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VErSO il SiSTEMa inTEgraTO

Nel documento il TEMPO dEi baMbini (pagine 170-173)

Sono innumerevoli le ricerche, di cui abbiamo dato conto nelle precedenti edizioni

dell’Atlante, che mostrano la centralità dell’intervento nei primi anni di vita per garantire il diritto di tutti i bambini ad un pieno sviluppo del proprio potenziale, sociale, emotivo e cognitivo. «Assicurare ad ogni bambino il miglior inizio possibile - raccomandava la

Commissione europea nel 2011 - rappresenta una delle più lungimiranti ed efficaci politiche che un governo possa adottare». Particolarmente ampia è la letteratura che evidenzia l’importanza strategica dell’intervento educativo precoce per l’accrescimento delle cosiddette Soft Skills, un ventaglio di competenze che le ricerche mostrano essere

particolarmente utili per i bambini che nascono nei contesti svantaggiati. Numerosi sono i focus statistici che negli anni hanno fatto luce sul deficit strutturale di servizi per la prima infanzia che caratterizza il nostro paese (illustrati nella seconda parte): i primi dati regionali elaborati dall’Istat sui servizi offerti dai comuni risalgono al 2003/2004 (ma solo dal 2012 integrano l’offerta privata in linea con quanto previsto dal target europeo), mentre il Rapporto di Monitoraggio realizzato dal Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza (CNDAIA) e Istituto degli Innocenti di Firenze fornisce dati e informazioni puntuali sul sistema dei servizi a partire dal 2008. Innumerevoli infine sono i documenti prodotti in questi anni che invitano le istituzioni a garantire l’accesso universale a questi servizi, rimuovendo le barriere all’accesso connesse a situazioni di fragilità economica, e che per raggiungere questo obiettivo invocano riforme di sistema. E davvero numerosi sono i passi compiuti in questa direzione negli ultimissimi anni: come fanno sperare anche le recenti dichiarazioni programmatiche del secondo governo Conte, forse su questo fronte il sistema dei servizi per la prima infanzia potrebbe finalmente fare quel salto di qualità atteso da anni. La necessità di garantire a tutti il diritto all’educazione fin dai primissimi anni di vita ha trovato per la prima volta espressione in un disegno di legge presentato nel 2014, e poi inserito nella legge 107/2015 (La Buona Scuola) che intendeva superare il limite connaturato a un «servizio a domanda individuale» (destinato cioè soltanto a chi ne fa richiesta) e affermava «l’esigibilità del diritto di andare al nido». La proposta si basa sul riconoscimento dell’unitarietà del percorso educativo da 0 a 6 anni «all’interno di una visione organica del sistema di istruzione e formazione». un sistema capace di garantire ovunque standard qualitativi attraverso l’introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni, la determinazione di precisi standard organizzativi, strutturali e qualitativi per tutti i diversi luoghi educativi, e la necessità di coordinamenti pedagogici (art. 1, comma 181, lettera e, della legge 107/2015). Il successivo Decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017 di attuazione ha previsto poi

la proposta si basa sul riconoscimento dell’unitarietà del percorso educativo da 0 a 6 anni «all’interno di una visione organica del sistema di istruzione e formazione». Un sistema capace di garantire ovunque standard qualitativi attraverso l’introduzione dei livelli essenziali delle

prestazioni, la determinazione di precisi standard

organizzativi, strutturali e qualitativi per tutti i diversi luoghi educativi, e la necessità di coordinamenti pedagogici (art. 1, comma 181, lettera e, della legge 107/2015).

l’istituzione del Fondo destinato a finanziare i servizi 0-3 anni e la diffusione di Poli 0-6 anni su tutto il territorio. un ulteriore passo avanti che mira ad armonizzare la regolamentazione dei servizi (rapporto educatori/bambini, caratteristiche degli ambienti educativi), e a

promuovere la qualità dell’offerta educativa attraverso la selezione di personale educativo e docente con qualificazione universitaria, la formazione continua in servizio, la dimensione collegiale del lavoro e il coordinamento pedagogico territoriale. Nella stesura finale del decreto, però, il riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni lascia il posto all’indicazione di ‘obiettivi strategici’ (a partire dall’obiettivo europeo del 33%, per avviare un processo di riequilibrio dell’offerta sui territori), a causa dell’impossibilità di garantire l’universalità del servizio fin da subito con le risorse disponibili (209 milioni per l’annualità 2017, 224 milioni per il 2018 e altri 249 milioni per il 2019). Ma anche lo sforzo di perequazione delle risorse tra le regioni appare insufficiente: ad una regione popolosa e deprivata come la Campania sono stati infatti attribuiti ‘appena’ 13,74 milioni per il 2017 e 20,4 milioni con il riparto 2018, a cui la regione deve aggiungere un cofinanziamento di altri 4 milioni. Rispetto alle risorse complessivamente spese dai comuni campani per i servizi alla prima infanzia nel 2016, 33,7 milioni, il sostegno aggiuntivo risulta importante. Ma se pensiamo che regioni altrettanto grandi spendono 5 volte tanto (l’Emilia Romagna 174 milioni) o 7 volte tanto (Lombardia e Lazio 230 milioni), è evidente che per la Campania e per le altre regioni del Mezzogiorno l’obiettivo del 33% di copertura del servizio rischia di restare una chimera in assenza di importanti incrementi del fondo.

Ma intanto la strada è stata aperta e la coscienza dell’importanza di sviluppare la rete di servizi alla prima infanzia e il sistema integrato 0-6 anni è sempre più condivisa. Come scrivevamo nell’Atlante 2016, «la creazione di asili nido e interventi per la prima infanzia in aree deprivate, caratterizzate da penuria di servizi e alti tassi di povertà minorile, può

costituire una grande occasione per restituire opportunità ai bambini, alle famiglie e all’intera comunità. In tali contesti l’asilo deve diventare il fulcro di un intervento polifunzionale capace di assicurare lo sviluppo cognitivo e sociale dei bambini nei primi anni di vita e insieme di fornire un punto di riferimento alle famiglie: un centro di educazione alla genitorialità, per l’apprendimento, la socializzazione, il counseling esperto e il sostegno educativo e sociale».

la coscienza dell’importanza di sviluppare la rete di servizi alla prima infanzia e il sistema integrato 0-6 anni è sempre più condivisa. come scrivevamo nell’atlante 2016, la creazione di asili nido e interventi per la prima infanzia in aree deprivate, caratterizzate da penuria di servizi e alti tassi di povertà minorile, può costituire una grande occasione per restituire opportunità ai bambini, alle famiglie e all’intera comunità.

L o re n zo P a lli n i p er S a ve t h e C h ild re n

Non lettori 30,9 - 32,2% 37,4 - 42,6% 46,2 - 49,7% 54,3 - 55,6% 64,1 - 68,7% (Dis)abituati al libro

6-17enni che, nel tempo libero, hanno abitudine alla lettura di libri (%). Anno: media 2017-2018 - Fonte: Istat

Non lettori Differenza % 2008-2018 38 39,3 40,6 38,3 68,7 37,4 42,6 55,6 46,5 38,1 65,9 64,1 46,2 39,3 54,3 32,2 40,8 30,9 49,7 39,3

Lettori medi o forti

11,1 - 15,4% 18,9 - 23,3% 24,7 - 27,5% 30,3 - 34,7% 36,7 - 40,6% 33,3 33,4 34,7 31,9 11,1 33,1 31,5 18,9 26,3 36,7 15,4 11,9 22,9 30,3 23,3 40,6 27,5 38,5 24,7 33,3 -2,9 Sardegna-2,4 Liguria -1,1 Marche -1,1 Campania -0,3 Friuli-Venezia Giulia0,3 Abruzzo

0,8 Puglia 1,8 Molise1,9 Lazio 2,3 Basilicata 3 Umbria 3,8 Toscana 4,3 Piemonte 4,3 Valle d'Aosta 4,5 Emilia-Romagna5,1 Veneto 5,6 Sicilia 8,8 Lombardia9,1 Calabria 13,6 Trentino-Alto Adige MEDIA 2008 44,7% 2018 47,3% DIFFERENZA 2018-2008 2,6% MEDIA 2008 26,6% 2018 26,6% DIFFERENZA 2018-2008 0%

Note: Piemonte e Valle d'Aosta vengono considerate insieme per il calcolo delle percentuali. I dati relativi a regioni piccole come Molise, Umbria, Marche, Liguria, Basilicata hanno minore attendibilità.

Nel documento il TEMPO dEi baMbini (pagine 170-173)