IL RUOLO DELLA PUBBLICITÀ NEI GIORNALI GRATUITI: IL CASO DEL “新民地铁” (XINMIN DITIE)
4.1 La pubblicità nei giornali: dagli anni ’60 del Novecento alla “Free Press”
La nascita della pubblicità in senso moderno è legata indissolubilmente alla nascita dei giornali americani ed europei. I primi esempi risalgono già al Settecento, anche se, per tutto l’Ottocento, la pubblicità resterà indirizzata soltanto alla ristretta cerchia dei lettori di giornale, la classe borghese, unico gruppo sociale con potere d’acquisto, e bisognerà aspettare la seconda metà del Novecento perché le inserzioni pubblicitarie diventino un vero e proprio mezzo di comunicazione di massa.
“[…] Dopo la metà del 1800, in concomitanza con l’espansione dell’economia determinata dalla rivoluzione industriale, si ebbe un notevole sviluppo della pubblicità. In Francia in quel periodo nacquero le prime concessionarie specializzate nella vendita degli spazi pubblicitari dei giornali, agli utenti. Nella necessità di consentire agli inserzionisti di qualificare la propria presenza, pur mantenendo un unico interlocutore, alcune di queste società cominciarono ad offrire anche servizi legati alla produzione pubblicitaria, creando una struttura ibrida tra concessionario ed agenzia pubblicitaria.”86
La fine degli anni degli anni Sessanta rappresentò l’inizio di quel periodo durante il quale la stampa ha regnato incontrastata come mezzo di comunicazione di massa nelle grandi città europee, centri di progresso e di consumo. Questi anni furono teatro di un boom economico
incredibile, che portò le società europee a quello che può essere definito come il primo vero fenomeno di “consumismo” della storia. Le aziende dovevano necessariamente sostenere e incoraggiare i consumi, per fare in modo che la domanda restasse costante e non si creasse surplus. In questo senso, le inserzione pubblicitarie, stampate ormai sulle pagine di tutti i più importanti giornali europei, giocarono un ruolo fondamentale, diventando il primo e più potente strumento di pubblicità, almeno fino alla metà degli anni Settanta.
Non era più sufficiente rendere semplicemente nota l’esistenza di un prodotto: bisognava esaltarne le qualità, l’unicità; cercare di renderlo unico agli occhi dei potenziali consumatori. Per questo, la pubblicità non poteva più presentarsi in forma di mera descrizione di un oggetto, ma doveva diventare creativa, interessante, attraente.
Tuttavia, con la crisi petrolifera del 197387 e le crisi economiche degli anni successivi, il potere d’acquisto diminuì, e conseguentemente diminuì la domanda di prodotti di consumo: gli investimenti pubblicitari delle aziende rallentarono improvvisamente.
“[…]Se gli anni Sessanta sono stati gli anni del boom economico e dell'apparente accessibilità al tanto agognato benessere, con gli anni Settanta tutto viene messo in discussione. L'azienda non è più vista come fonte di benessere e via per il progresso; ci si batte contro il consumismo sfrenato e la pubblicità è tra i nemici numero uno. Causa di alienazione, manipolatrice di cervelli, è lei ad indurre il pubblico a spese futili ed irragionevoli.”88
Gli annunci pubblicitari cominciarono così ad apparire sottotono, più brevi e sobri. La foto del prodotto veniva inserita in bianco e nero e in dimensioni ridotte, accompagnata da alcune linee di testo esplicativo. Quello che bisognava dimostrare era solo l’effettiva, reale utilità, o le particolari qualità di un prodotto. A volte l’immagine mancava del tutto, e nel piccolo spazio riservato alla pubblicità, appariva un nome, un marchio, e alcune frasi a
87 Lo “shock petrolifero” del 1973 fu dovuto all’inaspettata interruzione degli approvvigionamenti di petrolio provenienti dai paesi dell’Opec e diretti ai paesi importatori di petrolio. I paesi arabi infatti, non avevano ancora riconosciuto il diritto “di esistere” per lo stato di Israele, e nell’ottobre 1973 l’Egitto e la Siria lo attaccarono militarmente su un doppio fronte. La guerra durò una ventina di giorni e Israele, appoggiato dagli Stati Uniti e dai Paesi Europei, ne uscì vincente. Per questo motivo, i paesi arabi dell’Opec decisero di bloccare tutti i rifornimenti di petrolio fino al gennaio del 1975.
88 Bizzarri L., “L’evoluzione della pubblicità sui quotidiani dagli anni 70 ad oggi”,
commento, che finivano con l’essere poco funzionali e molto macchinose. In poche parole, non assolvevano assolutamente quella che era la loro funzione principale: attirare compratori.
Nel corso del decennio successivo questa tendenza viene totalmente ribaltata; gli annunci sono basati essenzialmente sulla potenza dell’immagine e i testi diventano quasi del tutto assenti. Gli anni ’80 sono gli anni di un nuovo, sfrenato consumismo, e gli anni delle prime pubblicità a colori sulla carta stampata, che mettono in risalto sempre e soltanto l’individuo, che si relaziona con il prodotto sponsorizzato. Anche il linguaggio cambia completamente: diventa amichevole, ammicca al lettore. Si creano neologismi, si usano citazioni di film, piuttosto che di libri, o di detti popolari. Le didascalie esplicative non esistono più: nasce lo slogan, con tutto il suo potere attrattivo. La pubblicità invade letteralmente le pagine dei quotidiani, diventa uno degli strumenti di marketing principali delle aziende, e poiché deve avere un impatto così forte ed immediato sul consumatore, vengono inaugurate delle vere e
proprie “segmentazioni psicografiche”89, basate sugli stili di vita delle classi medio-
borghesi.
Nel corso degli anni ’90 i soggetti degli investimenti pubblicitari subiscono dei cambiamenti. Non s’investe più nei settori tradizionali di largo consumo, come cibi e bevande, ma si punta invece a quei settori di mercato emergenti che sono ancora poco conosciuti dal pubblico: informatica, tecnologie. Oltre ai prodotti, questi sono gli anni in cui nasce la pubblicità per i servizi: turismo, banche, assicurazioni.
Il linguaggio pubblicitario resta comunque diretto e d’impatto, punta ad essere conciso ed attraente. Spesso non servono nemmeno troppe parole: gli ultimi decenni degli anni ’90, anzi, lasciano spazio ad un nuovo fenomeno, che si trascinerà fino ai giorni nostri: quello del “testimonial”, un personaggio famoso e amato dal pubblico, che si fa “garante” della qualità, della bontà, della convenienza di un determinato prodotto.
89 La segmentazione psicografica è uno dei possibili approcci per attuare uno studio di segmentazione della domanda, all’interno di una determinata ricerca di mercato. Questo approccio indaga lo stile di vita dei potenziali clienti, cercando di trovare dei collegamenti tra le attività svolte, gli interessi e le opinioni della classe di riferimento e i comportamenti espressi nei confronti di un determinato prodotto.
Il nuovo millennio ha segnato il lento ma inesorabile declino della pubblicità stampata sui quotidiani, totalmente sopraffatta e oscurata dall’invadenza della pubblicità televisiva e online, e dai suoi incredibili riscontri economici, di gran lunga superiori rispetto a quelli ottenuti attraverso giornali. L’80% degli investimenti pubblicitari inizia a convergere verso la televisione e i siti internet, e questo porterà, nel giro di pochi anni, ad un graduale svuotamento degli spazi pubblicitari dei giornali.
E proprio il calo degli introiti provenienti da questo settore, insieme al vertiginoso calo delle vendite in seguito all’avvento dei giornali online, di quelli gratuiti e dei social networks, hanno portato, come analizzato nel primo capitolo, a quella che è l’attuale crisi dell’editoria a livello mondiale.
La situazione italiana, ad esempio, è stata analizzata in una ricerca svolta da due professori dell’Università di Salerno, datata 2011:
“[…] Ora, venendo allo specifico degli investimenti pubblicitari, nel biennio 2009-2010, la crisi economica, che pure ha fatto registrare un ridimensionamento trasversale degli stessi su tutti i media, ha tuttavia visto come ambito a maggiore impatto negativo proprio la stampa cartacea, già alle prese con una crisi strutturale interna al settore che – almeno per quanto riguarda l’Italia – perdura da oltre un trentennio. Tale trend negativo, peraltro, non sembra destinato ad arrestarsi nel 2011, tanto che gli ultimi dati dell’Osservatorio Stampa FCP, relativi ai primi due mesi dell’anno in corso, hanno fatto registrare un calo nel fatturato pubblicitario sul mezzo a stampa del 5.6% rispetto allo stesso periodo del 2010. In effetti, nel prendere in considerazione lo specifico mercato dei quotidiani a pagamento, si rileva come, negli ultimi anni, l’andamento della raccolta pubblicitaria sia stato costantemente negativo. Nel 2009, la pubblicità è diminuita di ben 16.4 punti percentuali rispetto al 2008. Il 2010 ha fatto registrare un ulteriore segno negativo, attestandosi al valore di – 2% rispetto all’anno precedente.”90
Negli ultimi anni si è cercato, a livello mondiale, di capire quali fossero i mezzi più efficaci per combattere le gravi condizioni in cui grava la stampa cartacea; e la risposta sembra
90 D’Antonio V., Russo C., “A picco la pubblicità sui quotidiani: si punta sugli allegati?”, 15 Aprile 2011, in Analyses; http://www.medialaws.eu/“a-‐picco”-‐la-‐pubblicita-‐sui-‐quotidiani-‐si-‐punta-‐sugli-‐ allegati/
essere stata trovata nell’introduzione dei cosiddetti “inserti” o “allegati”, brevi “giornali” a se stanti (spesso non superano le 4/6 pagine), di solito a carattere tematico, che sono inseriti all’interno dei maggiori quotidiani in determinati giorni della settimana.
Se questi inserti riescono ad essere abbastanza interessanti per il pubblico, automaticamente aumenta il numero delle copie vendute proprio nel giorno in cui esce l’allegato, quando il lettore va in edicola a comprare il giornale per poterlo leggere. Di conseguenza, aumentano gli investimenti pubblicitari proprio per quel numero: innanzi tutto, l’inserto permette di intercettare un target ben più specifico di lettori (a seconda il tema che viene trattato) e questo agevola la selezione delle pubblicità da pubblicare; secondariamente, l’inserto aumenta gli spazi pubblicitari del giornale in vendita quel determinato giorno, permettendo di abbassarne relativamente i costi. Basta analizzare queste strategie di mercato per capire il ruolo fondamentale che oggi la pubblicità ricopre nel mondo dei quotidiani stampati. Unica, ma significativa, eccezione a questo processo di involuzione dell’universo dei quotidiani stampati è stata quella, appunto, dei giornali gratuiti, che hanno vissuto, negli ultimi dieci anni, una tendenza esattamente contraria, coinvolgendo un numero sempre più ampio di lettori.
La “Free Press” trova le sua fondamenta economiche proprio nella vendita di spazi pubblicitari, ed è un’importantissima piattaforma di investimento per i produttori e per i fornitori di servizi. In uno studio fatto dal blog “Libertà di stampa, diritto di
informazione”91, si legge:
“[…] Nei quotidiani Usa, c’è un rapporto 9 a 1 tra ricavi pubblicitari e da vendita. In Italia la diffusione dei quotidiani free ha già raggiunto il 30% del totale. La tendenza dell'informazione? Sta in una parola: gratis. Analizzando tutti i mezzi di comunicazione, infatti, va sempre più restringendosi la quota di fatturato non legata alla pubblicità. Quota che complessivamente pesa in Italia per circa 4 miliardi di euro, contro i 7,750 legati al fatturato
91 Lsdi “Libertà di stampa, diritto all’ informazione” è un gruppo di lavoro nato dall’iniziativa di alcuni amici impegnati nel mondo dell’informazione e nella Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana). L’obiettivo del gruppo è quello di proporre analisi e dibattiti sui temi dell’informazione nel mondo contemporaneo, prendendo in considerazione soprattutto quelle che sono le nuove forme di giornalismo.
pubblicitario. Ed è proprio esaminando queste tendenze che i principali editori si stanno convincendo a spingere sulla cosiddetta free press. Una formula, appunto, che vive di sola pubblicità e taglia definitivamente i cordoni con le edicole.”92
Gli annunci pubblicitari dei giornali gratuiti possono essere suddivisi in due categorie:
quelli di tipo “informativo” e quelli di tipo “propagandistico/emotivo”. 93 Nel primo caso si
tratta di pubblicità che assumono la forma di vere e proprie notizie, come necrologi, spettacoli o annunci commerciali (compra vendita di beni, ricerca o offerta di posti di lavoro, ecc.); con il termine “propaganda/emotività”, invece, ci si riferisce a tutte quelle pubblicità, colorate e proposte in diversi formati, accompagnate da immagini o slogan, che sponsorizzano veri e propri beni di consumo, come ad esempio gioielli, abbigliamento, automobili, ecc. Questi annunci puntano a colpire l’attenzione del lettore, la sua parte emotiva appunto, con diversi espedienti (dal testimonial, allo slogan d’impatto, alle immagini e così via) che riescano ad invogliarlo al consumo.
Secondo la teoria sviluppata da Franco e Mantovani nel loro Manuale di Economia e
Politica dei Beni Culturali, i giornali (sia quelli tradizionali che quelli gratuiti) hanno due
livelli di mercato: il mercato primario è quello costituito dai lettori, mentre quello secondario è costituito dalla pubblicità. Fra i due mercati c’è un rapporto strettissimo, o come lo definiscono i due economisti, “circolare”, poiché uno condiziona l’altro: la diffusione deve essere elevata, in modo che gli annunci pubblicitari possano ottenere i massimi proventi; ma allo stesso tempo la pubblicità non deve eccedere, perché un abuso di pubblicità porterebbe i lettori a non essere più soddisfatti dell’offerta del giornale. Questo equilibrio è ancora più rilevante nelle pubblicazioni gratuite, in cui le notizie sono già brevi ed essenziali, e difficilmente riescono a “dominare” la pagina.
È poi chiaro che, come la tipologia di notizie pubblicate influenza la fascia di lettori che si interesserà al giornale, allo stesso tempo anche la scelta delle pubblicità attirerà un particolare target di pubblico. Anche in questo caso dunque, i due aspetti devono essere
92 “La Free Press alla ricerca dei lettori perduti”, 2003; www.lsdi.it
sviluppati parallelamente, in modo quanto più possibile coerente, qualora se ne vogliano sfruttare appieno le potenzialità.
Infine, non bisogna dimenticare anche il rapporto costo/ricavi tra il giornale e gli annunci pubblicitari: pubblicità più attraenti aumentare il numero delle copie gratuite distribuite. Ma per avere annunci funzionali, bisogna investire in carta di migliore qualità, in pagine completamente stampate a colori, in immagini ad alta risoluzione. Questi accorgimenti, se da una parte accrescono i costi del giornale, dall’altra, come detto, ne aumentano anche la diffusione; a sua volta, una maggiore diffusione aumenta la popolarità della testata, e questo porta ad una più consistente quantità di investimenti pubblicitari da parte delle aziende e dei grandi marchi. Anche in questo terzo caso dunque, il rapporto tra i due livelli risulta “circolare”.
In conclusione potremmo dire che per i giornali è di vitale importante investire in una buona resa pubblicitaria (che ne aumenti la diffusione), tanto quanto per la pubblicità è importante investire negli spazi pubblicitari delle edizioni stampate (per ottenere maggiore visibilità): le due realtà hanno trovato un equilibrio perfetto proprio nei giornali gratuiti, poiché l’essere l’una indispensabile all’altra fa si che entrambe si sviluppino in modo sempre più complesso e “rilevante” nell’ambito dell’editoria.
Tuttavia, di fronte alla crisi mondiale attraversata dalla carta stampata in quest’ultimo ventennio, anche i giornali gratuiti europei hanno vissuto la loro prima flessione negativa
nel biennio 2011-2012, registrando un calo delle copie distribuite del 9%.94 E questo non è
stato dovuto a un minor interesse da parte dei lettori, ma piuttosto alla notevole riduzione degli investimenti pubblicitari, unica fonte di introiti della “Free Press”. Il settore pubblicitario ha vissuto una profonda crisi in tutta Europa, e a pagarne le spese maggiori è stata la stampa gratuita, che vive esclusivamente della vendita di spazi pubblicitari.