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3. TECNICHE DI ALLOCAZIONE DI COSTI E DI PRICING: LA

3.2. La contabilità regolatoria

3.2.1. Principi della Regolazione

Prima di descrivere nei dettagli i diversi meccanismi di regolazione che sono applicati in Italia per le attività di trasmissione e distribuzione, è utile riassumere brevemente l’ampia letteratura che ha permesso negli ultimi anni di meglio fondare alcune pratiche regolatorie oggi molto diffuse e di individuare alcuni principi guida nel loro disegno. Da questo punto di vista è utile distinguere una prima serie di contributi di regolazione ottimale, i quali hanno analizzato il problema del regolatore in base a una serie di elementi: gli obiettivi, solitamente associati ad una somma ponderata del benessere dei consumatori e dell’impresa regolata144; gli strumenti a disposizione, distinguendo in particolare il caso in cui il regolatore è in grado o meno di trasferire fondi all’impresa o esigere da essa il pagamento di somme; le informazioni disponibili al regolatore, sottolineando la situazione strutturale in cui il regolatore stesso opera con informazioni sulla domanda e sui costi dell’impresa regolata meno precisi di quelli a disposizione di quest’ultima145. I contributi sulla regolazione ottimale in contesti di informazione asimmetrica hanno ulteriormente messo in luce come esistano due elementi informativi cruciali:

144 Per valutare gli effetti complessivi dell’attività di regolamentazione sul benessere sociale, è necessario tenere conto anche della variazione che questa comporta sul profitto dell’impresa. Comunemente ciò viene fatto specificando il benessere sociale come somma algebrica tra surplus e profitto: S+π. Si potrebbe infatti affermare che i profitti devono entrare nella funzione di benessere sociale al pari di ogni altra componente di reddito percepita dagli individui che sono parte della collettività. Questa ipotesi non riflette in modo soddisfacente quello che è l’orientamento, (…), nella realtà si attribuisce un peso diverso al surplus dei consumatori e ai profitti. Nella letteratura sulla regolamentazione è diventato perciò frequente rappresentare la funzione obiettivo del regolamentatore come una somma ponderata di surplus dei consumatori e profitti, che assegna un peso inferiore ai secondi rispetto ai primi: S(p)+απ 0 ≤ 𝛼 ≤ 1. Monopolio Naturale, Concorrenza, Regolamentazione, Guido Cervigni Massimo D’Antoni, Carocci editore, Roma 2001, pp. 94- 95.

145 In presenza di asimmetria informativa, non possiamo più pensare al monopolista come soggetto passivo delle decisioni del regolamentatore; egli avrà invece la possibilità di sfruttare strategicamente il proprio vantaggio informativo per ottenere un profitto positivo, dipendente dal suddetto vantaggio e perciò denominato nella letteratura economica “rendita informativa”. Guido Cervigni Massimo D’Antoni, op. cit., p.147.

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quelli relativi alla produttività e ai costi intrinseci dell’impresa, che costituiscono una base per comprendere i ricavi minimi necessari per coprire i costi; e quelli connessi all’incentivazione degli sforzi dell’impresa a ulteriormente ridurre i propri costi e/o migliorare la qualità del proprio servizio146. In un contesto di informazione imperfetta, il regolatore si trova nella condizione di dover lasciare all’impresa delle rendite più elevate di quelle che altrimenti sarebbero necessarie, al fine di incentivare adeguatamente il comportamento dell’impresa stessa147. Elemento comune a questi schemi di regolazione ottimale è la estrema complessità della loro attuazione e l’ampiezza delle informazioni, pur imperfette, di cui il regolatore deve disporre. Da questa letteratura di regolamentazione ottimale, la pratica regolatoria ha individuato alcune famiglie di meccanismi che, pur non potendo essere giudicati ottimali, combinano in modo apprezzabile alcune proprietà positive con una sufficiente semplicità amministrativa e di gestione. Una prima famiglia di schemi regolatori è disegnata a partire dai costi effettivi dell’impresa, (cost based) e viene costruita in modo da garantire un tasso di remunerazione del capitale certo e predeterminato. In questo approccio, i costi dell’impresa vengono distinti in costi operativi e costi del capitale148; questi ultimi vengono determinati, anno per anno, a partire dallo stock di capitale netto, garantendo un tasso di rendimento predeterminato, giungendo in questo modo ad una misura virtuale dei costi dell’impresa compatibile con il rendimento prefissato sul capitale stesso. Questa misura dei costi virtuali corrisponde quindi al livello dei ricavi ammissibili per l’impresa stessa, tali da garantire il rendimento sul capitale

146 La regolamentazione assume quindi secondo Laffont (1994, p. 519) un doppio ruolo: con la tariffazione incide sull’allocazione efficiente di beni e servizi; con le regole di rimborso dei costi sostenuti dalle imprese si incide sull’altro aspetto dell’efficienza, quello rappresentato dall’incentivazione dello “sforzo produttivo” ottimo dei dirigenti che, per ciascuno livello di output, minimizza i costi. G. Cervigni M. D’Antoni, op. cit. p.25

147 Incentivo che viene espresso sotto forma di rendita attuata “applicando un opportuno markup del prezzo sul costo marginale. Le imprese più efficienti devono essere incentivate a selezionare livelli maggiori d’impegno (cioè livelli inferiori di costo) mediante l’applicazione di un markup più elevato che garantisca un livello adeguato della rendita informativa”. G. Cervigni M. D’Antoni, op. cit. pp. 174-175.

148 Nell’ambito della regolamentazione secondo il costo del servizio la contabilità regolatoria assolve a una funzione che è al tempo stesso essenziale ed esplicita: fornisce la base di costo ammissibile, cioè il costo totale (incluso il costo del capitale) che all’impresa regolamentata è permesso di recuperare con i ricavi delle vendite. Si ha dunque:

R=∑p*q=C= Opex + A + RABr dove A= ammortamenti; RAB= valore del capitale.

Tratto da: Valore del capitale e regolamentazione incentivante: una nota; Angela S. Bergantino e Diego Piacentino in Economia pubblica vol.XXXIV n. 2; p. 171.

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sopra indicato149. Infine, dividendo i ricavi ammissibili per una misura dell’output si ottiene il prezzo applicato dal regolatore. Questo schema, noto anche come rate of return regulation, si caratterizza per alcune proprietà positive ed alcuni elementi distorsivi. Tra le prime, la garanzia di un tasso di rendimento sul capitale certo, che riduce il rischio sopportato dall’impresa e il connesso costo del capitale, consentendo di pianificare gli investimenti in uno scenario prospettico sufficientemente ben definito150. In questo senso, quindi, questi schemi di regolamentazione appaiono particolarmente adatti quando applicati ad attività per le quali gli investimenti per lo sviluppo delle infrastrutture svolge un ruolo cruciale. Assieme a questi aspetti positivi, tuttavia, i meccanismi cost based, proprio perché consentono un recupero in tariffa dei costi effettivamente sopportati, generano deboli incentivi a migliorare l’efficienza dei processi produttivi riducendo i costi151. Inoltre, dal momento che i ritorni complessivi sul capitale, per dato tasso di remunerazione predeterminato, sono proporzionali allo stock di capitale installato, questi schemi di regolamentazione possono indurre ad un livello eccessivo di investimento152. Per far fronte a queste distorsioni nella

149 G. Cervigni M. D’Antoni, op. cit. pp.228-229.

150 L’accumulazione, cruciale nei settori di pubblica utilità dove gran parte dei costi è irreversibile, è indotta dalla garanzia di rendimento del capitale che il meccanismo fornisce: i rischi sugli investimenti cosiddetti prudenti sono infatti supportati dai consumatori. G. Cervigni M. D’Antoni, op. cit. p. 235.

151 Concedere un aggiustamento pieno dei prezzi (cost plus regulation), sulla base degli aumenti dimostrabili dei costi, può condurre a un eccessivo rigonfiamento degli stessi in quanto l’impresa regolata potrebbe sfruttare il proprio vantaggio informativo per mascherare, dietro a maggiori costi, un utilizzo di fatto non efficiente della propria tecnologia e dei fattori produttivi. Data l’asimmetria informativa del regolatore, questi risulterà incapace di accertare le motivazioni e le determinanti dell’incremento di costo, non riuscendo a stabilire se esso dipenda da incompetenza e inefficienza della gestione, da azzardo morale del produttore o da necessari incrementi del costo di produzione. Inoltre la consapevolezza, da parte dell’impresa, di veder rimborsati per intero i costi sostenuti non incentiva aumenti di efficienza e pratiche di risparmio nell’utilizzo dei fattori produttivi. Tale forma di regolazione costringe il committente e la collettività che esso rappresenta a sopportare il rischio di produzione, anche se consente loro di eliminare extraprofitti per il monopolista mantenendo sempre i prezzi i linea con i costi sostenuti dal produttore. Tratto da: Regolamentazione “Price Cap” e problemi di efficienza; Mattero Carassiti, Diego Lanzi in L’industria vol. 21; p.293.

152 Π≤(s-r) * K cioè il profitto che l’impresa può realizzare nel rispetto del vincolo è proporzionale alla quantità di capitale impiegata.

(…) Se al livello di produzione corrente dell’impresa corrisponde un ricavo marginale negativo l’impresa può aumentare il profitto riducendo L e Q, in quanto la riduzione di L comporta una riduzione dei costi e la riduzione di Q un aumento dei ricavi (in quanto inizialmente si hanno ricavi marginali negativi). (…), se il profitto risultante è superiore a quello consentito, l’impresa trova conveniente aumentare K, contestualmente alla riduzione di L e Q, per rilassare il vincolo, fino al raggiungimento di un punto di domanda in cui il ricavo marginale è positivo.

Se il tasso di rendimento del capitale ammesso è maggiore del costo del capitale (s>r), il rapporto capitale/lavoro selezionato dall’impresa è inefficientemente alto dato il livello di produzione, cioè l’impresa potrebbe produrre lo stesso livello ad un costo inferiore se riducesse l’impiego di capitale e aumentasse

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pratica regolatoria si sono diffusi meccanismi basati sulla predeterminazione dei prezzi o ricavi (price based), tra i quali il più noto è il price cap. In base a questo approccio, il regolatore definisce degli intervalli di tempo (periodi regolatori) durante i quali il meccanismo rimane invariato, delimitati da fasi di revisione del meccanismo stesso che preludono a un nuovo periodo regolatorio153. Il meccanismo, a sua volta, definisce un algoritmo che determina il massimo prezzo, o media dei prezzi, nel caso di un insieme di servizi offerti, ammesso per un dato anno. La formula parte dal prezzo dell’anno precedente e lo aggiusta verso l’alto in base al tasso di inflazione, utilizzando l’indice dei prezzi al consumo (RPI) come indicatore, e lo riduce di una percentuale X definita in base ai miglioramenti di produttività e associate riduzioni dei costi che ci si attende, in modo da trasferire agli utenti, nella forma di minori prezzi, una parte di questi miglioramenti154. All’inizio di ogni nuovo periodo regolatorio, durante il quale i parametri della formula rimangono fissi, il regolatore determina anche il livello del prezzo, riuscendo in questo modo a riassorbire ulteriormente le riduzioni di costo che si sono realizzate durante il periodo stesso155. I meccanismi price based, predeterminando il sentiero temporale dei prezzi indipendentemente dall’effettivo livello dei costi, consentono all’impresa, durante il periodo regolatorio, di trattenere nella forma di profitti le riduzioni di costo in eccesso al parametro X, e risultano per questa ragione estremamente efficaci nell’incentivare l’impresa a ridurre i propri costi, ovviando ad una distorsione che, invece, i meccanismi cost

quello dei fattori variabili. L’installazione di un’unità aggiuntiva di capitale ha infatti per l’impresa un valore superiore alla produttività marginale del capitale in quanto rilassa il vincolo regolatorio consentendo la realizzazione di una rendita proporzionale alla differenza tra il tasso di rendimento consentito e il costo del capitale.

Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, G. Cervigni M. D’Antoni, Carocci editore, Roma 2001, pp.236-237.

153 Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, G. Cervigni M. D’Antoni, Carocci editore, Roma 2001, p. 230; Regolamentazione “Price cap” e problemi di efficienza, Matteo Carassiti, Diego Lanzi in l’industria vol. 21; La remunerazione del capitale investito nelle imprese soggette a regolamentazione, Laura Cavallo e Giuseppe Coco,in Economia Pubblica vol. XXXII n. 4.

154 Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, G. Cervigni M. D’Antoni, Carocci editore, Roma 2001, p. 230. Regolamentazione “Price cap” e problemi di efficienza, Matteo Carassiti, Diego Lanzi in l’industria vol. 21; La remunerazione del capitale investito nelle imprese soggette a regolamentazione, Laura Cavallo e Giuseppe Coco,in Economia Pubblica vol. XXXII n. 4.

155155 Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, G. Cervigni M. D’Antoni, Carocci editore, Roma 2001, pp. 232-234.

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based presentano156. Assieme a questo aspetto desiderabile, tuttavia, i meccanismi di price cap generano deboli incentivi a miglioramenti di qualità, che richiedono costi e sforzi più elevati ma non vengono premiati in termini di ricavi ammessi. Inoltre, non garantendo un tasso di rendimento sul capitale predeterminato, lasciano un rischio maggiore in capo all’impresa, che si traduce in un costo del capitale più elevato. In conclusione, i meccanismi di price cap risultano efficaci per quelle attività nelle quali gli sforzi per il miglioramento dell’efficienza e la riduzione dei costi sono importanti, mentre appaiono meno efficaci per quanto riguarda il miglioramento della qualità del servizio e gli investimenti di nuove infrastrutture. E’ importante quindi notare come né i meccanismi cost based né quelli price based appaiono efficaci per indurre l’impresa a migliorare la qualità del servizio157.