Un confronto possibile?
4.3 Un confronto dal punto di vista tossicologico
Nell’articolo di Repubblica “a Brescia c’è una Seveso Bis”, i giornalisti Giovanni Maria Bellu e Carlo Bonini definirono l’inquinamento scoperto a Brescia uguale, se non superiore, a quello che aveva interessato Seveso. Precisamente, i due giornalisti, volevo sottolineare che in entrambe le situazioni ci si trovava di fronte a forme d’inquinamento simili, provocate da composti chimici pericolosi e che proprio per questa somiglianza era possibile fare un paragone quantitativo. “Duemila volte più di Seveso” si affermava nell’articolo. Tale quantità si riferiva alla presenza di PCB nei terreni bresciani rispetto alla diossina
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Zunino C., “Verdi, dossier sull’Italia, dall’Ilva all’Eternit, chi inquina non paga”, In Repubblica, 7 gennaio 2015.
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In base a quanto disposto dall’ordinanza del Sindaco di Brescia del 23 febbraio 2002, protocollo n. 7374/02.
presente a Seveso. Di fatto, i due autori, partivano dal presupposto che i PCB presenti a Brescia fossero simili alla diossina di Seveso.
Questo elemento è stato all’origine del contrasto tra gli organi di stampa e le autorità locali di Brescia. L’Asl di Brescia, infatti, contestava questa equiparazione, in quanto le sostanze protagoniste nei due casi presentavano caratteristiche chimiche differenti; in questo senso i PCB prodotti all’interno della Caffaro sarebbero stati molto meno pericolosi della diossina di Seveso460. L’Asl sosteneva l’impossibilità di tale equiparazione anche perché nel caso di Seveso le autorità si trovarono di fronte ad una singola sostanza, mentre nel caso di Brescia, si sono trovati di fronte alla presenza di molteplici composti chimici e metalli, nello specifico: PCB, Mercurio, Arsenico, Piombo, Rame e Diossina. Senza entrare nel merito delle singole sostanze trovate, le analisi mostravano che nei terreni erano, in pratica, presenti tutte le principali materie impiegate o prodotte dalla Caffaro, con una maggiore presenza di quelle elencate.
Queste caratteristiche della situazione bresciana insieme con il fatto che i due incidenti mostravano una natura diversa, furono gli elementi che l’Asl utilizzò per definire l’impossibilità di un confronto tra i due casi. Riportiamo a questo proposito la posizione dell’Asl:
“Per le caratteristiche degli inquinanti e le modalità di contaminazione i due casi non sono paragonabili. L’inquinamento a Seveso è avvenuto a seguito di un incidente rilevante che ha provocato una nube tossica di diossina, con esposizione acuta a grandi quantità per un periodo di tempo molto breve. L’inquinamento della Caffaro è legato all’attività produttiva dei PCB e ha interessato i terreni e le acque di roggia. Le indagini condotte nel sito inquinato dalla Caffaro evidenziano che le diossine e i PCB con tossicità riconducibile a quella della “diossina di Seveso”, sono presenti in piccole quantità. Essendo maggiormente presenti i PCB non diossino-simili. Ad ogni modo i PCB diossino-simili rilevati a Brescia hanno una tossicità inferiore a quelli della diossina di Seveso. Per questi motivi a Brescia non si sono mai osservati alcuni fenomeni, come la moria di animali da cortile e la
cloracne nelle persone più esposte, che hanno invece caratterizzato l’episodio di Seveso461”.
Cerchiamo, adesso, alla luce degli elementi che abbiamo ricavato da questo lavoro, di valutare la posizione dell’Asl nel dettaglio.
Innanzitutto, esaminiamo le caratteristiche degli inquinanti. Da quanto abbiamo potuto rilevare fino ad ora, l’unica caratteristica che distingue i PCB dalla diossina è che i primi sono prodotti per un utilizzo pratico, la seconda, invece, è un sottoprodotto derivato da determinati processi chimici e dalla combustione di sostanze clorurate. Per il resto, i PCB e la diossina sono sostanze simili, come riconosciuto dalla Convenzione di Stoccolma che le ha inserite entrambe fra gli inquinanti organici persistenti462, proprio, perché possiedono le stesse proprietà tossicologiche: tossicità, persistenza, bioaccumulo e mobilità ambientale. Da questo punto di vista, non interessa quanto sostenuto dall’Asl, che ritenne la tossicità dei PCB inferiore rispetto a quella della diossina ma mostrare, come, in entrambi i casi, ci troviamo di fronte a due sostanze che collocano le popolazioni colpite nella medesima situazione e all’incirca con gli stessi fattori di rischio.
Ora, l’Asl sostiene che non solo le due sostanze non sono confrontabili ma, anche, che le modalità di contaminazione sono differenti. L’abbiamo visto ciò in precedenza. La popolazione di Seveso è stata esposta a grandi quantità di diossina per poco tempo, invece, la popolazione di Brescia non è stata esposta direttamente agli inquinanti che si sono invece concentrati principalmente nei terreni e nelle acque, contaminando, indirettamente, coltivazioni e allevamenti.. Se, consideriamo le due sostanze al pari di un veleno, sostanzialmente la differenza risiede nel fatto che nel primo caso il veleno è stato somministrato in dosi massicce e nel breve termine, nel secondo caso, invece, è stato somministrato in piccole dosi e nel lungo termine. Questa semplice constatazione serve a dimostrare che in entrambi i casi la popolazione si è trovata di fronte ad un
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Ibidem.
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La Convenzione di Stoccolma stabilisce l’eliminazione totale dei PCB e della Diossina. L’unica distinzione che applica alle due produzione è il fatto che, rispettivamente, la prima deriva da produzioni intenzionale mentre la seconda da produzioni non intenzionale.
pericolo per la salute causato da sostanze simili, che in base alle somministrazioni hanno avuto effetti più o meno immediati. È vero che a Brescia non vi sono stati casi di cloracne, ma ciò è dovuto al fatto che a Seveso l’inquinante è stato trasportato da una nube tossica che si è depositata sul terreno e sulla pelle delle persone che vi sono venute a contatto. Nel caso di Brescia, ciò non è accaduto. Tuttavia, da solo, questo elemento non basta per mostrare che l’esposizione ai PCB abbia meno ripercussioni rispetto all’esposizione alla diossina.
Una debolezza argomentativa che l’Asl ha cercato di rinforzare analizzando nel dettaglio i PCB presenti a Brescia. Ricordiamo che i PCB sono una famiglia di composti cloro derivati e che in base alla disposizione degli atomi di cloro hanno una maggiore o minore tossicità. Dalle analisi dell’Asl risulta che i PCB presenti nei terreni e nelle acque non corrispondono a quelli ritenuti più tossici che sono in totale dodici e che comportano un minor rischio per la salute rispetto all’esposizione alla diossina di Seveso o a PCB diossina simili463.
Il paradosso del caso Caffaro, tuttavia, è costituito dal fatto che l’inquinamento non è determinato solo dai PCB ma, appunto, anche dalla diossina. Questa sostanza non era stata rilevata al momento delle prime analisi effettuate negli anni ’90, ma attraverso una serie di analisi successive è stata rilevata una quantità significativa di diossina non solo proveniente come impurità dei PCB ma derivante da altri processi chimici.
Le indagini per rilevare la diossina furono condotte dall’Arpa Lombardia con l’accordo dell’Asl di Brescia e furono presentate al pubblico nel 2015 durante un seminario dal titolo “Caffaro e Brescia, i nuovi dati464”.
Il seminario fu caratterizzato da un numero impressionante d’iscrizioni, tale da costringere gli organizzatori a cambiarne la sede. Ciò a dimostrazione del forte interesse della comunità bresciana per i propri destini, legati indissolubilmente al caso Caffaro. In effetti, i dati pubblicati dall’Arpa furono l’occasione per fare il punto della situazione complessiva dello stato ambientale
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Asl di Brescia, Caso Caffaro: guida al cittadino, Studio Pi Tre, Cremona, 2015, pag. 13.
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Convegno: “Caffaro e Brescia, i nuovi dati”. Organizzato da Regione Lombardia e ARPA Lombardia il 20 ottobre 2015. Per la documentazione del Convegno vedi
bresciano e permettere alla popolazione di avere una chiara idea della loro condizione.
Le indagini esposte erano relative non solo allo stabilimento della Caffaro e dintorni ma, per la prima volta, erano state estese ai territori più a sud, comprendenti il quartiere Chiesanuova e i terreni agricoli in prossimità, perché il progredire delle conoscenze in merito al caso faceva ipotizzare che l’inquinamento si fosse spostato nel tempo fino a comprendere i quartieri a Sud della Caffaro e i comuni limitrofi. I dati certificarono la presenza degli inquinanti, anche, in queste zone. Tuttavia, si trattava di quantità più modeste rispetto alle aree maggiormente inquinate, e ciò faceva presupporre un minor rischio per la salute e le attività lavorative.
Durante il seminario, furono mostrati anche i dati relativi alle quantità d’inquinanti presenti nel territorio, al fine di dare una dimensione reale del disastro ambientale. In base a questi dati emergeva che sotto i terreni e le acque bresciane erano presenti 500 kg di diossina465, una quantità paragonabile soltanto con la situazione ambientale del Vietnam466.
Confrontiamo questo dato con la diossina che si è depositata a Seveso. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la nube ha rilasciato nei terreni colpiti dal disastro un valore oscillante tra i 15 e i 18 kg. Se pensiamo che le stime iniziali per la zona A erano comprese tra i 400 g e i 4 kg, possiamo notare quanto la quantità complessiva nel tempo sia risultata maggiore rispetto alle prime indagini. Da un confronto tra i dati di Seveso e quelli di Brescia possiamo notare che in quest’ultimo caso abbiamo un quantitativo di 20 volte superiore rispetto a Seveso. Un volume sconvolgente di per sé ma che se sommato alle 5 tonnellate stimate di PCB e alle 12 tonnellate di mercurio467 mostrano un disastro ecologico nemmeno lontanamente paragonabile all’incidente di Seveso, per la gravità della situazione. Con questi numeri, l’unico paragone possibile è quello, appunto, tra la situazione bresciana e quella del Vietnam. Infatti, nelle foreste vietnamite furono rilasciate
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ARPA Lombardia, Caffaro e Brescia – I nuovi dati: le nuove aree agricole indagate, 2015, pag. 33. In http://ita.arpalombardia.it/
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Scagliotti Sandra, Mocci Nicola, Oltre il silenzio delle armi, AIPSA, Cagliari, 2009, pag. 36.
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ARPA Lombardia, Caffaro e Brescia – I nuovi dati: le nuove aree agricole indagate, 2015, pag. 33. In http://ita.arpalombardia.it/
all’incirca 400 kg di Diossina468, quasi, la stessa quantità di quella presente a Brescia.
Alla luce di questi dati sembra assurda la posizione dell’Asl che, ancora nel 2015, sosteneva che “nelle diverse indagini ambientali e biologiche effettuate
per il caso Caffaro, la TCDD (Diossina) non è stata riscontrata in concentrazioni superiori a quelle che si ritrovano nelle aree a elevata industrializzazione469.
Quanto rilevato dall’Asl ci pone una serie d’interrogativi: o l’Asl non ha ancora compreso l’inquinamento, oppure la situazione delle altre aree a elevata industrializzazione è critica come quella di Brescia. O, nel peggiore dei casi, l’Asl sta semplicemente minimizzando la situazione per interessi difficili da definire.
Rimane, ora, un ultimo aspetto da analizzare, prima di arrivare alle conclusioni di questo lavoro e riguarda la bonifica dei terreni.