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Leggere la metropoli: i giornali gratuiti a Shanghai

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea specialistica in

Lingue e istituzioni economiche e

giuridiche dell’Asia e dell’Africa

Mediterranea

Tesi di Laurea

Leggere la metropoli: i

giornali gratuiti a Shanghai

Relatore

Prof.ssa Laura De Giorgi

Correlatore

Prof. Paolo Magagnin

Laureando

Elisa Bulagna

Matricola 840264

Anno Accademico

2012 / 2013

 

 

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上海免费报纸的发展

近些年来,在全球报纸传媒业中已经出现一种新的纸质媒介——免费报纸。它们已 经逐渐在报纸界中占据越来越重要的地位,对传统的付费报纸形成了很大的影响。据 统计,在免费报纸出现后,付费报纸的发行量下降了 2 个百分点。 在世界上的第一份免费报纸,瑞典的“地铁报”出现之后(1995),免费报纸 开始传播到世界各地的城市。近几年,在欧洲和中南美地区的一些城市如伦敦、巴 黎、费城和阿根廷的一些城市,陆续出现了在地铁、公交站等公共候车区内向公众 发放免费报纸的现象。根据世界报业协会 2007 年公布的调查统计结果,在过去 5 年 中,全球免费报纸的发行量有大大的提升,从 1200 万份增长到 2800 万份,增长了 137%。 研究表明,在 1995~2005 年的十年里,免费报纸已经在报纸市场中占据着重 要的份额。在一些国家,与付费报纸相比,阅读免费报纸的人数更多。 免费报纸是指向大众公开发行的、无需付费即可获得的报纸。较之传统报纸, 免费报纸最重要的特点显然是“免费”;第二个特点是可以获得的“渠道”;第三 个是“依靠广告盈利”:因读者不必付钱,广告就成为免费报纸收入的唯一来源。 除此之外,差不多所有免费报纸还具有以下特点:所刊载的信息比较简短、简单并 清楚,通常在 20 分钟内可能读完。它们的目标就是使用一个独特的发放方式吸引每 日乘坐地铁等交通工具的年龄在 18/35 岁之间的年轻“上班族”。它们所针对的读 者群,并不是传统报纸的固定读者群,相反是一群几乎从不买报纸的群体。它们要 争取的广告客户也与传统报业的不一样:它们选择地方性市场的广告,很难与付费 报纸展开有力的竞争。 2002 年 6 月,全球最大的免费报业集团国际地铁公司,瑞典传媒集团,登陆香 港,出版了亚洲地区第一份免费报纸《都市日报》。3 个月之后,日本的标题公司也

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推出了一份名为《今日标题》的免费日报。在 2005 年 8 月,还星岛新闻集团在香港 创办了两份免费报纸《头条日报》和《AM730》。这些免费报纸的版面包括经济、 国际、健康、体育、等方面,与传统付费报纸没有很大的区别。在《头条日报》和 《AM730》之前,“上海解放日报报业集团”在 2004 年 3 月 16 日正式在上海创刊了 《时代报》,这是中国内地的第一份免费报纸。 “上海解放日报报业集团”建议了把新的《时代报》作为上海地铁的正式免费 报纸:他们从“上海地铁运营公司”取得了特定的许可,在未来几年内将不再有新 的免费报纸进入上海地铁。应该说,《时代报》是第一张国内有正式刊号的免费报 纸:它开启了中国免费报业的市场。《时代报》的口号就是:"笑迎第一缕阳光,品 读第一份资讯"。 目前在上海地铁各线上几乎都有免费报纸,在每周一至周五早上 7:45 至 8:30 之间发放,版面数量差不多达到 32 版至 40 版,站台内有报架供读者取阅,在一些 地铁站内还会有两名工作人员发放报纸的副本给读者。 《时代报》取得的巨大成功:它发行的范围已经从地铁扩大到上海市中心的商 务楼,所以目前的日发行量达已经到 50 万份。再加上免费报纸相比于传统付费报纸 具有免费性这个最大的优点,并且在上班路上可以容易地得到,所以它在上海报纸 市场中的重要性不可低估。“时代报”的核心读者群是年龄差不多在 20 岁至 35 岁 之间的学生、白领和有独立见解的人,男女比例相等;他们具有巨大消费力,所以 他们可能对广告很感兴趣。他们中的大部分人,没有阅读传统收费报纸的习惯。 2005 年上海地铁环线四号线开通的时候,时代报已覆盖了上海市的各个区域。 此时的“时代报”发行量已达到 30 万份,已然成为了上海报纸市场中发行量第二位 的早报。随着地铁线路的不断增加 ( 1、2、3、4、5、6、7、8、9、10 和 11 号线发放 的),目前“时代报”的发行量已到 95 万份,发放站点覆盖全上海市 11 条地铁线路。 在《时代报》在人民群众中取得了巨大成功,并获得了巨大利润以后,2010 年 1 月"文汇新民联合报业集团"也决定了创办《新民地铁》,每周五在地铁站内有专人

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将它与“时代报”一起免费地发放。它目前的发行量差不多是 50 万份。因此现在在 上海地铁有两份免费地铁报纸。《新民地铁》是以上海地铁乘客为主要读者的社会 生活及时尚的报纸收集关于城市生活最新鲜、最实用的资讯,给读者提供文化、时 尚、艺术、娱乐等丰富多彩城市生活的新闻。可以说,它是一本关于消费、休闲、 娱乐等方面的指南。对消费人群来说,它的实用性和服务性非常大:阅读《新民地 铁》以后,他们可以更便利地安排他们的休闲生活(购物、观看演出、朋友聚会 等),并且可以很容易地知道周末在上海可能举办的所有活动。它让“生活在上海、 快乐在上海”成为它和读者的座右铭。 《新民地铁》的目标受众群体是“年轻、高收入、高学历”的人,尤其是富有 的年轻人,因为他们拥有较高的消费欲望与消费能力,并是消费潮流的带动者。报 纸要在读者引起“带回家阅读”的效果,所以它可以实现“一天发行,一周阅读” 的目标。 我的研究主要集中在中国免费报纸的发展,尤其是在上海。在 2013 年 7 月到 2013 年 10 月期间我住在上海,随后我在 2013 年 12 月到 2014 年 2 月期间又回到上海生活。 在第一次来到上海的三个月内,我在莘庄地铁站拿了几份免费报纸的副本,并 慢慢开始注意人们在上班途中拿免费报纸的行为,我试图理解上海人对免费报纸的 看法。同时我也发现了在上海有两个免费报纸:“时代报”和“新民地铁报”。 再 一次回到上海,我进行了一个有关社会领域的调查研究。 我给许多百姓发放了我准备的一份调查问卷,调查问卷的内容是询问他们是 否坐地铁的时候阅读免费报纸、是否相信免费报纸的新闻、他们最喜欢的免费报纸 是“时代报”或者是“新民地铁”、在免费报纸内他们最喜欢什么部分等。 我试图找到各种各样的人群作为调查对象,如大学学生、白领、退休人员等,并且 在不同的地方进行这项研究,如酒吧、商场、街道、餐厅、地铁等。 我的论文分成为四章节。

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第一章是关于从 1978 到 2010 的近三十年中国新闻业的历史。 在 1978 邓小平提出了“四个现代化”改革之后,中国就开始了新闻业现代化。记者 希望得到具有高质量及可靠性的消息,按照“实践是检验真理的唯一标准”的原则 他们可以同步欧洲现代新闻业的进程。在 90 年代,出现“市场新闻”的概念,根据 新市场的意见,出版物分歧越来越大,取决于他们希望得到的目标群众。它们必须 考虑到年龄,社会阶层和教育水平等。 目前,中国报纸试图避免中国共产党领导给予的限制。并且中国互联网发展 的普及意味着对新闻的深刻危机。除了即时性的以外,人们更喜欢互联网的信息主要 是因为它更具有可靠性这一特点,并且在互联网上的消息有时候可以规避审查。 第二章是关于免费报纸的历史,从它们在瑞典的发展开始。我分析了它们通 过欧洲和美洲如何进入亚洲的发展过程。说明免费报纸在中国最大城市的发展 (北京、 南京、广州等)以后,我主要侧重于免费报纸在上海市交通系统的发展。在中国一些 免费报纸不仅有得到利润的目标,但也有一个社会性的目标:使比较低社会阶层的 人能有阅读报纸的习惯。这个项目的成功已经捕捉到了政府的注意力。对他们来说, 这些新的媒体会“对公民的政治认知、文化心理产生重大的影响”。 第三章是关于“时代报”的分析,它的发展、内容、结构和语言风格,章节 其中有几个部分,都是关于“时代报”各版面的内容,比如说关注、本埠, 中国, 财 经, 国际等。试图了解为什么这个报纸能激起读者的兴趣,并且知道哪部分是读者最 喜欢的。 第四章是关于免费报纸的广告作用,特别是在“时代报”和“新民地铁”报。 我提出四个不同类型的广告,并且我分析这两个免费报纸使用更多的什么类型。然 后,由于《新民地铁》是主要基于广告的免费报纸,我还详细地分析它所有的部分 (娱乐、新闻、文化和生活)。

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中国免费报纸仍然处于充满生机的发展阶段,影响力在大城市持续扩展,但 是应该说,政治传播功能有待彰显。目前记者必须预防和控制潜在的消极政治影响, 避 免 中 国 免 费 报 纸 成 为 都 市 地 政 治 传 播 及 动 员 的 媒 介 和 工 具 。

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INDICE  

上 海 免 费 报 纸 的 发 展   II   INDICE   1   INTRODUZIONE   3   PRIMO  CAPITOLO   8  

GLI  ULTIMI  TRENTA  ANNI  DI  GIORNALISMO  IN  CINA   8  

1.1   LA  SVOLTA  DEL  1978:  RICERCA,  INDAGINE  E  VERITÀ.   8  

1.2   GLI  ANNI  NOVANTA:  IL  GIORNALISMO  “DI  MERCATO”.   22  

1.3   DAL  2000  AD  OGGI:  ANNI  IN  BILICO  TRA  LA  DIPENDENZA  DAL  POTERE  POLITICO  E  LE  SPINTE   RIFORMISTE  PER  UNA  LIBERALIZZAZIONE  DEL  SISTEMA  MEDIATICO  CINESE.   28  

SECONDO  CAPITOLO   47  

LE  ORIGINI  DEL  GIORNALISMO  GRATUITO  E  IL  SUO  RECENTE  SVILUPPO  IN  CINA   47  

2.1   DALLE  AVANGUARDIE  EUROPEE  ALLE  MODERNE  PUBBLICAZIONI  MONDIALI.   47  

2.2   DIFFUSIONE  DEL  GIORNALISMO  GRATUITO  IN  ASIA  E,  NELLO  SPECIFICO,  IN  CINA.   52  

2.3   NASCITA  DEI  GIORNALI  GRATUITI  A  SHANGHAI   65  

TERZO  CAPITOLO   71  

UN’ANALISI  TECNICA  E  STILISTICA  DELLO  时代报 (SHIDAI    BAO)   71  

3.1   INTRODUZIONE  GENERALE  ALLO  “SHIDAI  BAO”   71  

3.2   LA  PRIMA  PAGINA   73  

3.3   LE  SEZIONI  “FOCUS”  E  “LA  CITTÀ”   81  

3.4   LE  SEZIONI  “INFORMAZIONE  NAZIONALE”  ED  “ESTERI”   90  

3.5   “ECONOMIA”,  “CULTURA  E  INTRATTENIMENTO”,  “SPORT”  E  ALTRE  SEZIONI   97  

QUARTO  CAPITOLO   107  

IL  RUOLO  DELLA  PUBBLICITÀ  NEI  GIORNALI  GRATUITI:   107  

IL  CASO  DEL  “新民地铁”  (XINMIN  DITIE)   107  

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4.2   LA  PUBBLICITÀ  NELLO  时 代 报  (SHIDAI  BAO)   114  

4.3   UN  CASO  PARTICOLARE:  IL  SETTIMANALE  GRATUITO  新 民 地 铁  (XINMIN  DITIE  O  METRO  

WEEKLY)   123  

CONCLUSIONI   142  

BIBLIOGRAFIA   153  

DOCUMENTI  E  MATERIALI  TRATTI  DAL  WEB   156  

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INTRODUZIONE  

Il diritto alla libertà di stampa è una promessa che il governo cinese ha fatto ai suoi cittadini nel 1982, in seguito alla revisione del secondo capitolo della Costituzione, Diritti e Doveri

Fondamentali dei Cittadini, che con l’art. 35 sancisce: “I cittadini della Repubblica

Popolare Cinese hanno libertà di parola, stampa, riunione, associazione, viaggi, dimostrazioni”.

In quegli anni, comunque, non era possibile prevedere quale sarebbe stato, nei decenni successivi, lo sviluppo del sistema d’informazione e mediatico mondiale, e quali cambiamenti avrebbe causato nel modo di comunicare e di vivere della gente comune. Il nuovo millennio ha portato alla nascita di innovativi, sempre più rapidi mezzi di comunicazione, e al conseguente profondo cambiamento di quelli già esistenti, che si sono dovuti reinventare con nuovi formati, approcci, linguaggi.

“[…] Poi nasce la stampa gratuita, che incarna in modo paradigmatico il processo di

adattamento dei media cartacei ai nuovi linguaggi dell'informazione, nati e sviluppatisi, prima, attraverso la radio e la televisione, e poi attraverso Internet e il giornalismo on line. I nuovi quotidiani si presentano come prodotti ibridi, realizzano una sorta d’integrazione tra una tecnologia e dei formati consolidati, quali sono quelli della carta stampata, e quelli innovativi propri dei nuovi media, fornendo un esempio emblematico di quel processo di

mediamorfosi che spiega la dipendenza evolutiva dei nuovi media dai precedenti, in un

continuo processo di adattamento in cui ogni mezzo comunicativo si adegua alle trasformazioni degli altri che coevolvono nello stesso ambiente.

La stampa gratuita sembra essere il naturale prodotto del nuovo millennio, riuscendo a inserirsi perfettamente nel contesto attuale, caratterizzato da una sempre maggiore centralità del sistema dei media all'interno della società e dal crescente bisogno informativo da parte degli individui; si allarga la partecipazione dei fruitori che sentono la necessità di sapere, attraverso un tipo di informazione che diviene sempre più facilmente reperibile, immediata e gratuita.

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La stampa gratuita, pertanto, risulta assolutamente idonea all'attuale contesto di facile e veloce reperibilità delle informazioni, dominato da una sorta di “filosofia del gratuito”, cioè il non pagare per ottenere dei contenuti.”1

La stampa gratuita arriva in Cina nel 2004, ma solo nelle principali metropoli della nazione, e con qualche anno di ritardo rispetto ai pionieri stati Europei. È una stampa “di Partito”, controllata dei principali gruppi editori del governo, ma se non fosse per questo particolare, il fenomeno potrebbe definirsi, per la sua nascita e per il suo sviluppo, in tutto e per tutto speculare a quello occidentale.

Anche in Cina la nuova free press, sotto il monopolio del Partito alla stregua della stampa tradizionale, ha cercato di recuperare i “lettori perduti”, quelli che i quotidiani tradizionali non li leggevano e non li leggono: perché non sono interessati, perché non hanno un livello di istruzione e culturale adeguato, o perché non possono permetterseli. E lo ha fatto andando a consegnare i giornali direttamente “in mano” alle persone, lungo i percorsi mattutini che la gente percorre da casa al lavoro, quando è possibile ritagliare alcuni minuti di tempo da dedicare alla lettura e a qualche veloce aggiornamento.

La copia segue il lettore e raggiunge così nuovi posti; si tratta di un’informazione in movimento, che può essere “usata” più volte durante la giornata. Non solo la distribuzione quindi, ma anche gli spazi e i tempi entro cui avviene il consumo, sono completamente nuovi, ripensati, diversi da quelli tradizionali.

La stampa gratuita cinese, dopo aver analizzato lo sviluppo nella Free Press in occidente, si era dunque posta un obiettivo specifico: raggiungere dei nuovi gruppi di lettori, come le classi meno abbienti, la gente meno istruita, i più giovani e i più anziani. L’idea non era quella di fare concorrenza ai tradizionali giornali a pagamento, che avrebbero continuato ad interessare solo una specifica fascia di lettori. Ci si voleva piuttosto avvicinare alla 百姓 (gente comune). Era quindi necessario un livello linguistico e contenutistico accessibile a tutti, ma allo stesso tempo in grado di soddisfare esigenze anche molto diverse.

                                                                                                               

1     Stegagno  G.,  Storia  ed  evoluzione  della  stampa  gratuita,  da  “Storia  e  Futuro.  Rivista  di  storia  e   storiografia”,  n.  15,  Novembre  2007.      

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Sono nati così dei giornali ibridi, caratterizzati da periodi sintetici e una generale semplificazione linguistica, che danno grande spazio all’attualità, ai fatti di cronaca più importanti, ai gusti dei più giovani (cinema, musica, tecnologie…), alla città e agli avvenimento locali. Gli articoli sono brevi ed usano un linguaggio accessibile e colloquiale; sono quasi sempre privi di commenti e di opinioni, non devono mai risultare troppo impegnativi o complessi. La lettura deve essere scorrevole e piacevole, nei pochi minuti che le possono essere dedicati.

E se queste sono le caratteristiche che hanno portato, su scala mondiale, al successo e alla diffusione capillare di una stampa semplice e “popolare” quale quella gratuita, allo stesso tempo sono anche le caratteristiche più attaccate e discusse dalla critica, che ha accusato i giornali gratuiti di pubblicare notizie troppo ridotte e semplificate, vuote di qualsiasi sfaccettatura critica o di valenza culturale o morale.

La presente ricerca si è concentrata sui due giornali gratuiti più letti di Shanghai, lo 时代报 (Shidai Bao) e il 新民地铁 (Xinmin Ditie), con l’obiettivo di comprendere quale ruolo ricopra oggi questo tipo di pubblicazioni in una realtà metropolitana come quella di Shanghai, con i suoi quasi 38 milioni di abitanti. Si è cercato quindi di realizzare un’analisi del fenomeno che potesse spiegare non soltanto la loro organizzazione tecnica e le principali caratteristiche stilistiche, ma anche la posizione che negli anni hanno saputo conquistarsi a livello sociale e politico.

Quello dei free newspapers è un fenomeno che nelle principali città cinesi ha raggiunto numeri incredibili in quanto a copie distribuite e lette ogni giorno (basti pensare alle quasi 700.000 copie giornaliere dello 时代报) ottenendo un successo inizialmente inaspettato. A Shanghai, questi giornali rappresentano oggi, per molte persone, l’unico quotidiano letto nel corso della settimana, in certi casi in uno o più mesi. È evidente dunque che il fenomeno non può essere sottovalutato, ne è corretto pensare alla free press cinese come ad una stampa di serie B.

Può essere invece interessante cercare di capirne le peculiarità, e le novità che ha saputo introdurre nel mondo dei giornali cartacei e che le sono valse questo successo.

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Per realizzare questa ricerca era necessario raccogliere un certo numero di giornali da poter in seguito leggere, analizzare e confrontare, ed era fondamentale poter osservare alcuni comportamenti dei lettori: come venivano a contatto con la copia del giornale; qual era il loro approccio al giornale una volta all’interno dei vagoni della metro, durante il viaggio vero e proprio; infine, qual era il loro atteggiamento una volta scesi dal vagone (buttare il giornale o portare con sé la copia).

La prima parte del lavoro si è dunque svolta a Shanghai da Luglio a Ottobre 2013, per circa tre mesi, durante i quali sono state raccolte ed analizzate un totale di circa 50 copie tra 时代

报 e 新民地铁, si è studiato il sistema di distribuzione delle testate gratuite nei diversi

punti di snodo della città e si è osservata attentamente l’atteggiamento della gente comune rispetto a questo servizio. Contemporaneamente è stata portata avanti una ricerca sull’attuale situazione del giornalismo cinese, e su come la free press sia arrivata in Cina e nello specifico a Shanghai.

Nei mesi successivi, si è proceduto all’analisi dettagliata dei contenuti e dell’impostazione stilistica dei giornali; tra Dicembre 2013 e Febbraio 2014, sempre a Shanghai, è stato sottoposto ad un campione di circa 200 persone (di età, estrazione sociale e zone di residenza diverse) un questionario che chiedeva una loro opinione riguardo all’utilità del servizio dei free newspapers, alla loro affidabilità e attendibilità, e ad altre preferenze soggettive. I dati raccolti sono stati poi elaborati e analizzati durante la stesura delle conclusioni.

Le presente tesi è organizzata in quattro capitoli.

Nel primo capitolo si ripercorre velocemente la storia del giornalismo cinese degli ultimi trent’anni, partendo dal 1978, anno in cui Deng Xiaoping lancia la riforma delle “Quattro Modernizzazioni”. Si comincia a guardare al modello giornalistico occidentale, si cerca di rendere il mezzo giornalistico cinese un mezzo di informazione “popolare”, avvicinandosi al metodo scientifico e seguendo i principi di attendibilità, credibilità, trasparenza. Passando per gli anni ’90 - caratterizzati dal quel desiderio di modernizzazione sempre più sentito dalla nuova classe dei giovani giornalisti cinesi, sulla base di quei principi di

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mercato che stavano ormai spingendo la nazione verso il grande boom economico - si arriva all’analisi della controversa situazione attuale, in cui convivono da una parte il giornalismo tradizionale, ancora fortemente penalizzato dal controllo del partito, dall’altra la diffusione capillare dei più moderni mezzi di informazione legati allo sviluppo di internet, che con sempre più facilità sfuggono alla censura del governo.

Nel secondo capitolo sono analizzati la nascita e lo sviluppo del fenomeno della free press, venuto alla luce proprio negli anni in cui la stampa cominciava a soffrire una profonda crisi e sentiva la necessità di rinnovarsi in forme alternative capaci di soddisfare le nuove esigenze dei lettori del XII secolo. Partendo dagli albori della stampa gratuita in Europa nel biennio ‘95/’96, e analizzandone il successivo sviluppo in Occidente, si arriva a focalizzarsi su come questo nuovo modello di media sia arrivato in Asia e in Cina, e nello specifico a Shanghai.

Il terzo capitolo propone uno studio più approfondito del quotidiano 时代报: non solo raccontando la storia della sua nascita e del suo incredibile successo negli ultimi dieci anni, ma anche attraverso un’analisi più tecnica della testata, a livello contenutistico e stilistico. Si cerca di comprendere quali siano le fasce di utenti più coinvolte nella lettura del giornale, quali tipologie di notizie riscuotano maggior successo tra il pubblico e perché. Il quarto capitolo si concentra invece sul ruolo della pubblicità all’interno dei free

newspapers, e nello specifico nelle due pubblicazioni gratuite di Shanghai. Per capire,

anche in questo caso, quali siano i trend socialmente più rilevanti, e quindi le pubblicità di maggior successo, si è preso in considerazione non soltanto lo 时代报, ma anche il settimanale di cultura e attualità 新民地铁, un giornale interamente costruito e organizzato intorno agli annunci pubblicitari e ai pubbliredazionali, che ha riscuote grande successo tra i più giovani.

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PRIMO  CAPITOLO  

 GLI  ULTIMI  TRENT’ANNI  DI  GIORNALISMO  IN  CINA  

1.1 La  svolta  del  1978:  ricerca,  indagine  e  verità.  

 

Il giornalismo moderno in Cina è in gran parte il risultato delle idee e dei principi promossi

da Mao Zedong2 nei suoi anni alla guida del paese, che permearono quasi tutta la seconda

metà del ventesimo secolo. Per riassumere il suo pensiero attraverso le parole di

Chin-Chuan Lee3, “[…] if the masses were imbued with the correct thought, they would act

correctly.”

Nel suo disegno ideale, messo a punto fin dai primi giorni di vita della Repubblica Popolare Cinese (proclamata l’1 Ottobre del 1949), i media e il sistema d’informazione nazionale avrebbero dovuto avere un impatto sociale che fosse strettamente connesso con le linee politiche e con le “grandi idee” del rinnovato Partito Comunista Cinese.

Lo scopo della stampa doveva essere quello di “illuminare ed indottrinare” il popolo, portando avanti un’accurata opera di propaganda politica. Non certo quello di “fornire informazione”. Questo progetto non lasciava spazio alla libertà di espressione o di

                                                                                                               

2     Fu   portavoce   del   Partito   Comunista   Cinese   dal   1943.   Sotto   la   sua   guida,   il   PCC   salì   al   potere   dopo   aver   vinto   la   guerra   civile   contro   il   Partito   Nazionalista   e   aver   fondato   la   Repubblica   Popolare   Cinese  (1949).  Dal  1954  al  1959  Mao  fu  presidente  del  Partito  e  Presidente  della  Repubblica,  carica  che   gli  venne  sottratta  appunto  nel  ’59  da  un  altro  membro  del  partito,  Liu  Shaoqi.    

Nel  1966  Mao,  ancora  Segretario  generale  del  PCC,  lanciò  la  Rivoluzione  Culturale.  Preoccupato  dalla   violenza  che  il  movimento  aveva  via  via  acquisito,  fu  lo  stesso  Mao  a  dichiararlo  concluso  nel  1969.  Con   gli  anni  ’70,  Mao  iniziò  una  politica  di  avvicinamento  all’Occidente.  Morì  il  9  settembre  del  1976.     3     Nato   nel   1946,   nel   1969   si   laurea   in   giornalismo   a   Taipei   alla   “National   Chengqi   University”.   Nel   1973   completa   un   master   in   “Comunicazione   di   massa”   all’Università   delle   Hawaii.   Dal   1982   al   2004  ha  lavorato  come  professore  di  “Giornalismo  e  comunicazione  di  massa”  presso  l’Università  del   Minnesota.   Attualmente,   lavora   presso   la   “City   University”   di   Hong   Kong   come   professore   di   “Comunicazione  di  massa”  ed  è  direttore  del  “Centro  di  ricerca  per  la  comunicazione  di  massa”.    

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opinione; semplicemente, non era concesso esprimere e rendere pubbliche idee che fossero diverse da quelle della direzione politica del PCC.

La stampa non rappresentava un’entità autonoma, ma era un mero strumento politico, come molti altri, senza nessun particolare valore aggiunto.

Negli anni ’50, cominciò a svilupparsi il concetto di “mass-line journalism” e, inizialmente, non soltanto diversi giornalisti ma anche la maggior parte dei sostenitori del partito

inneggiarono a questa tendenza. Per fare solo qualche esempio, Liu Shaoqi4 tenne nel 1948

un discorso pubblico, nel quale sottolineava come la stampa dovesse “riflettere la voce delle masse e obbedire alla leadership del PCC”.

Dieci anni più tardi, tuttavia, lo stesso Liu, eletto Presidente della Repubblica nel 1959, sostenne che fosse necessario utilizzare i media per parlare alla popolazione intera e per promuovere la “ricostruzione economica socialista” del paese, allontanandosi quindi dall’idea che i giornali dovessero meramente servire la causa politica del Partito e occuparsi di indottrinamento ideologico. Egli sosteneva il principio del serving the readers, un concetto, almeno nella teoria, piuttosto all’avanguardia (come vedremo fortemente ripreso sul finire degli anni ’90), che incontrò le aspre critiche di Mao durante la Rivoluzione Culturale. Nella pratica, i giornalisti erano incoraggiati a vivere tra le masse, a parlare con la gente comune o con gli attivisti locali, a condurre indagini sulla realtà rurale. Le informazioni raccolte dovevano poi servire ad analizzare e comprendere i problemi sociali ed economici a livello locale.

“Liu told journalists not to “stick theoretical labels” on people, especially those with views deviating from party policy. He urged the journalist to listen to “gossip” from their relatives and friends, preferably in private and out-of-town to avoid pressure from local cadres. On this basis, journalists could generalize from what they heard to broader mass opinions.”5

                                                                                                               

4     Comunista   fin   da   adolescente,   nel   1935   partecipò   alla   Lunga   Marcia.   La   sua   scalata   politica   continuò  fin  quando  fu  eletto  secondo  Presidente  della  Repubblica  Popolare  Cinese,  come  successore  di   Mao,   nel   1959.   Insieme   ad   altri   dirigenti   “riformisti”,   Liu   si   propose   la   modernizzazione   del   paese,   introducendo,  tra  le  altre,  l’idea  di  mercato  libero.  Quando  Mao  riuscì  a  tornare  effettivamente  al  potere   nel   1967,   in   seguito   alla   Rivoluzione   Culturale,   dichiarò   Liu   “la   maggior   personalità   del   partito   colpevole  di  aver  imboccato  la  via  del  capitalismo”.  Liu  venne  epurato  da  ogni  carica  politica  e  spedito   in  un  campo  di  “rieducazione”,  dove  morì  nel  1969.  

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Con l’avvento di Deng Xiaoping6 al potere, la riforma dei media e del sistema di informazione cinese si è fatta ancora più profonda: iniziata come un processo naturale, si è trasformata ben presto in un movimento consapevole, e da quelle che erano solo idee “nuove”, si è cercato di costruire un vero e proprio sistema rinnovato di informazione pubblica. Così, la questione dello sviluppo dei media veniva ad assumere una posizione sempre più rilevante.

I cambiamenti dell’era post-Mao, nello specifico ambito del giornalismo su carta stampata, si sono ovviamente sviluppati all’interno di un movimento molto più ampio, di riforme e di apertura sociale, inaugurato dal nuovo leader Deng Xiaoping sul finire degli anni ’70, e perpetrato poi, in linea di massima, per tutto il corso degli ultimi trent’anni. E hanno interessato diversi aspetti: da quelli tecnici, come lo stile linguistico e la costruzione del testo dell’articolo, a quelli costitutivi, per arrivare all’ideazione di giornali strutturati in modo innovativo, vicini ai più importanti esempi di giornalismo occidentale, con una gamma di contenuti ampliata e rinnovata.

Il cambiamento è stato regolare e continuato, in concomitanza di quello che viene oggi considerato un periodo di strabilianti trasformazioni sociali per la Cina.

Il 1978, con il lancio ufficiale della riforma delle “Quattro Modernizzazioni”7 proposta da

Deng, è l’anno che segna, idealmente, l’avvio del lento processo di trasformazione dei

                                                                                                               

6     L’attivismo  politico  di  Deng  Xiaoping  inizia  nel  1927,  quando  guida  la  rivolta  della  provincia  del   Guangxi   contro   il   Partito   Nazionalista   Cinese.   Durante   la   Lunga   Marcia   (‘34-­‐‘35),   ricopre   la   carica   di   Segretario   Generale   del   Consiglio   Centrale   del   Partito   Comunista.   Dopo   essere   stato   per   più   di   venti   anni  al  fianco  di  Mao,  nel  1957  viene  eletto  Segretario  Generale  del  Partito  Comunista  Cinese,  al  fianco   del  neo  presidente  della  Repubblica  Liu  Shaoqi.  Deng  rafforzò  ben  presto  il  suo  potere  e  il  suo  prestigio,   attuando   numerose   riforme   in   campo   economico.   Ma   Mao,   spaventato   dai   consensi   che   Deng   stava   riscuotendo,  nel  1966  riuscì  a  farlo  ritirare  da  tutte  le  cariche  politiche,  e  lo  spedì  nella  provincia  rurale   dello   Jiangxi.   Tuttavia,   Deng   rientrò   in   politica   alla   morte   di   Mao,   nel   1976.   Nel   1977   lanciò   il   movimento   della   “Primavera   di   Pechino”,   seguito   dalla   proclamazione   della   “politica   di   apertura   e   riforme”,  che  aprì  di  fatto  la  Cina  al  mondo  Occidentale.  Si  ritirò  dalla  politica  nel  1992.    

7     Nel  1978  Deng  propose  ufficialmente  la  riforma  delle  Quattro  Modernizzazioni,  all’interno  di  un   progetto   di   trasformazioni   ideologiche,   politiche   e   sociali   più   ampio.   Questa   riforma   avrebbe   dovuto   interessare   agricoltura,   scienza   e   tecnologia,   industria   e   difesa   nazionale,   con   lo   scopo   di   rendere   la   Cina  una  delle  più  importanti  potenze  economiche  del  XXI  secolo.  

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giornali cinesi, che iniziano a guardare al modello occidentale dei quotidiani d’informazione e di attualità.

Il motore principale di questo cambiamento non fu tanto il desiderio di emulazione dell’editoria occidentale, quanto appunto gli stravolgimenti che il paese stava vivendo internamente, in campo sociale, politico e, soprattutto, economico. I giornali dovevano necessariamente uscire dagli schemi rigidi in cui si erano ormai fossilizzati, emanciparsi ed espandere i propri contenuti e rinnovarsi nella forma, se volevano farsi portavoce delle trasformazioni sociali e soddisfare le richieste di un pubblico di lettori che, nel frattempo, stava diventando sempre più vario ed esigente. Del resto, anche le tecnologie di comunicazione sempre più avanzate che si stavano diffondendo gradualmente nelle grandi città, offrivano ai giornali cinesi, almeno teoricamente, la concreta possibilità di trattare le notizie in un modo più obiettivo e scientifico, o quantomeno, più vicino alla realtà dei fatti. Come abbiamo detto, fin dai primi anni di vita della Repubblica, l’idea di un “giornalismo di partito”, dipendente e condizionato dal governo centrale, era stata la corrente di pensiero fondamentale, lungo cui si era mosso lo sviluppo dei mass media in Cina: i giornali appartenevano agli organi di partito, e in un certo senso lo stesso valeva per i giornalisti. Nel 1978, ponendo come linee guida della propria azione di rinnovamento quelle espresse nell’articolo “实践是检验真理的唯一标准”, “Basarsi sui fatti è l’unico modo per arrivare

alla verità”8 (pubblicato dal giornale “光明日报”9 il 5 novembre di quello stesso anno), alcune testate provarono ad avvicinarsi ai più moderni standard di giornalismo, ricercando una maggiore qualità e attendibilità delle notizie e una diversificazione dello stile e delle concezioni ideologiche che rappresentavano.

                                                                                                               

8     Questo  articolo  è  pubblicato  sul  “Guanming  Ribao”  il  5  Novembre  del  1978.  Lo  stesso  giorno,   l’articolo  viene  ritrasmesso  dalla  “Xinhua  News  Agency”  (新华社),  la  prima  e  più  importante  agenzia  di   stampa  cinese,  che  è  a  tutt’oggi  subordinata  al  Consiglio  di  Stato  della  RPC.  Il  12  dello  stesso  mese  il   pezzo  è  ripubblicato  dal  人民日报  (The  People’s  Daily)  e  dal  解放军报 (Liberation Army newspaper).   9     Il   “Guanming   Ribao”   nacque   come   uno   dei   giornali   ufficiali   del   Comitato   Centrale   del   PCC,   e   divenne  ben  presto  uno  dei  più  influenti  organi  statali  d’informazione  a  livello  nazionale.  Il  suo  primo   numero   fu   pubblicato   per   il   16   giugno   del   1949.     Fu   proprio   nei   primi   mesi   del   1978   che   il   giornale   decise  di  cambiare  rotta  e  di  rivedere  le  linee  guida  della  propria  gestione,  cercando  di  svincolarsi,  per   quanto  possibile,  dal  pieno  controllo  del  PCC.  

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Il tentativo era di abolire i culti personalistici, i dogmatismi ideologici e l’uso ricorrente, sulla carta stampata, di citazioni di Mao e delle dottrine confuciane, taoiste e buddhiste, e piuttosto affermare come principi guida di questo nuovo giornalismo quelli del marxismo-leninismo, che sottolineavano come i fatti e le prove empiriche fossero l’unico mezzo per attestare la credibilità di una notizia e, più in generale, di ricercare la verità.

Questa teoria aveva gradualmente assunto la forma di un dibattito a livello nazionale, e aveva trovato, almeno formalmente, il sostegno di alcuni personaggi di rilievo del panorama politico cinese di quegli anni: non soltanto quello di Deng, ma anche di Ye

Jianying10, Li Xiannian11, Hu Yaobang12.

Non a caso, dopo il cosiddetto “periodo di silenzio”, che aveva preceduto la morte di Mao (1976), la III Sessione Plenaria del Comitato Centrale (XI Congresso) mostrò una volontà di cambiamento e rinnovamento anche a livello politico. Complicità, paura e silenzio, elementi che avevano caratterizzato la condotta dei dirigenti del PCC durante gli ultimi dieci anni, furono spazzati via da una vera e propria ondata di pubblicazioni e memoriali da parte di chi aveva subito i soprusi della Rivoluzione Culturale (libri, articoli e commemorazioni ufficiali). Il partito promuoveva così un contatto diretto tra i quadri dirigenti e la gente comune, non soltanto allo scopo di allargare la partecipazione politica a nuovi strati della società, ma anche per comprendere più a fondo le necessità dei cittadini. Questo nuovo atteggiamento di apertura nei confronti delle masse non poteva non riguardare anche la stampa, e si manifestò in un nuovo approccio giornalistico: si affermava l’intenzione di ricerca, indagine e verità. Fu così nuovamente introdotta la pratica (in precedenza attuata da Liu Shaoqi), delle “lettere all’editore”: qualsiasi cittadino avrebbe potuto inviare lettere aperte agli editori di diverse testate, per manifestare insoddisfazione                                                                                                                

10     Ye   Jianying   partecipò   alla   Lunga   Marcia   nel   1935.   In   seguito   alla   proclamazione   della   Repubblica,  nel  1949,  ricevette  importanti  incarichi  conquistando  sempre  più  la  fiducia  di  Mao,  tanto   che   in   seguito   alla   Rivoluzione   Culturale   il   suo   prestigio   sembrò   aumentare.   Dopo   la   morte   di   Mao,   appoggiò  l’ascesa  di  Deng  Xiaoping,  e  si  occupò  di  arrestare  i  componenti  della  “Banda  dei  Quattro”.  Fu   eletto  Presidente  della  Repubblica  nel  1978,  e  rimase  in  carica  fino  al  1983.  Morì  tre  anni  dopo.    

11     Li   Xiannian   prese   anch’egli   parte   alla   Lunga   Marcia.   Nel   1949   fu   proclamato   Governatore   dell’Hubei,  carica  che  ricoprì  fino  al  1954,  quando  venne  richiamato  a  Pechino  ed  eletto  Ministro  delle   Finanze.   Alla   morte   di   Mao   egli   sostenne   fortemente   l’ascesa   di   Deng   e   la   sua   nuova   politica   rivolta   all’economia  di  mercato.  Nel  1983  fu  eletto  Presidente  della  Repubblica,  fino  al  1987.  

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nei confronti della precedente classe dirigente e per denunciare ciò che era accaduto e che, fino ad allora, era stato taciuto.

“[…] When letters to the editor reappeared, the People’s Daily received more than 3.000 letters per day in October 1978, all vividly exposing past atrocities of the radical left. The published letters were foregrounded by the editor’s note to present “model cases”, which supports policy aims and highlight ideological significance by dramatizing the attributes of heroes and villains.”13

Nei mesi successivi al rinnovato atteggiamento da parte dei dirigenti del PCC, i giornalisti, che vivevano questo periodo di transizione politica come il momento giusto per acquistare nuova libertà e autonomia di espressione, studiarono come attirare sui giornali l’attenzione delle masse.

Accontentare le richieste dei lettori, avvicinarsi al modello occidentale, proporre qualità attraverso attendibilità, soddisfare la loro curiosità rispetto agli epocali cambiamenti che erano in atto: questi divennero i principali obiettivi delle maggiori testate cinesi. Tuttavia, non va taciuto che, nei primi passi mossi verso una modernizzazione della forma e dello stile linguistico, i contenuti (intesi come libertà di espressione rispetto ad un argomento) restavano lo scoglio più difficile da levigare. I giornalisti lavoravano allo stesso tempo per due parti ben distinte: il partito e le masse. Ed ecco allora ripresentarsi le parole di Liu Shaoqi, (citato già all’inizio di questo capitolo), nel suo discorso del 1948: “riflettere la

voce delle masse e obbedire alla leadership del PCC”.

La dicotomia era la stessa, e si ripresentava trent’anni dopo.

Negli anni di Deng si cercò di far combaciare la spinta di liberalizzazione economica con il rigido controllo ideologico: se l’idea era quella di usare i media per denunciare apertamente la politica maoista e trattare delle nuove riforme economiche, politiche e sociali (di primo interesse per la popolazione), allora si poteva a ragione ritenere che tutto questo                                                                                                                

13     Lee  C.C.,  “Making  Journalists:  divers  models,  global  issues”,  2005,  pp.  116.    

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rappresentasse allo stesso tempo una forte azione di propaganda politica a favore della nuova direzione del partito e un’informazione più consapevole delle masse.

Questo nuovo, irreversibile moto di apertura ideologica interna attirò anche l’attenzione degli ambienti accademici occidentali. In breve tempo furono pubblicati testi che analizzavano e ipotizzavano cosa l’ascesa di Deng avrebbe potuto significare per la “rinnovata” Cina, di lì a pochi mesi. Ma, soprattutto, proponevano una revisione delle idee più comunemente diffuse sulla figura di Mao e dei suoi ultimi anni al potere, sulla guerra di resistenza, la successiva guerra civile, le spaventose conseguenze della Rivoluzione Culturale, e così via.

“Cosa emerse da questa ricca e talora straordinaria pubblicistica che nei mesi successivi trovò conferma nei documenti della III Internazionale resi pubblici da Mosca? […]. La denuncia (in primo luogo cinese e dei quadri del partito) degli spaventosi costi della rivoluzione cinese, della natura stalinista e autoritaria del maoismo, del suo carattere militare e napoleonico, del carattere persecutorio di una dirigenza politica che intendeva ogni dissenso come espressione di un potenziale nemico della rivoluzione […]. Emergeva il terrore che si era impadronito dei quadri intermedi e dei più alti dirigenti verso cui Mao aveva lanciato fin dal 1930 campagne d’intimidazione che non si fermavano nemmeno davanti all’annientamento fisico, ove dubitasse della loro fedeltà. Con la cosiddetta campagna di rettifica di Yan’an venne imposta una fedeltà alla linea di Mao e alle sue interpretazioni del marxismo che si concretizzò nella figura di un leader che non poteva essere discusso o criticato e nei cui confronti erano possibili solo obbedienza e fedeltà.”14

Questi anni significarono per la Cina una non dichiarata opera di forte autocritica e denuncia, che veniva dagli stessi dirigenti del PCC, voluta e sostenuta dai vertici proprio per distinguere la nuova era di Deng da quello che c’era stato “prima”.

La volontà di tenere questo processo lontano dagli occhi indiscreti dell’occidente, e contemporaneamente volerlo diffondere quanto più possibile in tutto il territorio, portò il governo a delle scelte ben mirate anche riguardo alla diffusione mediatica delle notizie interne all’estero (e viceversa). Se nei giornali in lingua inglese del tempo era impossibile                                                                                                                

14     Cammelli   S.,   “Secondo   i   cinesi.   Politica   interna   ed   internazionale   della   stampa   cinese   contemporanea  (2006-­‐2009)”,  2009,  pp.  22.  

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trovare qualsiasi riferimento alle assemblee pubbliche, alle celebrazioni di riabilitazione delle vittime del regime, alle dichiarazioni ufficiali che periodicamente venivano rilasciate, i giornali cinesi furono invece lasciati relativamente liberi di trattarne, spingendosi, come abbiamo visto sopra, oltre barriere che fino al 1976 non sarebbero mai potute essere oltrepassate.

Nei primi anni ’80 i giornali e più in generale le notizie scritte assunsero una posizione di primaria importanza rispetto alle trasmissioni televisive o radiofoniche. Il passaggio tra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo fu segnato da una netta trasformazione dello stile linguistico, e giornalistico, che completava il passaggio da quello tradizionale, standardizzato dei bollettini d’informazione a quello moderno degli editoriali, degli articoli di critica, dei reportage d’attualità. I giornali cominciarono a pubblicare articoli più brevi, scorrevoli, per rispondere all’esigenza di una lettura più veloce e immediata; la scrittura si semplificò notevolmente, avvicinandosi alla prosa, alla narrativa, e ad un linguaggio quotidiano e popolare. Arrivare alla gente comune (in particolar modo ai giovani), diventò molto importante, tanto che si diffuse tra i giornalisti l’abitudine di rivolgersi al pubblico con incipit come “朋友”, “亲爱的读者”(“amico”, “caro lettore”) e simili; in questo modo, il narratore non si trovava più in una posizione di superiorità rispetto ai lettori, fredda e distaccata, ma si proponeva come un loro pari, scegliendo uno stile caldo e un tono amichevole e familiare.

Tra il 1980 e il 1983, diversi giornali inaugurarono una sezione dedicata alle “短新闻”o “短评” (“notizie brevi” o “cronache brevi”); negli stessi anni alcuni tra i maggiori quotidiani cinesi, come ad esempio il “新民晚报” e il “养成晚报”, cominciarono a pubblicare supplementi culturali settimanali (星期刊). Questi supplementi trattavano un mix di argomenti d’intrattenimento, come arte e cultura, spettacoli, sport e divertimenti, ed erano caratterizzati da attraenti immagini a colori (che si erano largamente diffuse solo nei primi anni ’70). Si potevano trovare fotografie di personaggi famosi, paesaggi, o inserti di grafici e diagrammi a colori, che riportavano una qualche statistica. Questi espedienti ebbero subito un forte impatto sul pubblico che era piuttosto nuovo a questo genere di

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pubblicazioni: non soltanto avevano un potere attrattivo d’impatto, ma sembravano addirittura legittimare la credibilità di una determinata testata, vicini come si proponevano ai nuovi concetti di “fonti scientifiche” e “prove empiriche”.

Tutto il processo di trasformazione linguistica e stilistica di questi anni fu comunque graduale, e inizialmente i cambiamenti incontrarono aspre critiche, soprattutto da parte di quei lettori appartenenti alle classi sociali più abbienti, che vi vedevano un impoverimento del livello culturale dei giornali e, di conseguenza, dei giornalisti e del pubblico. Eppure, nell’inverno del 1981, fu proprio l’allora presidente della Xinhua News Agency (新华社),

Mu Qing (穆青)15, a dichiarare che:

“[…]新闻报道的形式和结构也可以增加自由活泼的散文形式,改变那种沉重死板的形式, 而代之以清新明快的写法。[…]”16

Nel 1950 Mu Qing era entrato a far parte del gruppo della Xinhua News Agency, dove aveva poi continuato a lavorare fino alle sua morte (2003) ricoprendo carice sempre più importanti, fino ad esserne nominato direttore generale nel 1982. Durante gli anni trascorsi a capo della sede di Shanghai (1955-1962), Mu Qing si era proposto come l’assoluto promotore di alcune politiche innovative, per una modernizzazione del giornalismo cinese: portare avanti un’approfondita ricerca sui metodi di scrittura oggettiva basata sulle fonti; tendere ad uno stile letterario che combinasse insieme accessibilità e raffinatezza; formare (anche all’interno di scuole ad hoc) una nuova classe di giovani ed istruiti giornalisti. La profonda convinzione della necessità di un cambiamento, teso a dare nuova attendibilità e                                                                                                                

15     穆青 (1921-2003),   importante   giornalista   cinese   dell’epoca   contemporanea,   ha   iniziato   la   sua   carriera  di  scrittore  durante  gli  anni  universitari,  lavorando  a  capo  del  periodico  di  arte  e  letteratura “群鸥”(Qun   Ou).   Nel   1939   entrò   a   far   parte   del   PCC.   Nel   1942   iniziò   a   lavorare   per   il “解放区报”, giornale  ed  organo  ufficiale  del  Comitato  Centrale,  e  negli  successivi  fu  un  attivo  sostenitore  della  causa   del  comunismo.  Lavorò  per  diversi  giornali  fino  ad  entrare  a  far  parte,  nel  1950,  della  “新华社”  (Xinhua   News  Agency).  Nel  1955  fu  eletto  presidente  della  sede  di  Shanghai,  e  ne  rimase  il  leader  per  sette  anni.   16     “La   forma   e   la   struttura   dei   report   giornalistici   potrebbero   essere   migliorate   dando   maggior   vivacità   e   libertà   alla   prosa,   trasformando   così   quella   forma   rigida   e   inflessibile   in   un   nuovo   stile   di   scrittura  fresco  e  brioso.”    http://www.zgjtb.com/content/2012-­‐01/30/content_207695.htm  ,  “30  年 中国新闻文体变迁”,  3  Gennaio  2012.  

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affidabilità al sistema d’informazione cinese, non lo abbandonò più, e tornò, appunto, in molte dichiarazioni rilasciate tra gli ultimi anni ’80 e i primi anni ’90.

Questo fu proprio il periodo in cui cominciarono ad emergere i “调查报告” (diaocha baogao), giornali che si basavano sul principio del metodo scientifico, utilizzando i moderni sistemi di indagine statistica e sociologica. Per la stesura dei loro articoli, i giornalisti che appoggiavano questa corrente di pensiero cominciarono a ricercare fonti sempre più varie, in modo da arricchire il background di dati e testimonianze utili su cui poter lavorare. Essi consideravano gli articoli “vecchio stile” poveri di dettagli e di descrizioni vivide e chiare: gli avvenimenti erano raccontati attraverso un linguaggio retorico, metaforico, ridondante e spesso verboso, impregnato di clichés. La ricerca di un nuovo stile linguistico (accompagnato dagli innovativi metodi d’indagine) era volta, quindi, proprio a sopperire a queste mancanze, ricercando una sempre maggiore “leggibilità” del pezzo.

I primi sforzi fatti in questo senso portarono alla pubblicazione di articoli storici e di memoriali, (testimonianze spesso scritte da figure di spicco della società cinese), che trattavano di avvenimenti o personaggi famosi, e che erano una naturale evoluzione della pratica delle “lettere all’editore”. Questi pezzi fondevano insieme, almeno all’apparenza, autorevolezza delle fonti, rigore storico-temporale e moderni metodi descrittivi, muovendo i primi passi verso gli obiettivi del neonato giornalismo “d’inchiesta”.

Tuttavia, le azioni e le caratteristiche distintive dei protagonisti (ad esempio i loro ideali o il loro temperamento), più che mettere in luce l’individualità e la reale storia di vita del singolo, finivano invece per rispecchiare gli standard predefiniti dell’uomo onesto e del cittadino modello (riconducibili ai modelli degli anni ’60), e non riuscivano a superare definitivamente le barriere dei luoghi comuni e dei modelli sociali imposti. Cosi, le caratteristiche che i protagonisti delle vicende dovevano - necessariamente - rappresentare, finivano per condizionare la narrazione stessa, e le storie sembravano molto più vicine alla finzione che non alla realtà.

Nel decennio successivo (1982-1992) la modernizzazione del giornalismo cinese ricevette sia dall’interno sia dall’esterno una spinta ancora maggiore, cominciando dal migliorare il livello di fruizione e i mezzi di distribuzione dei giornali.

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Come abbiamo detto, una nuova “coscienza scientifica” aveva negli anni precedenti portato a una riorganizzazione delle pubblicazioni, stilistica e contenutistica, perché si aprissero a una fetta di mercato molto più ampia e varia, e diventassero un mezzo d’informazione “popolare”. Durante gli anni ’80 vennero formulati tre principi guida per il processo di svecchiamento: 为主要内容服务,为百姓新闻乐见,有技巧地宣传 (mettersi al servizio dei contenuti, mettersi al servizio dei gusti popolari, fare propaganda intelligente basandosi sui principi scientifici). Il governo studiò delle nuove politiche (incentrate soprattutto sul concetto di “autenticità”) che, sulla base dei cambiamenti sociali e delle nuove esigenze dei lettori, potenziassero l’azione innovativa, senza rinunciare però a quella caratteristica fondamentale di ogni tipo di pubblicazione nazionale: la totale devozione alla causa del Partito.

Sulla scia di queste nuove correnti di pensiero, Zhao Ziyang17 (eletto segretario del Partito

nel 1987) propose per primo il concetto di “Supervisione dell’opinione pubblica” (舆论监

督), con l’obiettivo di assicurare la trasparenza politica dei media attraverso l’occhio critico

del pubblico, che ne avrebbe così condizionato la condotta.

Allo stesso tempo, dai circoli intellettuali si diffondevano nuovi ideali: umanitarismo, razionalità scientifica, libertà, democrazia, nuove leggi. Essi proponevano un totale ripensamento della cultura tradizionale cinese, prendendo come sistema di riferimento quello occidentale, e, partendo da questa base, chiedevano una modernizzazione dei contenuti, delle forme, dello stile e della distribuzione dei giornali. Lo sviluppo economico richiedeva anche maggiori conoscenze in ambito finanziario, tecnologico ed imprenditoriale, e la stampa, soprattutto quella specializzata, poteva essere un ottimo mezzo di dibattito pubblico e divulgazione di nuove tematiche: era necessaria una “emancipazione delle menti” (Lee, 2005).

Per rispondere a queste necessità, di nuovo Zhao si dimostrò lungimirante, proponendo diverse vie per giungere alla realizzazione di una riforma strutturale dell’editoria, tra cui                                                                                                                

17     Zhao  Ziyang  fu  primo  ministro  dal  1980  al  1987.  Fu  eletto  Segretario  del  Partito  dal  1987  al   1989.   Rappresentò   il   naturale   proseguimento   della   politica   di   riforme   economiche   e   si   oppose   fortemente   alla   burocrazia   e   alla   corruzione   degli   apparati   statali.   Fra   le   alte   sfere   politiche   cinesi   fu   l’unico,  nel  1989,  ad  opporsi  alla  strage  di  Piazza  Tienanmen,  posizione  che  nello  stesso  anno  gli  costò   la  purga  e  la  condanna  agli  arresti  domiciliari  fino  alla  sua  morte,  nel  2005.  

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promulgare una legge sulla libertà di stampa, che per la prima volta sarebbe stata discussa non in termini di “restrizioni” ma in quelli di “libertà”. Un tale fervore emergeva in un momento di attivismo e tolleranza politica senza precedenti, quando una riforma della stampa era ormai sentita come necessaria da tutti:

“In a major survey study, Polambaum (1990) discovered widespread dissatisfaction with the press among the leaders, the readers, and the journalists. Journalists were particularly dissatisfied with the dilemmas of having to serve two masters (the party versus the audience) and various layers of control mechanism. They pointed to the lack of journalistic autonomy and initiative as the foremost concern, and aspired to “lean on the side of the people” by offering more critical, investigative, and diverse reports.”18

Offrire, quindi, maggiore critica e una più approfondita indagine dei fatti; in questo senso, giocò un ruolo fondamentale anche la fotografia, con la pubblicazione sempre più frequente

di foto, immagini e illustrazioni sulla carta stampata. Nel 1987, il “中国记者”19 pubblicò

un articolo intitolato “文字摄影并重”, “Dare la stessa importanza alla lingua scritta e alla fotografia”. Quello stesso anno il “羊城晚报” fu il primo giornale cinese ad introdurre una colonna speciale dedicata alle vignette; l’anno successivo le fotografie a corredo degli articoli surclassarono completamente i loro predecessori, i fumetti, considerati ormai inadatti ai nuovi metodi d’indagine.

Adattandosi a questi principi, il giornalista non si calava più nel ruolo di giudice e di educatore, ma piuttosto in quello più naturale di “cronista” o “esperto”, facendosi semplice portavoce dei fatti. Si tentava di far si che il lettore sviluppasse dei propri gusti e sapesse fruire di una lettura rilassata, che lasciasse libero spazio all’interpretazione e alla critica personali.

                                                                                                               

18     Lee  C.C.,  “Making  Journalists:  divers  models,  global  issues”,  2005,  pp.  119.  

19     Il  primo  numero  del    “中国记者”  viene  pubblicato  nel  Gennaio  del  1987.  Il  giornale  nacque,  in   realtà,  con  il  nome  di  “工农兵通讯” nel  1933,  nella  base  comunista 瑞金 (Rui Jin), nella  provincia  del   Jiangxi.   Dopo   la   fondazione   della   Repubblica,   nel   1956   il   giornale   cambiò   nome   in   “新闻业务”,   e   cominciò   ad   essere   distribuito   su   scala   nazionale.     Durante   il   successivo   periodo   di   apertura   e   di   riforme,  la  Xinhua  News  Agency  decise  di  fondere  tre  dei  principali  giornali  (新闻业务,新闻摄影  e 新 闻纵横)  in  uno  solo,  appunto  il  中国记者,  che  iniziò  le  pubblicazioni  nel  1987.  

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Sempre per lavorare in questa direzione, si cominciarono a pubblicare dei periodici più sofisticati, specializzati in determinati argomenti, (dalle tematiche naturalistiche, a quelle sociali, a quelle economiche e così via), che ricercavano una scrittura raffinata, e si proponevano la pubblicazione di articoli complessi, caratterizzati da dissertazioni scientifiche, mentalità aperta e tecnica rigorosa. Si delineavano così dei tratti specifici per ogni tipologia di pubblicazione. Ad esempio, i giornali economici utilizzavano un linguaggio esatto, pragmatico; quelli sportivi prediligevano una lingua meno rigorosa, più popolare e spontanea; quelli d’arte ricercavano uno stile brillante ed espressivo.

Il Maggio del 1989 segnò la fine di tutto il fervore che aveva caratterizzato gli anni di potere di Zhao Ziyang, e segnò anche la fine della sua carriera politica.

Nel 1986, Hu Yaobang20 aveva lanciato il movimento del Doppio Cento, che proponeva

una maggiore separazione tra le funzioni del Partito e quelle dello Stato, e, tra le altre cose, anche una maggiore libertà di parola e di stampa. Questo movimento aveva raccolto da subito molti consensi tra i più giovani. Alla morte di Hu Yaobang, nell’Aprile del 1989, un grande numero di studenti, che si erano riuniti per commemorarlo, invocò la democrazia, chiedendo a gran forza le riforme auspicate dal movimento del Doppio Cento. Già in quell’Aprile, gli organi di stampa ufficiali avevano preso una chiara e forte posizione a favore del governo centrale, scrivendo che si trattava semplicemente di piccoli gruppi di controrivoluzionari senza nessun seguito, in un evidente tentativo di minimizzare riguardo all’accaduto. Solo un esiguo (ma comunque rilevante) numero di giornalisti scesero in piazza accanto agli studenti, a protestare affinché la stampa cinese “tell truth, not lies.” (Zhao, 2011).

Nelle settimane successive, tuttavia, le manifestazioni studentesche si fecero sempre più insistenti e culminarono, il 16 e il 17 Maggio, nella grande manifestazione in piazza Tienanmen, quando l’esercito sparò sulla folla di manifestanti. Zhao Ziyang, che si era                                                                                                                

20     All’inizio  degli  anni  ’80  fu  uno  dei  principali  alleati  di  Deng  Xiaoping,  che  gli  diede  la  carica  di   Segretario   generale   del   PCC   dal   1981   al   1987.   Fu   proprio   nel   1987,   un   anno   dopo   aver   promosso   il   movimento  politico  del  Doppio  Cento,  che  Deng  Xiaoping  lo  costrinse  ad  abbandonate  la  carica.  La  sua   destituzione   fu   letta   dai   proseliti   del   suo   movimento   riformista   come   l’evidente   manifestazione   della   corruzione  e  del  nepotismo  interni  alla  politica  cinese.  

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fortemente opposto all’intervento armato, fu espulso dal partito e condannato agli arresti domiciliari fino alla sua morte, avvenuta nel 2005.

Senza soffermarci su un’analisi dei significati politici e ideologici che furono alla base della strage di piazza Tienanmen, quello che ci interessa analizzare in questa sede è come il governo e gli organi di stampa, reagirono all’accaduto: i media cinesi negarono la strage, chiudendosi in un prolungato silenzio. Non furono rilasciate dichiarazioni, né date spiegazioni; fu impossibile avere dati certi sul numero dei morti. Semplicemente, si tentò di cancellare quanto successo. Anche nei giorni e nei mesi successivi, ai giornali (come a tutti i media nazionali) fu proibito trattare l’argomento. Dalla Cina non arrivarono mai notizie o comunicati ufficiali.

Così, se da una parte ormai da mesi era iniziato un processo di rinnovamento del sistema mediatico, attraverso l’incremento del volume delle notizie, il miglioramento della capacità e della velocità di distribuzione, l’apertura a nuovi campi d’interesse, e mentre le testate cinesi si proponevano come seguaci di tutti quei principi e ideali occidentali di cui abbiamo fin qui trattato, dall’altra la “Primavera Cinese” dimostrava quanto l’informazione pubblica fosse ancora profondamente, innegabilmente legata ai vertici politici.

Gli eventi di piazza Tienanmen scatenarono la reazione dell’Occidente. Tralasciando le ripercussioni politiche e diplomatiche (che sarebbe impossibile trattare approfonditamente in questa sede), è indicativo notare come i media occidentali reagirono a questi fatti. Si venne a creare un’inaspettata curiosità, il desiderio di comprendere ciò che stava accadendo in Cina a livello di politica interna e di movimenti sociali. Approfondire e spiegare al resto del mondo: dove i giovani manifestanti cinesi avevano trovato lo stimolo necessario a “ribellarsi” al potere centrale? E allo stesso tempo, come aveva potuto quello stesso governo che fino a pochi mesi prima tanto aveva fatto parlare di sé per le sue rinnovate caratteristiche, ordinare una repressione tanto “barbara e mostruosa” e permettere un genocidio di tale portata?

“[…] L’irrompere delle folle cinesi e degli intellettuali in Tienanmen e nel dibattito degli anni successivi indicò che era finita la stagione di un certo giornalismo romantico e naïf, talora geniale, talora commosso, ma comunque succube degli interpreti di stato e delle veline in

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