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Capitolo III La pandemia come driver del cambiamento

4.4 Quali soluzioni per un piccolo retailer?

La pandemia ha colto impreparati molti piccoli retailer del settore della moda. Basti pensare che molti di loro non fossero dotati di pagine social ben curate per comprendere le difficoltà nell’attuare dall’oggi al domani una strategia digital in grado di sopperire alle restrizioni del canale offline imposte dai governi. Proprio per queste evidenti difficoltà, si riprende la domanda conclusiva del paragrafo precedente: quali potrebbero essere delle

possibili soluzioni per un piccolo retailer della moda alla ricerca di un’alternativa digital al proprio business?

Nel provare a fornire la risposta a questo quesito, il resto del paragrafo analizzerà dapprima le implicazioni organizzative di strategie di questo genere. Successivamente, si

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presenteranno alcune soluzioni di social business diretto e degli spunti in merito ai marketplace.

In una PMI, solitamente, lo spirito imprenditoriale e quello manageriale, coadiuvato da molte competenze cruciali in quasi tutte le funzioni dell’azienda, risiedono nella proprietà. In un contesto così turbolento e caratterizzato da imprevisti, è molto importante che il manager sia in grado di effettuare un’accurata analisi ambientale cercando di osservare, valutare e cogliere le opportunità del mercato in relazione sia alle restrizioni imposte dal governo che alle nuove esigenze dei clienti, in modo da ridurre il rischio di non risultare adatti al nuovo contesto competitivo. Una volta identificata un'opportunità, l’imprenditore potrebbe decidere di apportare dei cambiamenti organizzativi coerenti con quanto evinto dalla precedente analisi. In tale contesto, è necessario che il manager metta in campo le proprie capacità dinamiche riconfigurando quelle ordinarie, adeguandole alle nuove sfide e implementando nuove abilità e conoscenze attraverso un processo di apprendimento. Inoltre, la capacità del titolare di motivare e coinvolgere le risorse umane soggette al cambiamento, trasmettendo le proprie conoscenze e conquistando la loro approvazione, risulta essenziale per la riuscita del progetto di trasformazione. Ai fini di quest’ultimo, è fondamentale che l’imprenditore si accerti che l’organizzazione disponga delle competenze e delle risorse necessarie; ad esempio, se vi è carenza di risorse finanziarie esistono delle soluzioni “cost-effective”, che si approfondiranno in seguito, più adatte a queste realtà; invece, se le carenze sono legate alle competenze del personale già presente in azienda, si può pensare di programmare delle formazioni ad hoc per colmare le loro lacune, effettuare delle partnership con aziende esterne oppure assumere qualcuno competente in materia.

A corredo di ciò che è stato detto, risulta di fondamentale importanza una cultura organizzativa aperta incentrata sulla trasparenza. Per instaurare questa cultura, il manager non necessità di particolari capacità, ma di accogliere dei valori come la fiducia e l’apertura

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mentale diffondendoli tra i collaboratori all’interno dell’organizzazione. Naturalmente, la “capacità di coinvolgere gli altri” e la “capacità di comunicazione” possono agevolare la creazione della trasparenza in azienda. Tale cultura cambia da organizzazione a organizzazione ma comunemente è caratterizzata da un ambiente lavorativo favorevole alla condivisione, al confronto e alla collaborazione tra i vari attori organizzativi, promuovendo l’innovazione e la creazione della fiducia tra il personale e la proprietà. Oltre a questo vantaggio, la trasparenza permette di ottenere feedback dai vari stakeholder interni ed esterni, sui quali poter prendere spunti circa le decisioni strategiche da intraprendere, soprattutto con riferimento alla soddisfazione del cliente. Tutti questi valori rendono il personale più propenso ad assumersi dei rischi per adeguarsi ai cambiamenti, facendolo diventare agile.

Tenendo in considerazione lo scenario attuale, le conoscenze tecnologiche e le “digital soft skill” rientrano tra le competenze necessarie per il manager e il personale per implementare queste alternative digitali di fare business. Tra queste competenze rientrano quelle di “condividere informazioni disponibili online sui social media; comunicare e gestire la propria identità digitale in ambienti digitali; utilizzo degli strumenti tecnologici”.

Dopo aver analizzato queste implicazioni organizzative, di seguito ci si concentrerà su alcune forme di Social business diretto, sicuramente una soluzione molto valida per un piccolo commerciante, in quanto è immediata e facilmente implementabile. Dunque, si procederà con un excursus delle opzioni disponibili per un piccolo rivenditore di capi di moda. Le varie soluzioni verranno presentate senza un ordine specifico e non con criteri come quelli della preferenza o del basso costo, dato che tendenzialmente sono variabili da valutare caso per caso.

• Facebook: questo social offre diversi strumenti ai business intenzionati a presenziarvi. Innanzitutto, un retailer ha la possibilità di vendere sul marketplace

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della piattaforma creando un annuncio con tutti i dettagli dell’articolo in vendita e selezionando la relativa categoria di appartenenza. Nel settore della moda, generalmente, viene selezionata una tra la macrocategoria “Abbigliamento e accessori”. Un’altra opzione è quella di aprire una pagina aziendale con la possibilità di creare una vetrina virtuale contente i vari prodotti e le relative informazioni (foto e video dell’articolo, taglia, colore, materiale, ecc.), definendo un vero e proprio shop. Inoltre, è possibile implementare una versione semplificata di chatbot a supporto del cliente, attraverso Messanger. Si tratta di un software di messaggistica istantanea integrato a Facebook che, oltre a rappresentare un canale diretto con i business grazie alle chat con le pagine aziendali, permette ai gestori di queste pagine di pre-impostare dei set di risposte chiuse per soddisfare le richieste del consumatore, soprattutto se si tratta di domande ricorrenti come, ad esempio, l’orario di apertura dello store o la posizione della location.

• Instagram: Su questo social media l’azienda può creare una pagina aziendale in cui pubblica post e/o Instagram stories per promuovere e pubblicizzare i capi di abbigliamento, calzature e/o accessori. Nonostante la distanza tra le parti, l’azienda può far sentire la propria vicinanza attraverso queste iterazioni. È possibile integrare la pagina Instagram alla pagina Facebook e, addirittura, all’e- commerce; ma non sono le uniche soluzioni per la vendita, in quanto è possibile raccogliere gli ordini tramite la messaggistica in direct, senza il necessario bisogno di implementare ulteriori tecnologie. A differenza di Facebook, Instagram è molto sfruttato dalle aziende del fashion grazie alla massiccia presenza di Influencers, che verranno approfonditi in seguito.

• WhatsApp: un’altra piattaforma di messaggistica istantanea, dove il rivenditore può scegliere di prendere gli ordini semplicemente attraverso un messaggio oppure di attivare l’account WhatsApp Business, anch’esso integrabile con l’eventuale sito

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e-commerce. Un po' come la pagina Facebook, permette la creazione di un catalogo digitale con le caratteristiche dei prodotti. Il consumatore sfogliando il catalogo può trovare interessante un articolo e decidere di mandare un messaggio al commerciante, in riferimento a quella voce di catalogo per accordarsi sulle modalità di acquisto.

Nelle soluzioni di social commerce sopra proposte risulta molto importante la figura dell’influencer, solitamente scelta accuratamente dall’azienda in base a delle dinamiche già viste nel terzo capitolo. Tra queste, sicuramente bisogna tenere in considerazione il budget della campagna e gli obiettivi prefissati: una piccola realtà difficilmente avrà i mezzi per rapportarsi con influencer del panorama internazionale e nazionale, piuttosto potrebbe puntare, ad esempio, a figure con un bacino di utenza (follower) più ristretto e legato al proprio territorio o ad un certo target di età. Infatti, l’influencer non per forza coincide con una celebrità, ma può anche essere qualcuno particolarmente attivo sui social. Il suo ruolo comprende l’attività di pubblicizzare i vari capi di moda ritratti in una foto pubblicata con un post su Facebook o Instagram, oppure indossandoli e proponendo un outfit che faccia emergere la vestibilità dell’indumento attraverso post o stories. Ciò è assimilabile alla funzione del personal shopper digitale di cui si è parlato nel paragrafo precedente. Lo scopo della sponsorizzazione con l’influencer è, ovviamente, di spingere i suoi follower all’acquisto del prodotto. Molto importante risulta la funzione “swipe up” utilizzata nelle Instagram stories per re-indirizzare attraverso un link il consumatore su una landing page a scelta: la pagina Instagram o Facebook del rivenditore o un eventuale sito web per facilitare ed invogliare, ancora una volta, l’acquisto.

Tra le varie alternative a disposizione per un piccolo rivenditore del settore della moda, oltre a questi canali social ci si può interfacciare con i marketplace. Queste piattaforme permettono ai retailer di mettere in vendita i propri prodotti seguendo delle meccaniche proprie di ogni sito web del genere. Amazon o eBay sono tra gli esempi più conosciuti, ma

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entrambe hanno dinamiche di vendita e interazione col commerciante differenti. Per un retailer alle prime armi nel mondo digitale è importante comprendere, però, che queste piattaforme non sono le più indicate per iniziare, dato che rispetto agli altri strumenti sopra riportati sono uno step più avanzato. Di seguito, infatti, si propone un’analisi circa alcuni vantaggi e svantaggi tipici di queste piattaforme.

Vantaggi Svantaggi

- Traffico e fiducia: il traffico generato da

queste piattaforme permette di

aumentare la visibilità dei propri prodotti, senza particolari impegni in termini di costruzione della propria credibilità online. - Mercato trasparente: è possibile studiare l’offerta dei propri concorrenti in termini di caratteristiche di prodotto, di prezzo e posizionamento nel mercato.

- Allenamento: qualora si puntasse ad aprire un e-commerce, queste piattaforme rappresentano un ottimo allenamento per apprendere le pratiche necessarie a presentare la propria offerta online (schede prodotto, fotografia di alta qualità, descrizioni sintetiche e accattivanti, ecc.). - Feedback: le recensioni dei clienti permettono di capire i propri punti deboli, fornendo spunti per un costante miglioramento.

- Spedizione: alcuni marketplace come Amazon offrono il servizio di spedizione al venditore, che solitamente rappresenta un tasto dolente per le organizzazioni dotate di e-commerce.

- Commissioni: ad ogni vendita effettuata, queste piattaforme applicano una percentuale di commissione con un sistema variabile da piattaforma a piattaforma.

- Mercato trasparente: se da un lato si può studiare la concorrenza, dall’altro il consumatore riduce la sua asimmetria informativa e può confrontare più agilmente le varie offerte.

- Riconoscibilità: non avendo la possibilità di personalizzare il template delle pagine dei propri prodotti, è difficile essere riconoscibili agli occhi del cliente. Ciò comporta uniformità tra i vari competitor, spostando talvolta la competizione sul prezzo.

- Distacco dal mercato: gli insights sulle

proprie vendite dei clienti vengono gestiti in prima battuta dalle piattaforme, che possono o meno condividerle con le aziende venditrici. Questo potrebbe

causare un allontanamento dal

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Questo specchietto riporta soltanto alcuni dei più comuni vantaggi e svantaggi dei marketplace. Per avere maggiore completezza e dettaglio, però, servirebbe impersonare il punto di vista di chi deve prendere questa scelta, tenendo in considerazione le condizioni di partenza in termini di esperienza online, competenze già interne all’azienda, offerta di prodotto da vendere online, ecc. Per questo si suggerisce agli imprenditori di riproporre quest’analisi calandola sulla propria realtà.

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Spunti di riflessione

Il quadro risultante degli studi e delle ricerche svolte nell’elaborato fa emergere scenari ancora ardui per le imprese. Nel corso dei vari capitoli si è compreso che per fronteggiare quest’emergenza le imprese devono mettersi in gioco, uscendo dalla loro zona di comfort. Come sottolineato dalle evidenze nel secondo capitolo, la resilienza è una caratteristica fondamentale per le aziende per non soccombere ad uno shock esogeno di questa portata. Nella fattispecie ci si riferisce alla resilienza di tipo trasformativo, in grado di far adattare un’organizzazione verso un nuovo equilibrio, diverso da quello di partenza. Questo nuovo equilibrio vede sicuramente nella digitalizzazione un cambiamento chiave per la transizione dal vecchio equilibrio pre-pandemia. Il terzo capitolo, infatti, ha approfondito il tema della trasformazione e della digitalizzazione da un punto di vista accademico, focalizzandosi sulle piccole e medie imprese. In particolare, gli argomenti presi in esame sono stati quelli dell’e-business e delle sue sottocategorie: e-commerce e social commerce. Da questo studio si è appreso come quest’ultimo, nello specifico durante la pandemia, si sia rivelato uno strumento di supporto nell’ambito delle PMI per il suo basso costo, la sua semplicità d’uso e l’immediatezza di implementazione. Per ultimo, si è cercato di comprendere in che modo le più recenti tecnologie e la figura dell’influencer possano aiutare le PMI in questo genere di transizione digitale. Nel quarto e ultimo capitolo, infine, si è studiato la filiera della moda, colpita duramente dalla pandemia e dalla chiusura degli store fisici. Dopo aver analizzato i dati del mercato italiano in seguito al contraccolpo economico, si è discusso di alcuni dei principali trend digitali in grado di supportare le aziende del settore nello sviluppo di un canale online. Chiudono quest’ultimo capitolo degli spunti di riflessione per i piccoli dettaglianti del settore, generalmente a corto di strumenti per affrontare transizioni di questo tipo.

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L’elaborato per certi versi non è del tutto esaustivo, in quanto al momento della sua stesura la pandemia non è ancora terminata. Si ritiene che, alla luce delle evidenze riscontrate in queste analisi, esistano ulteriori margini per studiare e approfondire le tematiche trattate in questa tesi. In particolare, una volta terminata l’emergenza sanitaria e concretizzatesi le politiche economiche messe in campo dai Governi nazionali, sarà possibile rendere più complete e certe le analisi già in corso di svolgimento su questo fenomeno sociale ed economico. In seguito, sarà anche possibile analizzare a consuntivo le strategie di risposta adottate dalla filiera della moda per sopperire alle ingenti perdite di questo periodo, così come si potrà comprendere quale strada sia stata la migliore per le PMI del settore per superare le difficoltà sopraggiunte con questa crisi. Sicuramente, come si è già trattato, il canale online ricorrerà spesso tra gli strumenti di maggiore aiuto per le realtà uscite con successo da questa pandemia.

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