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Profili introduttivi e normativa di riferimento – Il credito fondiario gode

I CONTRATTI DI FINANZIAMENTO ALL’ACQUISTO IMMOBILIARE NEL DIRITTO INTERNO: IL CREDITO FONDIARIO

1. Profili introduttivi e normativa di riferimento – Il credito fondiario gode

storicamente di una peculiare disciplina per via della sua natura pubblicistica, concretantesi non solo nella funzione economica che le banche esplicano nella raccolta e nel reimpiego del risparmio, ma soprattutto nella funzione sociale che il sistema assolve, con un meccanismo che toglie al mutuante e al mutuatario ogni libertà di azione, imponendo ad essi la rigorosa osservanza delle specifiche norme in materia (129).

L’origine dell’istituto risale all’età moderna. L’archetipo dell’istituto lo si rinviene nel fenomeno di natura mutualistica e cooperativistica delle associazioni di proprietari, la prima delle quali fu costituita dal commerciante berlinese Wolfgang Büring il 12 giugno 1769, perseguendo l’intento di risollevare le sorti della proprietà terriera della Slesia a seguito della guerra dei sette anni. Il funzionamento venne disciplinato con regolamento emanato il 15 luglio 1770, che prevedeva l’emissione di obbligazioni al portatore, rimborsabili entro sei mesi a semplice richiesta del detentore per tutto l’importo del capitale ipotecario garantito sui beni dell’associazione (130).

Dopo un iniziale insuccesso, il credito fondiario si diffuse in larga parte d’Europa, in particolar modo con le banche fondiarie sorte in Scozia e in Francia nel XVIII secolo (131). Dopo travagliati tentativi di costituire istituti di credito fondiario nel Regno di Sardegna (132), nel nostro ordinamento

(129) Cfr. Cass., 1° settembre 1995, n. 9219, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, II, p. 243 ss., con nota di C.M. TARDIVO, Inderogabilità delle norme attinenti alla percentuale di concessione del

finanziamento fondiario.

(130) Cfr. V. FALASCHI, voce Credito fondiario, in Noviss. dig. it., IV, Torino, 1968, p. 1128. (131) F. SPINEDI, voce Credito fondiario, in Nuovo dig. it., IV, 1938, p. 423.

(132) Di cui dà conto, in una pregevole ricostruzione storica, F. SANNA, Credito fondiario e

credito mobiliare al tempo di Cavour, in Studi storici, 2015, p. 433 ss., il quale identifica le cause del

fallimento dei tentativi di introduzione del credito fondiario nelle troppo modeste risorse del Regno di Sardegna, che «impedirono il decollo di istituzioni creditizie che necessitavano per la loro

natura di un contesto più ampio e meglio disciplinato». M. DELLA SETA, Gli Istituti di Credito, Milano, 1925, p. 107, riteneva che in Italia il credito fondiario nasce colla costituzione del Monte dei Paschi di Siena, in quanto i beni presi in considerazione nell’attività svolta dall’istituto erano beni immobili e le somme mutuate venivano reperite mediante l’emissione di speciali obbligazioni denominate luoghi di monte. Smentiscono la teoria, provvedendo ad una precisa

giuridico l’origine della fattispecie deve rinvenirsi nella legge 24 giugno 1866, n. 2983 e nel relativo regolamento di attuazione adottato con r.d. 25 agosto 1866, n. 3177.

L’art. 2, comma 2°, n. 5°, c. comm. 1865 ricomprendeva le operazioni di banca tra gli atti del commercio. La l. 2983/1866 rappresentava il primo esempio di legislazione speciale in materia di intermediazione finanziaria e di credito speciale (133). L’emanazione della disciplina rispose alle esigenze di mobilizzare la proprietà immobiliare, allo scopo di far confluire nuovi capitali per i quali non erano sufficienti le norme di diritto comune e il credito ipotecario, nonché di un credito di lunga durata ad un prezzo compatibile con la rendita della proprietà immobiliare (134).

Rispetto al contratto di mutuo ipotecario ordinario si registravano alcune differenze sostanziali, innanzitutto nella struttura contrattuale. Difatti, il contratto di credito fondiario si articolava in due atti distinti, un contratto di mutuo condizionato ed un successivo contratto di mutuo definitivo (rectius atto di erogazione delle somme dopo l’avvenuta iscrizione dell’ipoteca).

Più specificamente, l’art. 16 prevedeva la stipula di un contratto condizionato, che avrebbe avuto effetto dopo che fosse risultata l'acquisizione di idonea garanzia ipotecaria di primo grado. A questo avrebbe fatto seguito la conclusione di un contratto definitivo, con contestuale consegna delle cartelle corrispondenti all'entità del prestito.

ricostruzione delle ragioni muovendo dalla struttura dell’operazione, G. DELL’AMORE, Il credito

fondiario in Italia, Milano, 1938, 53 s.; G. MOGLIE, Manuale del credito fondiario2, Milano, 1966, p.

7 s., nt. 5.; ID., Credito fondiario e edilizio2, Milano, 1989, p. 8, nt. 8, il quale riprende le

argomentazioni di V. FALASCHI, voce Credito fondiario, cit., p. 1127.

(133) Così S. BOATTO, Commento sub art. 38 t.u.b., in Commentario Costa, I, Torino, 2013, p. 343, nt. 2; R. COSTI, L’ordinamento bancario, cit., p. 456.

(134) Cfr. C.M. TARDIVO, Il credito fondiario nella nuova legge bancaria6, Milano, 2006, p. 14. V.

Era poi previsto un criterio di proporzione rispetto al valore dell’immobile su cui era iscritta l’ipoteca (il 50 per cento) e l’erogazione si riferiva a titoli, denominati cartelle fondiarie, che venivano riacquistati da istituti diversi da quello mutuatario, tenute ad acquistare le cartelle in virtù di accordi di reciprocità con gli altri istituti, essendo i titoli previsti nella riserva obbligatoria.

Il mutuante riceveva perciò non una somma di denaro, ma titoli (135). Inoltre, il quantum riscosso era inferiore rispetto al loro valore nominale dei titoli, per l’operatività del c.d. scarto cartelle ossia della differenza tra il valore nominale e il valore reale al momento della vendita (136). È stato specificato a tal proposito che l’operazione di mutuo fondiario si perfezionava e chiudeva al momento della firma del contratto definitivo, con la dazione delle cartelle rappresentanti la valuta del mutuo e accettate dal mutuatario come denaro contante (137).

La specialità della disciplina non era però limitata alla sola operazione contrattuale, bensì anche ai soggetti deputati a svolgere quell’attività e, più in generale, all’intera struttura del mercato.

La disciplina comune, infatti, non prevedeva alcunché in ordine alle imprese bancarie. Il codice del commercio del 1882, difatti, oltre a confermare quanto previsto nel codice del 1865 sulla qualificazione delle operazioni di banca quali atti di commercio (art. 3, n. 11°), statuiva unicamente che «Le società che hanno

per principale oggetto l’esercizio del credito devono depositare presso il tribunale di

(135) Le cartelle fondiarie erano dei titoli di credito che recavano la diretta obbligazione dell’istituto emittente di pagare alla scadenza la somma in essi indicata e, alle relative scadenze, gli interessi relativi. Erano titoli letterali ed autonomi, non ostando a ciò il fatto che fosse richiamato l’atto notarile di mutuo in virtù del quale la cartella veniva emessa. In materia cfr. C. MOGLIE, Manuale, cit., p. 89 ss.; ID., Credito fondiario, cit., p. 101 ss.; G. DELL’AMORE, Il

credito fondiario, cit., p. 150 ss.; M. TONDO, I crediti speciali, Roma, 1959, p. 49.

(136) V., ancora, C.M. TARDIVO, Il credito fondiario nella nuova legge bancaria, cit. p. 15. (137) C. MOGLIE, Manuale, cit., p. 51 s.

commercio, nei primi otto giorni d’ogni mese, la loro situazione riferibile al mese precedente, esposta secondo il modello stabilito con regio decreto e certificata conforme alla verità con dichiarazione sottoscritta almeno da un amministratore e da un sindaco»

(art. 177).

Così, venne stabilito che le operazioni di credito fondiario potevano essere compiute prevalentemente da enti pubblici non aventi scopo di lucro all’uopo autorizzati, con precisi limiti territoriali e gestionali alla loro operatività. Inoltre, al fine di garantire la solvibilità e la liquidità, la loro attività venne sottoposta a vigilanza governativa.

La ratio dell’intervento normativo doveva ravvisarsi perciò nell’esigenza di conciliare le esigenze del mercato, senza che lo Stato intervenisse in via diretta con una funzione intermediatrice o pagando parte degli interessi (138).

Il modello adottato era quello di ispirazione tedesca di enti a carattere regionale. Ben presto si tentò, però, di trasformare le basi istituzionali del credito fondiario mediante la costituzione, avvenuta in Roma il 7 febbraio 1891, dell’Istituto Italiano di Credito Fondiario, sulla scorta del modello francese del

crèdit foncier. In concreto, però, questo ente si affiancò agli istituti regionali

preesistenti e ad altri che successivamente vennero autorizzati, i quali mantennero la propria autonomia fermo il limite della competenza territoriale. Questo modello trovò una più compiuta disciplina con il r.d. 16 luglio 1905, n. 646 (c.d. testo unico sul credito fondiario) e col relativo regolamento di attuazione (r.d. 5 maggio 1910, n. 472), rimasti in vigore per oltre novant’anni, fino all’entrata in vigore del t.u.b.

Il credito fondiario assunse le vesti di «un istituto creditizio (…) che attinge al

risparmio capitale in denaro mercé l’emissione di titoli di credito obbligazionari (cartelle fondiarie) per corrisponderlo a mutuo su garanzia immobiliare. Funzione quindi di intermediazione intesa a facilitare mutui a lungo termine ammortizzabili con

il sistema delle annualità (art. 1883 c.c.)» (139). Le operazioni di credito fondiario

si concretavano in inscindibili operazioni attive e passive. Le operazioni attive (artt. 12 ss. t.u. 1905), accomunate dal fatto di essere prestiti di danaro a proprietari di fondi o beni immobili rustici o urbani, con restituzione graduale a mezzo di ammortizzazione e con garanzia ipotecaria di primo grado sopra immobili e fino a metà del valore di questi (140), senza che il mutuatario fosse vincolato al perseguimento di un determinato scopo nel reimpiego del denaro concesso (141), erano distinguibili in tre tipologie: prestiti per prima ipoteca sopra immobili, acquisto per via di cessione o di surrogazione di crediti ipotecari e privilegiati, apertura di credito in conto corrente (142).

Le operazioni attive, come anticipato, erano legate da un nesso di causalità economico-giuridica non facilmente scindibile con le operazioni passive (143), consistenti nell’emissione delle cartelle fondiarie o nell’accredito di denaro (art. 14, comma 2°, t.u. 1905: «I prestiti si fanno in cartelle fondiarie, le anticipazioni a

conto corrente si fanno in denaro»), che erano garantite dalle operazioni attive e

dalle garanzie a loro corredo. Nelle operazioni di mutuo il tasso di interesse doveva pertanto essere tassativamente ancorato a quello delle cartelle emesse per effettuarle. Coi mutui in valuta legale (144), invece, l’istituto corrispondeva al mutuatario l’intera somma mutuata in contanti, anticipando con i suoi fondi l’eventuale scarto cartelle. Tale somma sarebbe poi stata rimborsata dal

(139) Così C. MOGLIE, Manuale, cit., p. 3; ID., Credito fondiario, cit., p. 4. (140) Ancora C. MOGLIE, Manuale, cit., p. 15; ID., Credito fondiario, cit., p. 31.

(141) M. TONDO, I crediti speciali, cit., p. 31; P. GRECO, Le operazioni di banca, Padova, 1930, p. 401; A. GIANNINI, Credito fondiario, credito agrario e credito agrario di miglioramento, in Banca, borsa,

tit. cred., 1958, I, p. 503 ss.

(142) Cfr. M. TONDO, I crediti speciali, cit., p. 28 s.

(143) Cfr. C. MOGLIE, Manuale, cit., p. 22 ss.; ID., Credito fondiario, cit., p. 39 ss.; P. GRECO, Le

operazioni di banca, cit., p. 430 ss.; F. MESSINEO, Operazioni di borsa e di banca, Milano, 1954, p. 430 ss.; E. COLAGROSSO – G. MOLLE, Diritto bancario2, Roma, 1960, p. 545 ss.

(144) C. MOGLIE, Manuale, cit., p. 57 ss.; ID., Credito fondiario, cit., p. 123 ss. Il mutuo in valuta legale si distingueva dal mutuo tutto in contanti senza emissione alcuna di cartelle fondiarie.

mutuatario con gli interessi e gli accessori di legge, gradualmente al pari della stessa durata di ammortamento del mutuo. Tale anticipazione, essendo slegata all’emissione delle cartelle, non era pertanto ad essa collegata per la determinazione del tasso di interesse ed era oggetto di libera contrattazione tra le parti. La banca, così, si occupava del collocamento delle stesse cartelle, in cambio di una provvigione a carico del mutuatario. Costui, ricevendo denaro, ai sensi dell’art. 1813 c.c. non poteva che restituire la somma sotto la medesima specie, perdendo la facoltà della restituzione in cartelle.

Il regolamento di attuazione, all’art. 6, prevedeva che «gli Istituti e le Società

di credito fondiario non possono prestare che sopra immobili, i quali siano capaci di dare un reddito riconosciuto dall'Istituto o Società mutuante, certo o durevole per tutto il tempo del mutuo e superiore all'annualità dovuta dal mutuatario». Ciò escludeva

che il credito fondiario potesse essere utilizzato quale strumento di finanziamento per l’attività edilizia, in una fase storica nella quale gli agglomerati urbani iniziavano a svilupparsi. Come risposta a tale diversa domanda di finanziamento nacque il credito edilizio.

La nascita dell’istituto, almeno in una sua forma embrionale (145), viene ravvisata nella l. 31 maggio 1903, n. 254, la quale ampliava la capacità operativa di alcuni enti creditizi, assicurativi e di beneficienza, consentendo a questi di erogare prestiti a società cooperative.

Dopo l’altrettanto insufficiente r.d. 27 febbraio 1908, n. 89 (c.d. testo unico sulle case popolari ed economiche), l’autorizzazione alla creazione di una sezione autonoma per il credito edilizio presso l’Istituto nazionale di credito per la cooperazione (diventato poi Banca Nazionale del Lavoro) (146) anticipò

(145) Che non individuavano, però, un’autonoma organizzazione del credito edilizio e una disciplina generale per la sua erogazione: sul punto v. N. GARRONE, Istituti speciali di credito, Milano, 1942, p. 448 ss.

l’emanazione di una compiuta disciplina di tale tipologia di credito, adottata con il r.d.l. 2 maggio 1920, n. 628 (convertito in l. 17 aprile 1925, n. 473).

Prevedendo un sistema analogo a quello fondiario, il citato testo normativo prevedette la costituzione dell’Istituto Nazionale di Credito Edilizio (costituito il 9 gennaio 1925 e autorizzato all’esercizio del credito edilizio con il r.d. 23 ottobre 1925, n. 2063) e determinò le modalità delle operazioni di raccolta e di impiego.

Ispirato al credito fondiario, tanto da basare la raccolta della provvista attraverso l’emissione di cartelle edilizie, il credito edilizio può essere impiegato solo per la costruzione ovvero – in caso di immobili versanti in condizioni inadatte o antigeniche - la trasformazione o l’ampliamento di case di abitazione non di lusso, non richiedendo che l’immobile ipotecando abbia la capacità di garantire un reddito certo o durevole per la durata del mutuo.

Le diverse rationes alla base dell’istituto giustificano inoltre il divieto per gli enti autorizzati a erogare il credito edilizio di compiere operazioni di credito fondiario (cfr. art. 2 r.d.l. 628/1920).

La reciproca autonomia degli istituti si incrinò nel secondo dopoguerra, allorché le esigenze di ricostruzione post-bellica indusse il legislatore a stabilire, prima con gli artt. 25 e 26 d.l.c.p.s. 10 aprile 1947, n. 261 e con l’art. 3 l. 29 luglio 1949, n. 474, poi, che gli istituti di credito fondiario, in deroga ai loro statuti e alle disposizioni di legge, fossero autorizzati a concedere anche mutui destinati alla ricostruzione, trasformazione e sopraelevazione di edifici ad uso prevalente di abitazioni non di lusso.

La disciplina di ambedue le tipologie di crediti speciali venne fortemente incisa dalle riforme operate con l’art. 11 l. 16 ottobre 1975, n. 492 e, soprattutto, con il d.p.r. 21 gennaio 1976, n. 7.

Questa riforma ha modificato sensibilmente la rigida correlazione tra operazioni di provvista (concretantesi nell’emissione delle cartelle) e

operazioni di impiego (scilicet l’erogazione di finanziamenti fondiari e edilizi). Queste due operazioni venivano infatti separate, consentendo agli istituti mutuanti di raccogliere quando ritenevano più opportuno i mezzi necessari per l’esercizio della propria attività. Inoltre, venne eliminata la distinzione tra provvista destinata agli impieghi fondiari e quella destinata agli impieghi edilizi, con la consequenziale emissione delle cartelle al fine di alimentare indistintamente la provvista.

Infine, di grande rilevanza è anche l’espunzione del riferimento alla circostanza che l’immobile fosse in reddito.

In relazione alle due figure in dottrina si registrano differenti posizioni circa la loro autonomia. Una risalente corrente (147) aveva già individuato nel credito edilizio una branca e una sottospecie del credito fondiario (148). A tale orientamento si contrapponeva quello di chi poneva in risalto le differenze tra i due crediti speciali nel fatto che il credito edilizio fosse un mutuo di scopo (su cui amplius al § 3 del presente capitolo) in quanto destinato al reperimento dei

(147) G. FENOGLIO, voce Credito edilizio, in Nuovo dig. it., IV, 1938, p. 421.

(148) In tal senso v. anche E. COLAGROSSO – G. MOLLE, Diritto bancario, cit. p. 544; G. RUTA,

Lineamenti di legislazione bancaria, Roma, 1965, p. 201. Si veda anche l’utilizzo dell’espressione

«credito fondiario edilizio» di cui si è avvalso G. DI CARLO, Problemi di credito fondiario edilizio, in

Bancaria, 1970, p. 1034 ss. Si veda anche la peculiare e risalente distinzione operata da M. DELLA SETA, Gli istituti di credito, cit., p. 87, tra «credito fondiario edilizio» o «urbano», ossia la tipologia di credito fondiario «che si garantisce sulla proprietà edilizia costituita cioè da case o da fabbricati

destinati all’industria e situati in città. Questa forma di credito suole giovare a coloro che vogliono costruire e riattare degli edifici, che vogliono liberare gli immobili dai pesi gravanti su di essi, che vogliono acquistarne a credito» e «credito fondiario rurale», garantito invece dalla proprietà rustica

«e cioè tanto sui fondi rustici quanto sui fabbricati destinati ad abitazione dei coltivatori dei fondi e al

deposito delle derrate. Esso rende possibile al proprietario di finir di pagare il prezzo di un fondo acquistato in parte a credito, gli permette di liberarlo da oneri eventualmente gravanti su di esso, gli fornisce in tempo di crisi il denaro necessario per la coltivazione, lo mette in grado di migliorare le culture». Nonostante tale distinguo, le due specie di credito fondiario non trovano alcuna

capitali necessari alla costruzione o alla compravendita di immobili, a differenza del credito fondiario (149).

La riforma del 1976 ha posto solide basi per l’unificazione delle due categorie. L’art. 23 d.p.r. 7/1976, nel prevedere che i mutui e le anticipazioni destinati alla costruzione, ricostruzione, riparazione, trasformazione e sopraelevazione di edifici ad uso prevalente di abitazione non di lusso fossero concessi alle stesse modalità e condizioni del credito fondiario, fatte salve alcune specificità, è stato ritenuto la base normativa dell’unificazione dell’istituto.

Tale ricostruzione non appare però condivisibile. È indubbio che, come venne posto in risalto da un’attenta dottrina (150), le uniche differenze sul piano tecnico si rinvenivano nella fase dell’erogazione, in quanto variava il limite di finanziabilità (75 per cento del costo della costruzione nel credito edilizio, 50 per cento del valore dell’immobile nel credito fondiario) (151), mentre restavano identiche le norme sulla vigilanza, sulle procedure concorsuali e sulle provviste. Non può però trascurarsi il fatto che mentre il credito fondiario finanziava una persona fisica o giuridica e assumeva garanzia su un immobile, il credito edilizio finanziava l’immobile stesso, non potendosi tacciare di mero «distinguo accademico» (152) la qualificazione di quest’ultimo quale credito di destinazione.

La l. 6 giugno 1991, n. 175, nell’intento di revisionare la normativa in materia di credito fondiario, edilizio e alle opere pubbliche non cancellò ancora la

(149) Così L. FIORE, Il credito edilizio, Napoli, 1968, p. 73. Da ultimo, cfr. R. COSTI,

L’ordinamento bancario, cit., p. 461.

(150) C. MOGLIE, Manuale, cit., p. 124; ID., Credito fondiario, cit., 192 ss., spec. 198 ss.

(151) R. COSTI, L’ordinamento bancario, cit., p. 461, pone invece l’accento della distinzione tra le due figure sulla differenza del rapporto tra somma mutuabile e entità della garanzia, unitamente alla diversa tecnica di erogazione (essendo prevista la possibilità di erogare le somme concesse attraverso un’anticipazione in conto corrente).

distinzione tra credito fondiario e credito edilizio, nonostante alcuni interessanti tentativi di reductio ad unum della fattispecie operati in ambito comunitario (153). Certo è che la specificità del credito edilizio iniziava ad essere meno marcata, essendo esso destinato a opere su immobili e non più su edifici ad uso prevalente di abitazione non di lusso, mentre venne estesa al credito fondiario l’anticipazione di credito quale modalità operativa di erogazione.

Con l’emanazione del t.u.b. la questione deve dirsi definitivamente risolta, attraverso l’eliminazione del credito edilizio tra le fattispecie legal-tipiche di crediti speciali e la pacifica inclusione di questo nel credito fondiario disciplinato agli artt. 38 ss. (154).

Oggi debbono ricondursi nell’ambito del credito immobiliare e del credito fondiario una molteplicità di forme speciali di credito affini alla figura negoziale in analisi, allorché attengano a opere edilizie (155).

Tra queste figure, possono innanzitutto segnalarsi il credito edilizio teatrale e il credito alberghiero e turistico, la cui specialità è venuta meno con l’emanazione del t.u.b. (cfr. art. 161 t.u.b.).

(153) Si veda la Proposta di Direttiva del Consiglio sulla libertà di stabilimento e sulla libera

prestazione di servizi nel campo del credito fondiario, presentata al Consiglio il 4 febbraio 1985,

modificata e ripresentata al Consiglio il 27 maggio 1987 e successivamente definitivamente abbandonata, il cui art. 1 definiva il credito fondiario come il credito consistente «nel concedere

mutui garantiti da ipoteca su proprietà immobiliari destinati all’acquisto e alla conversione della proprietà di terreni edificabili o di immobili esistenti o in progetto ovvero destinati al rinnovo o al miglioramento di immobili». In argomento cfr. S. BONFATTI, La proposta di direttiva CEE sul credito

fondiario nel quadro della integrazione in campo finanziario, in Dir. banca merc. fin., 1987, p. 475 ss.

(154) Sull’unificazione delle nozioni di credito fondiario e di credito edilizio sotto la definizione di credito fondiario v. C.M. TARDIVO, Il credito fondiario, cit., p. 27; M. SEPE,

Commento sub art. 38 t.u.b., in Commentario Capriglione3, I, Padova, 2012, p. 429 ss.; A.A.

DOLMETTA, Identità del credito fondiario e «premio dell’irragionevolezza», in Banca, borsa, tit. cred., 2014, II, p. 128.

(155) Diversamente, i finanziamenti non riguardanti opere edilizie devono essere ricondotti nell’ambito dei finanziamenti alle imprese ex art. 46 t.u.b.: così Così anche F. GIORGIANNI –C.M. TARDIVO, Manuale, cit., p. 610.

La loro specialità è quella propria dei mutui immobiliari di scopo e, caduta la specialità dell’ente erogante con l’affermazione della banca universale, agevolati.

Il credito alberghiero e turistico, introdotto dal r.d.l. 12 agosto 1937, n. 1561, convertito dalla l. 20 dicembre 1937, n. 2352, era destinato a favore di chi «intende costruire, costruire ed arredare, ampliare o migliorare alberghi, stabilimenti

idrotermali e balneari, locali e impianti in genere che costituiscono coefficienti per