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2. I principi ambientali sostanziali del diritto europeo e nazionale.

2.4 Il principio dell’azione preventiva 162

Il principio di prevenzione esprime in sé l’opportunità di evitare (prevenire) il verificarsi di pregiudizi per l’ambiente ritenuti irreversibili, nei confronti dei quali altri strumenti di politica pubblica, per esempio quelli di natura economica tesi alla ripartizione degli oneri di riparazione del danno, si dimostrerebbero inefficienti.

In altri termini, le politiche pubbliche che si basano sul criterio dell’azione preventiva consentono di agire prima del verificarsi del danno eliminando il rischio di ulteriori e future alterazioni ambientali ed evitando il costo economico connesso alla necessità di riparare un danno oramai intervenuto. Esso condivide con il principio precauzionale la natura anticipatoria rispetto al verificarsi del danno, ma se ne discosta per il fatto che, mentre il criterio dell’azione preventiva presuppone l’esistenza di rischi scientificamente certi, il criterio della precauzione richiede invece solo il rischio di un danno serio e irreversibile seppure privo di riscontri scientifici inequivocabili.

Il principio dell’azione preventiva, enunciato a livello europeo fin dal Primo programma di azione ambientale del 1973 ed ora espressamente richiamato nell’art. 191 TFUE, rappresenta una costante della politica

ambientale europea e nazionale297 e ad esso sono ispirate le principali discipline normative in tema di pianificazione ambientale, di autorizzazioni preventive alla realizzazione di opere o allo svolgimento di determinate attività potenzialmente in grado di rappresentare un pregiudizio per il sistema- ambiente.

Si tratta, in sostanza, di un criterio che orienta le principali politiche pubbliche impostate sul tradizionale schema command and control ove l’attività di valutazione e di regolazione del decisore pubblico (programmazione/pianificazione, fissazione di limiti e di standards, imposizione di fattispecie autorizzatorie preventive) tende a sopperire a quelli che sono i limiti delle politiche improntate ad un approccio di tipo market

297 Il richiamo al principio di prevenzione quale principio generale che informa di sé ogni azione in materia ambientale è contenuto nell’art. 3 ter del d.lgs. n. 152 del 2006. Esso rappresenta in ogni caso il criterio ispiratore dell’intero sistema delineato dal c.d. Codice

dell’ambiente. Basti pensare che il Titolo II della Parte VI, dedicata alla tutela risarcitoria

contro i danni ambientali, è rubricato Prevenzione e ripristino ambientale e che in particolare l’art. 304 (Azione di prevenzione) dispone quanto segue:

1. Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l'operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.

2. L'operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione, o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l'operatore alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1. Se l'operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l'autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio irroga una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo.

3. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in qualsiasi momento, ha facoltà di: a) chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente; b) ordinare all’operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire; c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie.

4. Se l'operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ha facoltà di adottare egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall'effettuato pagamento.

oriented nel momento in cui appare indispensabile evitare l’insorgere di un pregiudizio irreversibile piuttosto che contenerne gli effetti attribuendo un costo alla scelta di concorrere alla verificazione del danno. Come afferma autorevole dottrina, infatti, la leva economica deve certamente essere manovrata per influire sui comportamenti umani, ma una completa monetizzazione dell’inquinamento postulerebbe un principio di sostanziale indifferenza tra salvaguardia della risorsa o assunzione del costo della dissipazione298.

Come noto, il principio dell’azione preventiva si concretizza spesso attraverso la (pre)definizione, in sede di politica pubblica, di standards e limiti, nell’intento di contenere, entro certe soglie ritenute prudenziali, i processi di degrado del sistema ambientale. In particolare, si basano sul principio in argomento le principali procedure di autorizzazione attraverso le quali si subordina l’esercizio di una determinata attività (o la realizzazione di una determinata opera, o la predisposizione di un determinato programma o piano) all’ottenimento di un provvedimento autorizzatorio299. Nell’ambito di queste procedure il criterio preventivo si sostanzia principalmente nella sottoposizione dell’attività, per la quale si richiede il rilascio del provvedimento permissivo, a un controllo rigoroso per ciò che riguarda il rispetto degli standards prefissati e nella possibilità per le amministrazioni procedenti di dettare condizioni la cui conformazione, da parte dell’operatore, condiziona l’efficacia nel tempo del permesso.

Le modalità con le quali il principio si esterna in ambito procedimentale giustifica, in un certo senso, il generale scetticismo dell’ordinamento per quanto riguarda l’estensione ai procedimenti amministrativi ambientali dei c.d. meccanismi di semplificazione amministrativa300, generando non pochi

298 In questi termini CAFAGNO M., Principi e strumenti di tutela dell’ambiente come

sistema complesso, adattivo, comune, cit., 247.

299 Tali procedure sono innanzitutto quelle della valutazione integrata ambientale (VIA), della valutazione ambientale strategica (VAS) e della autorizzazione integrata ambientale (AIA) disciplinate in modo dettagliato all’interno del d.lgs. n. 152 del 2006.

300 Per esempio, l’applicabilità dello strumento di semplificazione della DIA era esclusa, secondo il previgente art. 19 della legge n. 241 del 1990, per i provvedimenti rilasciati dalle

problemi nel processo di razionalizzazione di procedure assai complesse e, per questo, fortemente disincentivanti per gli operatori economici che si vedono spesso costretti ad ottenere un numero sempre crescente di autorizzazioni ambientali di carattere settoriale, alle quali si aggiungono provvedimenti amministrativi richiesti da differenti discipline normative per esempio in materia di vincoli urbanistici e paesaggistici, edilizia, sanità pubblica301; scetticismo che peraltro trova oggi alcuni temperamenti laddove in determinati settori, in parte anche grazie alle linee di politica espresse dall’Unione Europea302, si assiste al tentativo di estendere l’applicazione degli strumenti della semplificazione e della razionalizzazione amministrative ad alcune procedure ambientali e ai relativi provvedimenti di autorizzazione.

Si considerino, tra le più recenti ipotesi di apertura alla semplificazione amministrativa, l’introduzione della procedura unica per il rilascio dell’autorizzazione (unica) regionale e della procedura amministrativa semplificata (PAS) in tema di autorizzazione alla realizzazione e alla gestione amministrazioni preposte alla tutela del patrimonio culturale, del paesaggio e dell’ambiente. Il nuovo art. 19 della legge n. 241 del 1990 che disciplina il nuovo strumento della SCIA prevede invece che essa non trovi applicazione nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali. Ai sensi dell’art. 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990 l’istituto del c.d. silenzio-assenso non si applica, tra gli altri, agli atti e ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l'ambiente.

301 Sulla difficile convivenza tra misure di protezione dell’ambiente e strumenti di semplificazione amministrativa si richiamano i contributi di RENNA M., Le semplificazioni

amministrative (nel decreto legislativo n. 152 del 2006), in Riv. giur. ambiente, 2009, 649

ss., il quale sottolinea la complessità della materia ambientale e analizza alcuni strumenti di semplificazione distinguendo tra semplificazioni funzionali, semplificazioni organizzative e semplificazioni procedimentali. Per quanto concerne le prime l’A. si sofferma, in particolare, sull’autorizzazione integrata ambientale (AIA) definita come il miglior esempio di

semplificazione funzionale sinora realizzato in materia ambientale, poiché in grado di

accorpare nell’ambito di un unico procedimento funzioni di tutela dell’ambiente tra loro sovrapposte o comunque intrecciate, al pari dell’autorizzazione unica disciplinata dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 per la realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER; D’ARIENZO M., Valutazione di incidenza ambientale e

semplificazione procedimentale, in www.giustamm.it, 11/2010; BASEGGIO C., Tutela

dell’ambiente e semplificazione amministrativa: un caso di difficile bilanciamento, in Riv. giur. edilizia, 1/2009, 253 ss. con particolare riferimento al problema della applicabilità

dell’istituto semplificatorio del silenzio-assenso alle procedure amministrative riguardanti la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente.

302 Si richiamano, a titolo esemplificativo, le direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, improntate ad un sistema di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti amministrativi volti al rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia rinnovabile.

degli impianti per la produzione di energia alimentati da fonti energetiche rinnovabili303, ovvero la possibilità di superamento del motivato dissenso espresso da una regione o da una provincia autonoma in sede di conferenza di servizi in una delle materie di loro competenza, in base alla nuova formulazione dell’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990 risultante dalla modifica operata dall’art. 33 octies del d.l. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, la quale sposta dal piano politico a quello amministrativo l’assunzione della decisione finale prevedendo l’indizione, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di una riunione nella quale i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate formulano specifiche indicazioni necessarie alla individuazione di una soluzione (amministrativa) condivisa, anche volta a modificare il progetto originario, mentre solo in caso di reiterata incapacità di raggiungere un’intesa la decisione può essere assunta, sul piano politico, con deliberazione del Consiglio dei Ministri. Una soluzione, quest’ultima, che trova pieno riconoscimento anche a seguito della pronuncia di incostituzionalità304 della previgente disposizione che limitava drasticamente la possibilità di raggiungere un’intesa con la regione interessata attribuendo al Governo il potere di deliberare unilateralmente senza che fossero previste le necessarie idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze. Va detto, in ogni caso, che l’effetto di quest’ultima forma di razionalizzazione procedimentale risulta alquanto temperato dalla persistente impossibilità di farvi ricorso ogni qual volta il motivato dissenso sia espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-

303 Il riferimento è ovviamente alle novità procedimentali introdotte nel nostro ordinamento dal d.lgs. n. 387 del 2003, di recepimento della direttiva 2001/77/CE, e dal d.lgs. n. 28 del 2011, di recepimento della direttiva 2009/28/CE.

304 Corte cost., 11 luglio 2012, n. 179, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 49, comma 3, lett. b), del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, nella parte in cui prevede che, in caso di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi da una Regione o da una Provincia autonoma, in una delle materie di propria competenza, ove non sia stata raggiunta, entro il breve termine di trenta giorni, l'intesa, «il Consiglio dei ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate».

territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, nel qual caso la questione relativa al superamento della divergenza è immediatamente rimessa al livello politico previa intesa con le amministrazioni pubbliche interessate.

2.5 Il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni