La mappa coglie il fenomeno della dispersione scolastica attraverso l’indicatore ‘indiretto’ degli Early School Leavers, che stima quanti giovani 18-24enni con bassi titoli di studio siano fuori dalla scuola e dai percorsi di formazione. Come sempre la media del 14,5% (in leggero aumento dal 2017, dopo un lungo trend positivo) nasconde forti disuguaglianze territoriali, con regioni che hanno già centrato l’obiettivo europeo
del 10% (Trento, umbria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia) e regioni dove il tasso supera il tetto del 20% (Calabria, Sicilia e Sardegna). Nel confronto con il 2008 (grafico a fianco) si osservano miglioramenti più o meno ampi ovunque, tranne in Calabria e Sardegna dove il tasso è addirittura aumentato.
anni l’investimento dello Stato per l’istruzione scenderà al di sotto della spesa per il servizio del debito, ovvero costerà meno degli interessi pagati dall’Italia sui titoli di Stato, che a sua volta dipendono dall’andamento dello spread e dal rischio default percepito dai mercati. un circolo vizioso: lo Stato continua a disinvestire sui minori e sul futuro, le prospettive di sviluppo si assottigliano, i mercati percepiscono in aumento il rischio Paese.
Nel complesso, con molti chiaroscuri, il settore maggiormente penalizzato è quello
dell’istruzione terziaria, come d’altro canto dimostra il basso numero di laureati, la continua fuga di cervelli, e l’indebitamento delle famiglie per consentire ai propri figli di frequentare l’università. Secondo Federconsumatori, nel 2018 889.000 famiglie italiane hanno chiesto un prestito per consentire ai figli di frequentare l’università o una scuola di alta specializzazione, per un importo medio di 7.970 euro. In totale fanno quasi 7,1 miliardi di euro di debiti contratti allo scopo di raggiungere una laurea. (N. Borzi, 2019). Proprio a causa del gap nell’educazione terziaria - con il 27,8% di laureati nella fascia 30-34 anni, l’Italia ha
accumulato un ritardo di oltre 10 punti percentuali sull’obiettivo 2030 del 40%, già raggiunto dalla maggior parte dei paesi europei - l’Italia risulta in netto svantaggio nel percorso per il raggiungimento dell’obiettivo 4 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili, quello dedicato all’educazione di qualità.
Il tempo perso sul fronte delle politiche scolastiche e educative si traduce specularmente ogni anno in centinaia di migliaia di bambini persi alla scuola, anni di studio buttati, ritardi
scolastici e formativi, sentieri interrotti, capitale umano gettato alle ortiche.
In termini di dispersione scolastica - misurata qui con l’indicatore europeo indiretto degli
Early School Leavers (ESL) che stima quanti giovani tra i 18 e i 24 anni non sono inseriti in un
percorso scolastico o di formazione professionale - l’Italia ha recuperato qualcosa nel decennio: nel 2008 1 giovane su 5 era uscito dal sistema formativo (il 19,6%), nel 2018 la dispersione minaccia il futuro di 1 giovane su 7. E tuttavia, malgrado gli sforzi compiuti, negli ultimi 2 anni il trend positivo di riduzione del fenomeno pare aver subito una battuta di arresto, regredendo dal 13,8% del 2016 al 14,5% di ESL del 2018. un dato preoccupante che ci allontana ulteriormente dall’obiettivo europeo del 10%, che l’Italia a questo punto
difficilmente riuscirà a raggiungere entro il 2020.
In parte l’inversione di tendenza può essere attribuita agli assai scarsi investimenti sul fronte dell’integrazione degli alunni di origine straniera e dell’intercultura, visto che in questo caso la quota di ESL raggiunge ben il 37,6%, rispetto al 12,3% dei nativi. In parte, come sempre, a pesare sono i baratri territoriali, in questo caso i divari macroscopici nell’efficacia del sistema di istruzione. Tra le regioni, la Provincia Autonoma di Trento, l’umbria, l’Abruzzo e il Friuli-Venezia Giulia presentano valori al di sotto della soglia del 10%, Marche, Toscana, Veneto, Emilia Romagna, Molise valori compresi tra il 10 e l’11%, mentre in Calabria, Sicilia e Sardegna i giovani Early School Leavers superano il tetto del 20% (rispettivamente 20,3%, 22,1% e 23%). Le differenze regionali si sono addirittura andate ampliando nel tempo. Molte regioni hanno notevolmente ridotto l’incidenza dei dispersi, ad es. la Lombardia, Trento, il
Napoli, Sanità: mini campo di calcio ricavato sul terrazzo della Casa dei Cristallini, storico spazio dedicato ai bambini e alle mamme, gestito dall’Associazione dei Cristallini, ristrutturato da L’Altra Napoli Onlus.
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Friuli Venezia Giulia, la Toscana, l’umbria, ma anche al Sud, Campania e Puglia hanno compiuto progressi. Altre regioni, invece, sono rimaste nella stessa drammatica situazione di un decennio fa, in particolare la Sardegna e la Calabria, dove il tasso di ESL è addirittura leggermente
aumentato. Liguria e Lazio, infine, che partivano da valori già bassi (12,5 e 12,8%) sono rimaste al palo. Infine, se scendiamo ancora di scala e analizziamo gli indicatori della qualità del sistema educativo e del diritto allo studio, osserviamo come il fenomeno della dispersione sia
strettamente correlato anche alle oggettive difficoltà che la scuola incontra nei contesti per aprirsi, farsi comunità educante e mettersi in rete con gli enti e le realtà presenti nei territori appartenenza. Nell’ultimo decennio, inerzia e tagli ‘lineari’ hanno bloccato l’affermazione di un sistema scolastico a tempo pieno e portato al disinvestimento statale nei servizi (incluse le mense), rendendo sempre più arduo lo sforzo delle istituzioni scolastiche di interagire nel
territorio di riferimento soprattutto nelle aree a rischio, contribuendo purtroppo a perpetuare i divari e a proiettare le diseguaglianze sul futuro. E così l’ultima Comunicazione della
Commissione europea all’Italia in tema di programmazione dei fondi strutturali europei 2021-27, mette ancora una volta al primo posto dell’area istruzione l’obiettivo di «contrastare
l’abbandono scolastico e migliorare le competenze di base, con particolare attenzione alle zone con i tassi di abbandono più elevati». Per affrontare le evidenti disparità territoriali, da anni Save the Children e altri autorevoli esperti chiedono al Governo l’istituzione di aree ad alta priorità educativa su cui intervenire, per promuovere interventi mirati e superare il meccanismo dei bandi che spesso finisce per escludere dai finanziamenti proprio le scuole più deprivate e con maggiori bisogni. Ma salvo qualche sporadica sperimentazione volta ad individuare criteri e indicatori per perimetrare i territori più a rischio, anche su questo fronte tutto tace.
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Roma, Tor Vergata.
Tipico affaccio in un quartiere cresciuto ‘spontaneamente’ sul lato sud della via Casilina, subito fuori dal raccordo anulare, con gravi carenze nel campo delle infrastrutture primarie e secondarie.