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Il punto di vista di un Direttore Sanitario internista

Francesco Orlandini

Direzione Sanitaria, ASL4 Liguria, Chiavari (GE), Italia

Corrispondente: Francesco Orlandini, Direzione Sanitaria, ASL4 Liguria, Chiavari (GE), Italia.

E-mail: orlandinif@libero.it

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QUADERNI- Italian Journal of Medicine 2019; 7(6):43-44

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Top management a, iendale e medicina interna

guida ecografica per il posizionamento dei CVC, igiene delle mani e precauzioni di barriera per preve- nire le infezioni correlate all’assistenza, profilassi del tromboembolismo venoso, interventi multicomponenti per prevenire le ulcere da pressione e le cadute, far- macisti clinici per ridurre gli eventi avversi da farmaci, documentazione delle volontà di fine vita dei pazienti, consenso informato, riconciliazione farmacologica, in- terventi per ridurre gli esami radiologici, formazione mediante simulazione, farmaco-prescrizione elettro- nica.

Altri rischi non trascurabili in medicina interna sono: ab ingestis, delirium, ventiloterapia, errore/ri- tardo diagnostico.

Nelle infezioni correlate all’assistenza la responsa- bilità organizzativa della direzione aziendale, infatti, su- pera di gran lunga la responsabilità del personale medico. Se al medico spetta la diagnosi precoce e cor- retta e la terapia adeguata, la direzione aziendale è re- sponsabile della predisposizione di strutture di monitoraggio e intervento (es. Comitato infezioni ospe- daliere), di procedure e protocolli destinati agli opera- tori di prima linea sulla prevenzione e gestione di tali infezioni, ma anche di procedure e protocolli per garan- tire e monitorare la profilassi ambientale (disinfezione ambienti, sterilizzazioni, qualità impianti, ecc.).

Le sfide più recenti

I problemi più spinosi, nonché vere e proprie mi- nacce per la qualità e sicurezza delle cure erogate dai reparti di medicina interna sono attualmente: i) carenza di personale; ii) sovraffollamento leggi ricoveri sovran-

numerari (su barelle, letti aggiunti o fuori reparto); iii)

frammentazione delle cure dei pazienti poli-patologici; iv) danni da politerapia (interazioni farmaco-farmaco; farmaco-malattia, effetti colinergici, ecc).

Le medicine interne, considerate a lungo reparti a bassa complessità, ma naturale destinazione dei pa- zienti poli-patologici in crescente aumento nella po- polazione ospedaliera, presentano attualmente staff (medici, infermieri e personale di supporto) non ade- guati e tale carenza è aggravata dall’assenza di stan- dard di riferimento e dai ricoveri sovrannumerari che, nel nostro paese, superano di gran lunga il tasso del 7- 8% riportato in letteratura mettendo in crisi un’assi- stenza già insufficiente.6

L’esperienza ospedaliera dei pazienti polipatolo- gici è spesso costellata da numerosi trasferimenti fra reparti subspecialistici con perdita di informazioni cli- niche, ripetizioni di esami, decisioni non ponderate e senso di smarrimento per i pazienti, orfani di una fi- gura di riferimento.

Da quanto esposto risulta evidente che si tratta di problemi che investono sì le Medicine interne, ma dif- ficilmente risolvibili al loro interno in quanto deter- minati da fattori sistemici (criteri aziendali di distribuzione del personale e dei posti letto, appropria- tezza di ricovero, collaborazione fra unità operative, suddivisione dell’ospedale basata sulle specialità, ecc). Solo la direzione sanitaria con la sua visione si- stemica può individuare e correggere i determinanti locali dei ricoveri sovrannumerari, modificare le di- mensioni di uno staff o disegnare e implementare nuovi modelli organizzativi, basati sugli internisti, per dare unitarietà alla cura dei pazienti polipatologici e razionalizzare la politerapia.

Conclusioni

Se la Direzione Generale detta le politiche generali necessarie a garantire adeguati livelli di sicurezza, in base alle indicazioni nazionali e regionali, la Direzione Sanitaria definisce priorità e risorse necessarie, super- visiona le attività di gestione del rischio, ma soprat- tutto crea l’ambiente favorevole alla cultura della sicurezza che riduce gli eventi, migliora gli outcome per i pazienti, migliora la soddisfazione di pazienti e operatori e riduce gli sprechi (meno ospedalizzazioni, meno complicanze, meno contenziosi, maggiore ap- propriatezza, ecc.). Esiste tuttavia un grosso limite in questo processo: la durata del mandato di un direttore sanitario è di gran lunga più breve del tempo necessa- rio per produrre i risultati delle attività promosse, so- prattutto se questi implicano un cambiamento di mentalità o comportamenti.

Bibliografia

1. GIMBE Position Statement. Il governo clinico nelle aziende sanitarie; 2009.

2. Boysen PG, Just Culture: A Foundation for Balanced Accountability and Patient Safety, Ochsner J. 2013;13:400-6.

3. Ministero della Salute, Sicurezza dei pazienti e gestione del rischio clinico: manuale per la formazione degli op- eratori sanitari, disponibile al seguente URL: http:// www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_640_alle- gato.pdf

4. WHO, Patient safety, available at: https://www.who.int/ patientsafety/education/curriculum/course1a_handout.pdf 5. Shekelle PG et al. The Top Patient Safety Strategies That Can Be Encouraged for Adoption Now. Ann Intern Med 2013;158:365-8.

6. La Regina M, Guarneri F, Romano E, et al. What quality and safety of care for patients admitted to clinically in- appropriate wards: a systematic review. J Gen Int Med (in press).

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UADERNI - Italian Journal of Medicine 2019; volume 7(6):-.- -+

La sicurezza delle cure ha rappresentato negli ul- timi decenni uno dei temi principali affrontati in sanità pubblica anche se talora ha assunto una deriva di si- stema eccessivamente sbilanciata sul controllo degli aspetti assicurativi e di gestione della sinistrosità, non- ché verso il contrasto ad una medicina difensiva in progressiva e costante espansione di fronte alla minac- cia di un contenzioso in aumento con l’aumentare della complessità clinica della medicina moderna. Ciò ha spesso determinato un apparente scollamento tra le istanze del clinico e gli obiettivi delle Direzioni stra- tegiche nei contesti aziendali, in parte giustificato anche da una disomogenea cultura manageriale tra le varie componenti ed, in particolare, nella difficile de- clinazione del ruolo del middle management all’in- terno della compagine organizzativa. Nel contesto ospedaliero la recente evoluzione verso i modelli or- ganizzativi per intensità di cura e la ricerca di livelli di appropriatezza clinico-organizzativa sempre mag- giori hanno comportato notevoli benefici sul piano dell’efficienza e dell’efficacia, imponendo tuttavia una maggiore attenzione alla gestione della sicurezza. La riforma sanitaria, sin dal 1992 aveva tracciato la strada per la definizione dei requisiti strutturali-organizzativi per l’esercizio delle attività sanitarie,1prevedendo tra gli obiettivi generali quello di garantire l’osservanza

delle norme nazionali (…) anche al fine di assicurare condizioni di sicurezza agli operatori e agli utenti dei servizi. Allo stato attuale, la Legge 24/2017, afferma

che la sicurezza delle cure si realizza (…) mediante

l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle ri-

sorse strutturali, tecnologiche e organizzative.2È in- dubbio come tali riferimenti normativi richiamino in maniera diretta le responsabilità del management sa- nitario in merito all’identificazione e alla prevenzione dei rischi associati alle cure nel contesto delle Aziende Sanitarie. Tali responsabilità si esplicano principal- mente nell’osservanza dei requisiti organizzativi e strutturali per l’erogazione delle cure (accredita- mento), nel monitoraggio di qualità e appropriatezza dei percorsi e in un’adeguata gestione della documen- tazione sanitaria e dei flussi informativi.

In tale prospettiva, il Risk Management rappre- senta primariamente uno strumento irrinunciabile della clinical governance, volto a ridurre l’incidenza di eventi avversi e a migliorare la qualità dei per- corsi assistenziali. Bizzarri e Farina (2012)3analiz- zano i possibili approcci allo sviluppo di una gestione strategica del rischio nelle organizzazioni sanitarie, sottolineando la necessità di considerare

la relazione tra la creazione di valore e l’impatto nella gestione. La correlazione tra questi due aspetti

è riconducibile a tre possibili configurazioni: la ge- stione finanziaria del rischio (gestione assicurativa), la gestione a livello di Unità Operativa e la gestione a livello aziendale.

È inoltre necessaria l’integrazione del rischio nella pianificazione e nella programmazione aziendale, at- traverso l’elaborazione di un piano di settore compren- dente gli obiettivi strategici correlati al rischio clinico, spesso inseriti nel piano delle performance e nelle po- litiche di budget aziendale nell’area degli obiettivi ri- servata alla qualità dell’assistenza. Tale programmazione deve necessariamente rifarsi anche ai modelli di gestione promulgati a livello delle sin- gole Regioni, che risulteranno d’ausilio in merito alla definizione delle responsabilità e delle modalità ope- rative per i diversi attori coinvolti.

Nel caso della Regione Veneto ad esempio, il ruolo del Direttore Sanitario è richiamato dalla DGR 2255/2016, che prevede l’istituzione di una Unità di Analisi in caso di evento avverso ad alta gravità, la cui composizione è di volta in volta definita in base alle figure professionali/dirigenziali ritenute più op- portune.4Il notevole impegno associato ad una ge- stione strategica (e sistemica) del rischio richiede pertanto risorse professionali dedicate e di supporto