 e gli anni ’70.

339

Ibidem.

340

Arthur Galston, botanist, died on June 15th, aged 88, In The Economist, 26 giugno 2008. In http://www.economist.com/ 341 Ibidem. 342 Ibidem. 343

Meucci G., “il mio Vietnam da chirurgo”: Daniele Gandini e l’ultima missione, In La nazione, martedì 26 gennaio 2016.